Sopra: Partenza del Gran Premio degli Stati Uniti 1982 a Las Vegas, nel parcheggio dell'Hotel del “Caesar's Palace”. Il milanese Michele Alboreto (Tyrrell-Ford) vince la gara davanti a Watson e Cheever. I tre piloti sono premiati sul podio dalla Regina del soul Diana Ross;
Quel 25 settembre 1982 sotto il podio di Las Vegas c'era anche suo fratello Ermanno, che così ricorda quei momenti: “Quando mi è venuto incontro dopo la fine della gara, non mi ha detto nulla, rideva solo, felice come non mai. Durante la premiazione sembrava di essere a Monza: erano tutti contenti per quella sua prima vittoria, anche gli uomini delle altre Squadre. Sceso dal podio, non stava più nella pelle perché il suo mito Diana Ross (lui aveva tutte le sue cassette) gli aveva chiesto l'autografo. Non riusciva a crederci! La sera ci fu la grande festa al Caesar's Palace, un ambiente già di per sé molto particolare, dove spiccava lo striscione ‘Michele Alboreto, Las Vegas 1982 Grand Prix winner'. C'erano proprio tutti, incluso il suo grande amico Elio de Angelis, e tutti erano contenti per lui. Nel caos della festa qualcuno, gettandosi in piscina, prese dei soldi: così nacque la pesca al dollaro. Ci tuffammo a raccoglierli con dei meccanici della Tyrrell e, più tardi, andammo a giocarli tutti. Tante risate quel giorno ma, inutile nasconderlo, anche tante lacrime di felicità, per quella sua prima, grande vittoria”. Le imprese di Alboreto sulla 011 lo fecero notare alla Ferrari, dove arrivò ne1 1984, ma per la Tyrrell il Caesar's Palace fu l'apoteosi. Il Team avrebbe assaporato l'ultimo successo un anno dopo, a Detroit 1983, sempre con Alboreto. Poi la crisi, che continuò negli anni Novanta, finché nel 1998 la squadra fu acquistata dalla BAR, diventando un'altra delle tante Leggende della Formula 1 consegnate alla Storia.
Il Mondo della Formula 1 stava radunato attorno alla piscina del Caesar's Palace, tutti pensavano solo alle cene e ai giri all'Hoover Dam, era impossibile non rimanere perplessi. “Un giorno Dio metterà una bomba in questo posto” disse l'argentino Carlos Reutemann. “A Las Vegas puoi incontrare le persone peggiori”. Come ben testimoniato dall'attore americano Nicholas Cage, Las Vegas è il posto ideale per perdersi. Ci voleva parecchio per riprendersi da quei Gran Premi, quindi è un sollievo che quelle corse nel parcheggio siano state cancellate. Così come è positivo che quel circuito, peraltro uno dei più scialbi in Calendario, sia ormai sepolto da qualche parte sotto l'Hotel Caesar's.
10 – DETROIT 1982 La Capitale dell'Automobilismo Mondiale
Detroit-Belle Isle, Renaissance Centre, circuito cittadino
Dopo la follia del Caesar's Palace, che aveva ospitato l'ultimo Gran Premio della Stagione precedente nel parcheggio dell'omonimo Hotel, gli Stati Uniti presentano un altro tracciato innaturale per la Formula 1 a Detroit, dove la pista è ricavata dalle strade del Centro cittadino: muretti, asfalto sdrucciolevole e tombini compresi. Nella Stagione 1982, la Formula 1 in America vive il momento di massima espansione. Gli organizzatori statunitensi riescono ad ottenere in ben tre gare in terra americana. Long Beach, Detroit e Las Vegas sono inserite nel Calendario 1982 di Formula 1.
