Can-Am (Seasons '65-'74)

GP2 Series, Rally, Nascar, Cart, IRL, Superbike, MotoGP etc etc

da Emerson » 04/11/2006, 13:16

Parliamo e guardiamo un po'di tecnica di questi veri e propri dinosauri dell'automobilismo.
La piu' significativa vettura per la Can-Am fu la Porsche 917 nelle versioni 10-20 e 30. Derivate dalle mitiche e imbattibili 917 vincitrici del Mondiale Sport-Prototipi(a cui rimando al topic apposito sempre di ciccio-05) nel 1970-71,quest'ultime dopo essere state bandite dal nuovo regolamento del Mondiale Marche(che sostitui' dal 1972 lo Sport-Prototipi)per manifesta superiorita',furono modificate,nella carrozzeria e soprattutto nel motore per competere nel Campionato Can-Am che gli americani avevano creato come alter ego di quello Spor europeo.
Specifica di questa serie era l'assoluta mancanza di limiti nella cilindrata dei motori,una caratteristica sempre amata oltre oceano. Questo per favorire l'unico motore da competizione made in Usa il famoso V8 derivato dal blocco GM,il Chevy,che non poteva gareggiare in Europa proprio a causa del suo rapporto peso-potenza che lo costringeva a competere con i Ferrari i Ford,Jaguar e Porsche solo avvicindandosi il piu' possibile alla sua massima cilindrata,8-9000 cc.
La Porsche che aveva da anni portato al successo il suo motore,il boxer 12 cilindri,derivato dal 4 cilindri e portato fino quasi la massima cilindrata ammessa per il Mondiale Sport di 5000 cc. penso' che portando la cilindrata a 5400 cc e aggiungendo un turbocompressore a gas di scarico su ognuna delle due bancate poteva battere i potenti V8 Chevy aspirati che con cilindrate oltre 8 litri erogavano potenze di oltre 700 cv.
E cosi' fu. Dal loro primo apparire non ci fu piu' storia per nessun altro.
La Porsche pero' non uccise anche quel campionato "autarchico" d'oltre oceano(dopo averlo fatto con le Sport) in modo tecnicamente sterile. Inizio' proprio con quelle vetture Can-Am l'applicazione e il successivo sviluppo della soluzione del turbo,che o in versione "volumetrica" o "a gas di scaricho" era stato pressoche' abbandonato da tutte le case automobilistiche dai tempi delle Alfa Romeo in F.1 dei primi anni '50,rimanendone poi leader incontrastata per i successivi 15 anni.
Per la cronaca,nel 1973 il Boxer 12 con raffreddamento ad aria,altra peculiarita' di quel motore,(chi si ricorda del cilindrone bianco messo in mezzo alla parte superiore del motore?) con cilindrata portata a 5,4 litri erogava la mostruosa(per l'epoca ma anche oggi) potenza di 1100 cv.
Il telaio delle 917 Can-Am era invece un piu' classico a traliccio con tubi in lega leggera,che poggiava su una base a monoscocca che con i serbatoi avvolgeva e supportava il motore. Il radiatore che e' visibile sui musetti era per il raffreddamento dell'olio,che supportava anche il raffreddamento del motore stesso.
In quegli stessi anni,1971-74 venne creato in Europa un campionato simile al Can-Am che venne chiamato Coppa Interserie "sminuito" nella titolazione proprio per non fare troppa concorrenza al Campionato Mondiale Marche.
Anche li' inutile dirlo fu in pratica un momomarca Porsche e monopilota,perche' Leo Kinnunen ne fu' il dominatore quasi incontrastato con la sua celebre Porsche 917 gialla.
Quelle impegnate nel Campionato Can-Am furono e fino ad oggi sono,le piu’ grandi(per dimensioni e cilindrate) e le piu’ potenti vetture da corsa di tutte le categorie sportive,come gia’ il creatore di questo topic ciccio 05 ha detto.
Come per i preistorici dinosauri queste vetture subirono un improvvisa sparizione dovuta soprattutto alla crisi petrolifera che attanaglio’ il mondo a partire dal 1973.
Questi grandi mostri che “bevevano damigiane” di benzina ad ogni giro in pista erano agli occhi del pubblico un qualcosa che strideva parecchio con le richieste di risparmio energetico che ogni paese attuo’ in nome di una crisi che poi si rivelo’ esclusivamente politica. La mancanza di competitivita’ nella categoria fece il resto.
A distanza di oltre trent’anni ci restano pochi esemplari vintage salvati,soprattutto in Usa,e le foto che gentilmente ciccio ci ha proposto, di queste vetture dalle linee originali e dalle belle colorazioni,come tipica “way of racing” d’oltreoceano.
Vi posto qui' alcuni disegni tratti da una delle riviste piu' autorevoli, non solo in Italia, in campo automobilistico,Quattroruote, nei numeri dei primi anni '70.
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Uno splendido spaccato del bravissimo Bruno Betti della 917-30 Sunoco curata dal team di Roger Penske per Mark Donohue.
Qui sotto i profili della 917 versione per la Coppa Interserie del 1972-73. Nello specifico nei colori Bosch del campione di categoria Leo Kinnunen.
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Un paio di foto di Porsche sempre Interserie: la "barchetta" 908 (derivatra dalla 917 "chiusa"delle Sport) del 1971 e sotto la 917/10 del 1972 con motore senza turbo e carrozzeria piu' compatta.
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da rfmotta » 28/11/2006, 8:36

ciao Ragazzi,
vi posto questo mio articolo sulla macchina più bella (almeno per me) che abbia mai corso.
ciao
PORSCHE 917 GR 7

SIMPLE ‘THE BEST’
Testo di Roberto Motta

E’ una delle più grandi vetture da competizione mai realizzate. E’ stata la regina incontrastata dei campionati dei primi anni Settanta riservati alle vetture Gruppo 7. Ottenne numerose vittorie grazie alle straordinarie caratteristiche tecniche e a prestazioni da cardiopalma.


