Ferrari F92A: il disastro del “caccia” con le ruote

Aneddoti, immagini, informazioni inerenti le vecchie stagioni

da The King of Spa » 13/01/2013, 19:41

9 gennaio 2013 – Facendo sempre un passo indietro per creare una valida premessa, occorre ritornare con la mente agli avvenimenti della stagione di F1 1991, quando la Ferrari approntò ben due diverse monoposto per risalire la china di una crisi tecnica in atto che sembrava senza vie d’uscita, nonostante i potenti mezzi tecnici a disposizione della Scuderia di Maranello.

Inizialmente la deludente 642, nata da una costola dell’ottima 641/2 che sfiorò l’iride con Prost nel 90, si mostro fin da subito una vettura lenta, pesante ed obsoleta, dove nemmeno il poderoso 12 cilindri del Cavallino riusciva a mettere a terra la sua mostruosa potenza. Per ovviare a questo primo errore di impostazione gli ingegneri della Ferrari vararono nell’estate del 1991, la 643. A conti fatti questa monoposto risultava essere una profonda evoluzione della precedente, grazie all’innalzamento della sezione inferiore del muso, oltre che alla reimpostazione del disegno delle fiancate per migliorare l’aerodinamica.

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Purtroppo nemmeno la 643 andò come lo staff tecnico del Cavallino sperava, anche se era in preventivo che, una macchina rabberciata in corsa avrebbe potuto costituire un esperimento dall’esito improbabile. Le “vittime” mietute dalla 643 furono illustri, in quanto il fallimento delineatosi nella stagione 91, portò all’anticipato allontanamento di Fiorio allora DS al muretto e di Prost che, alla vigilia del Gp del Giappone non esitò a definire la Rossa simile ad un “camion”. Troppo per le orecchie della dirigenza Ferrari, che esautorò il francese anzitempo, promuovendo al suo posto il collaudatore Morbidelli. Per il 1992 si scelse quindi di fare tabula rasa in termini progettuali, mettendo in cantiere una monoposto completamente nuova che avrebbe dovuto costituire uno stacco netto con il recente passato. Una scelta rischiosa quanto incerta, poiché le probabilità di successo non erano garantite, anche se in quel momento il gioco valeva la candela.

A disegnare la vettura venne chiamato l’ingegnere aeronautico francese Jean Claude Migeot, il quale lavorava nel Circus della F1 già ai tempi delle Renault Turbo e paradossalmente si può dire sia stato il primo a pensare di utilizzare i gas di scarico con funzione aerodinamica. Dalla sua penna insieme a quella di Harvey Postlethwaite, uscì anche la prima monoposto con il muso alto della storia, la famosa Tyrrell 019 ad ala di gabbiano, che consentì ad Alesi di ben figurare nella stagione 1990. Al fianco del tecnico transalpino come responsabile del comparto autotelaio, operava già da qualche anno alla Ferrari l’ingegnere americano ex McLaren Steve Nichols, il quale curava l’aspetto globale del progetto.

C’erano quindi tutti gli ingredienti per cui finalmente dalle officine di Maranello, potesse uscire una macchina diversa e caratterizzata da concetti innovativi senza precedenti. Una volontà espressa in primis dalla dirigenza tecnica e dal neo Presidente Luca Cordero di Montezemolo. Lasciarsi alle spalle l’era Barnard era un obbiettivo fondamentale quanto difficile, così nell’autunno del 1991 Migeot, definisce e delibera le linee della nuova F92A, la macchina della svolta. La vettura viene annunciata come, innovativa ed estrema. Parole che a sentirle ancora oggi fanno decisamente paura…

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Presentata nel mese di gennaio 92 nella consueta cornice di Fiorano, la F92A è davvero diversa dalle Ferrari che l’avevano preceduta. Innanzitutto il telaio finalmente non ha più la carrozzeria staccabile dal corpo vettura, ma come le più moderne auto inglesi possiede una monoscocca in cui la pelle del telaio costituisce un tutt’uno con la struttura esterna. A dire il vero, anche la McLaren si si adeguò proprio quell’anno alla medesima filosofia costruttiva con la sua Mp4/7 motorizzata Honda, ma erano altri aspetti a rendere innovativa la F92A.

