Indianapolis 2003. La gara si è appena conclusa.
L’immediata sensazione è quella di considerare Michael Schumacher vincitore del suo sesto titolo mondiale. Mai nessun altro ha mai fatto meglio nella storia della Formula 1. Quello che appariva molto difficile solo poche settimane prima (alla conclusione del Gran Premio di Ungheria) ora è scontato. Solo Kimi Raikkonen, giunto secondo negli Usa resta attaccato ad una tenue, flebile speranza.
Ma francamente sono in pochi a crederci veramente e difatti sarà il tedesco a primeggiare
Contemporaneamente prende corpo una domanda essenziale; e la “fanta-Formula 1” cominciò a proporre una delle sue sfaccettature meno tecnologiche.
Quando Michael Schumacher si ritirerà dalla F1?
L’apice è stato raggiunto. Ma a che prezzo.
Indubbiamente la stagione 2003 è stata davvero combattuta e difficile. Roba da prosciugare qualsiasi risorsa fisica e mentale, anche per il più celebrato pilota del momento, reduce da un campionato 2002 vinto invece con una facilità disarmante.
Ma è stata seguita da un 2004 letteralmente a senso unico e nel quale “Schumy” non ha versato neanche una goccia di sudore (non che ne versi poi molto normalmente) per vincersi la quasi totalità dei GP ed assicurarsi con largo anticipo l’ennesima iride.
Alla fine del 2003, le voci di mercato cominciarono a prendere strane forme proprio in funzione di questa importante eventualità. Nel 2004 tutto questo è sembrato implodere in una bolla di sapone, anche se il fuoco (statene certi) cova tuttora sotto le ceneri.
Al di là di quanto conclamato, l’ipotesi di un clamoroso ed improvviso rimpasto nella Scuderia ha posto le basi per illazioni del genere più disparato.
Ma anche a medio termine, l’ipotetico ritiro dalle scene del campione tedesco innesca carambole di accordi e spostamenti che potrebbero stravolgere l’attuale assetto piloti-teams.
Gli ultimi importanti trasferimenti (Montoya, Button, Trulli, Fisichella, Webber, Ralf Schumacher & c.) sembrano escludere un imminente ritiro del campione tedesco; presumibilmente quel momento potrebbe essere letto da che genere di “mercato” gli si sta formando attorno.
La Ferrari stessa, disponendo in esclusiva di un’informazione così vitale, può reggere, meglio di chiunque altra squadra, le fila del mercato.
In ogni caso i pareri si sono sprecati, moltiplicati dall’appetibilità di una simile notizia. Ognuno ha dovuto fare i conti con questa eventualità, volente o nolente.
Giornalisti alla ricerca di anteprime sugli scenari futuri, team manager pronti ad anticipare le mosse degli avversari, piloti ansiosi di migliorare la loro sistemazione, addetti ai lavori in grado di dire la loro verità, vecchie glorie desiderose di dare il loro illuminato consiglio.
Si ritira…
Non si ritira…
Sul “se” la domanda non appare così vitale. Per ovvie ragioni.
E sul “quando” che ci si è scatenati, alla luce di mille opinioni personali dove il desiderio spesso sopprime l’obiettività. L’attuale contratto con la Ferrari è valido fino al 2006 e, anche se la travolgente stagione 2004 sembra confermare questa scadenza, c’è chi nutre ancora qualche dubbio.
Subito!
Sperano rivali, piloti e manager, speranzosi di rimuovere il peggior scoglio incontrato nella loro carriera e poter finalmente aumentare le proprie chances per vincere. Non è importante chi, alla fine, raccoglierà lo scettro del dominatore; l’importante è essersi liberato di chi fagocita con una ingordigia inusitata quanto in palio lasciando solo le briciole.
Per altri la faccenda è tremendamente più bizantina. Riuscire a vincere prima che “lui” abbandoni per poter dimostrare di aver raggiunto uno scopo altissimo e difficilissimo: batterlo sul campo. Questo può, da solo, nobilitare tutta una carriera: “l’essere riusciti a sconfiggerlo”.
Anche la schiera degli appassionati ha propri desiderii.
Per chi lo ha seguito e tifato nelle sue esaltanti gesta, quel momento non dovrebbe arrivare mai. L’inconscio però rode da dentro, forse suggerendo di voltare pagina?
Per gli altri, gli appassionati “super partes” di uno sport tecnico e spettacolare o anche chi, più prosaicamente, gli tifava contro, l’occasione è ghiotta.
Una grande lotta (non che non ce ne sia stata nel 2003) che metta a confronto le cosiddette giovani leve. Raikkonen, Ralf Schumacher, Montoya, Alonso, Trulli, Fisichella, Webber.
E che vinca il migliore.
Il nuovo.
Simile a quanto avvenne col ritiro di Fangio, quando di colpo ci si ritrovò di fronte a scenari completamente nuovi, inusitati. Un cambio generazionale improvviso e totale che ha scatenato il “branco senza briglie” e rivalità senza quartiere.
Il piatto che ci offre la nuova generazione è davvero succulento e la fretta di testare all’opera questi eredi in un reciproco scontro è tanta.