La pista era sensazionale, abbastanza larga per consentire i sorpassi, ma ricca di curve cieche, salite, discese, saltellamenti, faticoso, seminato da tombini e senza vie di fuga. Aveva curve molto difficili, specialmente la prima a 90° che si restringeva ad imbuto creando grandi ammucchiate. Le strutture per le televisioni, la stampa e i box erano molto stretti e ridotti ad un fazzoletto di terra. Detroit era uno dei pochi circuiti a senso anti-orario e il meno amati dai piloti, ma rimase in Calendario per molti anni. A Detroit si lasciava il RenCen (Il Renaissance Centre, dove c'era il quartier generale della Formula 1, hotel e tutto il resto), dove il Circus si ritirava vista la violenza metropolitana che all'epoca infestava la città,solo per recarsi alla gara annuale di yatch a Grosse Point. Se no si restava lì, dove c'era di tutto: bar, ristoranti, cinema e pub, un anticipo di “Paddock Club”, insomma. Qui si ritrovava tutto il glamour europeo all'ennesima potenza, l'atmosfera di Monaco e il meglio dell'Industria Automobilistica Mondiale. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che a Detroit ha sede il Quartier Generale di “Ford-Cosworth”, “Daimler-Chrysler” e “General Motors”.
Sopra: Partenza del Gran Premio degli Stati Uniti 1982 a Detroit. Il pilota francese Alain Prost (Renault) in Pole Position tra i grattacieli del RenCen;
11 – DETROIT 1983-1988 Il Grattacielo del Mondo
Detroit-Belle Isle, Renaissance Centre, circuito cittadino
Le critiche riservate agli organizzatori e i punti interrogativi riguardante il tracciato vengono a galla nella prima Edizione del Gran Premio di Detroit. Per porre rimedio a ciò, gli organizzatori eliminano l’assurda “East chicane” per sostituirla con un più semplice breve rettilineo. Le buche e le sconnessioni dell’asfalto, oggetto di critica da parte dei piloti, vengono sistemate l’anno successivo e il tracciato viene reso leggermente più semplice, veloce e guidabile. Ma gli stessi problemi verranno a galla nel corso degli anni ma nonostante ciò, un tracciato impossibile ed assurdo come Detroit rimarrà ancora a lungo tempo inserito nel Calendario del Mondiale di Formula 1.
Nel 1983, primo anno con la nuova configurazione del tracciato, al termine della Sessione di Prove Ufficiali, sono la Ferrari di Arnoux e la Brabham-BMW di Piquet a risultare le più veloci, occupando la prima fila dello schieramento di partenza, mentre al terzo posto si piazza la seconda Ferrari di Tambay. Chi si trova nei guai è Prost (Renault), che deve accontentarsi della tredicesima posizione al termine di due giorni di Prove travagliatissime. Al via, il più lesto è Piquet, che con la sua Brabham brucia l’avversario insediandosi di prepotenza in testa alla corsa per una cavalcata che però dura ventotto giri, visto che il brasiliano è costretto ai box e riparte con un ritardo incolmabile. Al comando passa così Arnoux, ma anche il ferrarista deve abbandonare ogni speranza di vittoria, quando la sua monoposto resta inchiodata a causa della centralina elettronica. Ne approfitta il milanese Michele Alboreto, che con la sua modesta ma efficace Tyrrell-Ford a forma di freccia e sponsorizzata Benetton conquista il secondo successo in Carriera ancora una volta in terra statunitense. Al secondo e al terzo posto la Williams-Ford del finlandese Keke Rosberg e la McLaren-Ford dell’irlandese John Watson. Si tratta dell’ultima vittoria del leggendario motore Ford-Cosworth V8, il glorioso propulsore nato nel 1967 e che ha raccolto successi su ogni circuito del Mondo come non mai.
Sopra: Il milanese Michele Alboreto (Tyrrell-Ford) al comando della gara davanti alle monoposto avversarie. Tra le strade e i muretti di cemento di Detroit, Alboreto fece registrare l’ultimo successo del leggendario propulsore Ford-Cosworth V8;
Sopra: Incidente durante la prima partenza del Gran Premio degli USA East a Detroit 1984;
Sopra: L’austriaco Gerhard Berger (Benetton-BMW n°20) all’uscita della corsia box di Detroit durante le Prove Ufficiali del Gran Premio degli Stati Uniti 1986;
Sopra: Il brasiliano Nelson Piquet (Williams-Honda n°6) in pista sul circuito cittadino di Detroit;
Il pilota brasiliano Ayrton Senna (Lotus-Honda 99T) doppia la vittoria ottenuta sul circuito di Montecarlo due settimane prima nell’Edizione 1987. Si tratta della 79° e ultima vittoria del Team Lotus in Formula 1. A partire dalla Stagione 1988, la celebre Squadra di Norfolk fondata da Colin Chapman imboccherà la strada di una lunga crisi che porterà la chiusura al termine dell’annata 1994. In questa occasione, il successo sarebbe andato al poleman britannico Nigel Mansell, andato in testa con la sua Williams-Honda già dal via fino al 33° passaggio, quando l’inglese a rallentare vistosamente l’andatura a causa dei fortissimi crampi che lo affliggono alla gamba destra. Alle spalle di Senna, si piazza il connazionale Nelson Piquet (Williams-Honda), mentre il francese Alain Prost (McLaren-TAG Porsche Mp4/3) conquista il podio arrivando al terzo posto. La Scuderia Ferrari deve accontentarsi del quarto posto dell’austriaco Gerhard Berger, mentre l’italiano Michele Alboreto è costretto al ritiro al 25° giro per la rottura del cambio. Mansell scivola fino al quinto posto, mentre l’ultimo punto della Classifica viene colto dall’italo-americano Eddie Cheever (Arrows-Megatron), giunto sesto al traguardo. Come Montecarlo, anche Detroit è un circuito “cittadino”, e la selezione è altrettanto dura, con ben quattordici monoposto fuori combattimento. Con questo successo, Senna balza in testa al Mondiale, seguito da Prost e Piquet.
