Sopra: La zona anteriore del telaio della Ferrari 639 aspirata, che presenta forme squadrate;
La parte centrale della scocca è così particolarmente squadrata, per restringersi poi sensibilmente alle spalle del pilota, raccordando si così nel migliore dei modi alla sezione estremamente ridotta del motore, a V di soli 65 gradi. Le fiancate dei cassoni laterali sono caratterizzate da un’assoluta uniformità e nessuna presa d’aria per lo smaltimento termico disturba il profilo. La monoposto sfrutta così, per il raffreddamento e lo smaltimento termico, la fluido dinamica in tema al cassone laterale: una soluzione già vista sulle Ferrari della serie T, con l’aria calda che viene allora evacuata nella parte posteriore della vettura. Un altro aspetto estremamente originale dei cassoni laterali viene dalla maggior altezza della parte anteriore, il cui profilo via via decresce con il preciso fine di ottimizzare il flusso d’aria verso l’alettone posteriore. La larghezza dei cassoni laterali, è estremamente contenuto. Sorprende la lunghezza dei pontoni laterali simili, come dimensioni, a quelli delle vetture dotate di minigonne scorrevoli che caratterizzarono alla fine degli Anni Settanta l’esasperazione dell’effetto suolo.
Scocca
La scocca ha una forma piuttosto squadrata che, specie nell’anteriore, somiglia molto alla McLaren-Honda Mp4/5. Il posto di guida risulta piuttosto basso come struttura di base, anche se il pilota viene riparato dal flusso d’aria da un parabrezza prominente. Alle spalle del pilota la scocca si innalza assumendo una forma a T rovesciata. È noto che la monoposto è composta da una scocca e da una carrozzeria separata a cui spetta il compito di «vestire» e di creare le forme aerodinamiche. Un concetto tecnico molto caro al Progettista inglese, avviato con il modello McLaren Mp4/1 e decisamente differente dalle concezioni che hanno invece guidato le ultime monoposto prodotte dal Cavallino Rampante. Tra la scocca e la carrozzeria trovano posto tutti quegli “accessori d’obbligo” che il Progettista ha preferito collocare all’esterno della scocca, per non creare delle interruzioni nell’aspetto e nella funzione monolitica del telaio, a tutto favore della rigidità torsionale. C’è poi il vantaggio dell’opportunità di avere dimensioni ridotte al minimo sia per mantenere un peso proprio molto contenuto, sia per avere un’ampia possibilità di «elaborazione» delle forme esteriori. La carrozzeria del tutto asportabile permetterà di intervenire sul profilo aerodinamico senza dover modificare la struttura del telaio.
Sopra: La nuova Ferrari 639 aspirata senza la parte superiore del telaio, che rivela le forme e la fisionomia della scocca;
Un discorso importante va fatto sulle dimensioni della F1-89. Con la pedaliera arretrata rispetto all’asse anteriore, le vetture dotate di motore a dodici cilindri, saranno più simili a dei treni che a delle automobili. Questa era l’opinione di molti, ma la nuova Ferrari dimostra che anche con un motore a dodici cilindri, si possono costruire vetture dalle dimensioni del tutto accettabili, senza dover ricorrere alla soluzione del cambio trasversale. Il passo dichiarato è di 2830 mm, mentre la precedente vettura dotata di motore a sei cilindri era caratterizzata da un passo di 2800 mm. È scaturito così un valore del tutto entro la norma. Un ottimo risultato, reso possibile dal posizionamento ai lati del pilota del serbatoio della benzina. Il motore è così installato direttamente alle spalle del conduttore. Al fine di contenere il passo, il posto di guida è particolarmente avanzato e quindi un pilota delle dimensioni di Berger potrebbe trovare qualche difficoltà ad assumere una corretta posizione di guida. La distribuzione dei pesi – in virtù del posizionamento laterale dei serbatoi - è simile a quello delle monoposto degli Anni Settanta, con circa il 40% sulla parte anteriore e il 60% sulla parte posteriore. Rispetto al modello con il motore turbo, sono state allargate le carreggiate.
Sospensioni
L’architettura delle sospensioni è di tipo push-rod per azionare meglio gli ammortizzatori che sono montati longitudinalmente in alto, con una leggera divergenza verso la parte più vicina all’abitacolo. Le sospensioni sono del tutto tradizionali. Il tirante cede il posto ad un puntone sia anteriormente sia posteriormente. L’inclinazione dei triangoli della sospensione posteriore rivelano la presenza di un dispositivo antiquato per evitare lo schiacciamento del retrotreno in fase di accelerazione. Specialmente la sospensione posteriore appare indovinata perché permette di ridurre notevolmente gli ingombri ai lati dello strettissimo cambio. In questo modo viene lasciato molto spazio. Per i doppi terminali degli scarichi e si può avere una buona forma aerodinamica nella parte posteriore. Al retrotreno troviamo un portamozzo che presenta nella parte superiore un solo punto di fulcro per il triangolo, mentre inferiormente vi sono due ancoraggi per un quadrilatero. Curioso il sistema della barra antirollio all’avantreno che presenta due lunghissime biellette di collegamento fra i due bilancieri della sospensione. Gli ammortizzatori sono posti orizzontalmente, anteriormente sopra la zona della pedaliera, posteriormente alloggiati sopra il cambio. Anche queste sono all’avanguardia per la loro posizione e la semplicità del disegno e della loro installazione.
