
Era l’11 settembre del 1994 quando a Monza, durante il corso del 13° giro la Lotus di Johnny Herbert, incredibilmente quarto in griglia, fu mestamente costretta al ritiro. Fu probabilmente quel mancato risultato, quel colpo di coda mancato, l’ultima chance bruciata di porre fine al lento quanto inesorabile declino della gloriosa scuderia inglese. Più di 15 anni, fino al 14 marzo del 2010, è durata l’attesa prima di poter vedere le vetture di Norfolk (che di Norfolk non sono più) calcare nuovamente la scena del circus iridato.
Merito per lo più di Tony Fernandes, nazionalità malese, boss supremo dell’Air Asia già sponsor di un’altra nobile inglese quale la Williams, nonché capofila della cordata che sposa il progetto. Le partecipazioni pesanti sono di Fernandes stesso, governo malese e soprattutto Proton, casa automobilistica proprietaria della Lotus Cars, malese anch’essa.
Il progetto è validissimo: ci sono i soldi, 70 milioni di euro; come responsabile tecnico c’è Mike Gascoyne, nello stesso ruolo già in Jordan, Benetton e Toyota; ci sono piloti validi come Trulli e Kovalainen; c’è un programma giovani con team minori nella World Series by Renault e in Formula BMW oggi, in GP2 e GP2 Asia domani; c’è la galleria del vento dell’italiana Aerolab di Migeot che ha reso grande la Force India.
C’è tutto, ma le vetture giallo-verdi non riescono a schiodarsi dalle retrovie per tutto l’arco della stagione. E allora poco importa se il piano era quinquennale e poco importa se tra i nuovi team la Lotus è il migliore. A poco più di un anno di distanza quanto faticosamente costruito, è già distrutto.
Il motivo è semplice. Proton non è soddisfatta dei risultati ottenuti sin qui, come pubblicamente dichiarato da Dany Bahar, CEO di Lotus Group: “Come in qualsiasi rapporto d’affari, si avvia in buoni rapporti e, se ne trae beneficio per entrambe le parti, può continuare. Se così non è, meglio smettere, come in un matrimonio. E questa è come una relazione che non ha avuto successo.”
Appunto, come in ogni relazione, la parte piantata in asso non ha digerito. Così Fernandes ha deciso di fargliela pagare. Già, ma come? Forse un modo c’era, e Tony potrebbe averlo scovato: lo scorso 24 settembre l’imprenditore malese è riuscito ad acquisire da David Hunt, fratello minore del James campione del mondo 1976, i diritti del marchio “Team Lotus”, particolare non da poco.
Infatti, il marchio “Lotus Cars” è una cosa, quello “Team Lotus” un’altra. Fu lo stesso fondatore Colin Chapman a volere così, le sue creature erano separate già alla nascita. In particolare sembrerebbe che la partecipazione a competizioni tra prototipi sia a esclusivo appannaggio della seconda. Ora, se il “Team Lotus” in F1 non c’è, com’è stato dal 95 ad oggi, “Lotus Cars” può correre con il proprio logo anche in F1 e comprare il team Renault ribattezzarlo come meglio crede. Altrimenti, quello stesso logo, spetterebbe al “Team Lotus”.
Si tratta di un’ipotesi ma, se così non fosse: perché quest’anno le monoposto in mano a Trulli e Kovalainen erano iscritte come “Lotus Racing” e non come “Team Lotus”? Perché il logo della scuderia di F1 non era quello delle Lotus stradali, che poi fu quello storico del team riportante le iniziali del suo fondatore ACBC – Antony Colin Bruce Chapman (oggi utilizzato dalla squadra di Fernandes)? Perché Hunt avrebbe rilevato il “Team Lotus” fallito e sommerso enormi debiti se questo fosse stato senza alcun valore? Perché la Proton avrebbe cercato di rilevare anche questo secondo marchio già nel 2003 senza peraltro riuscirci?
”Sappiamo di essere noi il Team Lotus, per cui la faccenda non è davvero un problema per noi,” ha dichiarato Riad Asmat, direttore esecutivo della scuderia, alla “BBC”. ”La disputa è quello che è. Abbiamo un piano quinquennale ed è un peccato che il Gruppo Lotus abbia deciso di intraprendere la propria strada per ragioni che non comprendo. Una soluzione extragiudiziaria? Da loro non ho sentito nulla. Anzi, non abbiamo più parlato da quando è cominciata questa vicenda.”
Insomma, chi pensava di liberarsi di chiudere la querelle piuttosto in fretta, con ogni probabilità, potrà farlo solo dopo aver sborsato un bel po’ di denaro extra. Quello che a suo tempo Proton non diede a Hunt, lo consegnerà nelle tasche di Fernandes, con questi ultimi due che stapperanno una bottiglia insieme.