Nel settembre del ‘66 prende il via il Canadian-American Challange Cup, uno dei campionati più belli che siano mai stati istituiti dalle varie federazioni automobilistiche. Questo campionato, nato dalla collaborazione tra la Sport Car Club of America e il Canadian Automobile Sport Clubs, si dimostra subito interessante grazie alla quasi assoluta libertà costruttiva che non impone limiti di cilindrata, consumo, alimentazione o peso. In pratica, l’unico vincolo imposto alle Case costruttrici è quello di realizzare una vettura biposto a ruote coperte dotata di due portiere apribili.
Il campionato è reso ancora più appetibile da un monte premi di 30mila dollari per ognuna delle sei gare previste, oltre ad un monte premi finale di 55mila dollari, somma equivalente a un azzeramento dei costi di gestione per la squadra vincitrice.
Indubbiamente, queste caratteristiche sono più che sufficienti ad attirare l’interesse della Case e dei piccoli costruttori cui viene offerta la possibilità di realizzare e vendere un discreto numero di vetture. Ecco quindi che a modelli realizzati da piccoli costruttori si affiancano nomi blasonati come BRM, Chaparral, Lola, March, McLaren, Shadow, Alfa Romeo, Ferrari e Matra, e naturalmente Porsche per dare vita a una serie epica che avrà la sua massima espressione di competitività tra il ’66 e ’74.
La prima gara della nuova serie si disputa l’11 settembre e vede impegnati alcuni dei migliori piloti europei e americani; tra i presenti ricordiamo il vincitore della gara John Surtees che con la sua Lola T-70 dotata di uno small-block Chevy V-8 precede Bruce McLaren e Chris Amon, entrambi su McLaren-Chevy. A seguire, il canadese John Cannon e l’americano George Follmer.
L’avventura della Porsche nel settore riservato alle vetture Gruppo 7, incomincia anni dopo nell’agosto del ‘69 in seguito alle ripetute richieste degli importatori statunitensi Porsche-Audi di immettere sul mercato una vettura adatta a tali competizioni.
Con l’intenzione di sostenere le vendite della 914, la Casa di Stoccarda realizza un prototipo destinato al campionato Can-Am denominato 917 PA, dove la sigla PA è sinonimo della scuderia che iscrive la vettura alle competizioni: Porsche-Audi of America.
Inizialmente, la nuova vettura mantiene le specifiche tecniche della 917 vincitrice della 1000 km di Zeltweg tra cui il passo di 2300 mm e il propulsore Tipo 912 da 4494 cc in grado di erogare circa 560 cv a 8300.
La 917 PA che i tecnici di Zuffenausen considerano come ‘la 917 priva di tetto’, mantiene il telaio costituito da una robusta struttura tubolare, realizzata in tubi d’alluminio di sezione circolare che le conferisce un’elevata resistenza alla torsione.
La vettura sfrutta sospensioni del tipo a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili e molle elicoidali con ammortizzatori coassiali e utilizza sia anteriormente che posteriormente una barra antirollio adatta a contenere il beccheggio della vettura e a limitare il cambiamento dei valori di camber imposti alle ruote.
L’impianto frenante è costituito da freni a disco ventilati di grande diametro con fori assiali di raffreddamento. Ciascun disco è abbinato a una pinza a due pistoncini, realizzata in lega speciale e dotata di caliber in titanio. Le uniche differenze con la vettura iscritta al Campionato mondiale Marche riguardano il montaggio di un nuovo serbatoio del carburante con capacità di 195 litri e la diminuzione del peso complessivo della vettura, ora dichiarato di 775 kg in ordine di marcia e senza carburante.
Come precedentemente accennato, punto di forza della 917 PA è il 12 cilindri a V di 180° che conserva inalterati numerosi elementi del precedente motore montato sulla 908 tra cui le misure di lunghezza delle bielle di 130 mm, le dimensioni delle valvole e dei condotti d’aspirazione e scarico, e i valori di alesaggio e corsa (rispettivamente di 85 e 66 mm).
Il basamento del propulsore è realizzato per fusione di una lega di magnesio ed è composto da due parti simmetriche, unite secondo un piano longitudinale che taglia a metà gli otto supporti di banco. L’albero motore è scomponibile ed è composto da due semialberi in mezzo ai quali è montata una presa di forza che comanda superiormente tutti gli accessori e che imprime il moto all’albero di collegamento alla frizione e al gruppo delle pompe dell’olio situate inferiormente all’albero motore. L’utilizzo di questo tipo di albero motore consente, inoltre, l’eliminazione di quei problemi torsionali e di flessibilità che avrebbero afflitto un albero motore monolitico, la cui lunghezza sarebbe risultata eccessiva.
L’albero motore, realizzato in acciaio al cromo-nichel-molibdeno, è caratterizzato da sei perni di manovella su ciascuno dei quali lavorano affiancate due bielle; i cuscinetti di banco e quelli di biella sono del tipo a guscio sottile.
Le bielle, forgiate in lega di titanio, sono vincolate a pistoni in lega d’alluminio, stampati a caldo e caratterizzati da un cielo sensibilmente bombato. I pistoni sono caratterizzati da due segmenti di tenuta e di un raschiaolio, e scorrono all’interno di cilindri in lega leggera dotati di canna cromata la cui superficie è distinta da un’evidente porosità che permette la ritenzione dell’olio lubrificante e incrementa la lubrificazione dei pistoni.
Esternamente, ogni il cilindro presenta una vasta alettatura ricavata grazie a un’attenta lavorazione con macchine utensili.
Le teste, fuse in lega di alluminio, sono singole per ogni cilindro e hanno la camera di scoppio emisferica in cui sono alloggiate due valvole inclinate tra loro di 65° e la filettatura adatta ad accogliere una doppia accensione che sfrutta candele dotate di elettrodi al platino.
La valvola di aspirazione ha un diametro di 47,5 mm ed è realizzata in titanio; quella di scarico ha un diametro di 40,5 mm ed è dotata di stelo contenente sodio per smaltire più efficacemente la temperatura.
Nella parte superiore delle testate, per ogni bancata di cilindri, è imbullonato un castelletto in cui sono alloggiati gli alberi a camme e le punterie a bicchierino; gli alberi a camme ricevono a loro volta il moto da due cascate d’ingranaggi.
