da Powerslide » 31/01/2008, 0:08
Ho letto di coloro che non sono d'accordo con me sul fatto che il 90% dei media odierni siano succubi del potere; che informarsi sul web è l'unico modo di ottenere notizie serie, ecc. ecc.
Tutte considerazioni che possono avere un fondamento, senza però mai dimenticare che è troppo facile scrivere o commentare per passione e non per le necessità quotidiane.
Io non condividevo ogni presa di posizione di Marcello Sabbatini, ma ne ammiravo il coraggio di rischiare in prima persona: io non ce l'ho o almeno, non ho tutto quello che vorrei ed infatti mi sfogo su questo sito, ben nascosto dietro un comodo nickname.
Non penso comunque che tanti personaggi di spicco del mondo delle corse si sarebbero scomodati stamane per partecipare alle esequie di Marcellone, se fosse stato considerato dai colleghi e dai piloti un "due braccia strappate all'agricoltura" come, purtroppo mi è capitato di leggere su queste pagine.
Ma la mia opinione comunque conta quel che conta. Penso di fare cosa gradida, per chi non ha avuto occasione di leggerlo, riportare l'articolo scritto in ricordo del "Direttore" da una penna al di sopra di ogni sospetto di lecchinaggio.
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Sabato sera vedevo un vecchio film. Calma piatta per un’ora, poi al primo minuto del secondo tempo ***** - Marcello pure lui, pensa Te -, segna il gol della vita, quando, rivolto a Jack Lemmon, dice: «Che c’è di più perdente e impotente della morte? Cosa di più innocuo e trascurabile? Uccide tutto quello che un uomo ha fatto nella sua vita? Distrugge, forse, il suo ricordo in chi lo ha amato? Le passioni e l’affetto che lo circondavano? No, non ci riesce. La morte è forte solo quando arriva. Vince un attimo, ma poi perde. Per sempre».
E allora, Marcellone, diamoglielo, agli altri colleghi, l’ennesimo“buco”. Perché a leggerla bene la Tua scomparsa non è la vera notizia, ma solo il presupposto della novità vera. È una morte ad interim, già perdente, con la “m” minuscola, ahilei, più piccola del solito perché è tanto più grande - e credimi, credici, è immenso -, tutto quello che hai fatto per AS e per coloro che le corse sanno sognarle prima di viverle, respirarle invece che guardarle e basta.
Prima di Te c’erano i giornalisti anglosassoni, mica solo inglesi di nascita, no, i più lo erano per vocazione. Tanti, anche se non tutti, oxfordiani de noantri: quelli scabri e glabri, asciutti, asettici, talmente filosoficamente cauti da sconfinare nel cerchiobottismo iperneutrale e cialtrone. Tu li chiamavi leccobardi. Dopo averTi letto e quasi capito, noi pure. Di là, dall’altra parte, solo e parecchio distante, c’eri Tu. Tignoso come un abruzzese e perciò stesso ancor più neolatino, caliente, rotondo, falstaffiano, militante specie se le cause erano perse. Per mezzo secolo e più. Se c’era da tifare Musso invece che Hawthorn e Collins, se c’era da tirare un calcio sulle palle alla Csai, al prepotente di turno, o far perdere la trebisonda al Drake, faceva lo stesso. Anzi, meglio ancora.
Con Te Autosprint smise d’essere raccolta di risultati per diventare giornale-partito, campo di battaglia, terra di trincea dove tu eri a turno Cadorna e Diaz ma anche milite ignoto. Censurabile e censurato solo dalla Tua onestà. Urlavi “all’assalto”, oh sì, ma poi assaltavi davvero, in solitaria, col fucile a tappo, pennino e tasti al posto della baionetta. Prendevi pallottole a mitraglia, shraphnel in ogni dove, buttavi sangue ma guadagnavi copie. Metafore di stima. Sempre. Dal mensile al settimanale, dal lenzuolare formato quotidiano al mega-tabloid a colori, dal telex al fax, dalle alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno. Se necessario sciabolando con l’editore Luciano Conti buonanima, o col mondo intero.
Dopo gli Anni ’60, i ’70. Viva Merzario e abbasso Lauda, allora, forza Brambilla, diamogli spazio a ’sti rally, alziamo la posta e sfidiamo perfino il cancro per aiutare Nilsson con una sottoscrizione, un fondo anti-tumori per donare armi a chi ne ha bisogno davvero. Crepi il multanova e nessuno tocchi Patrese perché non è stato lui a uccidere Peterson a Monza ’78, quando gli altri l’avevano già sbattuto, mostro, in prima pagina. Ferrari, prendi un italiano e fallo tornare iridato. Monza ’79: il re è Scheckter. I camion portano in giro 300.000 copie di AS e tornan vuoti. Tu sorridi appena, Marcellone, t’annunciano il trionfo mai più eguagliato che sei sul Tuo Piave, per scatenare la guerra battereologica più devastante che si conosca: eh, no, non bombardi a gas, ma a bacilli. Fai scoppiare la Febbre di Villeneuve. Sai decodificare, leggere, decriptare perfino quel canadese strano, distruttore leale, che solo Tu chiami Gil, e ne fai un mito un attimo prima che lui ti dia ascolto e lo diventi sul serio. Okay, basterebbe darsi una calmata, fare un po’ i furbini e Marcellone avrebbe lo stipendio garantito per sempre. Ma scherziamo? A primavera 1981, Te ne vai da Autosprint. Eccolo, il Tuo colpo di scuola, il gol in forbice. L’uscita di scena anticipata. L’altra sfida, sì. Rombo. Portando dietro gli angeli ribelli della redazione. La battaglia è impari, le vittorie più piccole ma non meno nobili. Quando proprio nel 1983 tutti sui giornali deridono Enzo Tortora fresco di manette, Tu pubblichi la sua prima lettera dal carcere e cartesianamente dubiti, dunque sei. Tuoni negli anni contro la Rossa a digiuno d’iride, continui a testa bassa argomentando rigoroso in ogni dove quando editorialmente il buon senso suggerirebbe calma e gesso. Ti dimostri tale e quale ai Cavalieri del Rischio che tanto amavi, quelli che come Scarfiotti e Giunti sentivano di dover telefonare solo a Te, la notte prima d’andare a morire. Eri, tanto più ora sei, per sempre, uno di loro, ma con la penna al posto del casco.
Un Casco che Tu non hai solo perché 42 anni fa avesti l’idea di regalarlo ai meritevoli in pista, verniciandolo d’Oro e moltiplicandolo come pani e pesci. E adesso che hai smesso di far gol, pensando a Te, al Tuo esempio, tutti noi potremo avere ancora tanti assist. Chiaro, se ascolti il prete Ti dice di star tranquillo, ché la vita è solo un passaggio. Boh, chissà. Di sicuro c’è solo che il Tuo passaggio l’hai fatto da Campione.
Mario Donnini
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Fonte: AS n. 5/08
Io non accetto che per trovare l’effetto suolo si debba strisciare per terra. Secondo me è assurdo, è immorale da un punto di vista tecnico. (Mauro Forghieri)