Noi semplici appassionati, benchè competenti e gli stessi adetti ai
lavori siamo abituati a sezionare ogni gara di Formula 1 fin nei minimi particolari
analizzando ogni pur piccolo avvenimento con la perizia di chi riesce a spaccare
in quattro un capello. Di coloro che una volta venivano chiamati i "cavalieri
del rischio" conosciamo tutto o quasi e di ognuno abbiamo creato uno stereotico
più o meno azzeccato. Tanto da fornire legna al bracere delle discussioni
senza soluzione di continuità alimentando il fuoco che cova nei bar o
nei forum dedicati.
Ma... gli avete visti sul podio?
Quasi come se dovessero rispettare un copione scritto da un famoso regista,
anche sul podio si conformano fedelmente al loro modo di essere, talvolta anche
meglio di quando sono invece alla guida delle loro monoposto.
Michael Schumacher:
Inutile dire che, più di tutti, è un abituè del
podio, negli ultimi anni pochi sono stati i podi nei quali il tedesco non era
presente. E difficile per lui avere un podio "sgradito", in genere
vince... o, al massimo è secondo dietro al compagno di squadra quando
il mondiale lui se l'è già stavinto da settimane.
Il tedesco ormai sale sul podio con una dimestichezza inferiore solo a quella
per le rime d'amore di Cirano de Bergerac.
Si issa senza contestazioni sul gradino più alto, dispensa le canoniche
pacche ai due che "abitano i piani inferiori", qualche parola di circostanza
e poi il salto, il suo salto.
Imperioso, prevaricatore, unicamente realizzato, diffidate dalle imitazioni.
Poi gli inni, l'inno tedesco è vissuto con il dovuto composto contegno,
quello italiano invece con allegria e festosità, ci manca solo la tarantella
e i tric e trac... ma tanto lui non deve rispettare nessun canone d'amor patrio.
Kimi Raikkonen:
Gelidamente composto, sembra un bambino di scuola che si predispone per la foto
di classe.
Rispettando appieno la sua nomea, accenna solo qualche piccolo movimento; ricambiare
i saluti e le congratulazioni degli altri due piloti sembra costagli immensa
fatica.
Forse neanche comprende realmente il motivo di tutto ciò.
In realtà, anche se di podi lui ne ha visti ancora relativamente pochi,
si riesce già a capire una leggera diferenza a seconda del suo grado
di felicità per il risultato raggiunto.
Nel podio della sua prima vittoria sembrava soprattutto frastornato e quasi
incapace di realizzare ciò che avveniva realmente..
Ma tra il podio della sua ultima vittoria in Belgio (significativa perchè
indice di una ritrovata competitività della sua macchina) e un altro
qualsiasi podio "mediocre" il sorriso variava di ben mezzo millimetro
di grandezza (!).
Ma non bisogna crocefiggere questo ragazzo per così poco: non si può
essere troppo esigenti da chi può cantare a squarciagola "Vincerò"
di Pavarottiana memoria nella propria lingua anche aprendo di solo mezzo centimetro
la bocca!
Ralf Schumacher:
Ultimamente in quel "del podio" praticamente non si è visto,
per cui ci si deve affidare a sbiaditi ricordi.
Entrato in Formula 1 come "il fratello di" continua ad essere "il
fratello di" per la sensibile disparità di risultati ottenuti.
Difficile convivere con questo fardello che in passato ha schiacciato personaggi
come Caino, Remo e Beppe Baresi...
E lui non può far altro che conformarsi e subire questa ingiustiza di
un destino che invece avrebbe potuto farlo diventare campione in ippica o boccette.
E invece no!
In Formula 1 a compararsi ogni santo giorno con il "cannibale".
I podi di Ralf, ancorchè inferiori di numero, denotano una costrizione
interiore di chi non riesce ad essere appieno se stesso.
Vorrebbe salire disinvoltamente, vorrebbe dare le pacche sulle spalle degli
altri due piloti con magnanima superiorità, vorrebbe fare anche lui un
bel salto acrobatico e pittoresco, magari anche migliore di quello di suo fratello...
ma si blocca, si ferma, rinuncia.
E così resta, al massimo, moderatamente compassato, con un sorriso non
pienamente convincente.
Fernando Alonso:
Dopo un exploit iniziale, le occasioni per vederlo sul podio si sono ultimamente
rarefatte.
Si dice di lui che andrà lontano, molto lontano e la voglia di arrivare
traspare da ogni poro.
Sul podio ci sale lentamente come chi stia studiando ed imparando attentamente
anche quello, dopo aver studiato ed imparato dai primi della classe in pista.
Non si può non notare nemmeno che solamente il gradino più alto
del podio è per lui l'unico degno di essere calcato. Se è costretto
dal protocollo a salire sul secondo o sul terzo sembra quasi non gradire completamente.