Il complesso sistema di lubrificazione del propulsore è del tipo a carter secco ed è composto da un sistema principale costituito da una pompa di mandata e due pompe di recupero, e da un sistema secondario composto da altre 4 pompe di recupero, di dimensioni minori, che provvedono ad aspirare il lubrificante dagli alloggiamenti degli alberi a camme. Infine, affinché l’olio lubrificante rimanga costantemente a una temperatura di esercizio ottimale, il sistema di lubrificazione è dotato di un serbatoio della capacità di 20 litri e di un termostato che consente al lubrificante di essere inviato ad un radiatore montato sotto il cofano anteriore della vettura, quando la temperatura dell’olio lubrificante supera i 90°C.
Il propulsore è raffreddato da un sistema ad aria forzata, che prevede una ventola del diametro di 330 mm, realizzata in fibra di vetro rinforzata con materiale plastico e azionata dall’albero motore mediante un alberello verticale. La ventola, il cui azionamento sottrae al propulsore l’equivalente di 17 cv di potenza, è in grado di fornire un flusso di 2400 litri di aria al secondo, inviato alle testate e ai cilindri in misura rispettivamente del 65% e 35%. Il ‘dodici cilindri’ grazie a un rapporto di compressione pari a 10,5 : 1, a una doppia accensione transistorizzata e a un sistema di alimentazione a iniezione indiretta, è in grado di erogare 560 cv di potenza a 8300 giri e di sviluppare una coppia di 50 kgm a 6800 giri.
Al propulsore è abbinato un cambio Tipo 917 a 4 o 5 velocità, assistito da una frizione multidischi che lavora a secco e da un differenziale autobloccante a lamelle, caratterizzato da una taratura al 75%.
La vettura è dotata di cerchioni in lega leggera caratterizzati da un diametro di 15” e da un canale di larghezza anteriore di 10,5” e posteriore di ben 15”. I cerchioni sono serrati al portamozzi grazie a un grosso dado che velocizza le sostituzioni delle ruote durante la gara consentendo il montaggio di pneumatici con misure anteriori di 4.25/10.20/15” e posteriori di 12.5/26.0/15”.
Le dimensioni strutturali della vettura denunciano un passo di 2300 mm, una lunghezza di 3905 mm, una carreggiata anteriore di 1526 mm e posteriore di 1533 mm, e un’altezza massima, escluso il roll-bar, di 730 mm.
Costruita in soli due esemplari, la 917 PA è una delle macchine più interessanti di quel periodo per la carrozzeria dalla linea filante e priva di qualsiasi appendice aerodinamica. Realizzata con l’ausilio di leghe nobili che consentono di contenere il peso in soli 775 kg, è capace di sfiorare i 300 km/orari.
Dopo la presentazione, la vettura dotata del telaio 027 rimane a disposizione dei tecnici di Zuffenhausen come vettura di prova e sviluppo, mentre la 917 PA.028 viene inviata nel Nord America, dove è affidata al pilota elvetico Jo Siffert che la condurrà in sette delle undici prove del campionato Can-Am, debuttando in gara il 17 agosto 1970 in occasione della 200 miglia di Mid-Ohio. In questa gara, la 917 PA, magistralmente condotta da Siffert, ottiene il 4° posto assoluto alle spalle delle McLaren M8B Chevrolet di Denny Hulme e Bruce McLaren, e alla Ferrari 612P di Chris Amon.
Nelle gare successive, che si svolgono il 31 agosto ed il 14 settembre rispettivamente sui circuiti di Elkhart Lake e Bridgehampton, la 917 PA prende il via dal sesto posto della griglia di partenza: nella prima competizione rompe il propulsore mentre nella seconda conquista il 3° posto.
Poi, a partire dalla gara del Michigan, la 917 PA è battuta soltanto dalle McLaren ufficiali: ottiene due quarti posti nel Michigan e Texas e un quinto posto a Laguna Seca ma poi si ritira durante la gara di Riverside per una perdita di olio. Grazie ai risultati ottenuti in queste sette gare, la vettura tedesca conquista il quarto posto assoluto nel campionato Can Am nonostante i ‘soli’ 560 cv erogati dal suo propulsore da 4,5 litri contro i 640 cv dei grossi motori Chevrolet da 7 litri.
La consapevolezza di non avere a disposizione una vettura vincente, convince la Porsche a disertare il campionato Can-Am della stagione successiva e a concentrarsi sullo sviluppo della 917 coupè con la quale invece prende parte al Campionato Mondiale Marche dove vincerà molte delle gare cui è iscritta.
Contemporaneamente, pur se non presente in forma ufficiale, la Casa di Stoccarda partecipa regolarmente a tutte le gare di campionato Can-Am con la 908 (telaio 011) iscritta e supportata dalla Porsche-Audi America. Questa vettura, condotta dal britannico Tony Dean, regala alla Casa tedesca la prima vittoria nel campionato Can-Am, in occasione della gara di Road Atlanta, gara disputata il 13 settembre ‘70.
La Casa di Stoccarda è presente ufficialmente nel campionato solo in occasione della gara di Watkins Glen Can-Am, dove affida una 917 K al pilota elvetico Jo Siffert.
Nella stessa stagione automobilistica, in Europa prende il via il Campionato Interserie. Tale campionato, voluto da Gehard Härle, è del tutto analogo a quello Ca-Am, ed è l’alternativa europea alla favolosa serie nord-americana. Tuttavia, nonostante gli sforzi degli organizzatori, che mettono a disposizione un montepremi milionario ad ogni gara, l’interesse dei costruttori appare limitato e solo la Porsche, che è già impegnata in campionato simile, favorisce la partecipazione delle proprie vetture.
Tra le vetture della Casa di Stoccarda impegnate in questo campionato ricordiamo una nutrita serie di 907, 908, 910 e naturalmente le più prestanti 917K, che si schierano accanto ad alcune delle grosse Gruppo 7 normalmente iscritte al campionato nord-americano. Al poco interesse delle Case costruttrici, fa eco una scarsa affluenza di pubblico: la vittoria assoluta della 917.007 affidata a Jürgen Neuhaus passa quasi inosservata, nonostante le vittorie ottenute sui tracciati del Norisring e Thruxton, e la conquista del secondo posto assoluto a Croft, Keimola e Hockenheim.