Il primo, il musetto alto e non solo arcuato o a formichiere come quello della vecchia 643 era collegato all’ala anteriore mediante due piccoli piloncini di sostegno, mentre lati interni delle ruote spuntavano dei voluminosi convogliatori, atti a mantenere pulito il flusso d’aria destinato alla parte inferiore della monoposto. In secondo luogo l’aspetto delle fiancate che, nella loro complessità offrivano due importanti novità tecniche. La più rilevante era costituita dalla presenza del doppio fondo ricavato dal particolare disegno della zona inferiore delle pance, dalle quali era sostanzialmente originato. Quest’area essendo profondamente scavata, dava luogo ad un vero e proprio canale alto 15 cm, che separava il pavimento del fondo scocca dall’area dove erano incassati i radiatori. Anche le prese d’aria poste all’ingresso dei pontoni laterali, erano caratterizzate da una particolare forma d’ingresso ogivale e a loro volta staccate dal corpo centrale della scocca stessa.

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Migeot che è a tutti gli effetti un ingegnere aeronautico, aveva pensato la sua prima Ferrari con linee che ricordavano da vicino quelle di un moderno aereo da guerra. Per tale motivo, la stampa specializzata prese successivamente a definire la monoposto di Maranello con il nomignolo di “caccia”. L’innovativo aspetto telaistico doveva costituire il punto di forza di questa vettura, ma purtroppo né decretò implicitamente il fallimento. Per far fronte alle nuove esigenze, venne ridisegnato il gruppo motopropulsore, con l’adozione di una trasmissione longitudinale semiautomatica a sei rapporti più retromarcia. Restava praticamente inalterato il propulsore, che però accoglieva alcune novità interne alla meccanica.

Il 12 cilindri di Maranello, possedeva allora un angolo di apertura tra le bancate di 65 gradi, una distribuzione a 5 valvole per cilindro, sempre comandate con due alberi a camme in testa (per bancata) e il richiamo a molla tradizionale. Questo schema venne mantenuto in essere in luogo di quello pneumatico in stile Renault, grazie quale si sarebbe potuto guadagnare in termini di potenza massima, incrementando il regime di rotazione. Il richiamo a molla infatti, oltre un certo regime di giri diventa inefficace perché non riesce più a garantire il contatto con la camma, pertanto la valvola si chiude in ritardo. Inoltre nonostante il propulsore avesse perso 35 cavalli di potenza rispetto all’unità precedente, l’affidabilità dello stesso peggiorò poiché con una fascia raschia olio in meno, soffriva di problemi di trafilamento dei gas ad alta pressione, i quali finivano nel basamento causando continue rotture. Per la cronaca al secondo GP stagionale, la Ferrari tornò al motore dell’anno precedente ritenuto più affidabile.

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A dispetto di queste problematiche legate all’affidabilità che potevano essere contemplate su un modello completamente nuovo e tutto da scoprire, fu nel trasferimento dei dati dalla galleria del vento alla realtà della pista, che la F92A soffrì fatalmente sotto il profilo dell’efficienza aerodinamica. Gli studi compiuti da Migeot in maniera virtuale con l’ausilio del wind tunnel non trovavano conforto nel responso della pista, con il doppio fondo che spesso rendeva improvvisamente ingovernabile la monoposto. La minima variazione della distanza da terra risultava negativa per le prestazioni, tanto che se si viaggiava su piste ondulate in cui si doveva irrimediabilmente alzare il corpo vettura ed irrigidire le sospensioni, la F92A non aveva aderenza e mancava di velocità sul dritto. Un brutto colpo per Migeot, che aveva basato l’intera natura del progetto sul principio dello sdoppiamento della parte inferiore, proprio per recuperare carico aerodinamico senza l’ausilio di sistemi elettronici quali le sospensioni attive.

I piloti scelti per guidare l’innovativa creatura del Cavallino erano il riconfermato Jean Alesi, alla sua seconda stagione in rosso e il neo acquisto Ivan Capelli, che prendeva il posto del dimissionario Prost. Il milanese proveniente dalla Leyton House era chiamato a rinverdire i fasti della pattuglia tricolore, con il gravoso compito di essere il primo italiano dopo Alboreto a sedersi nell’abitacolo più prestigioso del Circus iridato. Le prove invernali non sortirono niente di buono, i tempi non saltavano fuori, ma alla Ferrari predicavano attesa, vista la gioventù del progetto ritenuto ancora acerbo nella messa a punto.

