IL DECLINO E LA CADUTA DELL’IMPERO LOTUS
Tutte le squadre di Formula Uno hanno il loro ciclo di vita e le squadre vincenti in qualunque Sport hanno sempre più probabilità di successo nel momento in cui raggiungono l’apice di questo ciclo.
In quest’articolo vogliamo parlare del lento declino e della caduta dell’Impero Lotus in Formula 1.
La scelta di questo “strano” e “insolito” tema si basa su delle considerazioni personali ben precise. Sono parecchi gli articoli che parlano dei cosidetti “Anni d’Oro” del team Lotus, a partire dai successi di Stirling Moss per poi passare a Jim Clark, Graham Hill, Jochen Rindt, Emerson Fittipaldi, Ronnie Peterson e infine Mario Andretti.
Quest’articolo è un po’ “diverso” dagli altri già visti sul Team Lotus. Tratta di un tema, quello della crisi di Squadra, non sempre approfondito al 100% dagli esperti del Mondo della Formula 1, almeno sino ad oggi.
La fase di declino e di crisi di una Scuderia non è un fatto accaduto solamente al Team Lotus. Infatti questo periodo di crisi tecnica e di Squadra è stato attraversato anche da altre importanti Scuderie di Formula Uno come la Ferrari (1991-1993), la McLaren (1994-1996) e la Williams (1998-2000).
In queste pagine ho cercato di approfondire l’argomento in maniera semplice e sintetica, accompagnando i testi con foto e documenti in modo da rendere subito accessibile e comprensibile questo lungo cammino che ha portato alla fine di una delle Squadre di Formula 1 più grandi della Storia.
1978 – 1984 PROLOGO
Il declino e la caduta del Team Lotus in Formula Uno non è un periodo di crisi che la Squadra ha attraversato negli ultimi anni della sua vita. Per iniziare a parlare di crisi bisogna tornare indietro ai gloriosi anni Settanta.
Nel 1978 Mario Andretti conquista il primo Titolo Mondiale della sua carriera al volante della formidabile Lotus 79. La vettura è una sofisticata evoluzione del modello che si era ben comportato nella Stagione precedente, vale a dire nel 1977, quando Andretti vinse quattro Gran Premi, mentre il compagno di squadra Nillson si aggiudicò la corsa di Zolder in Belgio.
Dopo alcune Stagioni in tono minore, la Lotus torna ai vertici della Formula 1 nel biennio 1977/78 con i modelli 78 e 79, le vetture che segnano la nascita della tipologia wing-car (monoposto-ala) e sanciscono di fatto la fine della monoposto convenzionali. Nel 1978 la conquista del Titolo Mondiale è una lotta privata tra i due piloti della Scuderia Lotus: l’italoamericano Mario Andretti e lo svedese Ronnie Peterson. Agli altri piloti non resta che correre per il terzo posto. La terribile scomparsa di Peterson al via del Gran Premio d’Italia a Monza lascia praticamente il Titolo nelle mani di Andretti, che si laurea a fine Stagione Campione del Mondo.
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Con una vettura così formidabile e all’avanguardia tecnica, si preannuncia un periodo di grande splendore per la Scuderia britannica, ma non è così. Colin Chapman, padre fondatore e direttore tecnico della Lotus, non si accontenta dei risultati sinora ottenuti.
Condizionato dall’ansia di introdurre in Formula Uno sempre continue innovazioni, getta al vento la superiorità tecnica accumulata nel biennio 1978/79 nei confronti delle Squadre rivali. Chapman esaspera ulteriormente la tipologia wing-car con la rivoluzionaria Lotus 80, una monoposto dotata di minigonne integrali, che si estendono dal musetto all’asse posteriore della vettura. La monoposto è inoltre priva di alettoni tradizionali. Sulla carta e stando ai risultati in galleria del vento, dovrebbe sviluppare una deportanza sensibilmente migliore rispetto al modello 79. Problemi strutturali e un cattivo funzionamento delle bandelle mobili ne decretano invece il prematuro accantonamento. La novità arriva anche sul fronte sponsor con l’arrivo della Martini, al posto dello storico marchio John Player Special.
