Ford-Cosworth V8 DFV

Aneddoti, immagini, informazioni inerenti le vecchie stagioni

da sundance76 » 06/07/2007, 21:06

Con un mese di ritardo, voglio ricordare i quarant'anni trascorsi dall'eccezionale debutto vittorioso del motore Ford-Cosworth V8 Double Four Valves.
Un motore che cambiò il volto della F1, segnando l'inizio del periodo moderno dei GP ma lasciando spazio all'estro e alla fantasia progettuale di decine di piccoli team che negli anni si avvalsero di questo longevo motore, abbastanza affidabile e poco costoso, ma molto potente. Solo il turbo uccise il Cosworth, ma solo in F1: infatti il V8 in versione turbo continuò a vincere in F. Indy (e alla 500 miglia) fino agli anni '90.

Nel '66 i Gran Premi erano in pericolo, debuttava il nuovo regolamento da 3000 cc e la Coventry-Climax, fabbrica di motori che equipaggiava la maggior parte dei team, annunciò il suo ritiro mettendo nei guai tante squadre. Restavano i motori Ferrari (che non li cedeva a nessuno) e i BRM, oltre al sorprendente Repco della Brabham. Chapman andò a bussare alla porta di Walter Hayes alla Ford, infatti Chapman aveva già un solido rapporto con la Ford dovuto alla proficua collaborazione che aveva dato a Clark la vittoria a Indianapolis nel '65 con una Lotus-Ford.

La Ford calcolò che costruire in proprio il motore sarebbe costato troppo, e allora decise di commissionare la realizzazione alla piccola fabbrica dei due specialisti COStin e DuckWORTH ( da cui il nome Cosworth ). Duckworth si impegnò tanto che la sua vista ne risentì. Il prezzo complessivo fu di sole 100'000 sterline.

Il motore debuttò al GP d'Olanda 1967, 2-3-4 giugno 1967 ( Al precedente GP di  Monaco morì Bandini ). Graham Hill, che ha svolto la maggior parte dei collaudi, fa subito la pole-position. Clark, che ha la residenza francese per motivi fiscali, può soggiornare in Gran Bretagna solo pochi giorni all'anno e non ha seguito i collaudi. In prova non si sente a suo agio, il motore è scorbutico ma potente, e alcune parti del retrotreno risultano aver subìto delle crepe. In gara Hill si ritira, Clark sbuca dal gruppo e va a vincere. Un debutto incredibile. Son già passati 40 anni.

Se non vi annoia, posso continuare a raccontare aneddoti su questo mitico propulsore, legato a tanti avvenimenti del nostro sport preferito.
Ultima modifica di sundance76 il 06/11/2010, 18:04, modificato 1 volta in totale.
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da Powerslide » 06/07/2007, 23:54

Sundance, figurati se mi puoi annoiare! E sono certo che anche la maggior parte degli altri frequentatori sia interessato.

All'inizio questo straordinario motore, che ha veramente fatto la storia della F1, soffriva di rotture alla distribuzione. La cascata d'ingranaggi, ovviamente in acciaio, risentiva delle vibrazioni dell'architettura 8V 90° con albero motore piatto (insomma la stessa architettura delle F1 di oggi). D'altra parte un differente posizionamento dell'imbiellaggio, come ad esempio sul BRM da 1.5 litri, avrebbe comportato un disegno degli scarichi troppo complicato ed ingombrante. Con un colpo di genio i due progettisti sostituirono gli ingranaggi in acciaio con altri in ..... plastica (teflon caricato)! Le vibrazioni vennero assorbite e il DFV divenne un'arma letale per la concorrenza.

Dopo il primo contatto con la Lotus Coswoth, venne chiesto a Graham Hill cosa l'avesse più colpito. La risposta di questo ineffabile personaggio fu tipicamente inglese: "Ora i rettilinei sembrano più corti". :D :D
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da groovestar » 07/07/2007, 14:39

C'è da ricordarsi come inoltre l'8 cilindri riuscì a sopravvivere nella sua evoluzione HB/EB anche alla fine dell'era turbo,raggiungendo per altro picchi di rilievo con le vittorie di Senna nel 93 ed il mondiale 94,poi quello stesso motore divenne la salvezza di moltissimi team minori fino alla messa al bando degli 8 cilindri

Storia incredibile quella di questo propulsore che può trovare un suo "rivale" nel mitico v10 renault che si accaparrò i mondiali dal 92 al 97
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da facinoroso » 10/07/2007, 16:50

Culturalmente molto interessante e appassionante e ti ringrazio di cio'.
Niente da aggiungere in quanto sono un "alunno" in questo campo rispetto a te.