Cambio
Il cambio semi-automatico è a sette rapporti più retromarcia. Rappresenta la soluzione tecnica più rivoluzionaria della monoposto di Barnard, una pietra miliare nella Storia della Formula 1. È azionabile da servo meccanismi esterni che si inseriscono a muovere la frizione e le marce con tempi tra i 15 e i 20 centesimi di secondo! Il cambio è gestito da comandi esterni, idraulici, e la sua unica connessione con l0abitacolo non viene più data dal classico rinvio e dalla leva di selezione, ma è rappresentata da piccolissimi «fili» necessari per dare gli impulsi “up” o di “down” a seconda che il pilota desideri innestare o scalare le marce. Qualcuno accenna anche alla possibilità che acceleratore e frizione, utilizzabile solo per la partenza, abbiano rinvii «elettrici» al posto dei tradizionali cavi, e circuiti idraulici partenti dalla pedaliera. Insieme al cambio semi-automatico, sarà poi abbinato il correttore d’assetto, in grado di determinare un’altezza costante della vettura dal suolo, in funzione delle differenti condizioni di peso. Alla corretta funzionalità del cambio automatico sono delegate moltissime responsabilità. È un po’ l’arma a doppio taglio della nuova Ferrari per il suo comando elettronico delle marce che ha abolito l’uso del pedale della frizione. Questa soluzione rappresenta un grosso vantaggio che potrebbe rivelarsi anche come una grossa perdita di tempo. Correre questo rischio è però alla base di ogni evoluzione tecnica che si rispetti. Resta il fatto che meccanicamente e come realizzazione appare eccezionale. Strettissimo e bellissimo come fusione esterna sorprende per le sue dimensioni e la sua compattezza.
Sopra: L’abitacolo della nuova Ferrari 639 aspirata;
Visto da vicino il nuovo cambio automatico si rivela di una semplicità sorprendente. Contrariamente a quello che si poteva pensare (ossia che il pilota è esautorato da qualunque valutazione in merito a quando effettuare la cambiata) il bilanciere sotto il volante deve essere azionato ogni volta che si richiede un cambio di marcia, smentendo così le fantasiose ipotesi che volevano i due interruttori capaci di comandare autonomamente tutti i successivi passaggi di marcia. I piloti hanno dimostrato di gradire molto questa soluzione e, quando saranno più pratici del comando, potranno con un doppio impulso effettuare anche i salti di marcia in scalata, altrimenti impossibili con un cambio meccanico. C’è comunque un dispositivo nel cervellone di comando che mantiene costante la marcia inserita, evitando cosi il rischio di «sfollate». Infine il comando della folle può venire programmato sulla centralina si può scegliere se impostare la folle ogni volta che il motore si spegne, oppure fare sì che anche con il motore spento, resti inserita una marcia. In questo caso per sbloccare il cambio si interviene esternamente.
Motore
Il motore a dodici cilindri ha una lunghezza definitiva di 72 cm e una larghezza pari a quella del cambio che avrà anche la funzione di supporto degli ammortizzatori posteriori che sono montati in posizione orizzontale e longitudinale. Il motore è stato studiato per funzionare solo con il cambio longitudinale. Il serbatoio dell’olio è posizionato tra motore e cambio, dove dovrebbe aver trovato posto «il cervellone» elettronico realizzato dalla Magneti Marelli, che controlla contemporaneamente la funzionalità del motore e del cambio automatico.
Sopra: Il nuovo motore aspirato Ferrari a dodici cilindri;
Accessoristica
Abituati alla quantità di accessori delle vetture turbo, la Ferrari F1/89 sembra nuda, priva di alcune cose. Nelle strette fiancate vi sono infatti solo due radiatori dell’acqua messi in posizione molto avanzata. Per raffreddare l’olio c’è uno scambiatore di calore messo all’interno della V del motore. Mastodontica è, invece, la centralina elettronica che gestisce anche il funzionamento del cambio. In realtà, su questa nuova Ferrari i cassoni laterali si protraggono fino alle ruote anteriori, in quanto proprio all’inizio della «pancia» sono ospitati i radiatori per l’acqua e l’olio mente lo spazio restante è occupato dai serbatoi della benzina, posti lateralmente all’abitacolo, con la precisa finalità di ottenere un valore di passo entro la norma. Il serbatoio, sia per avere la capacità necessaria, che per non allungare il passo, trova spazio anche lateralmente, al fianco del conduttore. Ed è in questa ottica che va interpretato l’avanzamento del pacco radiante per il raffreddamento dell’acqua, mentre quello dell’olio viene limitato a uno scambiatore posto fra motore e cambio. Sopra il serbatoio ha preso posto una centralina elettronica decisamente voluminosa.
