1967 MONACO GP

Monaco 67, un anno non certo felice.
Alla fine d'agosto ero in vacanza in Liguria: giornata grigia, la ragazza partita per la montagna e nulla di nuovo all'orizzonte. Il giorno adatto per prendere la macchina ed andare a Montecarlo per quello che era una sorta di dovuto omaggio a Lorenzo. La macchina è quella di famiglia: una FIAT 1300 verde bottiglia, con interni rigorosamente in similpelle crema (optional a pagamento). Devo molto a quel gioiello: cambio al volante che s'impuntava peggio di uno Hewland se non azzeccavi il numero di giri con una tolleranza di cento e sospensioni ballerine assai, supportate da pneumatici larghi quattro dita. Se imparavi a guidare quella, la strada per emergere nelle competizioni era assicurata; se poi ci riuscivi sulla pioggia ..........

fiat_1300

Arrivo al Principato e l'unica cosa che so è che devo cercare il mare, visto che il circuito lo costeggia per buona parte. Come in tutte le città di mare, per trovarlo è sufficiente imboccare una strada in discesa alla tua sinistra: la trovo. Termina con un incrocio: a destra una via insignificante; davanti una banchina sbarrata da una catenella che si affaccia sul porto e a sinistra un viale alberato da un lato e con i palazzi solo dall'altro. Giro da quella parte e mi accorgo che il viale è tutta una leggera piega a destra. Avanzo adagio tenendomi lungo il lato alberato; lo sguardo è attirato da segni bianchi dipinti sull'asfalto in modo regolare: una specie di U rovesciata, con gli spigoli vivi e un numero all'interno. Non sono grandi, al massimo una trentina di centimetri, sono lì da quasi quattro mesi e il traffico ne ha cancellati molti: l'ultimo a destra è intatto e porta il numero 18. Mi fermo e scendo. Ho un groppo alla gola e mi tornano alla mente le parole di Lorenzo prima dell'ultimo via: "Sono fortunato che Louis Chiron mi abbia dato la posizione interna anche se ho fatto solo il secondo tempo: da lì è molto più semplice uscire per primo dalla Sainte Devote!".
Resto un buon minuto ad osservare quel numero, mi sfioro le dita con le labbra, risalgo in macchina e ..... via! Che bella che era la curva della chiesa prima che la castrassero! Salgo per quella specie di rettilineo serpeggiante, adagio: so che prima o poi dovrò voltare a sinistra, ma non so quando. Invece è facile: è proprio alla prima, una sorta di bivio a V, perchè se continui diritto la strada diventa in discesa. Ora dovrei spuntare nella piazza del Casino ed infatti eccolo lì alla mia destra. Prima delusione: c'è una rotatoria e per seguire il tracciato dovrei affrontarla contromano. Pazienza. Costeggio l'entrata e getto un'occhiata al parcheggio: le più "povere" sono Porsche ...........
Volto a destra e la strada comincia a scendere: avrò sbagliato? Curva a destra: l'adrenalina sale. Ora la strada scende in modo più ripido: una esse appena accennata che mi porta ad un tornante a sinistra. Tento di deglutire, ma la bocca è secca come quella di Fantozzi. Curva a destra, poi ancora a destra passando sotto uno stupendo ponte ferroviario in pietra. Ora vedo il mare. Ancora a destra per un breve rettilineo di un paio di centinaia di metri che termina ancora con una destra. Devo essermi perso, ma dove? La piantina del circuito l'avrò guardata cento volte! La curva a destra che mi copre la visuale, man mano sembra allargarsi e all'improvviso, grande, maestoso, in pietra, eccolo: il Tunnel! Lo guardo a bocca aperta e provo lo stesso stupore di quando capita d'incrociare un personaggio famoso. Mette timore. Mi sento un bambino e quasi lo sono con i miei diciannove anni. All'interno, a sinistra verso il mare, vi sono archi che lasciano passare i raggi del sole, creando uno strano senso di luce/buio che ad alta velocità può creare fastidio per la repentina frequenza.
Ormai sono gasato, lo sono da quando sono entrato in quella galleria: scarico tutta la terza ed infilo la quarta. Mammamia sarò a più di 90!
La strada scende, cerco con gli occhi la chicane. Facile: è dove il muretto alla tua sinistra finisce e prima che comincino gli alberi. Asfalto, griglia, lastre di cemento. La mente corre ad un pomeriggio a Milano di molti mesi prima: "Lorenzo, come si fa la chicane?" "In terza a 150". Non c'era stato bisogno di specificare quale: di chicane in giro ne esisteva una sola. Quella!
La faccio a 60 in seconda impiccata e quasi mi giro. Terza verso il Tabaccaio. Ormai sono in completa trance e non mi curo affatto degli sguardi di rimprovero e compassione che seguono le mie sciocche evoluzioni. Ancora pochi secondi e so perchè quella curva è chiamata così: c'è veramente un tabaccaio e d'estate ha fuori tutti i suoi bei tavolini, dove signore in costume, ma ingioiellate d'affogare, sorseggiano un pastis, accompagnate da distinti signori in blazer blu con bottoni d'oro e foulard al collo. Realizzo tre cose: che ho fatto la figura del pirla, che gli uomini misteriosamente non sudano e che la mia corsa è finita. Delle prime due me ne fotto, anche se mi sento in leggero imbarazzo, quella che mi scoccia è la terza! Retromarcia per un centinaio di metri e continuo a piedi fino al Gasometro.
Tornato alla macchina faccio ancora un po' di volte la parte aperta del tracciato e pian piano capisco quanto sia massacrante, ma bello. Domani in spiaggia ne avrò di cose di raccontare agli amici.