Sebbene per la Casa di Stoccarda la stagione ’70 è ricca di soddisfazioni grazie alle numerose vittorie riportate dalla 917 coupè nel Campionato Mondiale Marche, è però anche una stagione di difficili scelte tecniche e grandi investimenti economici. Infatti, quando nel corso del ’70 vengono rese definitivamente note le nuove regole per il Campionato Mondiale Marche (che stabiliscono a partire dal ‘72 la riduzione della cilindrata a 3000 cc) la Porsche trasferisce le sue attenzioni verso la realizzazione di una nuova vettura con la quale intende partecipare al campionato Can-Am del ‘71.
Molta attenzione, a onore del vero, era già stata indirizzata verso la realizzazione di un nuovo propulsore in grado di competere con lo strapotere dei poderosi propulsori americani. Infatti, fin dall’inverno ’69 - ’70, la Casa di Stoccarda aveva dato vita a due studi paralleli e ben distinti dei quali uno prevedeva la realizzazione di un propulsore a 16 cilindri contrapposti di almeno 7000 cc, mentre il secondo prevedeva lo studio e l’applicazione di due turbo compressori azionati dai gas di scarico del motore al 12 cilindri, comunemente usato sulla 917 coupè.
Il risultato finale dei primi studi porta alla realizzazione di un nuovo propulsore, denominato Tipo 917, a 16 cilindri, che viene ripetutamente testato sulla Porsche 917 PA.027. Tale propulsore, deriva dallo sviluppo del motore tipo 912 ed è il capostipite di una nuova generazione di propulsori modulari che, nei piani dei motoristi Porsche, potevano essere a 4, 6, 8, 12 e 16 cilindri e disporre di una cilindrata compresa tra i 5000 e 7200 cc.
Vengono quindi ideate diverse unità che, grazie a misure di alesaggio e corsa differenti, hanno cilindrata e potenza diversa; l’unità più piccola ha una cilindrata totale di 4986,336 cc (80 mm x 62 mm) ed eroga 690 cv a 9200 giri, gli studi presentano poi varie possibilità tra cui motori con cilindrata di 5992 cc (770 cv a 8400 giri), 6543 cc (800 cv a 8400 giri) e 6665 cc (840 cv a 8300 giri). Infine, il propulsore più grande, denuncia una cilindrata di 7165,847 cc (90 mm x 70,4 mm) e una potenza di 880 cv a 8300 giri.
Tuttavia, nonostante gli studi per ottenere diverse cilindrate, e i molti particolari realizzati dai tecnici di Stoccarda, solo tre unità denominate Tipo 917 di 7166 cc vengono completamente assemblate e testate sulla vettura.
Il propulsore, che sfrutta gli stessi cilindri del precedente 912, è alimentato da un complicato sistema di iniezione, ottenuto abbinando due distributori di iniezione, normalmente impiegati per alimentare il propulsore a otto cilindri della 908.
Sulla parte superiore del propulsore, le trombette di aspirazione sono montate in posizione inclinata per poter ospitare i due distributori di accensione e il sistema di iniezione.
Il propulsore utilizza un’enorme albero motore che ruota su 10 perni di banco. All’albero motore sono vincolate robuste bielle in lega di titanio che lavoravano affiancate, due per ogni perno di manovella. Questo straordinario 16 cilindri è in grado di erogare 880 cv a 8300 giri tuttavia, seppur dotato di una grande potenza, denuncia un peso complessivo e dimensioni nettamente superiori al vecchio boxer, tanto che il suo montaggio rende necessarie numerose modifiche al telaio della 917 PA.027 tra cui l’estensione del passo di 270 mm.
Nell’estate del ‘70, Siffert testa ripetutamente la nuova vettura sul circuito amico di Weisach poi, in ottobre, conduce il ‘mostro’ sul circuito austriaco di Zeltweg, dove la 917 si dimostra instabile e difficile da guidare, tanto da non essere in grado di sfruttare la notevole potenza del propulsore e venire considerata inadatta per le competizioni.
Nello stesso periodo, la vettura viene provata anche dal pilota statunitense Mark Donohue, il quale rimane tanto impressionato dal poderoso 16 cilindri da dichiarare in un’intervista: “Questo propulsore è un mostro; è tanto grande che senti la sua accensione avvenire prima in una estremità e poi avanzare verso l’altra”.
La prova in pista decreta, però, la sua fine.
La 917 PA.027 e il suo favoloso propulsore a 16 cilindri non verranno mai iscritti ad alcuna gara e andranno ad arricchire le sale del Museo Porsche dove sono tuttora considerate due delle principali attrazioni.
Contemporaneamente, nel corso della stagione ‘71, la Porsche converte per la partecipazione al campionato Interserie tre 917k coupè in versione spyder.
Le vetture iscritte a questo campionato, realizzate sui telai 917.007, 917.01-021 e 917.031, beneficiano di tutti i miglioramenti apportati sulle vetture partecipanti al Campionato Mondiale Marche, tra cui l’utilizzo del nuovo propulsore Tipo 912/10 con misure di alesaggio e corsa incrementate rispettivamente a 86 e 70,4 mm che consentono l’incremento della cilindrata totale a 4907,278 cc.
Tra gli altri accorgimenti, ricordiamo che il propulsore viene dotato di un nuovo sistema di scarico dove ogni bancata di cilindri è caratterizzata da un singolo terminale a megafono. Nel terminale confluiscono i sei collettori di scarico, realizzati in modo tale che ognuno mantenga esattamente la stessa lunghezza misurata dalla punto di chiusura della valvola di scarico al punto di unione con il terminale di scarico.
Inoltre, il cielo dei pistoni viene raffreddato dall’olio espulso da un getto del diametro di 1 mm, posizionato accanto ai cuscinetti di banco e alimentato dal circuito principale di lubrificazione (scelta tecnica che consente di diminuire la temperatura del cielo del pistone di 30-35°C e di incrementare la affidabilità del propulsore).
Grazie a questi accorgimenti, il propulsore è ora in grado di erogare 600 cv a 8400 giri.