Di vederli scontrarsi, di misurarsi in uno scenario stravolto rispetto a quanto vissuto dal 1994 ad oggi.
Una nuova “era” ci aspetta, pronta, per aprirsi.
Che dire delle vecchie glorie. La carrellata delle dichiarazioni di ex campioni mondiali (ma anche di altri colleghi meno fortunati) ha rivelato di tutto.
Per i più, “quel momento” (il suo ritiro) Michael deve sentirselo dentro. Solo in quel caso il tedesco farà la scelta giusta.
E forse sta già cominciando percepirne l’arrivo, il sentore. Come un sussurro che diventa sempre più intelleggibile. Che cresce da dentro, sorto dal nulla ma sempre più presente, sempre più ronzante nelle orecchie. Continuo, fastidioso, angoscioso, improrogabile.
Per altri autorevoli ex mondiali l’occasione deve essere colta all’istante, nel massimo splendore. Adesso il fulgore è all’apice: è il momento migliore, come mai nessuno ha avuto modo di avere.
Poi potrebbe essere tardi, poi la scintilla potrebbe essere più tenue, poi potrebbe generarsi un circolo vizioso… un mulinello.
Un gorgo che in passato ha intrappolato gente come Graham Hill che potrebbe offuscare anche la gloria più eccelsa: una specie di terribile nemesi.
Tutto vero, tutto giusto. Ma anche tutto sbagliato.
Spesso sembra di cogliere fretta, invidia o, peggio, ipocrisia. La peggiore doppiezza.
Umanissimo si potrebbe dire.
Quando qualcuno si eleva, gli altri sembrano diventare più piccoli, sparire. Anche Clark, anche Stewart; addirittura anche Senna sembrano soffrire di questa nuovissima supernova che fa apparire la luce altrui più flebile.
C’è chi, come Jacques Villeneuve, resta coerente al suo clichè pratico e anticonvenzionale sintetizzando in “quattro-parole-quattro” l’esclusività della scelta che spetterebbe solo al diretto interessato. Jakie Stewart sembra invece “sponsorizzare” a spada tratta la teoria del ritiro immediato nella convinzione che il “dopo carriera” (la vita) sia decisamente migliore di 1000 vittorie.
In mezzo sfumature infinite. Non ultima la singolare opinione di Damon Hill che considererà Michael migliore di lui solo quando sarà riuscito a conquistare un mondiale all’età in cui l’ha fatto lui (!). Attenzione Damon, il “crucco” potrebbe pensare di farlo e… riuscirci davvero!
E c’è chi ragiona principalmente su scale di merito cercando di indagare la storia per “stirare” le statistiche a proprio gusto.
Alain Prost ha vinto quattro titoli mondiali (il paragone con Fangio era stato posto seriamente e legittimamente all’epoca) Michael Schumacher era solo un giovane galletto con due sole vittorie all’attivo.
Prost di mondiali ne ha anche persi molti.
Alla Renault gli sarebbe stato necessario un briciolo di affidabilità in più, con Lauda solo un po’ di fortuna. E a quell’epoca il “Professore” era realmente veloce, nulla in confronto con il ”tattico” alter ego di Senna del periodo 1988-1993.
Si è scontrato con una delle generazioni di piloti migliori in assoluto: Piquet, Lauda, Mansell, Senna. Quei nomi appaiono quasi sempre nelle liste dei più forti piloti che la Formula 1 abbia mai avuto.
E lui ci si è trovato dentro fino al collo. Piloti veloci quanto e più di lui.
E anche Senna, che di iridi ne ha vinte tre, ne avrebbe potute vincere altre.
A cominciare da quella relativa all’invece tragico 1994 e che ha dato il “la” alla carriera del tedesco di Kerpen.
Le statistiche sono fatte anche per essere interpretate.
E i sentimenti potrebbero fare miracoli, anche quando neanche servono. C’è chi giurerebbe su Clark, su Moss, su Fittipaldi, su Mansell, su Senna.
Si ritira
Non si ritira.
Tutti alla fine sembrano concordare sulla “personalità” di una simile scelta. Ma scrutano, indagano, sperano.
Anche se “lui” è ancora fortissimo, la sua completezza e maturità compensano i decimi persi per strada (sempre che li abbia persi veramente). Se ci si sforzasse anche solo poco, si potrebbe ipotizzare, dopo il settimo sigillo, anche l’ottavo, il nono…
Dio mio! Le giovani leve potrebbero vedersi le rughe segnare il volto e invecchiare sopraffatte dagli eventi. Una generazione fagocitata in un battito di ciglia.
Coulthard, Fisichella, Barrichello, Trulli, Ralf Schumacher immolati sull’altare del Molock senza aver compiuto la propria missione. Quelli più giovani, ridotti ad esperti e navigati drivers braccati alle spalle da una nuova generazione di giovani scatenati del volante ancora sconosciuta. Sopraffatti e fagocitati comunque dagli eventi.
La domanda non è “quando si ritirerà Schumacher” ma piuttosto: “quando la nuova generazione avrà campo libero”.