Solo una personale malizia:da notare come prima Enzo ferrari vedeva di mal occhio indirettamente la ford (chiamando dispregiativamente "garagisti" le scuderie che impiegavano il cosworth),e poi,in crisi di budget,tento' di essere "risucchiata" da essa x continuare a vivere.
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da Mclaren7C » 08/11/2007, 10:22

Stewart: "Improbabile un ritorno della Cosworth"

Secondo Sir Jackie Stewart e' piuttosto improbabile un ritorno della Cosworth in F1. Lo scozzese, che ha vinto i suoi tre titoli con vetture spinte dal famoso motore DFV della Cosworth, ha dichiarato che gran parte dei tecnici di rilievo della compagnia del Northamptonshire si sono trasferiti altrove dopo il ritiro dalla massima formula a fine 2006.

"Le compagnie vanno e vengono, e' vero" ha dichiarato Stewart. "Ma e' un peccato che la Cosworth, che ha dato un grande contributo, non sia potuta restare in F1" ha aggiunto ai microfoni dell'Evening Telegraph.

"Per loro non sarebbe impossibile un ritorno ma la maggior parte dei tecnici di rilievo e' andata altrove. Ero un grande, grande fan della Cosworth. Ho vinto 25 dei miei 27 Gran Premi con un motore Cosworth. Grandi persone, grande azienda".

www.f1grandprix.it
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da Powerslide » 08/11/2007, 10:31

Posso sognare, tanto non costa nulla?

Mi piacerebbe tanto vederlo montato su un telaio Lotus.

Nostalgia canaglia :wink: .
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da sundance76 » 17/11/2007, 10:55

Il Cosworth all'inizio della stagione 2006 era il più potente in circolazione, potete pure non crederci, ma è vero, con circa 760 cavalli. Con il blocco di rotazione a 19'000 giri di quest'anno, sarebbe stata una garanzia di affidabilità, perdendo solo 5-10 CV di potenza, come dire ben 750 cavalli.

Per pure ragione politiche è stata costretta a uscire dalla F1 dei Grandi Costruttori, ma il loro ultimo motore era davvero un gioiello, e dovete calcolare che la fornitura costava solo 18-20 milioni di dollari, quando in media rivolgersi a una Casa vuol dire tirar fuori almeno 30 milioni di dollari. Per non parlare del costo di progettazione ex-novo che a una Grande Casa può costare dai 100 ai 200 milioni di dollari..

Mark Webber in Brasile 2006 disse:"Quello che la Cosworth ha ottenuto quest'anno col suo budget è semplicemente imbarazzante per tutti gli altri Costruttori. La factory non ha tutta la credibilità che si merita. Sono loro i veri eroi nascosti e scomodi di questo 2006".
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da Niki » 18/11/2007, 10:21

A me su una Brabham 8)
Brabham-Ford, Tyrrell-Ford, March-Ford, Lotus-Ford, ecc. ecc.
:roll:
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da sundance76 » 20/01/2012, 12:03

Potremmo unire questa vecchia discussione a quella introdotta da Baldi con l'articolo che ha trovato..
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da Greyeyes 1989 » 20/01/2012, 14:36

La Cosworth è una grandissima azienda a livello tecnico noi che abbiamo memoria corta dovremmo ringraziarli per le vittorie della 155 nel DTM ad inizio anni '90 :-) testate e condotti di aspirazione del mitico V6 erano da loro progettate
" Se vuoi evitare di avere incidenti basta che vai più veloce degli altri " Nonno dixit
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da Baldi » 20/01/2012, 15:07

[quote="sundance76"]
Potremmo unire questa vecchia discussione a quella introdotta da Baldi con l'articolo che ha trovato..
[/quote]

Sarebbe interessante e anche più giusto.

Vediamo come fare per lasciare cmq il modo di avere le scansioni rintracciabili anche dall'indice di tutti gli articoli scansionati.

Nel frattempo ci si puo' andare dalla sezione Stampa, Biblio/Video-grafia

http://www.gpx.it/smf/http://www.gpx.it/forum/viewtopic.php?t=5
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da The King of Spa » 20/02/2013, 16:02

Cosworth DFV: nasce la Formula 1 moderna

20 febbraio 2013 – Oggi il motore in Formula 1 è stato derubricato a necessario accessorio e gli obiettivi di progetto, anche a causa di un regolamento che ne ha di fatto bloccato lo sviluppo, fanno riferimento essenzialmente all’ottenimento di vantaggi aerodinamici.

Ma c’è stato un tempo nel quale era l’inventiva del motorista a fare la differenza. La storia del motore Cosworth, il più longevo della Formula 1, in pista ininterrottamente dal 1967 ai primi anni 80, lo dimostra.

Il comando della distribuzione ha la forma di una “Y”. Proprio al centro della “Y”, dove  si divaricano le bancate dell’otto cilindri a V, c’è un ingranaggio che cede con sconcertante ripetitività. Si cambia il materiale di costruzione, il disegno, la dentatura, senza esiti apprezzabili.