Sopra: Il brasiliano Ayrton Senna (Lotus-Honda 99T), vincitore del Gran Premio degli Stati Uniti 1987 a Detroit;
L’Edizione 1988 sancisce la fine della permanenza del Circus della Formula 1 sul tracciato cittadino di Detroit. La novità di questa gara è rappresentata dalla presenza in prima fila di una monoposto Ferrari (quella di Gerhard Berger) che, una tantum, è riuscita a scalzare una delle invincibili McLaren-Honda Mp4/4 Turbo, precisamente quella di Prost, visto che l’altra del brasiliano Ayrton Senna pare ormai abbonata alla Pole Position. Ferrari e McLaren che occupano anche la seconda fila con Michele Alboreto e appunto Alain Prost. In Prova, il pilota milanese Ivan Capelli (Leyton House-Judd) è protagonista di un brutto incidente dove riporta la frattura di un osso del piede. I medici impongono a Capelli di non partecipare alla corsa. Ma le due Ferrari subiranno in corsa un amaro destino, che le costringerà entrambe al ritiro: Berger darà forfait al sesto passaggio a causa di una foratura, mentre Alboreto (in crisi d’assetto) incorrerà in un incidente alla 45° tornata. È invece l’impianto idraulico a fermare questa volta le due deludenti Williams-Judd di Mansell e Patrese, a conferma di una Stagione difficile da parte della Squadra dominatrice del Campionato nella Stagione precedente. Ai primi due posti, manco a dirlo, si piazzano le due McLaren si Senna e Prost, con il brasiliano (al terzo successo consecutivo sul tracciato di Detroit) che taglia il traguardo a passo di lumaca a causa della benzina ormai agli sgoccioli. Curiosamente, anche il belga Thierry Boutsen (Benetton-Ford B188) lo segue al rallentatore per non sdoppiarsi e dover quindi effettuare un altro giro. Al quarto posto si piazza la monoposto tedesca Rial del pilota romano Andrea De Cesaris, bravissimo a sfruttare le disavventure patite dagli avversari.
