
Un cambiamento importante per la categoria, voluto espressamente dal presidente della Federazione, Jean Todt, in nome di un rinnovamento anche ecologico della massima espressione del motorsport. Se fino ad ora, però, le cose stavano andando lisce, con le grandi case costruttrici, Ferrari, Mercedes e Renault, già al lavoro nella creazione dei nuovi motori, le cose potrebbero cambiare in breve tempo. Secondo due autorevoli organi d’informazione del settore, la tedesca “Auto Motor und Sport” e l’italiana “Autosprint”, lo sviluppo dei turbo V6 starebbe costando, in termini economici, molto più del previsto.
Un dato che starebbe mettendo in allarme tutti quei team che non producono autonomamente i propri propulsori, trovandosi così ad affittarli all’esterno, e che sono poi quelli che occupano le posizioni di medio-bassa classifica. A preoccupare queste squadre è, in particolare, il fatto che non è ancora stato stabilito un tetto al costo dell’affitto dei nuovi V6 turbo e, di conseguenza, il timore è che possano ritrovarsi a dover pagare significativamente di più. Per la cronaca, tra l’altro, attualmente la fornitura di sedici attuali motori V8 aspirati pesa sui bilanci di questi team per una cifra di circa 8 milioni di Euro, ai quali ne vanno aggiunti altri 5 per il KERS. Cifre per nulla indifferenti, dunque.
Un’altra motivazione che farebbe propendere verso la richiesta alla Federazione di ritardare il cambio di motori di un paio d’anni, è il fatto che i turbo pesano, allo stato attuale, ben 25 chili in più rispetto agli otto cilindri utilizzati ora, e ciò influirebbe sulla velocità di punta raggiungibile dalle monoposto di F1, alle quali si stanno avvicinando sensibilmente le vetture della categoria cadetta, la GP2.