Molto è stato detto riguardo la farsa che si è venuta a verificare domenica 19 giugno a Indianapolis e sento, in nome della chiarezza, che sarebbe proficuo per qualcuno che era realmente presente e che ha partecipato alle discussioni intavolate all’inizio del Gran Premio, fornire un resoconto veritiero su cosa è successo, sia per i 100.000 e passa tifosi che erano presenti, sia per le centinaia di milioni di persone di tutto il mondo che hanno guardato la televisione.

Sebbene questo sia un tentativo sincero di fornire un reale svolgimento degli eventi più importanti che sono capitati, siano questi dettagli minori o sequenze che potrebbero essere messe in discussione, questo, secondo me, non... (continua in leggi tutto) influirà in nessun modo su questo resoconto degli eventi che ha portato al più dannoso spettacolo della recente storia della Formula Uno.

Antefatto Per coloro che non hanno seguito i recenti sviluppi politici nella Formula Uno, è giusto dire che, per più di un anno, la maggioranza dei team si è trovata in contrasto con le azioni della FIA e del suo Presidente, Max Mosley, in merito alle regole e al modo in cui queste regole sono state introdotte o proposte per essere introdotte. Non è passato nessun fine settimana senza che alcuni o tutti i team non abbiano discusso o contestato queste regole. Questo è proprio il caso, come ormai tutti sanno, delle case costruttrici che hanno proposto i loro propri campionati alternativi a partire dall’01 gennaio 2008, questione, questa, sostenuta da almeno due dei team indipendenti. La percezione generale è che, in molti casi, queste questioni sono diventate personali, ed è mia opinione che questo sia un fattore che abbia seriamente contribuito all’insuccesso nel trovare una soluzione che avrebbe permesso a tutte le 20 vetture di disputare la domenica il Gran Premio degli Stati Uniti.

I fatti
Venerdì, 17 giugno

Ho notato che la vettura Toyota di Ricardo Zonta si è fermata ma, in tutta onestà, non ho posto molta attenzione sul perché si è fermata; comunque, sono stato testimone dell’incidente di Ralf Schumacher sia attraverso i monitor che, in maniera più significativa, dalla mia posizione al muretto dei box dove ho potuto vedere che cosa è successo. Era necessaria una bandiera rossa e attraverso i numerosi replay sui monitor, sembrava che la causa dell’incidente fosse stata provocata da una foratura al pneumatico posteriore.

Per tutto il pomeriggio, molte persone nel paddock hanno sostenuto che si trattasse di un cedimento del pneumatico e hanno commentato che quello che era successo fosse simile al grave incidente capitato a Ralf Schumacher durante il Gran Premio degli Stati Uniti del 2004. Più tardi in serata è stata la prima volta che mi sono reso conto di un potenziale problema con gli pneumatici Michelin in questo evento. In tutta onestà, non ho posto molta attenzione, visto che il nostro team utilizza pneumatici Bridgestone.

Sabato, 18 giugno
Arrivando al circuito, voci nel paddock parlavano di un potenziale problema agli pneumatici posteriori forniti a tutti i team Michelin per questa gara, ed è diventato evidente sin dalla prima e dalla seconda sessione disputate, che la maggior parte dei team coinvolti erano diventati molto prudenti con l’ammontare dei giri di pista che stavano facendo. In più, Toyota ha annunciato che aveva messo Ricardo Zonta al posto di Ralf Schumacher il quale non avrebbe preso più parte all’evento. Le ipotesi che alcuni team Michelin non avrebbero preso parte alle qualifiche, abbondavano nel paddock. In più, durante la sessione di prove libere sono stato informato di una riunione dei Team Principal con Bernie Ecclestone per le 14.30 dopo la qualifica, supponendo, erroneamente, che avrebbe avuto come oggetto la questione Michelin.

Le qualifiche si sono svolte ed infatti tutte le 20 vetture si sono qualificate per il Gran Premio della domenica.

All’incirca alle 14.20 ho raggiunto l’ufficio di Bernie e con i rappresentanti di tutti i team presenti, compresa la Ferrari, la riunione ha avuto inizio. Sorprendentemente, l’argomento principale della conversazione è stato il numero degli eventi ed il calendario per il 2006, seguito da una posposta di convocare una riunione per il prossimo Gran Premio per discutere solamente due questioni – la prima, una proposta di un unico fornitore di pneumatici in Formula Uno, e la seconda, se si desidera o meno la qualifica con o senza il carico di carburante per la gara nel 2006. Solamente alla fine della riunione si è sollevata la questione degli pneumatici Michelin e, in verità, non se ne è parlato dettagliatamente. Personalmente ho trovato questo strano ma, come ho affermato, la questione non toccava direttamente la Minardi e quindi non avevo alcuna ragione per incalzare la discussione.