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Le prime gare rivelarono loro malgrado tutta l’inadeguatezza della F92A, che palesò in maniera innegabile tutti i difetti di cui era costellata. Poco reattiva e maneggevole, mancava di carico aerodinamico e si rompeva spesso per già citati problemi al motore. Pochi i piazzamenti a punti nella prima metà della stagione, con Alesi che da gran combattente qual’era, riuscì addirittura a salire sul terzo gradino del podio in Spagna ed in Canada. A Capelli andò decisamente peggio, dato che il risultato migliore per il nostro portacolori, fu solo un modesto (per una Ferrari) quinto posto a Interlagos. In occasione dei test svolti nel mese di Agosto sul circuito di Monza, venne introdotta una profonda evoluzione della vettura denominata F92AT, dove la T stava come in passato ad indicare la trasmissione trasversale più leggera e compatta.

Ma non era unicamente la trasmissione a cambiare il volto della Rossa, dato che per renderla più guidabile vennero introdotte delle migliorie a livello aerodinamico, come un’inedita sospensione anteriore in luogo di quella ereditata dalla vecchia 643 e semplicemente adattata al nuovo modello. Per aumentare la rigidità torsionale del corpo vettura, furono rivisti anche gli attacchi del motore alla scocca. Inoltre verso fine anno, si proverà anche ad eliminare sigillandolo con un diverso pavimento, il famigerato doppio fondo che tanto fece penare i piloti in pista e gli uomini ai box. La F92AT debuttò a Spa per il GP del Belgio, ma entrambi i piloti si ritirarono tanto che anche questo ulteriore “upgrade” non fece ben sperare per le gare successive.

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Il Mondiale 1992 si concluse con la vittoria della Williams e di Nigel Mansell che diventò finalmente iridato a 39 anni suonati, grazie anche ad una monoposto stratosferica qual’era la FW14B dotata di sospensioni attive. La Ferrari dal canto suo, portò a casa solo 21 punti nel Costruttori, perlopiù propiziati dai tre terzi posti di Alesi, più qualche altro piazzamento ottenuto del francese. Per Ivan Capelli invece solo briciole, culminate con due miseri arrivi nei punti e tantissimi ritiri dovuti alla scarsa affidabilità della F92A. Purtroppo, questo aspetto contribuì in maniera determinante alla sostituzione del bravo pilota italiano, dopo una sola stagione passata alla corte del Cavallino. Nel complesso la F92A insieme alla disastrosa 312T5 del 1980 resta una delle peggiori Ferrari che abbiano mai calcato la scena degli autodromi, anche se i loro insuccessi sono da attribuirsi a cause diametralmente opposte l’una dall’altra. Troppo vecchia e obsoleta la T5, troppo innovativa e inadeguata la F92A, anche se alla fine il destino comune per entrambe è stato praticamene identico.

Scheda Tecnica Ferrari F92A 1992

Motore
Ferrari E1 A-92, posteriore centrale longitudinale
12 cilindri a V di 65°
alesaggio 88 mm
corsa 47,9 mm
cilindrata totale 3497 cc
distribuzione bialbero a camme in testa per fila di cilindri
60 valvole
5 valvole per cilindro, 3 di aspirazione, 2 di scarico
rapporto di compressione 13:1
iniezione elettronica indiretta Weber Marelli
accensione singola elettronica statica Marelli
raffreddato ad acqua
lubrificazione a carter secco
potenza massima 700 CV a 14700 giri/minuto

Trasmissione
trazione posteriore
frizione tridisco in carbonio
cambio semiautomatico elettroattuato, in blocco col motore, a 6 marce+retromarcia

Autotelaio
monoscocca in materiali compositi
sospensione anteriore a ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molleggio a puntone o “push-rod”
sospensione posteriore a ruote indipendenti, quadrilateri deformabili, molleggio a puntone o “push-rod”
4 freni a disco Brembo in carbonio
sterzo a cremagliera
serbatoio carburante 225 litri
pneumatici anteriori Good Year 25.10-13″
pneumatici posteriori Good Year 26.15-13″

