IL CIRCUITO DEL MUGELLO 1968

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Avevo promesso di raccontarvi un aneddoto sull'Ingegnere per antonomasia, Carlo Chiti ed ora che ho un po' di tempo lo faccio volentieri soprattutto per il piacere di ricordare non solo un grandissimo tecnico, ma anche un personaggio di grande spessore umano.
Dunque, è il luglio torrido del 1968, la "33" 2000 cresce bene, ma ancora non è mai riuscita a battere le Porsche, nonostante alla Targa Florio ci sia andata vicinissima e solo un mostruoso Vic Elford aveva strozzato in gola l'urlo della vittoria ad un Carlo Chiti impaziente di raccogliere quanto ha seminato.
L'occasione è ghiotta: si sta per correre il Circuito del Mugello, corsa appena uscita dal calendario del Mondiale, ma prestigiosa.
L'Autodelta schiera quattro "33" 2 litri ed altre due le iscrive il Team V.D.S., è una partecipazione massiccia.
Anche gli equipaggi dell'Alfa sono validissimi: Vaccarella, "Nanni" Galli, Giunti, Biscaldi, Facetti sono piloti fra i migliori della specialità.
La Porsche, invece, sembra snobbare la corsa, ma è solo un'apparenza.
La casa tedesca, infatti, non partecipa direttamente ma appoggia alcuni privati decisamente "poco privati" se è vero che schierano le Porsche 910 per campioni del valore di Jo Siffert, Vic Elford e Gerhard Koch.
Siffert, che ha appena vinto il Gran Premio d'Inghilterra, è una vedette, ma l'incubo di Carlo Chiti è rappresentato dalla Porsche "inglese" di Vic Elford che fa coppia con Gijs Van Lennep.
Una coppia ben assortita, senza debolezze, soprattutto forte di un pilota ritenuto, in quel momento, il numero uno delle ruote coperte.
Vincitore a Daytona al Nurburgring ed alla Targa, secondo a Sebring, terzo a Brands Hatch, queste le credenziali di "Fast Vic" Elford.
In prova accade però l'imprevisto: Koch distrugge la sua 910 e lo stesso fa Vic Elford.
In una località dal nome inquietante di "Omo morto", quando il misto veloce del primo tratto sta per cedere il passo ai primi strappi del Passo del Giogo, Elford fa un errore in una curva. Il tracciato non concede sconti e la bianca 910 si sfascia contro il muro che asseconda la montagna.
Il danno è grave, probabilmente irreparabile.
Alla Porsche si ritrovano quindi con una sola macchina e tre piloti di primo piano appiedati: Elford, Koch e Van Lennep.
La paura di Chiti è che decidano di appiedare Rico Steinemann, compagno di Siffert, ed affiancare al campione svizzero Vic Elford, creando una coppia imbattibile o quasi.
Carlo Chiti, allora, gioca d'anticipo e d'astuzia.
Contatta, platealmente, e pubblicamente Elford offrendogli un sedile, e subito si attiva con gli organizzatori facendo in modo che tutti, ma proprio tutti, vengano a sapere che non solo è deciso a far correre l'asso inglese con uno dei suoi prototipi, ma, anzi soprattutto, che Vic Elford ne sarebbe felice.
Elford dal canto suo forse non comprende neppure bene la proposta di quell'omone in camicia bianca e bretelle. Capisce poco l'italiano, quel tanto che basta per capire che vogliono farlo correre, cosa per la quale è venuto in Italia e dà l'impressione di accettare con entusiasmo quella soluzione, prima ancora di sentire le proposte tedesche.
Chiti fa in modo che la cosa sembri fatta, vuole evitare che i tedeschi facciano la stessa offerta a Elford che l'accetterebbe senz'altro e quindi parla dell'inglese come di uno dei suoi piloti, gran pacche sulle spalle ai box ed in Piazza dei Vicari dove si ritrovano tutti alla fine delle prove.
Alla Porsche non la prendono bene ed arriva la decisione di lasciare tutto com'è: Siffert correrà con Steinemann, gli altri resteranno a piedi.
Naturalmente quello di Chiti è un bluff clamoroso, non solo non sarebbe facile scegliere chi mettere a piedi fra i suoi piloti, ma ci sarebbero comunque problemi di assicurazione e gli organizzatori dovrebbero chiudere non uno, ma entrambi gli occhi.
Naturalmente non lo fanno e per Vic Elford il giorno dopo c'è solo il ruolo di starter d'eccezione.
In gara Siffert dà del filo da torcere a tutte le Alfa 33, ma il suo compagno Steinemann non si rivela nè all'altezza del compito, nè fortunato.
Alla fine la spunta la "33" di Bianchi-Vaccarella, cui nel finale dà una mano anche Nanni Galli.
L'Alfa Romeo conquista così la prima vittoria dai tempi delle invincibili Alfetta e il presidente Luraghi può inviare il primo di una lunga serie di telegrammi di felicitazioni a tecnici e piloti.
Il Professor Vaccarella, molti anni dopo, mi ha confidato che se Elford avesse corso con Siffert forse sarebbe stata un'altra storia, e non è il solo a pensarla così.
Lo sapeva già allora Carlo Chiti.