Per tutto sabato sera, si facevano molte ipotesi nel paddock relative alla questione degli pneumatici, questione che era diventata molto più preoccupante rispetto a prima e si parlava di una nuova spedizione di pneumatici provenienti, durante la notte, dalla Francia e a che tipo di penalità i team Michelin sarebbero incorsi se avessero utilizzato quegli pneumatici. A fine giornata, mentre stavo lasciando il paddock, c’era gente che scommetteva sulla possibilità per Minardi e Jordan di andare a punti!

Più tardi nella serata ho parlato con il nostro Direttore Sportivo sugli sviluppi che c’erano stati e mi è stato riferito che la questione era davvero molto seria e che esisteva la possibilità che i team Michelin non prendessero parte alla gara.

Domenica, 19 giugno
Sono arrivato al circuito alla 08:15, ed ho trovato il paddock ronzante di storie che lasciavano intendere che i team Michelin non sarebbero stati in grado di prendere parte al Gran Premio. Mi è stata consegnata una copia della corrispondenza tra la Michelin, la FIA ed i team Michelin, la quale rivelava la vera estensione del problema. A questo punto i giornalisti chiedevano se la Minardi avesse acconsentito alla variazione delle regole per permettere ai team Michelin di gareggiare e quali penalità mi sembravano essere appropriate.

Un briefing già pianificato tra la Minardi e la stampa ha avuto luogo alle 09:30 e non appena terminata, sono stato convocato ad una urgente riunione insieme a Jordan, Bernie Ecclestone, i due più importanti rappresentanti Senior della Michelin presenti al circuito, Tony George Presidente dell’ IMS, i Team Principal ed i rappresentanti tecnici dei team Michelin. A questa riunione la Michelin ha ammesso, ai propri clienti, che gli pneumatici a disposizione non erano in grado di completare la distanza gara sul circuito di Indianapolis senza un cambiamento della configurazione del tracciato, così da ridurre la velocità in uscita dall’ultima curva che immette sul rettilineo d’arrivo. Ulteriori informazioni hanno confermato gli enormi sforzi che la Michelin, con il sostegno dei suoi team, ha intrapreso nelle precedenti 48 ore per cercare di risolvere il problema ma è stato chiaro che tutti questi sforzi non sono stati in grado di portare ad una soluzione conveniente che non avrebbe richiesto il supporto dei team non Michelin e, per ultima, dalla FIA.

Quello che era stato richiesto ai team Bridgestone era di permettere che si costruisse una chicane alla curva 13, la quale avrebbe permesso alla Michelin di confermare ai suoi team che, in questo modo, gli pneumatici sarebbero stati in grado di completare la distanza di gara. Cominciava ad essere molto evidente che questa era l’unica opzione fattibile dal momento che i precedenti suggerimenti della FIA, di ridurre la velocità delle vetture Michelin alla curva 13, avrebbero probabilmente potuto provocare un monumentale incidente. Questa idea, così come quella riguardante la possibilità di pit stop ogni 10 giri, è stata abbandonata e le discussioni sono ritornate sull’unica ragionevole soluzione – una chicane. Durante questa discussione viene assegnato ad un rappresentante tecnico con una specifica conoscenza del circuito di Indianapolis e a dei rappresentanti della ISM il compito di preparare il progetto di una chicane, e Bernie Ecclestone accetta di parlare con uno dei Team Principal non presenti, Mr Todt, e di informare il Presidente della FIA, Max Mosley, che non era presente ad Indianapolis, della soluzione pianificata per permettere la riuscita del Gran Premio degli Stati Uniti. A sole poche ore a disposizione dall’inizio della gara, noi abbiamo acconsentito di riunirci non appena Bernie avesse ottenuto una risposta dai signori Todt e Mosley.