Rese più maneggevoli e affidabili, le 917 spyder affrontano un campionato non privo di colpi di scena e, dopo sette appuntamenti, la Porsche 917.01-021 di Leo Kinnunen, conquista il campionato, grazie alle vittorie ottenute sui tracciati di Imola, Hockenheim, Keimola e, nuovamente, Imola. Ricordiamo che la vettura utilizzata da Kinnunen è l’unica a essere distinta dal suffisso ‘01’ all’interno del numero di telaio.
Nel corso della stessa stagione, in previsione di ritornare a competere nel campionato Can-Am, la Casa di Stoccarda realizza ex novo una vettura denominata 917/10 che viene affidata a Jo Siffert mentre affida la vecchia 917 PA.028 al Team di Vasek Polak che disputerà l’intero campionato con il pilota Milt Minter.
La nuova 917/10, completata nel maggio del ’71, è una vettura che sfrutta un nuovo telaio tubolare realizzato in alluminio.
Inizialmente la 917/10 è equipaggiata con propulsore denominato Tipo 912/11 a 12 cilindri contrapposti da 4999 cc e relative misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 86,8 e 70,4mm.
L’incremento dell’alesaggio è reso possibile dall’utilizzo di nuovi cilindri con camice sottoposte a trattamento in Nikasil anziché al precedente trattamento denominato Cromal. Ricordiamo, che il trattamento Nikasil consiste nell’applicazione di un riporto superficiale sulle canne dei cilindri in lega d’alluminio e che tale riporto superficiale è composto da un sottile strato di particelle di nickel e carburo di silicio. Il trattamento Nikasil, che è stato utilizzato per la prima volta al mondo dalla Casa tedesca Mahle, ha la funzione di diminuire il coefficiente di attrito tra le parti in contatto, con una conseguente minor usura e un incremento della vita del cilindro.
Il nuovo propulsore così ottenuto, con un rapporto di compressione di 10,5:1, è in grado di erogare 630 cv a 8300 giri.
Al propulsore è abbinato un cambio Tipo 917 a 4 o 5 velocità assistito da una frizione multidischi che lavora a secco, e da un differenziale autobloccante a lamelle.
La 917/10 sfrutta un nuovo impianto frenante costituito da freni a disco ventilati di grande diametro con fori radiali e assiali di raffreddamento. Ciascun disco è abbinato a una pinza a quattro pistoncini realizzata in lega speciale e dotata, come sulle precedenti vetture, di caliber in titanio. La vettura è dotata cerchioni in lega leggera caratterizzati dal diametro di 15” che consentono il montaggio di pneumatici con misure anteriori di 9.0/24.0/15” e posteriori di 14.5/26.0/15”.
Le 917/10 denuncia un passo di 2300 mm, una lunghezza di 3740 mm, la carreggiata anteriore di 1620 mm e quella posteriore di 1584 mm e dichiara un peso di 734 kg.
La carrozzeria della 917/10 è realizzata in materiale plastico e ha forme squadrate che la rendono particolarmente compatta. Il cofano anteriore è caratterizzato da una forma a scalpello con un accentuato rigonfiamento centrale che ospita un tunnel; quest’ultimo ha la duplice funzione di contenere il voluminoso radiatore dell’olio lubrificante, e di smaltire l’aria calda lateralmente all’abitacolo, lasciando libero da turbini negativi il flusso d’aria fresca che alimenta il propulsore.
Il cofano posteriore consente di intravedere il propulsore ed è dotato di pinne stabilizzatrici, al pari delle vetture utilizzate nelle gare di durata.
La 917/10 è inizialmente realizzata in soli due esemplari: la 917/10.001 rimane a Weissach in qualità di vettura impiegata per esperienza e sviluppo dei nuovi propulsori in previsione del campionato del ’72, la 917/10.002 affronta l’impegnativo campionato Can Am supportata da un piccolo team satellite organizzato dallo stesso Siffert e dall’apporto economico della STP.
La 917/10.002 debutta sulla pista del circuito di Hockenheim l’8 luglio ’71 quando, condotta da Siffert, è sottoposta a una serie di test che si svolgono alla presenza del responsabile della Porsche Motorsports Ferdinand Piech, e dell’ingegnere capo del reparto sviluppo Helmuth Bott.
Alcuni giorni dopo, la vettura è inviata in Nord America dove, il 23 luglio ’71, debutta ufficialmente in gara in occasione delle prove per terza gara di campionato Can Am la 200 miglia di Watkins Glenn.
Durante la prima giornata di prove la vettura si presenta con la carrozzeria bianca che viene ridipinta di rosso fluorescente (colore che distingue lo sponsor STP) durante la notte che precede la gara. In gara, si comporta più che onorevolmente ottenendo il terzo posto assoluto alle spalle delle McLaren M8F di Revson e Hulme, e precedendo una debuttante speciale, la Ferrari 712 (telaio 1010) condotta da Mario Andretti.
Nel corso delle gare successive che si svolgono a Mid Ohio, Elkhart Lake e Donnybrooke, la 917/10 conquista due secondi e un quinto posto poi, nella successiva gara del 17 ottobre a Laguna Seca, ottiene il quinto posto assoluto alle spalle delle Mclaren di Revson e Hulme e della Lola di Stewart. Sarà l’ultima gara che vede schierato al via Jo Siffert poiché il 24 ottobre ’71 ‘Seppi’, come affettuosamente lo chiamano gli amici, è vittima di un grave incidente nel quale perde tragicamente la vita alla guida della BRM di F1.
Dopo la tragica scomparsa di Siffert, la 917/10.002, ritorna nelle officine Porsche di Stoccarda dove è utilizzata come vettura di test e sviluppo del nuovo propulsore turbocompresso Tipo 912/50. Testata da Willy Kausen sotto la direzione di Klaus Bischof, la vettura viene ripetutamente modificata e aggiornata dai tecnici della Casa tedesca sia nel telaio che nell’aerodinamica, nel tentativo di ottenere una maggior guidabilità e velocità sul giro.
La 917/10 Turbo destinata alla serie americana Can Am, sfrutta un motore a dodici cilindri con misure di alesaggio e corsa rispettivamente di 85 e 66 mm (4494,205 cc) al quale è abbinato un sistema di sovralimentazione con due turbine Eberspächer azionate dai gas di scarico successivamente rinominate KKK (Kuhnle, Kopp & Kaush). Si noti, che inizialmente i tecnici di Stoccarda impiegano per i loro propulsori da competizione, le stesse turbine montate sui grossi motori diesel industriali.