I segreti della “papera” di Barnard
Molto interessante risulta lo schema costruttivo della nuova Ferrari, spiegato dallo stesso John Barnard. La struttura principale è stata realizzata in un unico pezzo (2) ad esso sono applicate solo due centine (3) nella parte anteriore. A quest’ultime sono fissate le sospensioni, i cui punti di attacco si vedono tratteggiati, e la struttura aggiuntiva che sorregge la strumentazione (4). Collegato a questa centina vi è l’attacco degli ammortizzatori ricavato da un pezzo pieno. La struttura deformabile da parte di un secondo piccolo telaio scatolato (1), rigidamente collegato alla scocca stessa. Una sol zione molto sicura che elimina il problema del distacco della struttura deformabile in caso di piccolo urto come avviene, purtroppo, su molte vetture in cui essa è incorporata nel musetto staccabile. I serbatoi laterali (5) sono realizzati separatamente ed incollati in un secondo tempo alla struttura principale. La valvola (6) di riempimento del serbatoio è disassata sulla destra per far posto alla centralina elettronica.
In un primo tempo si era parlato di due tasti sul volante delle Ferrari (sopra) per permettere ai piloti di cambiare marce. A Jerez è stato possibile osservare che si tratta di un semplice bilanciere in un pezzo unico. Tirando a sé il bilanciere dalla parte destra si sale con le marce, tirando dalla parte sinistra si scala. Due pressioni consecutive permettono di passare due marce contemporaneamente. Bellissimo e molto stretto il nuovo cambio delle Ferrari a sette rapporti realizzato per avere un comando elettroidraulico. Ecco a destra i particolari più significanti: 1. serbatoio contenente Il liquido per il sistema vicino al serbatoio dell'olio; 2. serbatoio del gas dell'ammortizzatore posteriore, fissato sopra il cambio alla stessa fusione esterna (3) a cui è collegata anche la sospensione posteriore; 4. bilanciere del sistema push-rod collegato alla fusione del cambio che presenta una sorta di perno obliquo (5); 6. piccole falange di fissaggio del triangolo superiore della sospensione; 7. terminali degli scarichi che sono sdoppiati; 8. elettrovalvole che comandano i cilindretti idraulici all'interno del cambio, i quali agiscono direttamente senza le aste di rinvio sulle forchette per effettuare i passaggi di marce. Sono gestiti dalla stessa centralina elettronica che controlla l’iniezione e sistemata sopra il serbatoio della benzina.
Spaccato monoposto e descrizione tecnica generale
Ecco gli elementi distintivi della nuova Ferrari 639 aspirata: 1) Il muso piatto che è valso alla nuova 639 l’appellativo di “papera”; 2) La struttura deformabile è parte unica con il telaio vero e proprio, un esempio di sicurezza purtroppo non seguito da molle altre squadre; 3) Curiosa la barra antirollio anteriore collegata ai bilancieri della sospensione tramite due lunghe biellette; 4) L sospensione anteriore è del tipo a puntone con gli ammortizzatori (5) piazzati nella parte superiore del telaio sopra le gambe del pilota; 6) Applicate al volante, nella parte anteriore, vi sono le due leve che comandano il cambio semi-automatico. Quella di destra serve per inserire le marce, quella di sinistra per scalare; 7) I radiatori dell’acqua sono due, uno per lato, e sono posizionati subito dietro alle ruote anteriori In posizione verticale, ma aperti a ventaglio. Non vi sono radiatori dell’olio. Coma sulla vettura turbo vi è uno scambiatore di calore all’interno della V del motore; 8) L’unica modifica visibile è rappresentata da questo slogo dell’aria calda nella parte laterale delle fiancate che, originalmente, erano completamente chiuse per lare affluire tutta l’aria calda nella zona posteriore; 9) Il telaio, dietro alle spalle del pilota è piuttosto basso ma vi sono due grossi serbatoi laterali che arrivano fino alla centina della strumentazione e sono della larghezza massima consentita di 80 cm;
10) Nuova la centralina elettronica dalla Weber-Marelli che comprende anche lo gestione del comando del cambio a sette rapporti; 11) La presa d’aria è sdoppiata per alimentare il nuovo 12 cilindri (13) nella versione a cinque valvole; 12) Il comando dei doppi iniettori è sdoppiato all’esterno della V dei tromboncini; 13) Il nuovo 12 cilindri è di dimensioni molto compatte, tanto da permettere un passo superiore di pochissimi cm rispetto alla vettura turbo; 14) Anche al retrotreno gli ammortizzatori sono piazzali orizzontalmente e formano una V molto pronunciata tra di loro, sopra il nuovo cambio; 15) La sospensione posteriore è del tipo a puntone; 16) Nella parte anteriore la nuova Ferrarl ha le fiancate più strette del 140 cm consentiti da Regolamento, ma all’altezza delle ruote posteriori il fondo piatto ne sfrutta tutta la larghezza; 17) Il serbatoio dell’olio; 18) Il nuovo cambio a sene rapporti stupisce per le ridotte dimensioni in larghezza. Alla trasmissione sono ancorate le sospensioni posteriori; 19) Nella parte posteriore del cambio sono visibili i sensori che permettono il comando automatico delle varie marce.
