UNA CORSA CHE PASSA DA CASA

Beh, torniamo all'argomento.
La Mille Miglia viene da lontano.
In quegli anni c'è necessità di lanciare l'Italia al tavolo dei grandi, le corse automobilistiche sono ancora elitarie, anche come partecipazione di pubblico.
Si pensa a qualcosa che dia una svolta, una scossa, ad un movimento che non sembra decollare.
E l'idea arriva...


Una corsa che passa da casa /1

Per rendere popolare qualcosa è necessario farla conoscere.
Nei primi anni venti le auto sono misteriose per la quasi totalità del popolo italiano.
Nell'intero Mugello, per fare un esempio, un territorio comprendente diversi comuni e relativamente prossimo sia a Firenze che a Bologna, le auto si contano sulle dita di una mano.
Una è di proprietà di un certo Martini, possidente terriero che quando passa è solito gettare spiccioli ai ragazzi che gli fanno ala sulle strade polverose e che quando vedono la nuvola che ne annuncia il passaggio accorrono a frotte.
Nel resto d'Italia, paese ancora prevalentemente agricolo, eccezion fatta per le principali città la situazione è analoga.
Il regime spinge per la modernizzazione, le auto da corsa sono considerate un ottimo veicolo propagandistico, ma sono confinate su circuiti brevi, o nel caso della Targa Florio, periferici rispetto a Roma che Mussolini vuole centrale in ogni attività.
Logico quindi pensare ad un corsa che "passi dalle case degli italiani" e i primi a farlo seriamente, con i mezzi per realizzare le loro idee e gli appoggi giusti, sono quattro ragazzi di Brescia: Aymo Maggi, Franco Mazzotti, Carlo Castagneto e Luigi Canestrini.
La prima idea è una Brescia-Roma, che poi diventa Brescia-Roma-Brescia che salva capra e cavoli. (continua)
Il nome glielo danno per caso perchè coincide, miglio più miglio meno, con la lunghezza del percorso che attraversa davvero l'Italia centro-nordorientale.
Il regime sposa con "entusiasmo fascista" la proposta che dà dell'Italia un'immagine moderna ed efficiente non foss'altro a livello di rete viaria, capace di sopportare i bolidi da corsa.
(continua)

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Una corsa che passa da casa /2

La prima edizione, grazie alle molte porte che si spalancano grazie all'appoggio del Segretario del Fascio bresciano, S.E. Turati autentico appassionato delle corse, si svolge pochi mesi dopo.
Vincono Giuseppe Morandi e Fernando Minoja con una O.M. 665, una marca che diventerà famosa per i veicoli industriali, ma che all'epoca lo è soprattutto per le auto da corsa. La 665 si comporta bene anche a Le Mans e ha vinto diverse altre gare importanti, come il Circuito del Mugello.
Il modello stradale è stato ribattezzato "Superba" e con questo nome entra nella storia.
Non è tempo di comunicazione di massa, ma la notizia della "grande corsa" arriva ovunque e sulle strade la gente aspetta per ore il passaggio dei concorrenti.
Lo sforzo organizzativo è eccezionale: si parla di oltre 25.000 militi mobilitati per garantire la sicurezza (!?) di piloti e spettatori e, cosa che fa indubbiamente piacere al regime le marche concorrenti, con la sola eccezione di tre piccole cilindrate francesi, sono tutte italiane: Alfa Romeo, O.M., Lancia, Isotta Fraschini, Itala, Ceirano, Diatto, Ansaldo, Bianchi, Fiat.
Ancora più soddisfacente è il risultato: la media oraria del vincitore, rispettabili 77Km/h, e superiore a quella  "di un treno direttissimo"- scrive la stampa.
Il primo classificato torna a Brescia dopo oltre 21 ore di gara, Giuseppe Cazzulani, vincitore della classe H con una Peugeot 5HP, arriva oltre dodici ore dopo.
Quando, dopo 33 ore dal via, taglia il traguardo se ne sono andati via tutti ed i giudici vengono richiamati da casa per ufficializzare l'ordine d'arrivo.
Il successo è comunque enorme, tanto da convincere gli organizzatori che in un primo tempo l'avevano pensata come un evento unico a ripeterla a cadenza annuale.
Non saprei dire in quanti realmente quell'anno  "abbiano visto" la Mille Miglia, di sicuro sono stati molti di più quelli che l'hanno aspettata per ore e ore sul bordo della strada.
E da allora ogni anno saranno di più.