Toro Rosso 181Franz Tost, team principal della Toro Rosso, guardava con una certa soddisfazione mentre i piloti della quadra faentina, Jean-Eric Vergne e , hanno scoperto la STR9 nella pit lane di Jerez. Il manager austriaco sa benissimo che questa vettura firmata da Luca Furbatto rappresenta la grande occasione per cancellare la stagione 2013 che ha fruttato solo l’ottavo posto nella classifica del mondiale Costruttori. (continua...)

 

Il team romagnolo è a un bivio: non è più una struttura Cenerentola del Circus, per cui, pur avendo la missione di allevare i giovani piloti della famiglia Red Bull, deve fare un importante salto di qualità. La STR9 sembra incarnare questa linea di cambiamento: la macchina faentina è passata dai motori Ferrari alla power unit Energy Renault, uniformandosi alle scelte di Milton Keynes e potendo adottare così lo stesso cambio a otto marce della RB10, anche se con una scatola leggermente modificata.

L’aspetto più appariscente è, ovviamente, il muso: la Toro Rosso va catalogata fra le monoposto che hanno adottato la filosofia della proboscide. La realizzazione di James Kay, direttore tecnico della squadra romagnola, è particolare: si può dire che ha incastrato una sorta di “chiglia” sotto al musetto che resta piuttosto alto. A Faenza hanno interpretato in modo molto personale una regola che, applicata alla lettera, rischia di limitare il passaggio di aria sotto alla scocca.

Nella realizzazione di Furbatto, invece, si è trovato un buon compromesso: la scocca non ha il gradino che caratterizza Ferrari, Sauber e Force India ma riesce a convogliare un buon flusso nella parte inferiore del telaio da indirizzare alla volta del diffusore posteriore. La sospensione anteriore mantiene il tradizionale schema push rod, riallineando i bracci che non sono più inclinati a vantaggio di geometrie più efficaci. L’ala davanti è la prima esecuzione con le paratie laterali studiate per schermare il più possibile le ruote anteriori.

La STR9 ha pance con bocche dei radiatori piuttosto piccole di forma triangolare che pescano l’aria in alto, ma nella parte inferiore tendono a svasarsi, mostrando un marciapiede del fondo piuttosto pronunciato. Stupisce la miniaturizzazione delle fiancate rispetto ad altre esecuzioni (sono più grandi di quelle della STR8), perché ci risulta che il V6 Turbo Renault dispone di un intercooler del turbo di tipo aria/aria, una realizzazione che richiede masse radianti più grandi di chi, come la Ferrari, ha optato per la versione acqua/aria, ma si nota un rigonfiameto della carrozzeria più in coda.

E, allora, bisogna andare a dare uno sguardo nella zona dell’airbox dove si può notare una presa dinamica triangolare per il motore che è molto piccola, ma c’è una seconda apertura più in basso molto evidente che certamente è utile a raffreddare alcuni pacchi dei radiatori. Interessante...

Le pance in coda si stringono molto, mostrando una forma a Coca Cola molto accentuata. Lo sfogo dell’aria calda avviene in coda ai lati del cambio a otto rapporti. Il cofano motore veste la parte posteriore e ha una piccola pinna dorsale. La sospensione posteriore è pull rod con il triangolo inferiore molto aperto.

Fra le curiosità della macchina ci sono il supporto dell’alettone posteriore che non dispone dei due piloncini centrali, ma si appoggia con le patarie laterali al profilo che si poggia sul fondo. Proprio le due padelle laterali mostrano un lungo soffiaggio verticale. Al centro, però, c’è una struttura complessa in carbonio che ingloba il passaggio dello scarico unico e mostra una sorta di monkey seat evoluto che lascia intendere l’arrivo di qualcosa di nuovo in quella zona. Vedremo…

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