giorgiocampione

Io salivo sul podio ma lui vinceva sempre - ha ricordato di sovente il due volte campione del mondo Fernando Alonso - Pantano era una specie di pilota invincibile, ma in F.1 non ha avuto fortuna. Ha corso con la Jordan ma le cose non gli sono andate bene e in F.1 quando fallisci una volta è difficile che ti diano una seconda possibilità. Si potrebbe sintetizzare così la carriera di Giorgio Pantano, eterna promessa dell’automobilismo italiano mai realmente sbocciata almeno fino alla conquista del titolo nella GP2 Series, categoria propedeutica alla Formula Uno. Un trionfo, quello del pilota nativo di Candiana, paesino di circa duemilaquattrocento anime della provincia di Padova, che tra gli addetti ai lavori della GP2 edizione 2008 pochi si aspettavano e che comunque è arrivato un po’ tardi considerati i suoi 29 anni.

Si dice che il nome Candiana derivi dal latino Campus Dianae, ovvero campo di Diana, questo perché secondo un’antica leggenda la divinità vi si sarebbe recata per tenere fede ai suoi compiti di dea della caccia. Nomen omen, in un nome, si sostiene, è racchiuso il destino. Vale anche per Pantano, che ha fatto della GP2 Series il suo territorio di caccia negli ultimi quattro anni. Nel 2005, primo anno di vita per la GP2, nata sulle ceneri della vecchia Formula Tremila internazionale, difende i colori del team Super Nova, nel 2006 quelli del Fisichella Motor Sport, nel 2007 si schiera col team Campos prima di stipulare un accordo con il Racing Engineering col quale disputa la stagione 2008. L’esordio in GP2 non è semplice, Giorgio vanta precedenti di lusso nell’ormai dismessa Formula Tremila internazionale e un assaggio più agro che dolce in Formula Uno alla corte di Eddie Jordan. Nessuna vittoria per lui col team Super Nova di David Sears ma tre secondi posti comunque importanti per il morale. Fino alla chiamata di Chip Ganassi, vulcanico team manager italoamericano ed ex datore di lavoro del nostro Alessandro Zanardi nel magico triennio Cart 1996-1998, che lo ingaggia per correre in Indy Racing League (poi ribattezzata IndyCar Series) le due sole gare in calendario previste su circuiti stradali, per dirla in soldoni Sonoma e Watkins Glen, due templi della velocità a stelle e strisce. All’esordio assoluto nella categoria, senza praticamente aver effettuato test preparatori, Giorgio Pantano si ritrova subito ad essere tra i piloti top della Indy Racing League che nel 2005 annovera tra le sue file gente del calibro di Dan Wheldon, Dario Franchitti, Tony Kanaan, Helio Castroneves, Sam Hornish jr e Scott Dixon solo per citarne alcuni. A Sonoma dimostra di saper tenere testa ai mostri sacri della categoria, peccato che qualcosa vada storto e non riesca nemmeno a finire in zona punti. Il padovano si rifà comunque con gli interessi a Watkins Glen, dove termina a ridosso del podio, alle spalle dell’agguerrita triade Dixon-Kanaan-Franchitti dopo essere partito dalla prima fila dello schieramento. Svolta della carriera negli Usa per Pantano? Purtroppo no, nel 2006 Giorgio affronta con il solito coraggio il suo secondo anno in GP2 col team diretto dal pilota di Formula Uno Giancarlo Fisichella. Ma non dalla prima gara, dal momento che subentra al giubilato Luca Filippi, altra speranza dell’automobilismo tricolore ancora tutta da valutare, soltanto verso metà stagione. Ciononostante Giorgio offre ai fans scampoli del suo indubbio talento tornando alla vittoria nella gara sprint di Magny-Cours e dominando entrambe le gare a Monza, sullo stesso circuito dove aveva ottenuto la prima vittoria post-Formula Tre, nel 2001 con il team Astromega. Nel frattempo Chip Ganassi non lo richiama più in America e nel 2007 Pantano non può far altro che tentare nuovamente la carta della GP2 Series. Il pilota che ai tempi del karting dava più di un grattacapo ad un futuro campione come Alonso firma per correre con il team di Adrian Campos, ex driver di Formula Uno nonché ex manager di Fernando. Giorgio è pilota pagato e non pagante, evento raro in una categoria come la GP2 dove solitamente sono i giovani talenti desiderosi di emergere ad assicurare sponsor e quattrini alle squadre impegnate nel Campionato. Pantano vince ancora a Magny-Cours e Monza, tra le sue piste preferite, conquista diversi piazzamenti sul podio e a fine stagione si classifica terzo in Campionato regalando soddisfazioni mai provate prima al team Campos.

