Trasgredendo per una volta alla usanza ormai consolidata di non pubblicizzare i "fratelli" della carta stampata, questa settimana GPX.it vuole porre l'attenzione su di una delle migliori rubriche dedicate agli sport motoristici a quattro ruote, Cuore da Corsa di Mario Donnini, che ha raggiunto il prestigioso traguardo delle 100 puntate. La rubrica, inserita all'interno del settimanale Autosprint, ripercorre la storia dell'automobilismo vero, quello che va dai pionieri ai tempi pre-moderni, passando per epoche d'oro in cui pilota, macchina e gara erano alla stregua di cavaliere, cavallo e torneo, epoche in cui leggere i resoconti delle corse era come leggere i racconti della Tavola Rotonda con Nuvolari, Fangio, Clark, al posto di Lancillotto, Tristano e Ivano. Duelli famosi come quelli tra Lauda e Hunt, per citarne uno tra mille, che avevano lo stesso pathos di tragedie greche come quella che vide protagonisti Ettore e Achille.
E poi gli incidenti, le tragedie, alcune più gravi come quelle di Le Mans e della Mille Miglia che decretarono la fine, temporanea per la prima, definitiva per la (continua)
seconda, altre meno, ma sempre imprescindibili e legate a doppio filo all'essenza stessa del nostro sport. Caratteristiche che con il passare del tempo si sono appiattite, livellate, sono sbiadite come le tonalità in una fotografia di inizi '900. E la Formula 1, la regina per antonomasia degli sport motoristici, è quella che ha dato il “la” a tutto. E' come per i mutui subprime: quando sono falliti hanno trascinato dietro di loro l'economia mondiale come un castello di carte. La Formula 1 è stata comperata, truffata, violentata, svenduta nell'essenza, venduta a caro prezzo nell'immagine. Si è plafonata, è diventata un affare puramente di spettacolo. E per essere sicuri di avere margini di sicurezza in caso di caduta libera, i suoi padroni si sono preoccupati di fare prima a pezzi qualunque possibile minaccia derivante da altre categorie. E così via il Mondiale Marche, il Turismo, le varie Formula 2, Formula3 e le altre miriadi di Formule che negli anni sono nate e morte nell'arco di qualche stagione, alternandosi nel ruolo di vallette della Regina.
Cuore da Corsa numero 100 non è un resoconto di qualche corsa mirabolante. Non è neanche il racconto di una impresa epica, né un'intervista a cuore in mano. No.
E' un urlo silenzioso. E' nostalgia, rimpianto, ricordo, speranza. E' forse il timore di un appassionato prima, giornalista poi, Donnini, che questa volta mette il proprio cuore sul tavolo, dopo averne avuti tanti dei quali ha sviscerato le meraviglie che contenevano. Il timore che il passato rimanga una fotografia sbiadita, un articolo privo delle righe finali, un vecchio filmato in bianco e nero che salta, senza che presente e futuro facciano tesoro delle lezioni di vita che il fratello maggiore ha lasciato loro in eredità.
In un'epoca in cui le telecronache delle gare vanno fatte a squarciagola, in cui gli opinionisti danno opinioni opinabili, in cui quello che era in origine sport è stato impacchettato, confezionato, reso sterile, fatto diventare uno spettacolo e servito freddo, ci sono piccole grandi persone che sono ancora lì, che sia sotto la pioggia ai lati di una pista, davanti ad un televisore, all'interno di una redazione, che gioiscono e soffrono guardando un'auto andare più forte di un altra, un pilota essere più bravo di un altro. E niente possono padri e padroni, leggi e regole, sponsor e fiumi di denaro. Le piccole grandi persone saranno sempre lì. Magari allo stesso tempo cercando di ripulire la fotografia sbiadita, di cercare le righe finali che completavano l'articolo, di sistemare il filmato che salta, ma saranno sempre lì. E lo diciamo senza paura di cadere nella retorica più scontata.
Mario Donnini è una di quelle persone, e Cuore da Corsa è il suo contributo alla conservazione della specie.
Aspettando il numero 200.