Approssimativamente alle 10:55, Bernie ci ha informati che non solo Mr Todt non avrebbe acconsentito, dichiarando che non era un problema Ferrari bensì un problema della FIA e della Michelin, ma anche che Mr Mosley aveva dichiarato che se si fosse alterato il circuito, egli avrebbe immediatamente cancellato il Gran Premio. Queste parole hanno avuto un tono che mi era familiare, dato che erano simili a quelle che ho sentito all’incirca a mezzanotte del venerdì precedente il Gran Premio d’Australia 2005 quando mi è stato comunicato da tutti i rappresentanti senior della FIA presenti, che il Gran Premio d’Australia sarebbe stato immediatamente cancellato se non avessi ritirato la pendente azione legale tra la Minardi e la FIA. Ancora una volta, Mr Mosley non era presente al Gran Premio! È giusto dire che a questo punto la maggior parte delle persone presenti nella stanza erano dell’idea, e lo hanno dichiarato, che Mr Mosley aveva completamente oltrepassato ogni limite, non avendo percepito la gravità della situazione e per di più non preoccupandosi del Gran Premio degli Stati Uniti, degli organizzatori, dei tifosi e quindi dei centinaia di milioni di spettatori televisivi di tutto il mondo che stavano per essere penalizzati dalla sua intransigenza.

A questo punto i nove team hanno discusso sul fatto di disputare una gara non appartenente al campionato, oppure una gara nella quale i team Michelin non avrebbero potuto ottenere punti e addirittura una gara nella quale solamente i team Michelin avrebbero utilizzato la nuova chicane e quindi ogni altra possibile opzione che avrebbe permesso alle 20 vetture di partecipare e mandare avanti lo spettacolo. Tutto sarebbe stato accettato pur di non causare gli enormi danni alla Formula Uno che tutti i presenti sapevano sarebbero stati altrimenti inevitabili.

Ormai, la maggior parte dei presenti sentiva che l’unica opzione fosse quella di installare una chicane e gareggiare, se necessario, senza Ferrari, ma con 18 vetture in quella che sarebbe indubbiamente stata una gara non appartenente al campionato. Abbiamo discusso con Bernie sulle conseguenze che si sarebbero avute con il ritiro dello staff della FIA, l’individuazione concordata di un Direttore di Gara, di una Safety Car, più altri punti essenziali e tutti siamo stati d’accordo che, in queste circostanze, la cosa di primaria importanza era che la gara doveva andare avanti. Tutti hanno inoltre concordato che nel momento in cui molto probabilmente ci sarebbe stato negato l’utilizzo di strutture FIA, come la bilancia e la possibilità di verifica post gara, ogni concorrente avrebbe istruito il proprio team ed i propri piloti a comportarsi in modo da fornire una gara-spettacolo per il bene della Formula Uno.

A questo punto, abbiamo chiamato i 20 piloti, tutti e 20 sono arrivati, e li abbiamo informati del nostro progetto. Sebbene non posso testimoniare che ogni singolo pilota abbia acconsentito a quello che stavamo loro proponendo, quello che posso dire con certezza è che nessun pilota ha dissentito ed infatti i membri del “Grand Prix Driver’s Association”, hanno discusso la possibilità della costruzione di un’adeguata chicane. Jean Todt era l’unico importante rappresentante che non presente ed i piloti Ferrari hanno dichiarato che questa decisione doveva essere presa da Mr Todt.

Mi sento di sottolineare che, a questo punto, consci della totale impossibilità – causa forza maggiore se preferite- da parte di 14 vetture di prendere parte alla gara, i nove team rappresentati si sono accordati nel non partecipare alla gara a meno che non si fosse trovata una soluzione nell’interesse della Formula Uno come sport globale, visto che era chiaro a tutti i presenti che lo sport e non la politica, doveva prevalere per evitare un disastro che sembrava imminente.

Dopo una breve pausa, ci siamo nuovamente riuniti senza i piloti. Quando sono arrivato nell’ufficio di Bernie, Flavio Briatore era la telefono con Mr Mosley ed era quasi chiaro dal linguaggio del corpo degli altri radunati nella stanza che Mr Mosley non accettava nessuno dei nostri suggerimenti. Alla fine della telefonata, era ovvio che molti di quelli presenti nella stanza avevano perso ogni fiducia in Mr Mosley e nella sua capacità di adempiere alla sua funzione come Presidente della FIA in rispetto alle questioni della Formula Uno.

Sono sicuro che questa frase sarà trattata con disprezzo da Mr Mosley, ma quello che si deve capire è che ci sono vari motivi per i quali gli altri Team Principal e la maggior parte dei senior in Formula Uno non diranno pubblicamente cosa pensano veramente di Mr Mosley, della sua politica e del suo potere sullo sport. La tentazione di rivelare questi motivi, uno ad uno, è tanta, ma la rimando ad un’altra occasione. Basta dire che coloro che si sono radunati ad Indianapolis hanno imputato a Mr Mosley e, ad uno grado più basso, alla mancanza di collaborazione da parte di Mr Todt, la responsabilità del più grande FIAsco nella recente storia della Formula Uno.