Il propulsore turbocompresso è tecnicamente identico a quello aspirato, tuttavia, differisce in alcuni particolari migliorati al fine di resistere a un carico di lavoro indiscutibilmente più gravoso.
Tra le modifiche ricordiamo che il propulsore turbocompresso sfrutta un albero di forza con un diametro di 24 mm in sostituzione di quello da 22 mm utilizzato sul motore aspirato.
Il rapporto di rotazione della ventola del raffreddamento forzato viene cambiato in modo che la portata effettiva della ventola salga fino al valore di 3100 litri al secondo. Oltre ad aumentare le capacità di raffreddamento, questa modifica incrementa l’assorbimento di potenza da parte del sistema di raffreddamento che sale dai 17 cv assorbiti dal propulsore aspirato ai 31 cv del motore turbocompresso.
Questo propulsore mantiene lo stesso albero a camme di scarico del motore aspirato mentre, sul lato aspirazione è dotato di nuove camme. Le valvole rimangono identiche a quelle utilizzate sul propulsore aspirato mentre le guide valvole vengono sostituite con particolari guide più corte e dotate di superficie cromata. Naturalmente, le trombette di aspirazione vengono sostituite con una serie di collettori che vengono alimentati da un polmone di compensazione per ogni bancata di cilindri.
Il propulsore è sovralimentato mediante due ‘turbo’, uno per bancata, e la pressione di alimentazione è controllata da una valvola di scarico, o waste-gate, costituita da una semplice membrana a fungo tenuta in sede da una molla che, raggiunta la massima pressione programmata, consente l’apertura permettendo l’evacuazione dei gas in atmosfera.
Oltre a queste modifiche, ricordiamo il montaggio di una pompa di alimentazione con condotti maggiorati per aumentare la quantità di benzina inviata al propulsore.
Questo propulsore ha il rapporto di compressione di 6,5:1 e la pressione di sovralimentazione di 1,3 bar; è in grado di erogare 880 cv a 8100 giri. Ricordiamo che a tale regime di rotazione, la turbina del compressore ruota ad oltre 90000 giri al minuto.
Il forte incremento della potenza erogata dal propulsore richiede l’utilizzo di un nuova trasmissione rinforzata: viene quindi montato un nuovo cambio Tipo 920/10 dotato di 4 rapporti sincronizzati più retromarcia.
La trasmissione sfrutta la medesima frizione multidischi montata sui modelli aspirati ma viene dotata di molle rinforzate; inoltre, la trasmissione può essere priva di differenziale o, a scelta del pilota, assistita da un differenziale autobloccante.
Il cambio è dotato di un sistema di lubrificazione autonomo che comprende un piccolo radiatore olio e una pompa in grado di far circolare l’olio lubrificante.
La 917/10 Turbo sfrutta l’impianto frenante costituito da freni a disco ventilati già utilizzato sulla vettura dotata di motore aspirato, e monta cerchioni in lega leggera caratterizzati da un diametro di 15”, che consentono l’impiego di pneumatici con misure anteriori di 9.40/24/15” e posteriori di 14.50/26/15”.
La vettura ha un passo di 2316 mm, una lunghezza di 3950 mm, una carreggiata anteriore di 1620 mm e posteriore di 1584 mm, e un peso dichiarato di 750 kg.
Lo sviluppo della vettura con motore turbocompresso mette a dura prova sia i tecnici sia i piloti, perché richiede uno stile di guida molto particolare. I difetti iniziali del propulsore sovralimentato sono principalmente di due tipi: il primo imputabile al forte aumento di calore delle teste dovuto all’immissione di aria calda proveniente dalle turbine azionate dai gas di scarico, il secondo dovuto al pesante effetto del punto morto nella risposta all’accelerazione.
In pratica, il pilota deve assumere uno stile di guida che consideri l’effetto ritardato delle reazioni del propulsore rispetto alla sua volontà. Infatti, quando il pilota affonda completamente il piede sull’acceleratore, il propulsore impiega alcuni secondi prima di erogare tutta la potenza di cui è capace poi, raggiunta la massima pressione di esercizio del turbo, la eroga con un più che evidente calcio nella schiena del pilota, che innesta seri problemi di trazione e guidabilità della vettura. Parallelamente, lo stesso tempo morto alla risposta dell’accelerazione, è ottenuto in staccata. Così, quando il pilota solleva il piede dall’acceleratore, non si riscontra una immediata diminuzione della pressione del turbo in sincronia con il movimento del piede del pilota, ma per alcune frazioni di secondo, il propulsore continua ad erogare la sua massima potenza. Passano quindi frazioni di tempo che mettono a dura prova, sia la parte meccanica della vettura che le capacità di guida del pilota. Se il pilota riesce a superare indenne la curva, si ritrova con il problema precedentemente accennato in accelerazione e così via. Per ovviare a tutto ciò, il pilota è costretto a adottare uno stile di guida particolare che tiene conto del ‘tempo morto’ alla risposta, deve perciò accelerare prima che sia necessario e parimenti togliere il piede dal gas prima di raggiungere il punto di staccata. Oppure deve guidare mantenendo costantemente il propulsore in ‘tiro’, e imparare ad affrontare le curve premendo il pedale del freno con il piede sinistro. In questo modo, quando è all’uscita di una curva, il pilota toglie il piede dal freno, la vettura è già allineata e il propulsore può erogare la massima potenza in modo meno incerto. Un altro problema, è dovuto alla straordinaria potenza erogata dal propulsore, che mette a dura prova tutta la trasmissione tanto che nei passaggi di marcia, le ruote posteriori tendono a perdere aderenza e a pattinare sull’asfalto, anche con il rapporto più alto inserito, stimolando evidenti fenomeni di sovrasterzo di potenza che si evidenziano con una pronta scodata del posteriore della vettura.