Finalmente, il 2008. A poche settimane dall’inizio del Campionato GP2 Series Pantano non risulta tra gli iscritti, addirittura da una dichiarazione pubblicata sul settimanale Autosprint si evince che ben difficilmente Giorgio sarà al via della serie nel 2008. Sbagliato, alla fine anche il suo nome compare tra i partecipanti, accostato al team Racing Engineering di Alfonso d’Orleans-Bourbon, imparentato con i reali spagnoli, col quale firma un contratto annuale. Nel 2008 Pantano è forse l’unico tra gli iscritti alla GP2 ad essere regolarmente stipendiato, come un pilota di Formula Uno capitato per chissà quale errore o disguido in una categoria diversa da quella in cui ci si aspetterebbe di trovarlo. Del resto Alfonso d’Orleans-Bourbon non ha certo bisogno di reperire sponsor dai suoi piloti, l’obiettivo è avere Giorgio Pantano in squadra per puntare dritto dritto al bersaglio grosso, vale a dire il titolo della GP2 Series. E l’indomabile non delude le aspettative. Il team Racing Engineering non ha probabilmente la cultura tecnica né l’esperienza di squadre quali la Art di Nicolas Todt, figlio del Jean ferrarista, della iSport di Paul Jackson o della Arden fondata da Christian Horner, Pantano però se ne infischia amabilmente perché quando la vettura non si rompe ci pensa lui a renderla competitiva e a sparire dalla visuale degli avversari dopo una manciata di curve. Per il padovano maturano così quattro successi a Istanbul, Magny-Cours, Silverstone e Hockenheim, tre piazzamenti sul podio e due quarti posti, sempre molto salutari ai fini della classifica generale. In Francia Giorgio diventa anche il pilota con il più elevato numero di successi in una categoria cadetta, anche se dopo il trionfo di Hockenheim le cose per lui sembrano farsi improvvisamente più difficili. Il suo rivale per la conquista del titolo è Bruno Senna, nipote dell’indimenticato Ayrton nonché pilota del team iSport. Nel prosieguo del Campionato la lotta tra i due si fa via via più serrata. A Valencia nella prima gara Pantano, autore della pole position, sta per tagliare il traguardo in prima posizione quando, a pochi metri dalla bandiera a scacchi, la sua Dallara spinta dal propulsore Renault lo lascia a secco di carburante. Panico. Le certezze di Giorgio e del team Racing Engineering che tanto aveva investito su quel titolo paiono ora avere la consistenza di un castello di sabbia. Niente paura. Senna jr, classe 1983, nelle ultime gare non approfitta della leggera flessione dell’avversario e i conti si risolvono soltanto nell’ultima tappa prevista sul circuito di Monza. Giorgio Pantano vuole laurearsi campione con una vittoria tant’è che all’inizio del week-end tiene fede ai suoi propositi conquistando una pole position stellare. Bruno Senna è indietro, sia sullo schieramento di partenza che in Campionato. Pantano mantiene la leadership fino a metà gara, poi però, in uscita dai box dopo il primo pit-stop, oltrepassa la riga bianca, complice la sede stradale resa umida dalla pioggia unita ad un eccesso di nervosismo, col risultato di dover scontare una penalità. Bruno riesce a concludere in zona punti ma Giorgio è matematicamente campione ancora prima che si disputi la seconda gara del fine settimana monzese. Il neoiridato si congeda quindi dalla GP2 Series salendo sul terzo gradino del podio di Gara 2 dopo una bella rimonta resa possibile da una condotta sì accorta ma al tempo stesso non rinunciataria.

