Tra un G.P. con tamponamento in pit-lane, una 24 ore incredibilmente combattuta e il nostro sito in coma informatico, la notizia è un po' passata sotto silenzio. La Ferrari ha partorito una nuova vettura stradale: la California.
1960, primavera, sto sfogliando un Topolino quando il mio sguardo si posa su la foto piccola piccola, in bianco e nero, di una spider. La didascalia recita: SEFAC (ex Ferrari) 250 GT California. Nel mio mondo a metà tra infanzia ed adolescenza si presentano tre verità: uno, che la sconosciuta marca SEFAC altro non è che la Ferrari; due, che esiste una spider molto più veloce di tutte quelle che fino ad allora ho sognato; tre, che ne sono follemente innamorato.
1960, estate, sto partecipando ad una di quelle cacce al tesoro che si organizzano al mare e a cui ci si iscrive sperando di poter restare soli due minuti con la ragazzina che quando la vedi ti senti strano. Passano due amici: "Ma lo sai che su all'Hotel è appena arrivata una Ferrari decapottabile?" "Come ha i fari?" "In che senso?" "Carenati?" "Che vuol dire?" "Se sono coperti da due bolle di plexiglass!!!" faccio io incavolato per tanta ignoranza. "Sì, mi sembra di sì..." biascica uno dei due. La ragazzina è lì da sola ed io sto già correndo come un pazzo verso l'Hotel. Come tutti i paesi della Liguria, anche questo è stretto e lungo ed io sono esattamente dalla parte opposta. In compenso il sole estivo di mezzogiorno picchia duro.
L'Hotel è stato nei secoli un monastero, poi una villa patrizia ed infine un albergo. Immerso in un parco ha mantenuto un fascino particolare e decadente. Lo spiazzo di fronte l'entrata è in terra battuta ricoperta da brecciolino e l'atrio è preceduto da un porticato in pietra ricoperto d'edera: la leggenda vuole che fosse la base di una più antica torre d'avvistamento. Quando arrivo, ansimante e sudato, la vedo: è rossa, accucciata scoperta davanti all'ingresso e porta una targa svizzera. Il resto è tipico anni '50: lui in blazer blu con foulard di seta (avrà tra i 40 e i 50, quindi per me vecchissimo) e pantaloni beige. I mezzi guanti in pelle e corda sono ovviamente infilati all'asta del cambio. Lei è molto più giovane, occhiali da sole grandi e si sta togliendo il fazzoletto che le ha protetto la pettinatura. A dispetto dei miei ormoni (all'epoca molto funzionanti) non la degno di una sguardo. Resto lì sbuffante e grondante ad accarezzare con gli occhi il mio amore col Cavallino. Lei è già entrata, mentre lui parla col direttore (che lo ossequia con un lecchinaggio terrificante) mentre il personale gli recupera il bagaglio. Dopo una quindicina di minuti, mi nota: "Ti piace?" Sì con la testa. "Sai cos'è?" Sì con la testa. "Allora dimmelo." Ed io mi metto ad elencarne tutte le caratteristiche, anche quelle che il tipo probabilmente ignora, come la cilindrata effettiva (2953), l'alesaggio (73) e la corsa (58.8 ). Infine gonfio il petto e gli faccio presente che la sigla 250 viene dalla cilindrata unitaria: un vezzo del Drake, visto che tutte le sue stradali sono delle 12 cilindri. Il tizio si mette a ridere (oddio, ridere come ridono quelli come lui: una smorfia), mi apre la portiera e, per un attimo, sembra stia per pronunciare la frase magica: "Siediti se vuoi". Invece nulla: richiude la portiera, gira sui tacchi e se ne va. Io resto lì, non ricordo per quanto tempo ancora, contemplando quella meraviglia che rappresenta l'oggetto italiano più desiderato negli States. Ne vennero prodotte 102 ed alcune, opportunamente elaborate, calcarono le piste d'Oltreoceano.
Passano sei anni da quel giorno e il nome California viene sprecato in un camion 2+2 battezzato 365: il più grande sgarbo potessero fare al mio sogno di fanciullo.
Era da un po' che mi chiedevo quando sarebbe nata una 599 spider e mi dicevo (il primo amore non si scorda mai) se avrebbero adottato il nome California. Eccolo invece apparire su quello che non ti aspetti: la prima Ferrari con tettuccio in metallo ripiegabile, la prima Ferrari con iniezione diretta, la prima Ferrari definita una "2+1", ma soprattutto la prima Ferrari con un 8 cilindri montato davanti. Io sinceramente non ne sentivo la necessità e poi chiamarla proprio California la considero un'offesa alla storia del Cavallino.
Sono passati quasi cinquant'anni da quel giorno al mare ed ho avuto moto di guidare una 250 California (alla faccia dello svizzero). Pochi pochi chilometri, ma sufficienti per capire che il posto di guida è estremamente disassato con la pedaliera, che il gigantesco volante Nardi ti sta sempre sui marroni (e non metaforicamente) e che la visibilità anteriore è sinceramente imbarazzante. Ma cosa importa? La voce del 12 non è invecchiata di un anno: è ancora lei! Chiudere gli occhi e sognare è sempre bello.