Tutto ciò trae spesso in inganno il pilota ed è inizialmente causa di errori di guida e di interpretazione del comportamento della vettura. Fortunatamente, con l’esperienza acquisita in migliaia di giri in pista, i tecnici della Casa di Stoccarda riescono a minimizzare ogni problema: una volta raggiunto un buon sviluppo del propulsore Turbo e prima del suo definitivo utilizzo in gara, alcuni esemplari turbocompressi vengono montati al banco prova e sottoposti a prove di durata di otto ore durante le quali vengono sovralimentati per brevi periodi a una pressione superiore a quella poi utilizzata in gara, dimostrando di essere in grado di erogare 1005 cv.
Nel dicembre ’71, la Penske riceve la prima vettura distinta dal telaio 917/10.003; il 18 dicembre dà l’avvio ai test condotta da Mark Donohue. Durante le prove di sviluppo, la vettura mantiene la carrozzeria della versione precedente e utilizza il propulsore aspirato Tipo 912/11 da 5 litri. Le prove effettuate dall’esperto pilota statunitense evidenziano la necessità di modificare la geometria delle sospensioni anteriori.
Apportate le opportune modifiche, la 917/10.003 viene testata il 5 gennaio sul circuito di Road Atlanta e il 17 gennaio sul circuito di Riverside. Nei primi giorni di febbraio la vettura viene dotata del nuovo propulsore turbo sperimentale da 5 litri Tipo 912/51 che, sovralimentato ad una pressione di 1,3 bar, è in grado di erogare 920 cv a 8000 giri.
Al propulsore è abbinato il nuovo cambio Tipo 920/50 dotato di 4 rapporti, con sincronizzatori più retromarcia.
Ricordiamo che la nuova vettura assume, per il mercato americano, la denominazione 917/10K (Kompressor), e per il mercato europeo, dove il suffisso K potrebbe essere confuso con Kurzheck (coda corta) già utilizzato per la vettura iscritta al Campionato Mondiale Marche, la denominazione 917/10T (Turbo).
Alcuni giorni dopo, la Casa di Stoccarda invia al Team Penske una seconda vettura realizzata sul telaio 011 (costruito in magnesio, al fine di contenere il peso totale della vettura) e destinata a Donohue, cui seguirà una terza vettura realizzata sul telaio 005.
L’11 giugno ’72, in occasione della gara di Mosport, la 917/10.011 prende il via in pole position condotta da Mark Donohue che conquista il secondo posto alle spalle della McLaren M20 di Denny Hulme.
Una settimana prima della seconda gara, che si svolge il 9 luglio sul circuito di Road Atlanta, Donohue ha un terrificante incidente durante una sessione di prove che lo costringe a rinunciare ad alcune gare del campionato.
Distrutta la 917/10.011, viene iscritta alla gara la 917/10.003 che viene affidata a George Follmer il quale si trova in completa sintonia con la vettura tanto da aggiudicarsi il gradino più alto del podio davanti alla Mclaren di Young e alla 917/10.006 di Minter spinta dal propulsore aspirato da 5400 cc.
Nelle gare successive, la 917/10.003 e il suo pilota Follmer si dimostrano invincibili e si aggiudicano le restanti gare di Road Atlanta, Mid-Ohio, Elkhart Lake, Laguna Seca e Riverside.
Alla fine del trionfale campionato, le vetture 917/10.003 e 917/10.005 vengono acquistate dapprima da Roger Penske, e successivamente da Robert (Bobby) Rinzler il quale, con l’apporto economico della RC Cola, iscrive le due vetture al successivo campionato affidandole ai piloti George Follmer e Charlie Kemp.
Nello stesso anno, la 917/10.002 precedentemente impiegata nei test di sviluppo da Willy Kauhsen, viene acquistata dallo stesso pilota e sponsorizzata dalla Bosh debutta nel campionato interserie del ’72 in occasione della gara del Nürburgring, dove conquista il secondo posto assoluto. Successivamente, la 917/10.002 ottiene il primo posto a Imola per poi ritirarsi nella gara di Silverstone e conquistare il secondo posto in ognuna delle quattro gare successive.
Ciononostante, termina il campionato alle spalle della 917/10.004 del campione Interserie Leo Kinnunen, vincitrice di sei delle nove gare di campionato (Silverstone, Hockenheim, Norisring, Keimola, Nürburgring e Hockenheim). Ricordiamo che entrambe le vetture hanno affrontato le prime quattro prove del campionato Interserie spinte dal propulsore aspirato poi, nella seconda parte della stagione, vengono dotate del più competitivo motore turbocompresso.
Nell’inverno ‘72-‘73, la Porsche termina lo sviluppo della 917/30, vettura eccezionale realizzata inizialmente in tre esemplari: tra questi il telaio 917/30.001, utilizzato per la vettura di sviluppo, ha la caratteristica di possedere un passo variabile e viene successivamente riconvertito con le specifiche del modello 917/10 mentre i telai 917/30.002 e 917/30.003 sono espressamente realizzati per il Team Penske e il suo pilota Donohue.
La 917/30 impiega un telaio tubolare realizzato in magnesio e caratterizzato da un passo di 2500 mm che le consente una perfetta distribuzione dei pesi grazie anche alla collocazione al centro della vettura del serbatoio del carburante, della capacità di 400 litri. Questa vettura, che sfrutta al meglio l’impostazione delle 917 a coda lunga, richiede una lunga serie di prove prima di raggiungere il perfetto bilanciamento aerodinamico. E’ doveroso sottolineare che il particolare studio della aerodinamica della coda lunga, svoltosi quasi totalmente sul circuito del Paul Ricard, nel sud della Francia, è così perfetto da essere trasferito anni dopo sulla 936.
La 917/30 è dotata cerchioni in lega leggera che consentono il montaggio di pneumatici con misure anteriori di 9.40/24/15” e posteriori di 14.50/26/15”.
La vettura è lunga di 4562 mm, ha la carreggiata anteriore di 1670 mm e quella posteriore di 1564 mm, e dichiara un peso di 800 kg.
La 917/30 è dotata di un propulsore denominato Tipo 912/52 caratterizzato da una cilindrata di 5374 cc (alesaggio 90 e corsa 70,4 mm) che con pressione di alimentazione di 2 bar è in grado di erogare ben 1560 cv di potenza che si riduce a 1200 cv con una pressione di alimentazione di 1,7 bar.