Sopra: Il brasiliano Nelson Piquet (Lotus-Honda 100T n°1), Campione del Mondo in carica, in una spettacolare inchiodata tra le strade tortuose del circuito cittadino di Detroit;
Sopra: Il belga Thierry Boutsen (Benetton-Ford B188 n°20) impegnato sul circuito cittadino di Detroit, nel Gran Premio degli Stati Uniti 1988;
Sopra: L’italiano Pierluigi Martini (Minardi-Ford M188) porta la monoposto di Faenza alla conquista del sesto posto finale a Detroit, raccogliendo i primi punti per la Squadra italiana;
Tuttavia, dopo l’Edizione 1988, gli organizzatori americani preferirono orientarsi verso le gare americane di Formula CART. La rivista italiana Autosprint lo aveva anticipato già l’anno precedente. Dal 1989 il Gran Premio degli Stati Uniti non si disputerà più sul pericoloso circuito cittadino di Detroit, bensì su una pista permanente situata a Belle Island (di cui vi mostriamo del materiale inedito qui in basso), una isoletta a cinque miglia dalla città, collegata con questa da un ponte e situata nel bel mezzo del “Detroit River”, in un punto equidistante dalla frontiera americana e canadese. La pista, realizzata naturalmente con l’aiuto economico della Ford Motor Company, misurerà 4240 metri: si tratta di un autodromo veloce, dotato di un lungo rettifilo e di curvoni di collegamento. L’operazione, naturalmente, nasconde interessi economici non indifferenti. Da tempo la Ford si era accorta che l’organizzazione del Gran Premio USA a Detroit imponeva altissimi costi gestionali, sia per le infrastrutture che per il gran numero di personale utilizzato. A quel punto, facendosi i conti in tasca, ha deciso in accordo con il consiglio municipale della città che valeva la pena costruire «ex novo» una pista permanente utilizzando un tratto di strada già esistente nella parte meridionale di questa isola, considerata, a ragione, il punto più bello dell’intera città. Nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa, Ecclestone ha confermato che non è escluso nell’immediato futuro l’organizzazione di qualche altro Gran Premio di Formula 1 da svolgersi negli Stati Uniti. L’entrata in scena all’ultimo momento di Phoenix Park in Arizona porterà l’abbandono del Progetto “Belle Island” a Detroit.
Sopra: Il tracciato di “Belle Island” a Detroit, che doveva essere utilizzato dalle monoposto di Formula 1 a partire dal 1989. La sede del Gran Premio degli Stati Uniti venne spostata a Phoenix in Arizona. In seguito, la pista ospito le corse di Formula CART;
12 – DALLAS 1984 Follia texana!
Fair Park, circuito cittadino
Se Detroit ha ottenuto il suo Gran Premio, allora perché non organizzarne uno a Dallas, Centro del petrolio industriale americano? Nulla di più presto fatto: scelte alcune strade, gettati alcuni muri e recintato qua e là ed il tracciato è pronto! Dallas diede un’altra sferzata di realtà alla formula 1, l’avvisaglia dell’importanza che avrebbero assunto i soldi in questo Mondo. La gara si sarebbe dovuta svolgere per cinque anni, invece rimase un episodio isolato. La gara dimostrò ancora una volta la totale improvvisazione americana nel concepire le corse del Campionato del Mondo di Formula 1, troppo distanti per una mentalità che predilige il senso dello spettacolo alla tecnica. Ma fu un episodio memorabile.
Il tracciato cittadino di Dallas è uno dei più assurdi mai visti in Formula 1. Ricavato accanto allo Stadio Cotton Bowl, sfruttava le stradine del quartiere fieristico di Dallas. Lento, tortuoso, delimitato da blocchi di cemento, tutte brusche accelerazioni e improvvise frenate. Le condizioni dell’asfalto erano precarie e indecenti, con il manto stradale che si sbriciolava al passaggio delle monoposto. Si percorreva la strada verso Southfork Ranch, dove la Multinazionale dell’Abbigliamento Benetton organizzava il barbecue dell’Anno. Si visitava il sesto piano del Book Repository, dove Lee Harvey Oswald cambiò il Mondo. E il giovedì si percorreva a piedi il circuito in compagnia de futuro “Leone d’Inghilterra” Nigel Mansell, che doveva ancora vincere la sua prima gara, ma che era già molto veloce sulla Lotus-Renault del brillante Ingegnere francese Gérard Ducarouge.