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Il secondo contatto con Monaco avviene nel '69 e questa volta per assistere al GP. Arrivo che è mezzanotte, ma il traffico è intenso. Posteggio la macchina nel piazzale della nuova stazione e vado a fare due passi. Davanti alcuni garage o semplici box, un capannello di gente indica quelli presi in affitto dalle squadre per trasformarli in ricovero ed officina per le F1. Sono lì mezze smontate con i meccanici che lavorano sotto gli occhi dell'ingegnere factotum: le puoi quasi toccare!
Intanto m'informo dove si possono acquistare i biglietti e mi dicono che alle sei e mezza aprono gli appositi botteghini. Torno alla macchina/hotel: stavolta è una Fulvia Coupè Rallye 1.3. E' un'auto stupenda che in comune con la precedente ha solo il colore verde e gli interni in similpelle crema. E' ancora una vera Lancia: cofani e portiere sono in alluminio e nasce con un peso di 920 kg. Io gli ho tolto i paraurti, la panchetta posteriore e ho sostituito i cerchi con altri più larghi e dipinti in bianco, sempre in acciaio però, perchè quelli in lega costano un occhio ed hanno un peso quasi uguale. Ho tolto la striscia in falso legno che copre il cruscotto e ho voltato il contagiri per avere i 6.000 giri ad ore 12 e sostituito il brutto volante, grande, sottile ed in legno, con un Fusina a calice, piccolo, spesso ed in pelle. Non contento, ho fatto mettere da Maglioli un pulsante a pedale alla sinistra della frizione, per poter lampeggiare con gli abbaglianti senza togliere le mani dal volante. Per ultima cosa sono stato da Facetti e gli ho chiesto di togliere alla calandra le strisce orizzontali una sì ed una no. Perchè? Che cavolo ne so! So soltanto che a Montecarlo le HF avevano corso così! Vi ho raccontato questo per farvi capire come all'epoca anche i più quotati elaboratori non disdegnavano dall'apportare modifiche insignificanti ad illustri sconosciuti. Il bello è che anche 'ste cosucce le facevano con passione, parlando con te e scambiandosi opinioni su tutto ciò che riguardasse le competizioni. Dopo questi lavori, il peso della mia Fulvia era sceso a 895 kg, solo 25 in più della HF. Perchè non avevo preso quella? Semplice perchè non aveva i reclinabili! Ovviamente lo scopo principale era un altro, ma quella notte a Montecarlo mi furono molto utili per chiudere gli occhi un paio d'ore.
Alle sei, son davanti ad uno dei chioschi/biglietterie:la fila è lunghissima. Un occhiata ai prezzi e un rapido calcolo da franchi a lire. Questi sono pazzi: almeno tre volte quello che paghi a Monza. Mostro la tessera di Commissario del ACI-Milano e quelli mi spiegano gentilmente l'uso da dieci piani di morbidezza che ne posso fare. Opto per dei biglietti economici (da svenarsi), dei "Circulaire" che danno accesso a tribunette in legno, sparse in vari punti del circuito. Ne giro un po', percorrendo quasi tutto il circuito, alla fine decido che il più bello e proprio quello alla Sainte Devote. Per la cronaca era costruito nel piazzale dell'omonima chiesa, dove ora c'è la via di fuga .........
Le ore son passate e comincio a sentire i crampi della fame: entro in un bar (che lì non chiamano bar) e accendo un mutuo per un panino (schifoso) e una Coca. Il mio orologio segna la una, ma in effetti devo considerare mezzogiorno, perchè la Francia non adotta ancora l'ora legale: mancano quindi tre ore al via. Torno alla macchina e decido di spostarla il più vicino all'uscita di Montecarlo, prevedendo un esodo estremamente affollato. Scendo lungo quella via che due anni prima mi aveva condotto al circuito: siamo in fila ed io cerco un posto dove fare inversione di marcia. All'improvviso sento un fragore alla mia sinistra, un suono simile ad una moto a scarico libero. Guardo dal finestrino e mi prende un colpo: Graham Hill, senza casco, sta portando verso la pista la sua Lotus destreggiandosi nel traffico! Signorilmente gli facilito il sorpasso Smiley