APPROFONDIMENTI Visita alla Fabbrica Ferrari di Guildford in Inghilterra
GUILDFORD – Il futuro della Ferrari sorge nella campagna inglese, quella ricca, romantica, a trenta miglia dall’Aeroporto di Heathrow. Ma trovare la Gto Engineering (Guildford Technical Office) è praticamente impossibile per chi non è in possesso di mappe dettagliate della zona e per coloro i quali non bazzicano da queste parti. Perché, in realtà, Guildford dista a più di due miglia dal regno di John Barnard, il suo luogo di meditazione, studio, ricerca, un luogo che dall’esterno ha tutto fuorché dello stabilimento dove si produco telai e parti di vetture di Formula 1. Gto, ovvero una cattedrale gotica in perfetto stile postmoderno, tutta vetrate fumeé, inserita in un contesto architettonico così distante dal paesaggio circostante. E qui che la Ferrari ha deciso di investire gran parte del proprio futuro; è qui che la Casa italiana ha poggiato le basi per rilanciarsi nel Campionato Mondiale, affidandosi al genio di un Direttore Tecnico che finora non ha mai sbagliato una mossa e a una serie di investimenti in attrezzature e apparecchiature informatiche che la pongono all’avanguardia.
Per molti mesi il Guildford Technical Office è stato considerato da parte di certo ambiente delle corse un qualcosa di misterioso. Dell’ufficio tecnico si conosceva solo la locazione, l’aspetto esteriore (e la rivista italiana “Autosprint” fu la prima a penetrare nelle stanze in fase di realizzazione) ma non si riusciva a comprendere a che punto potesse essere realmente operativo. Le voci sullo Gto Engineering si sprecavano, gli accenti polemici anche, tanto che John Barnard e i suoi collaboratori inglesi sembravano essere diventati all’improvviso delle entità in tutt’altre faccende…affaccendate. La situazione non era quella e d’altronde un reparto ricerche avanzate non avrebbe potuto essere impiantato in poche ore. Ci voleva tempo per scegliere le apparecchiature migliori il personale il più possibile specializzato, sottrarlo alla concorrenza, rispettare il piano degli investimenti. Operazioni e trattative a volte complesse. La Ferrari però, stava agendo con grande maestria, accettando, quasi fosse un servizio segreto altamente professionale, qualsiasi notizia riguardante il Suo fiore all’occhiello d’oltre Manica. Ora i veli che celavano la Gto Engineering sono stati scoperti e l’azienda si è mostrata in tutta la propria interezza, non limitandosi ad offrire al visitatore... scampoli d’alta tecnologia. L’eremo di John Barnard è in realtà un luogo proiettato nel futuro, già attivo, dove si lavora con grande tranquillità, immersi nel silenzio, con grande concentrazione. E, sopra a tutti, a dare le direttive John Barnard passa tutte le ore del giorno al tavolo da disegno, a tracciare le modifiche che saranno apportate sulla monoposto turbo, a sviluppare i particolari appena montati sulla nuova Ferrari aspirata, parte della quale esce proprio dalle apparecchiature di Guildford. Così abbiamo varcato la soglia di questo centro…strategico, in una giornata insolitamente tranquilla. Dei 23 dipendenti che erano presenti solo cinque. “La maggior parte – ha detto Peter Reinhardt, il Direttore Amministrativo della Gto, da anni un fedelissimo di Bamard (erano assieme alla Rebaque) – è in ferie. Abbiamo concesso un periodo di riposo in vista dei prossimi mesi nei quali la Gto dovrà lavorare a pieno ritmo”. Le consegne, infatti, sono chiare: da agosto in avanti tutti saranno impegnati alacremente nella preparazione della Stagione 1989, ovvero nella realizzazione dei telai e dei pezzi definitivi della monoposto aspirata che ha appena mosso i primi passi all’Autodromo di Balocco. Come funziona in realtà la Gto Engineering e quale è la sua reale portata all’interno dell’attività sportiva della Ferrari? Il piccolo grande Regno del Progettista inglese rappresenta una sorta di centro ricerche avanzate della Casa del Cavallino. Un universo tecnologico dal quale passa, senza possibilità di alternative, la voglia del riscatto della marca più famosa del Mondo.