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L’avventura di Mike Costin e Keith Dukworth rischia di concludersi proprio all’indomani dell’incredibile successo ottenuto dal loro motore tre litri che, montato sulla Lotus 49, è riuscito nell’incredibile impresa di affermarsi nella gara del debutto: il Gran Premio di Olanda del 1967. Solo Mercedes, con la W 196, era riuscita a fare altrettanto, ma ora c’è quel maledetto ingranaggio a rovinare la festa. Eppure nulla, durante la fase di sviluppo, era andato storto. La motivazione di Colin Chapman, alla ricerca di un propulsore in grado di contrastare la Ferrari nel campo dei tre litri, aveva convinto una riluttante Ford, impegnata soprattutto nelle gare di durata, a gettarsi nell’impresa e a fidarsi di due ex ingegneri della Lotus che avevano dato buona prova in Formula 3 e Formula 2. Successi a ripetizione, partendo da meccaniche di serie della Ford dotate di nuove testate. Poi era arrivata la Honda. I suoi 1000 bialbero con manovellismo montato su cuscinetti a rulli installati sulla Brabham, non avevano avuto rivali e il Cosworth SCA, dotato di una testa con un solo albero a camme in testa e camera di scoppio a tetto, aveva dovuto alzare bandiera bianca.

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Convincere il costruttore americano, a quel punto, non fu un’operazione facile e, una volta ottenuto il consenso, bisognava fare i conti con finanziamenti (che oggi farebbero sorridere). Circa 300.000 dollari, sia pure rapportati al 1966, non rappresentano certo una gran cifra. Per di più nel budget concesso da Ford era compresa anche la progettazione di un motore per la nuova Formula 2, anch’essa soggetta ad un cambiamento regolamentare che prevedeva un aumento della cilindrata da 1 a 1.6 litri,  da costruire in cinque esemplari. È curioso che siano state considerazioni di carattere economico a definire i parametri di progettazione del motore destinato a traghettare la Formula 1 in una nuova epoca. La ristrettezza dei finanziamenti concessi, infatti, era stata aggirata ricorrendo a una integrazione progettuale per la quale il motore di Formula 2, un quattro cilindri in linea di 1.6 litri, sarebbe diventato una delle due bancate dell’otto cilindri tre litri destinato alla Formula 1. E non tutto il male viene per nuocere.

La ristrettezza dei finanziamenti fu utile per arginare fughe in avanti che avrebbero potuto rivelarsi davvero pericolose. In particolare la predilezione di Costin per la testa Apfelbeck che prevede una camera di scoppio emisferica nella quale si affacciano quattro valvole secondo una disposizione radiale. Attraente sulla carta ma ricca di controindicazioni pratiche mai davvero risolte. Ci voleva comunque coraggio e anche un po’ di incoscienza per lanciarsi in una impresa così rischiosa.

Alla Cosworth avevano dato prova di grandi capacità, ma si trattava pur sempre di modificare motori di grande serie. Ora occorreva progettare un motore di Formula 1 partendo da un foglio bianco per far fronte a rivali che si chiamano Ferrari, Westlake, Repco, BRM e Honda. Se è vero che la fortuna premia gli audaci, nel caso della Cosworth c’è il fondato sospetto di una conpartecipazione agli utili delle parti.

L’unione di due motori di Formula 1, FVA, aveva dato luogo al DFV con risultati a dir poco clamorosi. Oltre 400 cavalli di potenza massima ottenuti a un regime di rotazione, relativamente contenuto, di 9000 g/1’ e con una coppia massima di circa 35 Kgm a soli 6500 g/1’; un campo di utilizzazione fuori dalla portata dei più potenti dodici cilindri della concorrenza. Ma non sono i numeri, o almeno non soltanto i numeri, a definire il nuovo propulsore.

Forse per la prima volta i motoristi hanno inserito tra gli obiettivi del progetto oltre al valore della potenza massima che, fino ad allora, aveva dominato incontrastato, altri parametri: peso e ingombri in primo luogo, ma anche caratteristiche strutturali in grado di trasformare il motore in un elemento portante al quale collegare l’intera sospensione posteriore.

Con il Cosworth DFV nasce la Formula 1 moderna, nella quale la prestazione non deriva dall’eccellenza di una componente rispetto alle altre ma, piuttosto, dalla loro perfetta integrazione. Scelte che fino ad allora erano asservite a obiettivi puramente funzionali vengono a patti con i problemi di installazione in vettura. L’angolo delle valvole ad esempio, che nel motore di Formula 2 era di 40°, è ridotto a 32°, non per migliorare il riempimento del motore ma per limitarne la larghezza, che non doveva eccedere l’ingombro del posteriore della prima guida della Lotus, Jim Clark, contenuto in soli 32 centimetri!