Dimensioni e peso
carreggiata anteriore 1810 mm
carreggiata posteriore 1678 mm

Prestazioni
velocità massima 320 km/h
rapporto peso/potenza 0,7 kg/CV

http://www.f1passion.it/2013/01/f1-ferrari-f92a-il-disastro-del-caccia-con-le-ruote/
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da gilles67 » 13/01/2013, 20:13

forse è da vedere  sullo sviluppo della monoposto quanto influì la "politica" interna alla Ferrari, che nell'era pre.Todt  sappiamo tutti come funzionasse, il reale  coinvolgimento e voglia di lavorare di gente come Nichols, che a detta di molti non era molto in "vena" visto che aveva problemi familiari importanti con la moglie che non stava bene, insomma forse mancava  molto anche la Struttura attorno alla vettura, non mi risulta che Alesi sia mai stato un grande Uomo squadra nè un collaudatore come forse servisse, e Capelli, bravo pilota, secondo me ha risentito  da subito il clima che si respirava e non era corrazzato caratterialmente per reagire da par suo....era una bella monoposto comunque, almeno affascinante e diversa, ma una incompiuta forse per cause non del tutto sue, forse con il Newey che tutti conosciamo chissà che da inizio anno alla fine del mondiale  la vettura non potesse trasformarsi dal "brutto anatroccolo" in fatto si prestazioni ad un magnifico cigno...ma col senno del poi non lo sapremo mai, ed è un discorso che si potrebbe allargare a moltissime vetture questo....
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da RoccoL » 13/01/2013, 20:55

....era una gran bella monoposto....troppo avanti per le teste di Maranello.
...e se dico che è bella,proprio io che odio la Ferrari!?!?.
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da groovestar » 14/01/2013, 0:25

Il progetto era interessante, ma troppo avanti coi tempi. Solo 2 anni fa ha portato qualche risultato alla ToroRosso, ma anche li solo le briciole rispetto agli altri.
Certamente senza una guida vera e presente era impossibile ottenere di più e forse anche il bravo Adrian avrebbe predicato nel deserto.

Cmq preferivo la 643, che secondo me avrebbe potuto ottenere molto di più come vettura, se adeguatamente seguita
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da bschenker » 14/01/2013, 9:20

Magari mi spaglia, pero penso che Capelli, visto il suo precedente inglese, veniva troppo poco ascoltato.
Mentre Alessi riusciva fare risultato anche con una vettura non a posto, forse perche il sviluppo non era sua forza da sempre riusciva adattarsi a  quello che dava la vettura.
Capelli in contrario serviva una vettura a posto e secondo me li era il suo problema pero era anche causa perche in Ferrari erroneamente, perche Ivan poteva sviluppare la vettura, si seguiva invece Jean. Cosi Ferrari non risolveva i problemi di quella vettura.

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da ivan2 » 14/01/2013, 9:24

Ciao a tutti,
Di sicuro la F92A fu una bella macchina, ma non sono d'accordo con RoccoL e Groovestar  :blushing: quando dicono che il progetto era troppo avanti. Secondo me, era solo un progetto sbagliato, dove si sono estremizzati concetti aerodinamici e principi fisici che sulla carta avrebbero potuto dare buoni risultati ma nella pratica non è stato così. Lotus 80 e Arrows A2 docet.
Se posso dire, un progetto davvero "troppo avanti" è stata (sempre secondo me) la Brabham BT55 del 1986 progettata da Gordon Murrey. Quella vettura si "trasformò" due anni dopo (al netto del motore Honda) nella McLaren MP4/4. E sappiamo tutti cosa vinse.
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da RoccoL » 14/01/2013, 10:25

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Ciao a tutti,
Di sicuro la F92A fu una bella macchina, ma non sono d'accordo con RoccoL e Groovestar  :blushing: quando dicono che il progetto era troppo avanti. Secondo me, era solo un progetto sbagliato, dove si sono estremizzati concetti aerodinamici e principi fisici che sulla carta avrebbero potuto dare buoni risultati ma nella pratica non è stato così. Lotus 80 e Arrows A2 docet.
Se posso dire, un progetto davvero "troppo avanti" è stata (sempre secondo me) la Brabham BT55 del 1986 progettata da Gordon Murrey. Quella vettura si "trasformò" due anni dopo (al netto del motore Honda) nella McLaren MP4/4. E sappiamo tutti cosa vinse.
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Quella macchina a Maranello era un pugno in un occhio.....certo che Barnard deve aver sudato le proverbiali 7 camicie,per convincere gli ottusi di Maranello,quando sulla 639 propose il cambio al volante.
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