Il dominio dei computer
La sede della Gto Engineering è, come già accennato, una bellissima costruzione all’interno di un complesso architettonico dove sono situate altre piccole aziende. In realtà per trovare il centro non bisogna passare da Guilqford, distante circa quattro chilometri, quanto trovare sulla cartina topografica della zona l’indicazione Shalford. La Gtò Engineering si sviluppa su due piani: il primo riservato alla parte cosiddetta operativa dell’azienda, il secondo interamente occupato dallo staff dei disegnatori assunti da John Barnard. Naturalmente il tutto è nascosto agli occhi indiscreti e riuscire a entrare all’interno del Guildford Technical Office richiede molta abilità.
Sopra: L’immensa autoclave (e dei due capienti serbatoi d’aria) della Gto. All’epoca, si trattava di uno degli impianti più grandi tra quelli esistenti in Europa.
È indubbio che la Gto Engineering stupisce, offre al visitatore molto più di quello che ci si può attendere. Ogni reparto è perfettamente organizzato e le 23 persone che lavorano all’interno dell’azienda hanno la possibilità di approfondire in ogni modo le proprie conoscenze sulle varie materie. “La Gto – lo dice lo stesso Barnard – è il luogo dove nasceranno le Ferrari del futuro”. È il regno degli ingegneri addetti al controllo dei materiali che verranno usati sulla produzione della Gto. Si tratta, in sostanza, di un vero e proprio controllo di qualità aziendale, riservato soprattutto alla fibra di carboni o che poi servirà per la realizzazione dei telai (e in specie per quello della vettura aspirata). Nulla è lasciato al caso: i materiali vengono analizzati al microscopio, fotografati, visionati ai raggi infrarossi. L’immagine viene elaborata attraverso un computer e confrontata con quella che appare su un monitor. E da questo reparto che vengono scelti e approvati tutti i componenti e scartati quelli imperfetti. La sua immagine traspare attraverso una lunga vetrata che dà sul reparto controllo materiali. Non c’è alcuna possibilità di entrarci, perché molti dei segreti del Guildford Technical Office sono custoditi al suo interno. E la «Clean Room», letteralmente la «Stanza pulita», il luogo dove avviene la preparazione dei materiali e dove, ben nascosta agli occhi indiscreti, è in fase di ultimazione la seconda scocca della monoposto aspirata. Il reparto è uno dei fiori all’occhiello della Ferrari inglese. “Abbiamo realizzato la clean room – sostiene Arthur Webb (responsabile della lavorazione dei materiali compositi) – prendendo come esempio i reparti esistenti nell’industria aerospaziale inglese. Per quanto ne sappiamo nel Mondo della Formula 1 non esistono altre clean room o almeno la loro utilizzazione non è usuale”. Esistendo nella «camera pulita» pellicole protettive e materiale che ha bisogno di non essere intaccato da agenti esterni, la climatizzazione viene controllata con teutonica precisione. “Al suo interno – continua Webb – manteniamo una temperatura costante di 21° con un livello di umidità che non deve superare il 55%. Per l’Inghilterra è un risultato incredibile, visto che da noi l’umidità media è dell’80%!”
Uno dei reparti più grandi della Gto Engineering è quello riservato alla fabbricazione dei pezzi, dove viene assemblato il telaio. La «Fabbrication area» è quindi piena di macchinari automatizzati, strumenti a controllo numerico d’avanguardia, utensili, calibri e via dicendo. Ma è nell’autoclave che la Gto Engineering dimostra di essere un passo avanti a tutte le altre aziende che si occupano di Formula l. Rispetto quella della Gto, le autoclavi della concorrenza sono dei modelli in miniatura. Alta come un monumento ha una stazza…di 45 tonnellate con due serbatoi laterali di aria compressa che solo a vederli hanno più l’aspetto di vere e proprie cisterne che di altro. “Si tratta – commenta Webb – dell’autoclave più moderna e computerizzata d’Europa. Nessuna altra Casa Automobilistica ne possiede una simile e credo che un oggetto del genere non sia presente nemmeno nelle industrie aeronautiche”. L’impressione è che nell’impiantare il preziosissimo macchinario la Ferrari abbia guardato…più in là della Formula 1 perché da Guildford potrebbe realmente uscire…di tutto e non solo macchine da corsa. Il reparto che contiene l’autoclave possiede altre piccole meraviglie. Esiste, ad esempio, uno scan che attraverso una sonda, analizza punto per punto, millimetro per millimetro la qualità dei sandwich in honeycomb. Roba da vero e proprio reparto ricerche avanzate.
Sopra: Alcune immagini della “Fabbrication Area” dove gli operai specializzati della Gto Engineering realizzano molti pezzi che saranno montati sulla vettura aspirata. Si tratta di uno dei reparti più capienti di questa azienda che impiega ventitre persone tra disegnatori, ingegneri e maestranze. La maggior parte del personale proviene dall’industria aerospaziale e dalle aziende che si occupano della costruzione di materiali in composito, come honeycomb, fibra di carbonio e kevlar;
Il primo piano è quindi quello cosiddetto operativo, dove lavorano le maestranze. Le idee, però, arrivano dal piano superiore, dove John Barnard ha il suo Ufficio personale e soprattutto il preziosissimo tavolo da disegno. Al momento sono cinque i disegnatori assunti dall’azienda, con uno specialista che passa le sue giornate al Cad-Cam, il computer nel quale vengono immesse tutte le informazioni relative al progetto e che riesce a valutare tutti i dati possibili e immaginabili sul telaio, la sua struttura, la linea aerodinamica e via dicendo. Un luogo in cui Barnard lavora almeno otto ore al giorno, dove imposta i programmi, mette in pratica le sue idee e conoscenze specifiche. La stanza dei cervelli pensanti.