La voglia di sostituirsi al vincitore con mossa rapida è dettata dalla
consapevolezza di sapere perfettamente quello che gli spetta di diritto.
Da vero erede delle nobili famiglie spagnole cui spettava per diritto divino
il possesso delle terre americane.
Per fortuna una vittoria l'ha ottenuta. Quella volta era si felice... ma nel
suo volto era stampato anche il proposito di voler continuare su quella strada;
una sorta di "qui ci sono, in futuro mi vedrete ancora quassù".
Una promessa a se stesso, al podio, al mondo.
David Coulthard:
Poche le sue vittorie, sempre abbastanza estemporanee.
In genere sul podio è dietro ai diretti avversari per la sua corsa al
titolo (?), tanto sbandierata ma mai realmente attuata.
In ogni caso David è un signore cui piace il suo lavoro, cosciente di
essere un privilegiato della vita. Come ha avuto modo di verificare pure tra
i rottami del suo aereo...
Gli appassionati lo vedono come un comprimario in mezzo a tanti altri bravi
piloti, uno che il titolo non lo vincerà mai e mai è stato in
grado di vincerlo.
Vero... ma tra tutti noi, lui è il solo ad aver capito cosè la
vita.
Non vince? Anche io non vincerei felicemente con i suoi guadagni e il suo stile
di vita...
E così lo stress lo ha lasciato da tempo; sul podio rispetta ciò
che viene chiesto da lui. Festeggiare, salutare, mettere in mostra gli sponsors,
dichiarare che tutto va bene ecc... ecc... il relax fatto a persona.
Rubens Barrichello:
Una macchietta.
Penso che mai nella storia della F1 si è visto un elemento di siffatto
genere.
Se fisicamente è Jean Todt che assomiglia ad Alvaro Vitali, dal punto
di vista comportamentale è il pilota a rispettarne i canoni.
Ma forse è bello così...
Un vero bontempone; sul podio lui festeggia sempre ecomunque, non si ricordano
musi lunghi del brasiliano. A parte al Gp d'Europa 1999 quando fu il suo compagno
di squadra a vincere con la Stewart.
Se poi il risultato è massimo o si gasa per la folla che inneggia allora
è capace di tutto.
Saluta quando ancora sta salendo le scalette, abbraccia e bacia anche i pali
della luce, si complimenta senza fine con gli altri piloti, prega e si commuove,
poi torna a ridere e scherzare in un bagno di champagne che non smette di spruzzare
come un bambino felice.
E poi naturalmente l'accesso di passo di samba o, meglio, la finta di scivolare
che ormai è indissolubile a lui come l'evasione fiscale per gli italiani.
Una macchietta appunto.
Jenson Button:
Giovane e sorridente, il più sorridente di tutti probabilmente.
La sua carriera ha avuto un buon inizio e dei momenti non troppo felici poi.
Ultimamente invece il bilancio si è fatto sempre più positivo
e l'appuntamento col podio è sempre più frequente.
E lui sorride. Soddisfatto.
Ne ha pienamente ragione. In attesa di quella vittoria che lo renderà
ancora più felice, se possibile.
Poi, forse, non tutti i podi saranno graditi.
Ma intanto se la gode. Durante la cerimonia è tranquillo, ammicca ai
suoi meccanici, saluta, con la convinzione che poi sarà ancora meglio.
Cosa si vuole di più dalla vita?
Juan Pablo Montoya:
Carattere latino in pista e fuori.
La sua focosità ha avuto felici sbocchi con le imprese del primo periodo;
ora il bilancio non è sempre positivo.
Montoya se vince è carico come una molla, festeggia sul podio liberando
tutta la sua gioia senza remore. Perchè ha corso come sa fare, come gli
piace. E a vinto come vuole.
Se poi il successo è ornato da un bel sorpasso di forza su Schumacher
la felicità è ancora maggiore.
Non c'è vittoria senza lotta e la lotta lui la vuole. Gode se primeggia,
accusa il colpo se perde.
Il podio nel suo caso è lo specchio fedele del suo stato d'animo, non
fa molto per nasconderlo. O almeno cerca, senza riuscirci completamente.
Naturalmente lo preferiamo festeggiare che vederlo annicchilito in una comprimaria
posizione.
Jarno Trulli:
Sale sul podio lentamente, gustandosi ogni istante di quel momento.
Si gira, guarda intorno con un leggero sorriso stampato sulla bocca. Col pensiero
di essere riuscito finalmente ad ottenere qualcosa, di aver dimostrato, di aver
sconfitto ciò da cui era stato sconfitto tante, troppe volte.
Alza il braccio in segno di vittoria, perchè ogni podio è una
piccola grande vittoria personale.
Con il senso di aver una grande soddisfazione dentro, da tenersi per sè
e che in quel momento lo ripaga di tante avversità.
Sperando anche che sia l'inizio di una nuova vita.