
La vettura per il 1975 si sarebbe chiamata 312T, dove la lettera T stava appunto per cambio trasversale. Un’altra rivoluzione concepita dal solito Forghieri che rientrato al timone della gestione sportiva, dopo l’allontanamento temporaneo del 73, si preparava a proporre l’ennesima innovazione meccanica legata ad un progetto Ferrari. Innanzitutto si decise di tornare all’antico per quanto riguardava il telaio che, al contrario della B3 assemblata dalla britannica Thompson, veniva invece costruita con una struttura in traliccio di tubi rivestita di pannelli di alluminio.
Una scelta dettata da vari motivi. Il primo sicuramente la maggiore economicità dei costi legati alla sua realizzazione, unito al fatto che le possibilità di modificarne alcune parti non ne richiedeva il rifacimento totale, ma solo adattamenti di sorta. In secondo luogo la rigidità torsionale, all’epoca non risultava compromessa, in quanto tra il telaio monoscocca di tipo “inglese” e quello tradizionale, non vi era praticamente differenza visti i materiali impiegati e le tecniche di costruttive.
Il propulsore restava il poderoso 12 cilindri piatto 015, che all’epoca risultava essere il più potente dell’intera F1. Per non lasciare nulla al caso, Forghieri, che realizzava praticamente da solo l’intero progetto, pensò di apportare delle migliorie per rendere più guidabile l’unità di Maranello. La decisione di accoppiare a questo motore un cambio trasversale, era dettata dall’esigenza di spostare il più possibile peso davanti all’asse delle ruote posteriori e di conseguenza verso il baricentro della vettura.

Gli aggiornamenti al propulsore erano più che altro votati al miglioramento nell’erogazione, assai brutale per caratteristica dei 12 cilindri di Maranello. La potenza sfiorava i 500 cv, con un regime di rotazione accreditato intorno ai 12.220, ma occorreva avere i cavalli più in basso laddove dove i Cosworth facevano la differenza, poiché raggiungevano la coppia ottimale a regimi meno elevati. Per riuscire in questo intento Forghieri, ridisegnò le testate favorendo in tal modo un aumento del rapporto di compressione che saliva così a 11:5,1. Venne anche monitorato il discorso affidabilità, per evitare le clamorose rotture che si evidenziarono nelle stagioni precedenti.
Il nuovo cambio trasversale era costruito in fusione di magnesio e oltre a migliorare la già citata distribuzione dei pesi, portava contestualmente ad una facilità di intervento in caso di manutenzione in tempi ristretti. Inoltre la nuova trasmissione includeva un differenziale autobloccante lamellare ed una frizione multidisco a secco di marca Borg & Beck. Il risultato finale, fu quello di ottenere un cambio più compatto dalle ottime funzionalità ed affidabile nell’utilizzo in gara.
Anche nel telaio furono promosse soluzioni migliorative per quanto riguardava lo schema sospensivo anteriore che, si avvaleva di un doppio triangolo con gli ammortizzatori inclinati e non più verticali incastonati nella centina del telaio come sulla B3/74. Inoltre sempre nei confronti della macchina dell’anno precedente il posto di guida risultava essere più avanzato, per poter ottemperare ad un miglior equilibrio dell’intero corpo vettura. Al retrotreno veniva riproposto uno schema che sovente si vedeva sulle monoposto anni 70, con le pinze e dischi entrobordo ai lati della trasmissione. Sempre per armonizzare il più possibile la distribuzione dei pesi venne ripartita la capacità dei serbatoi, divisa in tre comparti, i quali sommati tra di loro portavano la capienza complessiva a 200 litri totali.