Date le potenzialità della vettura, i tecnici Porsche decidono prudentemente di mantenere una pressione di alimentazione di 1,4 bar per consentire un’erogazione di 1100 cv in configurazione da gara. Il suo propulsore è abbinato a un cambio Tipo 917 a 4 rapporti più retromarcia, assistito da una nuova frizione Borg & Beck dotata di quattro dischi che lavorano a secco. Inoltre, in base alle scelte dei tecnici di Stoccarda, può disporre di differenziale autobloccante multidischi oppure utilizzare un tipo trasmissione diretta.
L’enorme potenza erogata dal propulsore, e l’impressionate coppia motrice di 112 Kgm a 6400 giri, fanno della 917/30 la regina delle vetture Gruppo 7.
Dotata di prestazioni eccezionali, è capace di volare da 0 a 200 km orari in soli 5.3” e di raggiungere una velocità massima superiore ai 380 km orari.
La Porsche 917/30.002, affidata a Donohue, debutta il 10 giugno sul circuito di Mosport ma non termina la gara mentre in quella successiva di Road Atlanta, 917/30.003 conquista il secondo posto, alle spalle della 917/10.003 di George Follmer. Nella gara di Watkins Glen, il duo 917/30-Donohue,incomincia quella trionfale stagione che li vedrà primeggiare in America e in Canada, sui circuiti di Mid Ohio, Elkhart Lake, Edmonton, Laguna Seca e Riverside. La vettura vince così il campionato Can-Am con ben 139 punti relegando la 917/10.003 di Follmer in seconda posizione con un distacco di 77 punti.
Dopo quella esaltante stagione, e dopo che aveva iniziato la costruzione di un nuovo telaio, numerato 917/30.004 e da affidare a Donehoue, la Casa di Stoccarda decide di non partecipare alle altre competizioni riservate al Gruppo 7 a causa delle nuove regole emanate dai responsabili della “Canadian American Challange Cup” che prevedono limitazioni del consumo di carburante, in linea con la nuova politica economica dettata dalla grave crisi energetica che in quel periodo esplode in tutto il mondo.
Nella stessa stagione, nel versante europeo, la 917/10/004 vincendo cinque delle nove gare di campionato (le gare di Silverstone, Norisring, Hockenheim, Misano e Hockenheim) consente a Leo Kinnunen di conquistare per la terza volta consecutiva il campionato Interserie precedendo la nuova 917/10.015 di Willy Kaushen.
Disertato il campionato Can-Am del ’74, la Porsche ricondiziona la 917/30.001 con le specifiche tecniche della 917/10 per impegnarla ufficialmente nel campionato Interserie. La vettura viene quindi dotata di una nuova aerodinamica posteriore e del propulsore Tipo 912/50 da 4,5 litri turbo, abbinato ad un cambio Tipo 920/10 a 4 rapporti più retromarcia. Questa vettura, affidata a Herbert Müller vince le gare di Kassel-Calden, del Nürburgring e la 1a Coppa Autodromo Casale. Successivamente, la stessa vettura, affidata a Leo Kinnunen, riporta una schiacciante vittoria sul tracciato di Hockenheim. La 917/30.001 e Herbert Müller risultano i vincitori del campionato Interserie, anche se il pilota elvetico ha partecipato soltanto a tre delle sei gare previste dal campionato. E’ l’ultimo campionato a cui la Porsche 917 Gr. 7 prende parte in forma ufficiale poi, proprio quando è all’apice del successo, la Casa di Stoccarda la accantona così come aveva fatto tempo prima per la Coupè impegnata nel campionato Mondiale Marche.
Nel corso della stessa stagione sportiva, sul fronte nord americano, riappare in pista la 917/30.003 del Team Penske. Condotta da Brian Redamn, la vettura prende parte alla ‘Buckeye Cup CanAm’, gara che si svolge l’11 agosto 1974 sul tracciato di Lexington/Mid-Ohio. In questa occasione, la 917/30.003 parte dalla pole-position e conduce la gara per 27 dei 47 giri previsti poi, vittima di un testa e coda, è costretta ad abbandonare il comando della gara e termina la competizione alle spalle della Shadow DN-4 Chevrolet di George Follmer.
L’anno successivo, e più precisamente l’19 agosto 1975, prima di essere spedita al museo Porsche di Zuffenahusen, la seconda vettura del team Penske, la Porsche 917/30.002, viene dotata di una nuova livrea rossa con fregi bianchi. Sponsorizzata dalla Cam2 Motor Oil, riesce a compiere un’ultima prodezza ottenendo il record mondiale di velocità in circuito alla media di 355,78 km/orari. Record ottenuto sul circuito di Talladega.
In questa occasione, a vettura è spinta dal propulsore Tipo 912/52 dotato di due scambiatori di calore e consente a Mark Donohue di ottenere una prestazione che verrà battuta solo sei anni più tardi. E’ l’ultimo successo personale di Mark Donohue prima della scomparsa dovuta a un’emorragia celebrale, avvenuta a seguito di un violento colpo alla testa riportato durante un tragico incidente alla guida di una Penske di F1 sul circuito austriaco di Zeltweg.
Nello stesso anno, la 917/10.017 dotata di propulsore turbocompresso, e la 917/10.016 spinta da un propulsore aspirato, partecipano al Campionato Interserie condotte rispettivamente da Tim Schenken ed Ernest Kraus. Le due vetture ottengono ancora ottimi risultati. In particolare la 917/10.017 consente a Tim Schenken di conquistare il gradino più alto del podio in occasione delle uniche tre gare cui prende parte: Zandvoort, Nürburgring e Hockenheim.
Sono le ultime apparizioni in gara delle favolose ‘panzerwagen’ realizzate dalla Casa di Stoccarda, una serie di vetture dotate di straordinarie caratteristiche tecniche e capaci di prestazioni da cardiopalma che le hanno consentito la conquista di una lunga lista di vittorie. Ossia dati e caratteristiche per cui le 917 Gruppo 7 entrano nell’olimpo della storia dell’automobilismo sportivo, e che ce le fanno ricordare tra le migliori vetture da competizione mai realizzate.
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da Uitko » 28/11/2006, 21:21

davvero un signor articolo, complimenti!
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