Si sono fatte poi discussioni su altre telefonate tra Mr Mosley e tra tutti gli altri, Berni Ecclestone, Ron Dennis e Tony George ed era chiaramente comprensibile fino a che punto poteva arrivare Mr Mosley per ottenere i suoi obiettivi. Con mio totale disgusto, è stato dichiarato che Mosley ha informato Mr Martin, il più importante rappresentante Senior della FIA negli Stati Uniti, che se si fosse disputata una qualsiasi gara al di fuori del campionato o se si fosse apportata una qualsiasi alterazione al circuito, il Gran Premio degli Stati Uniti e quindi tutti gli sport automobilistici negli Stati Uniti regolati dalla FIA, sarebbero stati minacciati – nuovamente la stessa tattica usata nel minacciare il Gran Premio d’Australia e lo sport motoristico australiano nel marzo di quest’anno.

Ormai era evidente che Mosley aveva costretto con la minaccia il promoter del Gran Premio degli Stati Uniti alla sottomissione, Bernie Ecclestone era privo di potere per intervenire e tutti i tentativi dei Team Principal, con l’eccezione di Jean Todt, non erano riusciti a salvare il Gran Premio degli Stati Uniti del 2005.

A questo punto, si è aperta la pit lane ed ha avuto luogo una frettolosa discussione relativa alla presenza o meno dei team Michelin sulla griglia. Mi è stata consegnata una radio dal personale del team ed ho potuto così sapere quali vetture stavano schierandosi in griglia. È interessante notare che il Team Principal della Jordan non era presente questa volta, e quindi sono state le vetture della Jordan che per prime sono avanzate sulla griglia, seguite dalle Ferrari. Dopo aver discusso con Bernie Ecclestone, si era d’accordo che i team Michelin andassero sulla griglia ma che erano assolutamente diffidati dal partecipare alla gara per la situazione degli pneumatici.

Abbiamo quindi preso posto sulla griglia di partenza e a questo punto ho domandato a Colin Kolles della Jordan se aveva intenzione di sostenere gli altri team oppure partecipare alla gara. Con parole chiare, mi è stato detto che la Jordan avrebbe corso. Sono stato avvicinato da un rappresentante della Bridgestone il quale mi ha informato che la Bridgestone desiderava che noi partecipassimo. A questo punto mi sono trovato a prendere una delle decisioni più difficili che abbia mai preso da quando sono in Formula Uno poiché non volevo gareggiare ma vista la mia attuale relazione con Mr Mosley, già ero cosciente delle pesanti sanzioni che mi sarebbero state inferte se non lo avessi fatto. Sono stato chiaro con Bernie Ecclestone ed alcuni Team Principal sul fatto che se le Jordan fossero uscite di pista o si fossero ritirate, anch’io avrei ritirato le vetture Minardi dalla gara.

È importante per la gente comprendere che la Minardi, i sette team Michelin, Bernie Ecclestone, ed i promotori non erano d’accordo con le tattiche di Mr Mosley. Per le ragioni precedentemente sottolineate, ci vorrà del tempo, semmai accadrà, per ammetterlo, ma non c’è nessun dubbio nella mia mente che la farsa che è capitata domenica 19 giugno 2005 ad Indianapolis è stata responsabilità del Presidente della FIA, Max Mosley, aggravata dalla mancanza di sostegno da parte di Jean Todt.

Per evitare qualsiasi dubbio, secondo me, Michelin si è comportata in maniera responsabile, tanto da ammettere che il problema era causato da loro. Se si considera che anche gli pneumatici per la sostituzione con specifiche-Barcellona che sono stati spediti all’IMS, una volta testati, apparentemente mostravano le stesse caratteristiche di quelli sbagliati originariamente, questo è chiaramente un caso di forza maggiore, in quanto non credo nemmeno per un attimo che la Michelin abbia intenzionalmente portato all’evento degli pneumatici che erano inadatti per la competizione.

Comunque, ancora più importante, è che Mosley ha rifiutato di accettare qualsiasi soluzione offerta e questo rifiuto, credo, fosse politicamente motivato. Perciò egli ha fallito nella sua funzione e questo è il motivo per cui ho chiesto le sue dimissioni.

Indubbiamente ci saranno ulteriori discussioni e dibattiti nelle prossime settimane e mesi a venire ma credo che questo sia un veritiero ed onesto resoconto dei fatti e non della fantasie che hanno fatto da cornice alle vere responsabilità di questo FIAsco. Adesso la gente può farsi una propria idea! (Fonte Minardi.it)

Paul Stoddart
20 giugno 2005