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Per il resto, salvo modifiche marginali, il DFV rispecchiava in pieno lo FVA di Formula 2. A cominciare dalle misure di alesaggio per corsa che lo iscrivono di diritto nel club dei “superquadri” con valori di 85.72 x 64.8, una corsa limitata necessaria per contenere la velocità media del pistone all’interno dei 22 m/s. Anche se per Dukworth l’unica grandezza davvero rappresentativa dello sforo al quale è sottoposto il motore è quella relativa all’accelerazione del pistone. Non per nulla il progettista inglese ricorre a una biella di inusitata lunghezza per limitarne il valore. Ma se per la testa l’esperienza non mancava e la soluzione delle quattro valvole per cilindro con camera di scoppio a tetto e candela di accensione al centro, era ormai consolidata, per il basamento e il corpo cilindri il discorso era diverso. In Formula 3 e in Formula 2 si è lavorato essenzialmente sulla testa del motore conservando la “parte bassa” di serie. Ora occorreva progettare l’intero complesso tendendo conto del desiderio di Colin Chapman, patron della Lotus e partner dell’operazione, di disporre di un motore portante.

La soluzione individuata è quella di un basamento nel quale i cinque semicuscinetti di banco sono integrati in una struttura comune che assicura i necessari valori di rigidità. La compattezza è ottenuta trasferendo all’esterno del blocco tutti gli accessori: dalle pompe dell’olio a quelle dell’acqua. L’integrazione degli accessori è alla base anche del contenimento del peso: 160 kg sono davvero pochi se confrontati  con i 177 del 12 cilindri Westlake, i 215 dell’analogo motore Honda e i 236 del 16 cilindri ad H della BRM.

Certo il Repco della Brabham, derivato da un propulsore di serie Buick, rimane ancora lontano e straordinariamente attuale, con i suo 136 kg ma occorre considerare che la sua potenza specifica di circa 90 cv per litro è molto lontana dai 136 cv per litro del Cosworth. E poi c’è il problema del comando della distribuzione. Quattro alberi a camme in testa che devono prendere il moto dall’albero motore, come abbiamo ricordato all’inizio, una cascata di ingranaggi secondo uno schema ad “Y”, una soluzione tutt’altro che rivoluzionaria, al contrario addirittura convenzionale, e adottata dalla maggioranza dei concorrenti. Ma sul DFW non funziona, l’ingranaggio centrale salta e il motore si ferma. Non si tratta di un effetto della malasorte ma, piuttosto, di una scelta progettuale che, come spesso avviene in campo motoristico, non riguarda direttamente il particolare interessato.

Il frazionamento della cilindrata e la disposizione dei cilindri erano stati parametri ineludibili a causa degli obiettivi di compatibilità con la monoposto, la Lotus “49” che era destinata ad accoglierlo. Rimane però un ultimo grado di libertà per il progettista, rischioso, come vedremo in seguito, che riguarda la definizione dell’albero motore.

Un otto cilindri a V di 90° richiede, per ottenere scoppi regolarmente distribuiti,  angoli di manovella sfalsati di  90°. In questo modo si minimizzano le vibrazioni che si originano durante il funzionamento. Ma per un corretto flusso dei gas di scarico che, per ottenere rendimenti volumetrici elevati, deve avere carattere di continuità, occorre prevedere una connessione tra le tubazioni delle due bancate. Il motore 8 cilindri con manovelle a 90° realizzato dalla Coventry Climax per la Formula 1 1500 è un esempio di questa soluzione denunciata con l’intrico degli scarichi. Una complicazione a livello di installazione che Colin Chapman non è disponibile a sopportare.

L’altra strada, quella scelta da Costin e Dukworth, è quella di ricorre da un albero “piatto” con manovelle allineate che “scompone”, almeno dal punto di vista delle caratteristiche fluidodinamiche, l’otto cilindri in due quattro cilindri “indipendenti”. In questo modo gli scarichi delle due bancate possono essere trattati in maniera indipendente ma la semplificazione dal punto di vista dell’installazione si paga in termini di vibrazioni e di irregolarità di funzionamento che si traduce in fluttuazioni della coppia motrice. E sono queste fluttuazioni che, concentrandosi sull’ingranaggio al centro della “Y” del comando di distribuzione ne provocavano la rottura. Analisi al banco avevano rivelato che il particolare in oggetto era interessato da coppie che superavano del doppio quella fornita dal motore!

Una volta individuato il rapporto tra causa ed effetto, il rimedio fu facilmente trovato calettando l’ingranaggio su un alberino costituito da una barra di torsione in grado di ammortizzare le forze in campo. A questo punto nulla può più fermare il dominio di un motore destinato a diventare il dominatore incontrastato della Formula 1 moderna.
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