Sopra: La mappa del “Fair Park” di Dallas, luogo dove si svolse l’unico Gran Premio di Formula 1 nella Capitale dello Stato del Texas nel 1984;
L’8 luglio 1984 si corre il Gran Premio degli USA West a Dallas. Faceva talmente caldo (42 °C la temperatura dell’aria) che gli organizzatori decisero di far partire la gara alle ore 11, spostando il Warm-Up praticamente all’alba, questo per dare il tempo di riassaltare frettolosamente la pista. Il pilota francese Jacques Laffite si presentò nella zona del paddock – collocata in un autosalone – ancora in pigiama, mentre le ragazze pon pon si esibivano davanti alle tribune. Il via venne dato da Larry Hagman e in pratica fu una corsa di durata, lunga e rovente. Il rifacimento totale del manto stradale non bastò ad evitare che un tracciato così assurdo non provochi una serie di incidenti che elimina ben diciassette piloti. Il finlandese Keke Rosberg su Williams, un funambolo tra le strade di Dallas, regalò alla Honda la prima vittoria dell’Era 1983/1992, rilassato e calmo nella sua tuta refrigerata. Al secondo posto si piazza la Ferrari del francese René Arnoux, mentre il romano Elio De Angelis arriva terzo sull’ultimo gradino del podio. Le due formidabili McLaren-TAG Porsche Mp4/2 subiscono una battuta d’arresto con Prost e Lauda costretti al ritiro per incidenti. Ma il vero eroe della giornata è Nigel Mansell. Partito dalla Pole Position, in testa per mezza gara, Mansell, in cirisi con le gomme e con il cambio, via via scivola indietro. All’ultima curva dell’ultimo giro il cambio si rompe definitivamente: il traguardo è lì a poche centinaia di metri. Mansell, non si arrende, scende dalla macchina e si mette a spingere la sua Lotus-Renault davanti al pubblico americano che lo incoraggia. Ma per il caldo pazzesco e per la fatica accumulata in quasi due ore di gara, Mansell cade a terra svenuto. Di questo folle Gran Premio texano gli resteranno il sesto posto e un ricordo indimenticabile. In sala stampa i giornalisti sudavano, ricurvi sulle macchine da scrivere. Ovunque, carta carbone e ticchettii.
Sopra: Keke Rosberg (Williams-Honda n°6), vincitore del Gran Premio degli USA West 1984 a Dallas. Il pilota finlandese regala alla Casa Motoristica Honda il primo successo in Formula 1;
Sopra: I tre piloti italiani Michele Alboreto (Ferrari n°27), nella foto grande, Corrado Fabi (Brabham-BMW n°2) e Piercarlo Ghinzani (Osella-Ford n°24), protagonisti marginali del Gran Premio degli Stati Uniti 1984 a Dallas;
Sopra: Il pilota tedesco Manfred Winkelhock (ATS Turbo n°14) in azione tra le strade e i muretti di cemento di Dallas, nel Gran Premio degli USA West 1984;
13 – PHOENIX 1989-1990 Nel Deserto dell’Arizona
Phoenix Grand Prix Circuit, circuito cittadino
Phoenix fu l’ultimo dei circuiti cittadini americani di cui fu ospite il grande Circus della Formula 1. Il tracciato, ricavato dalla principali strade della Capitale dello Stato dell’Arizona, fu proposto dagli organizzatori locali alla Federazione Internazionale dell’Automobile all’inizio della Stagione 1989, dopo una prima quanto incerta candidatura della pista di “Belle Island” a Detroit. La Phoenix di allora, sul cui circuito stradale si svolgeva un altro Gran Premio americano, non ha stranamente niente più in comune con la città di oggi. È difficile persino immaginare che lì ci fosse un circuito, in mezzo ai grattacieli. Avrebbe dovuto essere un Gran Premio divertente, una Long Beach del deserto, ma così non fu.
Pur essendoci nella Capitale dell’Arizona uno degli autodromi pi importanti degli Stati Uniti, gli organizzatori preferirono creare un circuito cittadino a Phoenix, sfruttando alcune delle strade principali. La gara di svolgeva infatti nella parte sbagliata della città, nel mese sbagliato e nel momento sbagliato per la Formula 1 in America. La IndyCar era in crescita, e la Formula 1 dovette essere rivista. La zona della partenza si trovava proprio di fronte alla prigione locale in Jefferson Street, dietro cui erano ospitati i mezzi delle televisioni. Il tracciato (a senso anti-orario) era delimitato, come nei casi precedenti, da blocchi di cemento e da un continuo ricorso di muretti. Nella prima configurazione, la pista comprendeva 11 tornate dal raggio di 90° su un totale di 15 curve complessive, molte delle quali cieche. La sicurezza in pista era disastrosa, così come l’organizzazione dell’evento.