(L’articolo inerente alla visita della Gto Engineering è stato tratto da Autostrint n°29 datato 1988)
INTERVISTE
JEREZ - Ricomincio da me. Ovvero John Barnard e la «sua» vettura. Uscita finalmente dall’eremo di Fiorano, la F1-89 – 639 il numero di progetto – ha svelato finalmente tutti i suoi segreti, le sue soluzioni innovative e i suoi attuali difetti. Insieme al debutto ufficiale di questa vettura, c’era però un’altra novità, un altro ingresso in «società»: John Barnard. Per la prima volta da quando arrivò a Maranello il progettista inglese si trova adesso a operare in una situazione del tutto nuova, quella che aveva sempre auspicato. Non c’è più la vettura turbo progettata da Brunner e rivista da Postlethwaite e che Barnard non aveva mai amato del tutto. Chi aveva cercato di rendergli la vita difficile, mettendolo anche in una situazione «limite» con la Fiat, se ne è andato o ha cambiato incarico. È morto Enzo Ferrari, l’uomo che più di tutti aveva voluto il progetti sta inglese, e adesso se ne è pure andato – nel senso più letterale del verbo – anche Vittorio Ghidella, l’uomo che seppur con molta perplessità aveva avvallato economicamente l’oneroso programma Guildford-Barnard. A cambiare i Regolamenti non è stata così solo la Formula 1, ma anche la Ferrari che si presenta adesso con una struttura realmente nuova, del tutto differente dai cambiamenti avvenuti dopo l’Era Forghieri e che in realtà erano spesso dei goffi tentativi per attualizzare una «giacca ormai passata di moda» ma che però si voleva continuare a portare. Adesso c’è un Barnard finalmente non «contaminato», una nuova monoposto e un nuovo motore. Che tutto questo sia poi sufficiente per stare davanti alla McLaren è decisamente prematuro, e probabilmente troppo ottimistico, pensarlo. Di concreto adesso c’è un Barnard attivo come non mai, che parla della sua vettura e dell’immediato sviluppo, sia tecnico sia personale, per la continuazione di un programma che da contratto scadrà alla fine della Stagione 1989. “Se consideriamo che si tratta della prima uscita al di fuori della pista di Fiorano – afferma Barnard – sono abbastanza soddisfatto dei tempi ottenuti da Berger. In fondo sono sostanzialmente simili a quelli che le vetture atmosferiche hanno ottenuto durante l’ultimo Gran Premio di Spagna. A tutt’oggi il motivo principale del nostro lavoro è finalizzato a collaudare il motore e il cambio. Per quanto riguarda questo dispositivo abbiamo risolto tutti i problemi relativi al comando mentre ci sono ancora difficoltà meccaniche in merito all’innesto delle marce. Non si tratta però di un problema strutturale quanto di una fornitura di pezzi non idonea. Il motore è adesso affidabile. Per quanto riguarda il telaio, la pista di Jerez ci ha indicato che è molto sensibile a tutte le correzioni. In linea generale ha un comportamento più prevedibile e confortevole – sono i piloti a dirlo – rispetto alla precedente vettura turbo. Per quanto riguarda la definizione ottimale dell’assetto, siamo ancora in un campo da scoprire, dobbiamo ancora individuare come mettere al meglio la monoposto in strada”.
Con questo quadro della situazione, Barnard analizza così le tre componenti della sua vettura. È però un’analisi già obsoleta se consideriamo che tra due mesi arriverà la nuova 640, sostanzialmente modificata rispetto all’attuale…“In settembre ho avviato la costruzione di una seconda vettura, – continua il tecnico – che sarà disponibile per la fine di gennaio. Preciso subito che si tratterà do una vettura sostanzialmente simile all’attuale. Il telaio è leggermente modificato cosi come le sospensioni e l’aerodinamica. Abbiamo messo a frutto quello che abbiamo imparato nei Test con il primo esemplare della Fl-89. L’aspetto maggiormente modificato sarà il cambio, progettato differentemente, e ancora più automatico, rispetto all’attuale. Dunque si tratta di un rifacimento totale, effettuato, grazie alla conoscenza ricavata nei numerosissimi Test in galleria del vento che abbiamo svolto in maniera incessante in questi ultimi mesi. Test che non si sono potuti svolgere quando nacque il primo esemplare della vettura. Adesso ho avuto il tempo per curare maggiormente le cose, per esempio migliorare le geometrie delle sospensioni, e sono convinto che sotto questo aspetto la seconda F1-89 sarà molto meglio della prima. Finalmente ho potuto lavorare a lungo con un modello in galleria del vento e posso dire di avere imparato molte cose. Il cambio sarà più piccolo e più leggero permettendosi cosi di migliorare anche l’aerodinamica posteriore. Se la F1-89 avesse corso, come inizialmente era previsto, durante la Stagione 1988, adesso avremmo già la versione modificata in funzione delle esperienze che avremmo accumulato in pista”.