Per la prima volta venne eseguito un’accurato studio dell’aerodinamica, grazie all’ausilio della galleria del vento della Fiat. Un’operazione che consentiva a Forghieri di trovare una maggiore interazione tra le componenti meccaniche e quelle della carrozzeria, come ad esempio la funzionalità delle prese dinamiche dei freni. Anche i radiatori subirono un drastico cambiamento, dato che vennero portati in posizione più avanzata dietro le ruote anteriori e non più inclinati alla fine delle fiancate. Questo espediente permetteva un miglior smaltimento del calore, per evitare pericolosi picchi di temperatura nei GP più caldi.
Anche altri organi interni come radiatori dell’olio motore e del cambio, vennero riposizionati nella zona posteriore con inclinazioni diverse, per sortire un beneficio aerodinamico nella parte bassa della monoposto, che come la sua antesignana manteneva la consueta forma a freccia. La particolare cura nella progettazione della carrozzeria lascia intendere quanto la 312T fosse la vettura della svolta rispetto al passato, pur senza rappresentare una vera rivoluzione in termini costruttivi, trasmissione a parte. La grossa presa dell’airscope che inglobava la struttura del roll bar, restava simile a quella della B3/74, anche se risultava più sinuosa nelle forme studiate appunto in galleria del vento.

Infine il muso anteriore, era di forma più stretta ed affilata sebbene conservasse la grossa ala anteriore montata sopra il bordo terminale, la quale andava a disegnare a sua volta un particolare profilo a freccia che riprendeva in parte quello dell’intera vettura. Queste caratteristiche dinamiche fecero in modo che la 312T risultasse a detta dei piloti una monoposto agile e molto guidabile in tutte le condizioni, grazie anche al suo passo relativamente corto che misurava soli 2518 mm. Il fornitore di pneumatici rimaneva l’americana Good Year che all’epoca deteneva praticamente il monopolio all’interno del circo della Formula 1, poiché la totalità dei team utilizzava di fatto le coperture statunitensi.
I risultati sul campo della 312T furono più che appaganti, poiché totalizzò ben nove vittorie assolute, dieci pole position tra il 1975 e il 1976, riportando a Maranello il Mondiale che mancava da ben undici anni alla scuderia italiana. Il suo utilizzo fu concentrato maggiormente all’annata 75, in cui Niki Lauda conquistò il suo primo titolo iridato, ma venne in seguito impiegata anche nelle prime tre gare della stagione 76 che coincisero tra l’altro, con tre successi assoluti prima che venisse sostituita dalla nuova 312T2. Sicuramente la 312T resta una vettura di enorme rilievo nella storia della Ferrari, se non una delle migliori in assoluto per la casa di Maranello, tant’è che la sua evoluzione (la T2) rivinse il Mondiale Costruttori nel 76 e anche nel 1977.
Ferrari 312T 1975 – Scheda tecnica
Telaio: monoscocca in traliccio di tubi rivestito di pannelli in alluminio
Lunghezza: 4143 mm.
Larghezza: 2030 mm.
Altezza: 1275 mm.
Interasse: 2518 mm.
Carreggiata anteriore: 1510 mm.
Carreggiata posteriore: 1530 mm.
Serbatoio: 200 litri
Sterzo: a cremagliera
Sospensioni anteriori: indipendenti con quadrilateri deformabili, molle e ammortizzatori entrobordo
Sospensioni posteriori: indipendenti con quadrilateri deformabili, molle e ammortizzatori entrobordo
Freni: anteriori a disco e posteriori a disco entrobordo
Motore: Ferrari tipo 015 12 cilindri a V di 180°
cilindrata: 2991 cm3
Distribuzione: bialbero a camme in testa 4 valvole per cilindro
Alimentazione: iniezione indiretta Lucas
Accensione: Magneti Marelli
Potenza: 495 Cv.
Frizione: multidisco Borg & Beck
Trasmissione: Ferrari trasversale a 5 marce + retromarcia
Peso: 575 kg.
Pneumatici: Good Year
Velocità: oltre 300 km/h.
http://www.f1passion.it/2013/01/f1-ferrari-312t-la-rivoluzione-trasversale-di-forghieri/