La prima Edizione del Gran Premio degli Stati Uniti a Phoenix si svolge il 4 giugno 1989, quinta Prova del Mondiale di Formula 1. Le due McLaren-Honda Mp4/5 Aspirate monopolizzano la prima fila dello Schieramento di Partenza, con il brasiliano Ayrton Senna davanti al francese Alain Prost. Al via le vetture bianco-rosse scattano in testa e sembrano avviarsi verso una delle tante doppiette cui sono abituate le monoposto del Team britannico di Ron Dennis. Ma la vettura di Senna non è perfetta, e comincia ad accusare problemi di accensione, che alla fine costringono il Campione del Mondo in carica ad abbandonare la corsa al 45° passaggio. Per Prost, i rimanenti 30 giri diventano una passeggiata, anche in virtù del vantaggio accumulato sul padovano Riccardo Patrese (Williams-Renault), ancora una volta secondo al traguardo. Sul podio sale anche l’italo-americano Eddie Cheever (Arrows-Ford), grazie al terzo posto conquistato in gara: per il pilota è una doppia soddisfazione, visto che il Gran Premio si disputa a Phoenix, nella sua città natale. Anche in questa gara, il brasiliano Nelson Piquet (Lotus-Judd) resta a bocca asciutta, a causa di un incidente al 52° giro con l’italiano Alex Caffi (BMS Dallara-Ford). I problemi elettrici fermano le due Ferrari 640 “papera”, la cui Stagione iniziata nel migliore dei modi con l’inaspettata vittoria dell’inglese Nigel Mansell sembra sempre più assumere i connotati di quella precedente…
Sopra: Il francese Alain Prost (McLaren-Honda Mp4/5), vincitore del Gran Premio degli Stati Uniti 1989 a Phoenix Park;
Nel Calendario del Campionato del Mondo 1990 al Gran Premio degli Stati Uniti viene assegnato l’onore di aprire la nuova Stagione di Formula 1. In Pole Position parte l’austriaco Gerhard Berger (McLaren-Honda Mp4/5B), alla sua prima gara con il Team di Woking. Dopo il via, dalla quarta posizione di partenza esce a sorpresa la Tyrrell-Ford del giovane francese Jean Alesi, che si piazza al comando davanti alla McLaren di Berger, alla BMS Dallara di De Cesaris, e all’altra McLaren di Senna, mentre le Ferrari sono già nei guai con quella di Prost che fuma e quella di Mansell ingabbiata al dodicesimo posto. Per trentotto giri, il francesino di Avignone riesce a mantenere la testa delle corsa, rintuzzando ogni attacco di Senna, ma il brasiliano alla fine riesce ad avere ragione su Jean, portandosi al comando per non lasciarlo più fino al traguardo. Alle spalle di Senna e Alesi, si piazza la Williams-Renault del belga Thierry Boutsen, seguita dalla Benetton-Ford di Nelson Piquet: il brasiliano ha infatti abbandonato il Team Lotus per approdare alla più promettente Squadra in circolazione. Il quinto posto è appannaggio del modenese Stefano Modena, che conquista così due preziosi punti iridati per la gloriosa Scuderia Brabham. Partito dalla prima fila dello schieramento, il romagnolo Pierluigi Martini è settimo al traguardo con la sua Minardi-Ford. Berger inizia male la sua avventura in McLaren ritirandosi per un problema alla trasmissione al 34° giro, finendo contro un muro. Per quanto riguarda la situazione in Casa Ferrari, la nuova Stagione inizia con un doppio ritiro, che elimina prima Prost (cambio) e poi Mansell (motore).
Sopra: Il brasiliano Ayrton Senna (McLaren-Honda Mp4/5B n°27), vincitore del Gran Premio degli Stati Uniti 1990 a Phoenix Park, in Arizona;
Sopra: Il francese Jean Alesi (Tyrrell-Ford n°4) impegnato sul circuito cittadino di Phoenix Park, gara che gli frutta il primo podio della Carriera in Formula 1;
Sopra: Il belga Thierry Boutsen (Williams-Renault FW13B n°5), terzo classificato nel Gran Premio degli Stati Uniti 1990 dietro a Senna e Alesi;
Dopo la Stagione 1991, Phoenix non ha più organizzato la corsa anche per la scarsa affluenza del pubblico americano. La gara di Phoenix Park ebbe solo il merito di far comprendere che, eccezione fatta per Monaco, la Formula 1 e i circuiti stradali non erano più compatibili. Nel caso in cui un giorno la Formula 1 sarebbe tornata negli USA, avrebbe dovuto essere completamente differente e venir ospitata su un tipo del circuito del tutto diverso.