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Quando arrivo al mio circulaire, mi aspetta una sorpresa: queste tribune sono state concepite da Torquemada: lo spazio in altezza tra un gradino e l'altro è non più di una spanna ed è impossibile sedersi in attesa del via, senza avere le ginocchia in bocca e la schiena a pezzi.
La gara in sè è piuttosto noiosa per le prime posizioni, dopo l'abbandono di Stewart, con Hill che va a vincere pipa in bocca, ma lo spettacolo per i sorpassi a centrogruppo in entrata ed uscita dalla Sainte Devote, vale da solo la faticaccia. Certo, fa impressione vederti arrivare incontro le auto che, in frenata, zigzagano d'avantreno, ma forse è un'impressione postuma, che provi oggi con la mentalità di oggi: allora sembrava una cosa normale stare in quello che negli anni sarebbe diventato uno spazio di fuga, per delle macchine che percorrono la curva a velocità di molto inferiori.

Tornerò a Montecarlo anche nel '70,'71, e '72, scegliendo sempre il "circulaire" del Gasometro.
Il '73 sarà l'ultima volta da spettatore, alla Rascasse: Chicane, Tabaccaio e Gasometro erano spariti e, con loro, i sorpassi. Il ponte in pietra e il tunnel stavano per diventare un ricordo. Ho sempre odiato le Piscine, costruite su un tratto strappato al mare. I marciapiede venivano raccordati alla pista con dolci cordoli su cui potevi tagliare: Montecarlo non era più Montecarlo. Anche Monza costruiva chicane e quella di Lorenzo non era più la sola. Ed era soltanto l'inizio.

Scusate se stesso sono andato OT e altrettanto spesso mi son fatto vincere dalla nostalgia per un mondo che non esiste e non esisterà mai più.
Vi allego però due filmati per dimostrarvi che quello che ho scritto non l'ho sognato.

Ciao a tutti.
Nonno Power.