IL 12W DI FRANCO ROCCHI
Io penso che la Life ed il suo motore 12W meritino rispetto e non scherno.
E' la folle dimostrazione dello spirito del nostro Paese che, anche se impossibile, tenta strade rifiutate da qualsiasi anglosassone: costruire una F1 motore compreso, senza seguire la via dei "garagisti".
La parte buffa di tutto ciò è che la sede fosse proprio un garage , quella triste è che vi fu coinvolto Franco Rocchi che, insieme a Bussi e Forghieri, fecero grande la casa di Maranello. Un altro transfuga del Cavallino, l'ing. Marelli, dette il suo contributo, ma in modo molto marginale.
L'idea di Rocchi era di realizzare qualcosa di già sperimentato (senza successo) in Ferrari: un motore a 3 bancate per un 18 cilindri con lo stesso ingombro longitudinale di un 12. Di quell'idea, a Maranello restano dei disegni e un 3 cilindri W di 500 cc (Ferrari non negava un tentativo a nessuno ed in questo era un grande, anche perchè pagava le nostre follie di tasca sua!).
Rocchi sognò di realizzare il suo sogno anche se, ne sono certo, non ci credeva più neppure lui. Ma era il suo sogno, il suo tentativo di rivalsa dopo la bocciatura.
Il problema dei pluricilindrici su più bancate era conosciuto da decenni, frutto dell'esperienza fatta sui motori a stella per gli aerei.
Si possono percorrere due strade. La prima, qualla già sperimentata, è di realizzare le bancate senza alcun disassamento, montando una "biella madre" sulla manovella e incernierando altre due "biellette" (una per lato) sulla testa della biella madre. La seconda, affiancare 3 bielle sullo stesso perno di manovella. Questa seconda soluzione porta ad avere i cilindri delle bancate su piani diversi (cosa che accade anche sui normali motori a V, ma, con 3 bancate, si aumenta questa sfasatura del 50%), cosa che comporta maggiori ingombri ma, soprattutto, degli squilibri che vanno a gravare su un perno di manovella "lungo" e quindi più delicato.
Oggi probabilmente con i nuovi materiali e le nuove tecniche di trattamento e bilanciamento, questa strada sarebbe percorribile. Allora no.
Rocchi scelse quindi la prima soluzione, certo di aver trovato il metodo di bypassare il "punto debole" che era l'attacco delle biellette alla biella madre: oltre un certo regime, cedeva.
Trascurò invece un altro problema insito in questa configurazione: il moto dei pistoni delle bancate esterne era, per legge cinematica, difforme da quello comandato dalla biella madre, differenti anche le curve di accelerazione delle masse in moto alterno e diversi anche i riempimenti.
Queste cose erano perfettamente risapute da Rocchi (ci mancherebbe!), ma pensava che a regimi tanto elevati, avrebbero dato problemi di relativamente facile soluzione e degl'inconvenienti ampiamente minori ai benefici che tale architettura in teoria portava.
In parte aveva ragione: tra le innumerevoli rotture, nessuna interessò l'attacco tra la biella madre e le biellette
Quello che fece naufragare il suo sogno furono i cuscinetti tra la testa della biella madre e il perno di manovella: sollecitati in tre direzioni diverse e con un "tempo di recupero" tra gli scoppi che a 12000 giri corrispondeva a quello di 18000 di un motore a V, non caricavano olio e grippavano
Senza più sogni, affogò le troppe delusioni nella tavola e nell'alcol. Forse anche per questo il suo fisico non resse per più di una decina d'anni. Ecco perchè non bisogna ridere del suo 12W
Eppure era un mago: la testa a 3 valvole della 330 P4 è opera sua al 90% (e questo per citare solo una delle sue mille "opere").