Giorgio Pantano festeggia così, a quasi trent’anni d’età, il successo più importante in carriera. Avere trent’anni. Un limite, forse, per un pilota capace di fare sfracelli sui kart, di vincere nel 2000 il titolo nella Formula Tre tedesca, primo italiano a riuscire nell’impresa dopo Jarno Trulli, di sfiorare il titolo nella Formula Tremila internazionale edizione 2002 grazie anche ad un memorabile duello con l’attuale driver di Toro Rosso Sebastien Bourdais tra Eau Rouge e Raidillon sul circuito-mito di Spa Francorchamps, e di disputare 14 Gran Premi di Formula Uno nel 2004 al volante di una Jordan inguardabile. Un’esperienza, quella di Pantano in Formula Uno, che gli ha per molti versi rovinato la carriera, col risultato di vedersi chiudere in faccia più di una porta da personaggi influenti il cui parere nell’ambiente conta parecchio. Lui, giovane kartista di belle speranze che nella seconda metà degli anni Novanta si era guadagnato l’appoggio della Mercedes prima di passare alle monoposto per effettuare anche test in importanti team di Formula Uno quali Benetton, McLaren e Williams, sembrava destinato ad una sfolgorante carriera nella massima formula, invece a dispetto delle premesse niente di tutto ciò si è potuto tradurre in qualcosa di concreto. In buona parte a causa di una gestione manageriale non all’altezza della situazione, in secondo luogo per via di un carattere (del pilota) da alcuni definito fin troppo spigoloso, tanto da precludergli diversi sbocchi interessanti. Di promuovere (gestire?!) la sua carriera si sono occupati prima il padre, poi un’azienda di management danese, quindi il proprietario del team Super Nova David Sears e più recentemente l’ex pilota di Formula Tremila Severino Nardozi al quale va dato atto di aver saputo contribuire in modo determinante a sistemare diversi tasselli finiti fuori posto nella vita agonistica del padovano. A cominciare dall’approccio mentale da adottare non solo in pista ma anche fuori, un fattore indispensabile per sapersi destreggiare nella giungla dei paddock di tutto il mondo.

Eccola servita, la pazzia di re Giorgio, cui qualcuno ha giustamente affibiato il soprannome Tyson a testimoniare la sua abitudine ad attaccare sempre a testa bassa: riagguantare la Formula Uno, con le buone o con le cattive, ma a scanso di equivoci non per pulire i pavimenti in Toro Rosso (e viste le precendenti delusioni non ci sarebbe di che stupirsi se glielo proponessero!), piuttosto dentro l’abitacolo della monoposto che nell’ultimo Gran Premio d’Italia ha strabiliato tutti grazie alle prodezze del suo cavaliere (quasi) nerovestito Sebastian Vettel. Chi vince in GP2 deve trovare posto in Formula Uno, ha dichiarato Mr. Bernie Ecclestone nel corso del 2008. Forse non si aspettava che a vincere il titolo fosse Giorgio Pantano, successore nell’albo d’oro della GP2 Series di gente come Nico Rosberg, Lewis Hamilton e Timo Glock, tutti piloti che dopo il successo sono riusciti ad entrare, o rientrare come nel caso dell’attuale pilota Toyota che soffiò tra l’altro il sedile a Giorgio in Jordan nel 2004, nell’agognato Circus, meta privilegiata di ogni ambizioso contender. Fatto sta che Pantano, nonostante qualche errore di troppo dettato dalla foga, il Campionato l’ha vinto, e meriterebbe pertanto una seconda chance, forzatamente l’ultima in Formula Uno. Per intenderci, quella stessa seconda chance concessa a Glock, il quale, bontà sua, all’anagrafe evidenzia tre anni in meno rispetto all’italiano. Ce la farà Giorgio, vincitore della GP2 Series, a raggiungere l’obiettivo? Sfortunatamente non dipende soltanto da lui. Confermati gli attuali piloti sia da Bmw che da Williams, i sedili disponibili per il 2009 sono rimasti veramente pochi. Molto dipenderà dalle decisioni di Toro Rosso che perderà sicuramente Wonder Boy Vettel e magari pure l’occhialuto Bourdais, ma anche e forse di più dall’annuncio di Fernando Alonso che dopo il Gran Premio del Brasile rivelerà al mondo il nome della squadra in cui correrà l’anno venturo. Ancora Renault oppure Honda? Se si libererà un posto in Renault, con l’ulteriore possibilità di un Nelsinho Piquet non riconfermato, per Pantano via Briatore (Ghosn permettendo) potrebbero aprirsi scenari altrettanto interessanti. Alonso e Pantano, due nomi, due storie inizialmente così vicine, negli ultimi anni profondamente diverse. Due campioni che si stimano, anche perché non potrebbe essere diverso, sebbene le loro strade si siano ben presto separate. Giorgio ci proverà con tutte le sue forze a tornare nel Circus, questo è sicuro. Ma se dovesse andare male, bè, c’è sempre da scoprire l’America, quell’America che nel breve assaggio datato 2005 Pantano aveva saputo sbalordire con le sue performance in pista. Zanardi ne sarebbe contento, nella convinzione, credo, di poter rivivere attraverso un suo collega, il non giovane Giorgione nazionale (avete presente Francesco Mandelli di MTV?!), per antonomasia e precedenti esperienze simbolo dell’uomo-pilota solo contro tutto e tutti, nemico giurato degli intrighi politico-aziendali che ne hanno negativamente influenzato la carriera, una esaltante, forse sensazionale nuova avventura americana. Naturalmente ancora tutta da scrivere e da gustare.

Ermanno Frassoni