1000 KM DI BUENOS AIRES 1971

Ecco qua.
Johnny Rives e Jean Pierre Beltoise dedicano un capitolo alla vicenda.
Il titolo é emblematico: "Argentine, du succés à la tragédie" (Argentina, dal successo alla tragedia) e può essere criptico se non si conosce la storia di Beltoise-pilota o se non si é letto questo libro.
In effetti, Bébel (cognato di François Cevert avendone sposato la bellissima sorella) in Argentina godeva di una grande fama e dell'amicizia personale nientemeno che del grande Fangio.
Entrambe se l'era guadagnate nel 1967, quando aveva letteralmente dominato la Temporada di F.3, vincendo tutte e quattro le gare in programma con la Matra, ricevendo i complimenti da "el chueco" in persona.
La "prensa" lo 'aveva soprannominato "El ganador" e da allora ogni volta che tornava in Argentina era al centro delle attenzioni di un pubblico all'epoca (siamo a cavallo fra gli anni sessanta e settanta) privo di campioni locali.
Ho fatto questa premessa che può spiegare in parte l'atteggiamento dell'opinione pubblica e della stampa argentina che, all'epoca, suscitarono parecchie perplessità.
Veniamo all'incidente
Beltoise e Rives fanno una breve cronaca introduttiva della gara, dopo un avvio combattutissimo quasi da Gran Premio di F1, dopo che Giunti e Siffert avevano battagliato ("tanto da vicino che il parabrezza di Siffert si era macchiato dell'olio delle Ferrari di Giunti e quando, istintivamente, Jo aveva azionato il tergicristallo era rimasto completamente accecato dovendo arrestarsi ai box") era stato Rodriguez con un sorpasso da brividi a prendere la testa, ma si era dovuto fermare ai box per rifornire così che Giunti era ripassato al comando e - secondo Bébel e Johnny Rives - "tirava al massimo per guadagnare il più possibile sulle Porsche".
Lascio la parola a Bébel con una traduzione la più letterale possibile.
Quanto segue è dunque la loro opinione e la loro versione e non la mia, mi sono limitato a sottolineare in rosso i punti che mi sembrano più importanti e che - a mio avviso - differiscono maggiormente dalle versioni riportate dalla stampa italiana.

giunti


 

 

 












[da Johnny Rives - "Beltoise - Le roman d'un champion - Callmann Lévy - 1973]