Ecco così che il Programma Tecnico della Ferrari, che a un certo punto sembrava essere terribilmente in ritardo e soprattutto privo di una direttiva superiore, prende invece forma in modo abbastanza organico. E la stessa vettura di Barnard, che tante perplessità aveva sollevato al momento della sua presentazione per le sue numerose soluzioni innovative e controcorrente, appare adesso sotto un’ottica differente. “Quando presentai la Ferrari dotata di motore aspirato, ne sentii di tutti i colori. È una situazione che conosco: sento gli stessi commenti da quando iniziai la mia carriera nelle corse automobilistiche. Mi ricordo il 1982, quando per primo ideai per la McLaren Mp4/1 la forma detta “a Coca Cola” per la parte posteriore della vettura che si restringeva mentre le pance laterali erano lunghe e larghe. “Ah, ah, Barnard ha scelto la via facile: assomiglia molto alle precedenti vetture ad effetto suolo”, fu il commento di tutti. In quell’epoca tutte le monoposto avevano una configurazione a freccia. Oggi vedo tutte le vetture con la coda tipo Coca Cola. La stessa situazione si era verificata prima con la Chaparral che progettai per Indianapolis. Fu la prima vettura a effetto suolo progettata per gli ovali. “Non serve a nulla” – dicevano tutti – “a Indianapolis non si può usare una vettura a effetto suolo, c’è troppa resistenza aerodinamica”. Un anno dopo tutti utilizzavano delle wing-car. Non mi sono mai occupato e non mi preoccupo di quello che dicono gli altri. Cerco sempre di seguire una via che credo mi porterà verso una nuova direzione, perché a un certo punt bisogna sempre fare un primo passo. In questa vettura mi sono concentrato molto sui flussi d’aria e sulla fluidodinamica interna. Ora vedo che molta gente, ad esempio il Team Williams, sta facendo la stessa cosa e credo che in galleria del vento abbiano visto che si tratta di un campo che può offrire ampi margini di miglioramento. Forse esistono soluzioni migliori, ma rispetto all’attuale vettura turbo, siamo già molto più avanti, sia come efficienza aerodinamica sia come smaltimento termico. Lo stesso principio vale per il cambio. Così come è realizzato adesso costituisce solo un punto di partenza. È stato costruito solo per capire il sistema. Una volta messo definitivamente a punto, soprattutto per il controllo elettronico, allora potremmo disporre di un grande vantaggio. Non sarà una cosa immediata, ci vorrà un po’ di tempo. Si tratta di un dispositivo che migliora man mano che si procede per questa via”.
Tra le tante novità della macchina di Barnard, c’è anche l’inusitata posizione di guida del pilota, più elevata rispetto alla McLaren o alla March…“Non credo che ci sia una grossa differenza. La posizione del pilota non è molto più alta rispetto alla precedente vettura turbo. È leggermente diversa perché il pilota è adesso inclinato all’indietro. Probabilmente la forma della monoscocca può trarre in inganno. A ogni modo sulla nuova F1-89 anche questo particolare sarà rivisto”. Tra le tante incognite del prossimo Campionato di Formula 1, la maggiore è certamente quella del motore, Oggi si sa solo che il motore Honda va più forte degli altri. Per il restò vige uno stato di «limbo» in cui è difficile stabilire adesso una esatta gerarchia di valori. A che punto è il motore Ferrari? “Al momento stiamo pensando a migliorarne la guidabilità, ossia che il propulsore risponda sempre alle esigenze del pilota in maniera corretta, esatta e uniforme. Probabilmente un otto o un dieci cilindri avrà una coppia migliore, una miglior funzionalità ai bassi regimi. Credo che sia un otto sia un dieci sia un dodici cilindri possano lavorare con la stessa fascia di utilizzazione, mentre senz’altro un dodici è in grado di ottenere un regime di rotazione più elevato e quindi una potenza maggiore. Con questo non voglio dire che l’avremo. Diciamo che sulla carta è possibile. Attualmente non so come collocare il motore Ferrari. Indubbiamente il propulsore Honda è oggi come oggi il migliore, mentre le altre vetture credo siano in una posizione più o meno paritaria in termini di potenza. Quanto sia più potente il motore giapponese lo si capisce guardando gli alettoni enormi che usa la McLaren. Devono offrire un valore di resistenza aerodinamica decisamente consistente, eppure la velocità massima che realizzano in rettilineo è decisamente superiore rispetto alle punte massime di tutte le altre vetture”.