Nel 1981, abolite le bandelle mobili, o minigonne, Colin Chapman
tenta la strada del doppio telaio per aggirare i regolamenti con l’ennesima
monoposto rivoluzionaria denominata Lotus 88. La Federazione Internazionale
dell’Automobile non la ritiene però conforme ai regolamenti e le impedisce di
gareggiare, costringendo la Lotus ad allestire in tutta fretta un modello più
convenzionale ed obsoleto denominato 87.
Il fallimento di questi due progetti rivoluzionari, velleitari e scarsamente competitivi, rigettano il Team inglese nell’anonimato del centro classifica. Il peggio deve ancora arrivare. Nel dicembre 1982, all’indomani del successo di Elio De Angelis nel Gran Premio d’Austria, in circostanze a dir poco misteriose, scompare Antony Colin Bruce Chapman.
La versione ufficiale, fornita dalla moglie e dal medico di famiglia, gli unici ad aver visto il cadavere (che non è mai stato ritrovato), parla di un improvvisa crisi cardiaca. Sono però in molti a vederci poco chiaro e ad ipotizzare scenari ben più inquietanti. Da più parti si vocifera un collegamento con la morte, o presunta tale, di Chapman con il fallimento della casa automobilistica De Lorean (nella quale Chapman era coinvolto), e con la sparizione di un’ingente somma di denaro, stanziata dal Governo Britannico, per la nascita di un nuovo costruttore di auto Gran Turismo. La fabbrica di vetture ad alte prestazioni non venne mai creata, tutta l’operazione si rivelò come una delle più grosse truffe ai danni dello Stato Britannico. La fabbrica rimase allo stato embrionale, il fisco inglese ci rimise 80 milioni di sterline e in più l’Irlanda rimase senza la fabbrica ad alto contenuto tecnologico. In seguito, John De Lorean venne arrestato mentre Chapman morì prima che la sua partecipazione all’affare De Lorean divenne pubblica.
La Scuderia britannica viene privata del suo geniale fondatore, un uomo che ha segnato la Storia della Formula 1 con le sue idee tecniche rivoluzionarie, a partire dall’effetto suolo alle wing-car.
Dopo la scomparsa di Colin Chapman per la Lotus inizia un lungo periodo di crisi. L’ormai obsoleto motore Ford-Cosworth viene rimpiazzato con il più competitivo V6 turbo della Renault. La direzione tecnica della Scuderia viene assunta dal brillante ingegnere francese Gerard Ducarouge e dal suo assistente tecnico in Lotus Martin Ogilvie. Nel biennio 1983/84 solo in rare occasioni l’inglese Nigel Mansell e l’italiano Elio De Angelis posso battersi per le posizioni di vertice.
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Mansell domina sul terribile circuito cittadino di Dallas, nel Gran Premio degli Stati Uniti 1984, in una delle gare più calde della Storia della Formula Uno. All’ultima curva dell’ultimo giro finisce la benzina nel serbatoio. La vettura si ferma lentamente sul traguardo. Mansell non si arrende. Scende dalla vettura e inizia a spingerla per varcare il traguardo verso la vittoria. Poco dopo il pilota inglese sviene per la fatica e per l’eccessivo calore dell’asfalto, regalando la vittoria al finlandese Keke Rosberg, al volante della Williams-Ford. La gara di Dallas sarà l’unica possibilità di vittoria per il Team Lotus in una Stagione caratterizzata dal feroce dominio delle formidabili McLaren-TAG Porsche Mp4/2, condotte in gara dall’austriaco Niki Lauda e dal francese Alain Prost.