"A quel punto Jean-Pierre (é Rives che racconta ndt) é in sesta posizione. Precede di una ventina di secondi le Alfa Romeo. La sua fermata per il rifornimento é prevista al 32° giro. Non avrà l'occasione di farla.
Quando si ferma senza benzina per la prima volta, si trova nel tratto misto dell'autodromo.
Il motore tossisce, la lancetta della pressione della benzina é a zero.
Fortunatamente, una riserva di benzina di diversi litri permette teoricamente di fare un giro intero del circuito, dunque di rientrare ai box. Jean-Pierre aziona il piccolo rubinetto sulla sinistra. Immediatamente la lancetta della pressione della benzina si muove, il motore torna a rombare.
Un chilometro circa lo separa dai box. E' salvo.
Eccolo già all'ingresso dell'ultima curva prima del rettifilo dei box. E' un tornantino ("hairpin"). La Matra lo affronta veloce, quando é nel pieno della curva il motore tossisce nuovamente poi tace. Nuovamente il manometro della benzina segna zero.
Jean-Pierre aziona la pompa elettrica. Funziona a vuoto, questa volta il serbatoio è a secco.
Per sfruttare l'abbrivio, Jean-Pierre arrotonda la traiettoria. Ma la pista in quel punto é in leggera salita.
La Matra esce appena dalla curva e il suo slancio finisce.
La vettura si é fermata leggermente a sinistra dell'asse centrale della carreggiata. La pompa elettrica (della benzina) funziona sempre a vuoto. Beltoise la lascia inserita e scende a terra.
Andando a piazzarsi dietro la Matra comincia sa spingerla. I box distano 500 metri.
La pendenza della pista tende a portare la Matra a sinistra. Jean-Pierre é obbligato di andare ogni tanto fino al posto di pilotaggio per raddrizzare lo sterzo.
Un commissario di gara si é piazzato nella curva con una bandiera gialla che significa: pericolo, prestate attenzione, divieto di sorpasso.
Un altro commissario di pista con la bandiera gialla si piazza dieci metri dietro alla Matra.
La segue nella sua lenta progressione.
In quel punto le vetture escono dal tornantino a 70 Km/h circa. Accelerando a pieno raggiungono rapidamente delle velocità elevatissime. Essendo la pista larga diciotto metri i piloti non hanno alcuna difficoltà a scansare la Matra passando a destra.
La scorgono prima dell'uscita della curva, dove la loro velocità é bassa, chiudono all'interno e accelerano bruscamente.
Mentre spinge Jean-Pierre getta frequentemente un colpo d'occhio dietro di lui.
Quando gli passano accanto, può sentire l'aria smossa dalle vetture che continuano la gara.
Al momento della sua fermata era in buona posizione.
E' animato da una volontà irresistibile: portare rapidamente la sua vettura ai box e continuare la corsa.
Spinge con tutte le sue forze la Matra che ora sfiora il bordo sinistro. Non si é neppure tolto il casco.
Spinge con tutte le sue forze, sempre con maggiore difficoltà perché la leggera salita costituisce un serio ostacolo in queste condizioni. Mentre sta penando e ansimando decine di fotografi lo mitragliano di scatti. Il pubblico urla il suo incoraggiamento.
Dal bordo della pista gli ufficiali di gara sorvegliano la sua progressione (verso i box).
Jean-Pierre concentrato sulla sua azione dirige la sua auto sempre gettando uno sguardo alla lancetta del manometro che spera di veder muovere: la riserva dovrà alla fine funzionare !
Sta spingendo da oltre 100 metri, quando prende coscienza del fatto che l'ingresso dei box si trova dall'altra parte della pista.
Le due bandiere gialle sono sempre là, una nel tornantino, l'altra dieci metri dietro la Matra.
Girando lo sterzo verso destra, Jean Pierre deve fare solo venti metri per entrare nella pit lane.
Raccogliendo tutte le forze comincia a spingere la Matra attraverso la pista.
Ignazio Giunti è già passato due volte vicino a lui.
Non ha ancora rifornito, contrariamente alle Porsche.
In testa alla gara, concentra tutti i suoi sforzi per mantenere in ogni momento la sua Ferrari al limite delle prestazioni estreme.
Quando esce dal tornantino per l’ultima volta, la sua Ferrari 312 P segue da vicino la Ferrari 512 M, più grossa, più potente più alta, guidata da Mike Parkes.
La Matra, centoventi metri più avanti ha cominciato ad attraversare la pista, le sue ruote posteriori si trovano a due metri e mezzo dal bordo sinistro della pista, alla sua destra c’è uno spazio libero di dodici metri.
Parkes uscito dal tornantino completamente all’esterno (quindi a sinistra ndt) chiude completamente a destra ed accelera a fondo. Incollata alla Ferrari dell’inglese quella di Giunti.
Entrambe accelerano nello stesso istante.

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Parkes dopo essersi spostato a destra, come per passare ancora una volta a destra della Matra, improvvisamente taglia in diagonale verso sinistra.
Mira lo stretto passaggio alla sinistra della Matra.
Quest’ultima manovra prima dell’incidente decide tutto.

Giunti, che segue Parkes da vicino, esce di scia per sorpassare nel preciso momento in cui le due vetture sono a sinistra della Matra.
L’anteriore destra della Ferrari urta la ruota posteriore sinistra della Matra che è proiettata verso destra e traversa tutta la pista, mentre Parkes prosegue la sua corsa, la Ferrari di Giunti che ha preso immediatamente fuoco percorre un arco di cerchio di un centinaio di metri prima di fermarsi.
Il pilota è esanime. Ha subito gravi lesioni alle vertebre cervicali e morirà durante il suo trasporto all’ospedale.
Per un miracolo Jean-Pierre non si trova dietro la Matra al momento dell’urto.
Aveva appena corretto la posizione dello sterzo.
Dell’incidente non ha che un ricordo da incubo: in una frazione di secondo ha visto la Ferrari di Giunti spostarsi da dietro quella di Parkes . Al momento dell’impatto inciampa e subito si rifugia correndo sul bordo destro della pista.


Pedro59