14 – PHOENIX 1991 Through The Barricades
Phoenix Grand Prix Circuit, circuito cittadino
I dubbi sul Gran Premio di apertura della Stagione 1991 si sono sciolti come neve al sole: anche il Presidente degli Stati Uniti, George Bush Senior, ha dato il suo incondizionato appoggio agli organizzatori perché la corsa si faccia regolarmente, nonostante il timore di attacchi terroristici iracheni. Per garantire la sicurezza del Circus ci saranno cinquecento agenti specializzati in collegamento con l’FBI. In Arizona si sta lavorando alacremente all’allestimento del tracciato cittadino che rispetto alla scorsa Edizione subirà sostanziali modifiche. La scorsa settimana a Phoenix c’era Roberto Nosetto, il rappresentante di Bernie Ecclestone per i circuiti. “La pista è stata cambiata al cinquanta per cento – ammette l’ex direttore del circuito di Imola – sarà più veloce, infatti sarà più somigliante nella parte nuova a un circuito permanente che a un cittadino”. La lunghezza è rimasta quasi invariata (3.780 metri contro i 3.940 dello scorso anno). Perché questi cambiamenti? “Non certo per capriccio – prosegue Nosetto – il fatto è che Phoenix è una città in divenire a differenza di Montecarlo dove non si può più costruire. Abbiamo dovuto evitare per esempio la nuova arena di basket che è in fase di realizzazione”. Oltre a ridisegnare la pista aggirando i cantieri aperti si è dovuto rifare l’asfalto sul nuovo tratto di circuito che va a raccordarsi con l’allungo che già si disputato l’anno passato. “Per i cambiamenti che si sono resi necessari sono stati spesi 300.000 dollari – ha concluso Nosetto – a fronte di questo investimento non si può pensare di mettere in dubbio la disputa del Gran Premio”. Secondo alcuni osservatori pareva che il contrario fosse il Governatore dello Stato: “Tutte storie – assicura il sindaco Paul Johnson, il più giovane primo cittadino degli USA – la corsa per la nostra città rappresenta un investimento importante valutabile in 26 milioni di dollari, contro un milione e ottocentomila dollari di spese. E poi assolutamente non vogliamo piegarci alle minacce di Saddam Hussein: il Gran Premio si farà regolarmente e noi dimostreremo di poter garantire a tutti, piloti, Team Manager, giornalisti e spettatori la massima sicurezza”. L’atmosfera alla vigilia del primo Gran Premio della Stagione non è delle migliori in America: a Phoenix convergono le prime bare contenenti le salme dei militari morti nel conflitto in Iraq, e nessuno negli Stati Uniti ha voglia in questo momento di considerare la Formula 1.
Sopra: Il nuovo tratto di pista realizzato a Phoenix Park nell’Edizione 1991;
Il primo appuntamento dell’anno è il 10 marzo 1991 tra i muretti di cemento di Phoenix Park, dove il francese Jean Alesi illude la Scuderia Ferrari ottenendo il miglior tempo nelle prime Prove Libere. In Qualifica il brasiliano Ayrton Senna (McLaren-Honda Mp4/6) rifila più di un secondo al rivale francese Alain Prost (Ferrari), mentre Alesi scivola indietro. L’anno Ferrari è già finito, o quasi. Al via della gara, Senna scatta al comando per non lasciarlo più, e gli avversari lo rivedono solo all’appuntamento sul podio a gara ormai conclusa. La gara di Senna è perfetta: con una guida tecnica e precisa, che non concede spazio al minimo errore, il brasiliano transita per primo sotto il traguardo che decreta la sua 27° vittoria in Carriera, un successo che lo porta ad eguagliare il Record dello scozzese Jackie Stewart. In mano aveva una McLaren tutta nuova, dotata di un nuovo propulsore 12 cilindri honda mai sperimentato prima nei Test Invernali. Il rischio era grosso dal punto di vista delle prestazioni e dell’affidabilità, soprattutto dopo un inverno rosso dominato dalla coppia Prost-Alesi. Prost, in crisi d’assetto, difende la seconda piazza dagli attacchi del brasiliano Nelson Piquet (Benetton-Ford B190B).
Sopra: Foto di gruppo dei piloti di Formula 1 1991 a Phoenix Park, in Arizona;
Sopra: Partenza del Gran Premio degli Stati Uniti 1991 a Phoenix Park. Il brasiliano Ayrton Senna da Silva (McLaren-Honda Mp4/6) scatta al comando dominando la corsa; |