1985 – 1987 RITORNO AI VERTICI
La situazione precaria in cui versa la Scuderia Lotus cambia nel 1985. Il giovane pilota brasiliano Ayrton Senna da Silva passa alla Scuderia di Ketteringham Hall dopo un anno di apprendistato alla Toleman. Fin dai primi giri a bordo della nuova Lotus-Renault 97T, Senna capisce che questa è la monoposto adatta alle sue qualità e che gli permetterà di ottenere importanti risultati. Il paulista prende il posto di Mansell passato alla Williams e affianca il giovane e promettente De Angelis. La nuova Stagione parte con grandi speranza da parte del focoso pilota brasiliano desideroso di affermarsi in Formula 1. La Lotus 97T resterà per sempre quella che consente al brasiliano di ottenere la sua prima Pole Position alla seconda gara Stagionale, il Gran Premio del Portogallo 1985, disputato sul circuito dell’Estoril. In gara è ancora la pioggia ad aiutare la cavalcata vincente di Senna. Le Lotus di Senna e De Angelis scattano come fulmini andando subito in testa alla gara. La guida di Ayrton è sublime e diede un eccellente dimostrazione di guida sotto la pioggia, transitando per primo sotto la bandiera a scacchi. È la sua prima vittoria in Formula 1. Da allora, il Campione brasiliano è ormai il dominatore incontrastato della Pole Position.
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A partire dal 1985, grazie alla Lotus e al suo formidabile motore Renault, e sino alla prematura fine della sua carriera, Ayrton è il punto di riferimento in questo campo. Per lui, un giro di qualificazione è l’espressione sublime dell’arte di pilotare. Una Pole Position è per forza il risultato di un’osmosi quasi perfetta tra uomo e macchina. E cosa c’è di meglio di questo posto nella griglia, davanti a tutti gli avversari per affermare la propria superiorità? Una gara è più aleatoria, soggetta ad avvenimenti che non sempre il pilota riesce a dominare. Ma un miglior tempo durante le Prove è il risultato di un combattimento assoluto che non lascia molto spazio al calcolo. In questo senso, Ayrton possiede una tecnica davvero particolare. La sua determinazione dà i brividi, mette in ansia i suoi più ardenti ammiratori per la dose di rischio che comporta. Ayrton Senna alla guida della Lotus nera JPS ha lasciato un ricordo indelebile in tutti coloro che amano la Formula 1.
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Nei tre anni che trascorre alla Lotus, Ayrton Senna vince sei gare e consolida la sua posizione come pilota vincente. Nel 1985, oltre alla vittoria in Portogallo, ha conquistato il suo primo successo sul difficile circuito di Spa-Francorchamps, in Belgio. Per la Lotus è il ritorno alla competitività persa dai tempi delle wing-car, ed un nuovo periodo di benessere si preannuncia all’orizzonte. Senna ha l’impressione che la concentrazione di forza della squadra sia divisa su due fronti: su di sui e sull’altro promettente pilota Elio De Angelis. Il pilota romano sarà messo alla porta a fine Stagione per far posto al veloce ma totalmente inesperto conte Johnny Dumfries di modo da concentrare tutte le attenzioni su Ayrton Senna.
Nel 1986 Senna, con l’inaffidabile modello Lotus 98T motorizzato Renault, si aggiudica due vittorie in Spagna e negli Stati Uniti. A Jerez precede sul traguardo di pochi millesimi di secondo la Williams-Honda di Nigel Mansell. Sul circuito cittadino di Detroit, il pilota brasiliano domina la gara alla sua maniera: partenza in Pole Position e fuga solitaria sino al traguardo.
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Nel 1987 la Lotus, dopo anni di sodalizio, passa dalla livrea nera JPS alla livrea giallo-oro Camel. Il vecchio propulsore Renault viene sostituito con il nuovo motore Honda Turbo V6. Al pilota brasiliano, dopo la deludente prestazione di Dumfries, viene affiancato il giapponese Satoru Nakajima, pupillo della Honda. Ayrton Senna porta in gara una vettura dotata di sospensioni attive, un sofisticato sistema computerizzato che permette alla vettura di lavorare sull’altezza da terra e sulla deportanza generata dalla vettura. La Formula 1 inizia un fantascientifico viaggio nel futuro. E ancora una volta la Lotus si dimostra profeta nel campo tecnico rispetto alle altre Squadre.
