bmw_30Da bambino sognavi la Formula 1?
Da bambino mi piacevano molti sport: dal calcio allo sci, ho praticato quasi tutti gli sport che si potevano praticare nella regione del Vorarlberg. La scintilla è scoccata quando avevo otto anni. Nel 1991 a Hockenheim ho incontrato il mio grande «mito», Ayrton Senna. Con mio padre ero riuscito ad entrare nel paddock passando attraverso un buco nel recinto. Appena dentro, ho incrociato Senna. Indossavo una maglietta Harley Davidson e un cappellino del Salzburgring. Ayrton è venuto dritto verso di me e ha detto a mio padre di fare una foto di noi due. Era molto paziente e probabilmente sapeva leggere nel pensiero, perché non avevamo avuto il coraggio di chiedergli una foto. È stato un incontro che ha mosso molte cose dentro di me. Da quel momento sono diventato un vero appassionato delle corse e poco dopo sono salito sui kart. Per inciso, la foto che mi ritrae insieme ad Ayrton Senna è ancora appesa in bella evidenza in casa mia. (continua...)

Il Tuo cammino verso la Formula 1?
All’inizio eravamo completamente… a digiuno, nel senso che non eravamo una famiglia di veri appassionati di automobilismo. Per noi era piú che altro un passatempo. Alle corse veniva sempre la famiglia al completo con la roulotte. Abbiamo girato tutta l’Europa centrale. Mia madre cucinava, mia sorella giocava con altre bambine, mio padre inizialmente faceva da meccanico e da ‘patron’ della squadra. Dappertutto i professionisti si presentavano diversamente – con motorhome e attrezzature costosissime. Dall’altra parte c’era il mio piccolo gruppo dei fai-da-te. Per me era piú che altro un gioco. Ma quando cominciai a strappare i trofei agli altri, alcuni si fecero seri. A quel punto capii che avevo trovato una cosa che evidentemente sapevo fare bene e che mi divertiva molto. Tra parentesi, tra i fai-da-te visti con sussiego come noi, c’era anche sempre Robert Kubica con la sua famiglia.

Al giorno d’oggi si possono «allevare« i piloti di Formula 1?
Ogni pilota ha bisogno di talento e del supporto giusto al momento giusto. Se non c’è il talento, ogni supporto è inutile. Ma molti concorrenti forti di un tempo non sono arrivati neanche vicino alla Formula 1, perché non avevano supporto o avevano il supporto sbagliato. Per alcuni anni ho fatto parte del progetto Red Bull per giovani piloti, nel quale c’era una pressione incredibile. Alla fine sono stato il primo pilota promosso da quel programma alla Formula 1. Di ciò sarò sempre grato a Red Bull. Anche se in seguito le nostre strade si sono divise, con le persone che contano in Red Bull sono tuttora in ottimi rapporti. Adesso la mia nuova famiglia è il BMW Sauber F1 Team, nel quale mi sento perfettamente integrato e al quale posso offrire la mia esperienza.


Il Tuo rapporto con i compagni di squadra?
Robert ed io, come ho detto, ci conosciamo dai tempi del kart. Abbiamo corso spesso l’uno contro l’altro anche dopo, nella Formula Renault e in Formula 3. Lui è sempre stato veloce. Tra noi c’è molta stima. Ma a differenza del «re del poker« io nel tempo libero preferisco praticare sport veri, per esempio sciare sull’Arlberg. Nick, invece, fa parte del gruppo da molto piú tempo: lui era già test driver in Formula 1 quando io e Robert correvamo ancora nei kart. Però collaboriamo in maniera molto professionale, e indubbiamente lui ha grande esperienza.

La Formula 1 ha cambiato la Tua vita?
Cerco sempre di tenere i piedi per terra. Di noi del Vorarlberg si dice che siamo gente molto concreta e grandi lavoratori. Ragion per cui non ho mai avuto problemi con la cosiddetta notorietà. Approdatoalla Formula 1, in un primo momento è stato un piccolo choc vedere gente sconosciuta che all’improvviso mi riconosceva e mi rivolgeva la parola. Per la Formula 1 solo poche settimane prima avevo rinunciato al posto di lavoro come laminatore. È stato un cambiamento abbastanza improvviso. Sostanzialmente cambia lo stile di vita: anziché andare al lavoro in motorino, da allora passo centinaia di ore in aereo per andare a lavorare di qua e di là. L’importante è rimanere se stessi. Spero di esserci riuscito

Hai mai avuto paura?
Al volante direi di no. Altrimenti non potrei fare questo mestiere. Solo alle volte non mi sento bene quando ho la sensazione di non poter controllare le cose. Già da bambino avevo terrore dell’otto volante. Ancor oggi non ci salgo. Salire sulle montagne russe senza poter intervenire di persona… no grazie!

La cosa piú pazza che hai mai fatto?
Piú o meno è la stessa cosa. Una volta mi sono fatto convincere a salire su un aereo da dimostrazione: Hannes Arch mi ha convinto a salire sul suo aereo biposto. È stata una situazione al limite. Noi piloti siamo abituati ad essere esposti ad alcuni g, ma passare in looping a testa in giù un paio di metri sopra il Danubio è un’altra dimensione. L’importante è stato tenere dentro la colazione. Non tutti i piloti di Formula 1 ce l’hanno fatta.

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