Si risentono così gli stessi discorsi che si facevano sulla McLaren all’epoca del motore Tag-Porsche: telaio più efficiente o motore super potente? Si direbbe che il passaggio dal motore turbo a quello aspirato non abbia cambiato granché la ricerca aerodinamica...”Ancora adesso l’aspetto più -importante è l’efficienza aerodinamica, ossia quanto la deportanza ti costi in termini di resistenza aerodinamica. E un rapporto che non è cambiato in questi ultimi dodici anni, a prescindere dal regolamento tecnico”. “Lavorare con la Ferrari mi piace, ma in futuro dovrebbe avvenire con una impostazione diversa. In passato ci sono stati alcuni problemi, una mancanza di volontà a collaborare da parte di alcuni elementi…” La Formula 1 corre sempre avanti, le vetture come gli uomini. Se alla fine della prossima stagione ci saranno molte vetture simili alla sua, cosa proverà? “Per me sarà la cosa più soddisfacente vedere quale sarà la forma delle prossime monoposto, così come se qualcuno utilizzerà una trasmissione automatica. Quando lo saprò mi metterò a ridere oppure a piangere. Una delle due cose”.
John Barnard – Autosprint n°50 1988
AGGIORNAMENTI TECNICI
Riportiamo qui in basso una sorta di “giornale di bordo” con tutte le modifiche subite sulla Ferrari 639 durante i Test della Stagione 1988. A causa della scarsità delle informazioni d’archivio, questo paragrafo si pone il compito di fornire a lettore una visione generale delle principali innovazioni tecniche della vettura.
3 agosto 1988: Test a Fiorano Primi Test in pista sulla nuova Ferrari 639 a motore aspirato. Roberto Moreno, pilota collaudatore Ferrari, porta in pista la vettura dotata di un nuovo cambio trasversale semi-automatico. I primi giri di collaudo sono rivolti principalmente alla verifica del corretto montaggio delle componenti;
31 agosto & 1-4 settembre 1988: Test a Fiorano Moreno percorre 12 giri nell’arco di alcune giornate di Test. I problemi della monoposto vengono soprattutto dal cambio semi-automatico che non riesce a resistere alle continue accelerazioni e frenate del tracciato emiliano. Si parla di una possibile introduzione di un nuovo cambio allo studio nella sede inglese della Gto Engineering da parte di Barnard;
5-7 ottobre 1988: Test a Fiorano La Scuderia di Maranello è al lavoro su due fronti: Berger collauda personalmente per la prima volta in pista la nuova Ferrari 639, mentre Moreno debutta al volante di una Ferrari F1-88C “ibrida” dotata del nuovo motore V12 aspirato e un nuovo cofano motore appositamente preparato per queste Prove di confronto. Al termine della Sessione di Test, Berger ottiene il nuovo Record del tracciato di Fiorano girando con un tempo di 1’09”350 nonostante gli assetti del pilota austriaco fossero inadatti alla pista;
Sopra: Il pilota collaudatore Roberto Moreno al volante della Ferrari F1-87/88C versione “ibrida” adattata per lo sviluppo del nuovo motore Ferrari V12 aspirato;
3 novembre 1988: Test a Fiorano Moreno copre la distanza complessiva di 70 giri senza alcun problema tecnico al cambio a comando elettroidraulico ottenendo il nuovo Record della pista con 1’08”540, abbassando la precedente prestazione di Berger. La vettura ha girato con una differente aerodinamica per le pance poiché manca infatti l’uscita d’aria laterale;
22-25 novembre 1988: Test a Fiorano Sviluppi aerodinamici e prove d’assetto sulla F1-89 di Berger (a lato). Moreno abbassa ulteriormente il miglior tempo in pista al volante della vettura ibrida, girando in 1’08”430. Difficoltà d’assetto costringono l’austriaco ad un imprevisto fuoripista;
30 novembre - 1 dicembre 1988: Test a Fiorano Moreno effettua solo nove giri al martedì con un motore scoppiettante. Il giorno dopo il brasiliano ha coperto una ventina di tornate prima che il propulsore andasse in fumo. Prove d’assetto e verifica dei pneumatici sulla Ferrari 639;
3-7 dicembre 1988: Test a Jerez Prima uscita pubblica per la nuova Ferrari 639 fuori dai confini italiani. Nei Test in programma a Jerez De La Frontera (Spagna), Moreno porta in pista la vettura ibrida che si è rivelata molto più lenta della nuova F1-89 condotta da Berger. Verifiche di motore, aerodinamica e telaio in Spagna. I riscontri cronometrici sono nettamente al di sotto di quelli fatti registrare nell’ultimo Gran Premio di Spagna con la monoposto turbo. Gli unici inconvenienti sono rappresentati da piccoli problemi di elettronica sul propulsore aspirato;
Sopra: Moreno durante le Prove invernali programmate in Spagna sul tracciato di Jerez De La Frontera. La monoposto ibrida si rivela meno veloce e performante rispetto alla nuova 639; |