Jarno Trulli e Giancarlo Fisichella sono attualmente gli unici rappresentanti dell'Italia nei Gran Premi di Formula 1 e, pur ancora piuttosto giovani, sono già molto considerati dagli addetti ai lavori e non sfigurerebbero nel confronto con altri celebrati piloti se solo disponessero di monoposto al vertice. Purtroppo, a breve termine, non si intravedono ancora altri giovani piloti che potrebbero rappresentare la leva successiva dell'automobilismo nostrano. Non si vogliono qui ricercare le cause palesi od occulte di questa situazione: la rarefazione della presenza italiana nell'automobilismo nella sua massima espressione su pista (ma anche nei rally la situazione è grave, se non peggiore), quanto piuttosto contrapporle il ricordo di momenti ben più felici da questo punto di vista. Del resto fino a poco più di una decina d'anni fa, la pattuglia tricolore in F1 era, numericamente parlando, ben più consistente e, il larga misura, di ottima qualità. Nel migliore periodo l'Italia poteva contare su alcuni piloti di primissimo piano, in grado di puntare alla vittoria e che avrebbero anche potuto aspirare, con una vettura realmente competitiva, un team che li supportasse appieno e un pò di fortuna (perchè no) al mondiale. Solo i più giovani non conoscono le carriere di piloti come Andrea De Cesaris, Bruno Giacomelli, Elio De Angelis, Michele Alboreto, Riccardo Patrese, Alessandro Nannini, Teo e Corrado Fabi, e molti altri. Tutti veloci, tutti bravi ma, nella maggiore parte dei casi, piuttosto sfortunati. Anche per coloro che hanno ottenuto i migliori risultati, a conti fatti, si potrebbe recriminare in qualche modo. Chi si ricorda delle innumerevoli belle gare, spesso con possibilità di vittoria, che Patrese ha visto sfumare per cedimenti meccanici dalla parvenza persecutoria; la classe di De Angelis che si era legato alla leggendaria Lotus, per poi subire l'arrivo di un certo Senna quando la squadra inglese era ritornata al top; la spericolatezza ai limiti della follia del giovane De Cesaris ecc... Spesso in Italia, in qualsiasi disciplina sportiva, si esaltano le doti dei nostri alfieri oltre le reali qualità, ma i piloti di quel periodo erano realmente bravi. L'ottima scuola delle formule minori del periodo, il supporto degli sponsors che riuscivano a valorizzare i giovani virgulti nel migliore dei modi e l'effetto trainante dei primi italiani in F1, grazie alle loro indubbie qualità, hanno creato una corsia preferenziale per tutti gli altri che in poco tempo hanno colonizzato la massima formula. L'inizio di quel fortunato periodo risale alla fine degli anni 70 con l'esordio in F1 di piloti quali Bruno Giacomelli, Riccardo Patrese, Elio De Angelis e Andrea De Cesaris. Dopo prestigiosi risultati nelle formule cadette sono approdati in F1 ben figurando da subito e approdando in squadre in grado di valorizzarli. Arrows e poi Brabham per Patrese, Lotus per De Angelis (che crearono binomi caratteristici di quel periodo) e l'Alfa Romeo al rientro per Giacomelli e per Andrea De Cesaris facendolo esordire. Furono anni nei quali questi italiani sembrarono ad un passo da quel salto di qualità definitivo che fu invece prerogativa di stranieri come Prost, Piquet, Rosberg ecc... Nei primi anni ottanta esordì e si rivelò una concreta realtà anche Michele Alboreto che con una Tyrrell di secondo piano stupì Enzo Ferrari che lo volle fortemente alla Ferrari. Patrese, De Angelis ed Alboreto riuscirono a vincere vari Gran Premi, altre volte salirono sul podio e tutto ciò non era frutto del caso e appariva normale. Anche Giacomelli e De Cesaris ebbero modo di farsi notare con pole position e qualche gara ai vertici, ahimè fermata dai soliti problemi di affidabilità della loro Alfa Romeo. Ma l'onda lunga dei piloti italiani continuò, complice anche la Lancia che nel mondiale Endurance utilizzò giovani piloti migliorandone l'esperienza e valorizzandone il nome. Ed ecco arrivare, scanditi come i secondi di un orologio di precisione: Beppe Gabbiani, Piercarlo Ghinzani e Sidfried Stohr nel 1981; Teo Fabi, Mauro Baldi e Riccardo Paletti nel 1982; Corrado Fabi nel 1983; Ivan Capelli, Pierluigi Martini nel 1985; Alex Caffi, Alessandro Nannini nel 1986; Nicola Larini e Stefano Modena nel 1987. Tanti sicuramente. Troppi probabilmente. I più promettenti e davvero capaci ebbero modo di distinguersi solo occasionalmente, in una Formula 1 che negli anni ha premiato sempre più i pochi fortunati forniti delle vetture migliori. E quindi le briciole... Patrese con la Williams ebbe i suoi momenti più ricchi di soddisfazioni a fine carriera, Teo Fabi dimostrò la sua velocità con qualche pole, Nannini fu una bella ma effimera realtà con la Benetton fino al suo incidente, Capelli ebbe modo di distinguersi solo un anno con la March, poi il buio. Tutti gli altri erano piloti normalissimi che cercarono "un posto al sole" in squadre che non vennero mai illuminate dai risultati e subirono la concorrenza sempre temibile dei piloti stranieri che erano, ricordiamolo, altrettanto bravi. Si possono ricordare episodi, lampi di un attimo, aspirazioni per il futuro mai concretizzate per vari motivi, gare isolate e poco altro. E intanto il firmamento italiano si spense gradatamente senza nuove luci in arrivo per il depauperamento delle formule addestrative italiane.