formula_1174La Formula 1 perde il suo “Prof”: Sid Watkins se ne è andato ieri sera, a Londra, all’età di 84 anni. Ma quel che ha lasciato Watkins è un’eredità di enorme valore: quanto basta per considerare Watkins una delle figure più importanti nella storia della F1 e per renderne il ricordo immortale. (continua...)

Watkins si era laureato in medicina nel 1956, specializzandosi in neurochirurgia un paio d’anni dopo. Ma alla medicina, Eric Sidney (questo il vero nome) ha affiancato sin dalla gioventù la passione per l’automobilismo: dopo aver disputato una sola gara come pilota (il rally del West Africa, nel 1955, nel quale si ritirò dopo la prima tappa), Watkins fu medico di gara a partire dal 1961, inizialmente a Brands Hatch, poi a Silverstone: In seguito, prestò servizio anche sul tracciato di Watkins Glen, durante gli anni in cui lavorò a New York (addirittura, sul circuito americano dovette portare il proprio materiale e dovette coinvolgere altri quatto volontari, tale era la mancanza di attrezzature e personale medico).

L’ingresso in F1 risale però all’estate del 1978, quando Bernie Ecclestone lo volle a tempo pieno nel Mondiale, offrendogli un buon compenso ma lasciando al medico di Liverpool tutti i costi delle trasferte. Da allora, Watkins iniziò la sua instancabile opera, che portò la F1 (e non solo quella, di riflesso) agli standard che conosciamo oggi. Uno dei primi passi fu indotto dalla tragedia di Peterson: a Monza, una delle prime apparizioni del professore nel circus, un insieme di negligenze ed inefficienze portò alla morte dello svedese. Questo spinse Watkins a chiedere ed ottenere che ad ogni weekend di gara vi fossero un anestesista, una “medical car” (che seguisse le auto nel primo giro di gara, e con lo stesso dottore a bordo) ed un elicottero sempre presente in circuito.

Da allora, quello che ben presto venne chiamato da tutto l’ambiente, semplicemente, come “The Prof”, proseguì nella sua missione. Un cammino costellato da interventi che salvarono la vita a diversi piloti (come Pironi e, negli anni ‘90, Wendlinger ed Hakkinen), ma anche da giorni neri. Le morti di Villeneuve, Paletti, Ratzenberger e Senna restano le pagine più dolorose nell’esperienza di Watkins in F1; soprattutto il week-end di Imola lasciò una ferita profonda nell’anima del medico, sia per il susseguirsi diabolico di incidenti, sia per la morte del tre volte iridato, con il quale aveva allacciato un rapporto di grande amicizia. Fu infatti con Watkins che Senna, sconvolto dall’incidente di Ratzenberger, andò a confidarsi. Il Professore cercò, invano, di convincerlo a ritirarsi (“lasciamo subito e andiamo insieme a pescare”, fu la ormai celeberrima ed ultima frase che Watkins disse al brasiliano). Il giorno dopo, al medico toccò l’ingrato compito di assistere Senna dopo l’impatto al Tamburello (e poco prima che si materializzasse la tragedia, Watkins sostenne di aver avuto una sorta di premonizione: a Mario Casoni, con il quale divideva la “medical car”, disse “sta per accadere un fottuto incidente…”).

Quella del 1° maggio 1994 resta però l’ultima morte di un pilota in pista: diciotto anni senza lutti rappresenta un arco di tempo molto significativo e, se si è arrivati sino a questo punto (sperando che questo “record” non si interrompa mai, ovviamente), è senz’altro anche grazie all’attività di Watkins: il quale fu infatti anche un importante consigliere dell’allora presidente della FIA, Max Mosley, dando il proprio contributo a 360° nel costante sforzo di migliorare la sicurezza. Non sorprende che a Watkins (che era sposato con Susan ed aveva sei figli) siano state attribuite innumerevoli onorificenze, l’ultima delle quali è stata la ‘FIA Academy Gold Medal for Motor Sport’, consegnatagli lo scorso dicembre nella annuale cerimonia di premizione dei campioni del Mondo a Dubai.

Quel che nessuna statistica né alcun riconoscimento possono testimoniare, invece, sono l’affetto e la stima incondizionate che tutto il mondo della F1 da sempre riservava a questo medico. Un rapporto strettissimo, alimentato dall’intelligenza e dal grande spessore umano di Watkins. E che non si era interrotto nemmeno dopo che, ad inizio 2005, il chirurgo aveva abbandonato l’attività in pista, come del resto dimostra l’ultima apparizione di Watkins nel paddock di un GP, avvenuta un paio di mesi fa a Silverstone: al “Prof”, al suo angelo custode, il Circus ha dedicato un affettuoso abbraccio collettivo. E ora ha il dovere di portare avanti il suo testamento, fatto di passione, dedizione, umanità e professionalità.

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