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La Lotus-Honda 99T è un evoluzione dei modelli che ben si erano comportati nei due anni precedenti. Ma l’innovazione tecnologica delle sospensioni attive è un terreno inesplorato. Il 1987 si trasformerà presto in un anno di transizione per la Scuderia di Norfolk. Senna riuscirà a vincere due gare nell’arco della Stagione, soprattutto grazie alla sua abilità nel gestire la vettura e la corsa.
Ayrton Senna si aggiudica il Gran Premio di Monaco disputato sul diffide circuito di Montecarlo. È il primo della lunga serie di successi del pilota brasiliano sul circuito cittadino monegasco. E due settimane dopo, Senna si dimostra ancora una volta mago di Detroit andando a vincere il Gran Premio degli Stati Uniti. Nessuno ancora lo sa, ma questa sarà l’ultima vittoria della Lotus in Formula Uno.
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A fine Stagione, dopo tre anni di contratto con il Team Lotus, Ayrton Senna lascia la Scuderia di Norfolk per approdare alla McLaren (dove vincerà tre Titoli Mondiali). In Squadra arriverà in sostituzione di Senna un altro celebre brasiliano: si tratta del neo Campione del Mondo Nelson Piquet. L’illusione di un ritorno alla competitività per il Team di Norfolk è di breve durata.
L’illusione, appunto.
1988 – 1990 L’ETERNA ILLUSIONE
Occupiamoci ora in maniera molto più approfondita il periodo vero e proprio del declino e della caduta definitiva dell’Impero Lotus in Formula 1.
Il 1988, ultimo anno dei motori turbo, dovrebbe rappresentare l’anno della svolta per la Squadra britannica. L’arrivo del veloce e grintoso Nelson Piquet, la potenza, l’affidabilità dei motori Honda e la profonda conoscenza di una vettura già collaudata dovrebbero essere le armi del definitivo riscatto della Lotus.
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La nuova monoposto, sponsorizzata Camel, che porta in dote il numero 1 di Campione del Mondo, da parte di Nelson Piquet, è siglata Lotus 100T. Il progettista Gerard Ducarouge la definisce una vettura estremamente convenzionale dal punto di vista tecnico ed aerodinamico. Una vettura dalle linee ben pulite e raffinate. È basata principalmente per puntare alle prestazioni aerodinamiche e meccaniche. L’affidabilità dovrebbe permettere di puntare a grandi risultati. La monoposto si basa sulle esperienze del modello 99T dell’anno precedente, ed evita l’utilizzo delle sospensioni attive, un sistema giudicato troppo pesante e non sufficientemente convincente dal punto di vista delle prestazioni. Il motore è il potentissimo ed affidabile Honda Turbo V6, fornito dai giapponesi anche al Team McLaren.
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Nelson Piquet incomincia la nuova Stagione carico di promesse. “Porto con me tutta la mia esperienza per far si che questa vettura diventi subito vincente. Per quanto riguarda la Stagione 1988 non intendo solo difendermi: ho ancora una grande voglia di vincere. Non vedo perché quest’anno non possa puntare al quarto Titolo iridato della mia carriera”.
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Per la Lotus questa sarà una Stagione di importanza fondamentale, per definire il proprio futuro. Perso l’appoggio della Honda per il 1989, a Peter Warr e soci serve una vettura subito in grado di raccogliere risultati positivi. Piquet sembra essere l’uomo più indicato per assicurare una continuità di risultati, mentre i trionfalismi tecnologici e i proclami di lungimiranza che avevano caratterizzato il debutto delle sospensioni elettroniche sulla vettura della scorsa Stagione, hanno ceduto il passo alla impellente necessità di concretizzare risultati immediati che agevolino poi eventuali contratti con altri costruttori.
Il Mondiale di Formula 1 1988 scatta il 3 aprile in Brasile, sul circuito di Rio De Janeiro. La nuova McLaren-Honda Mp4/4 domina la prima gara della Stagione. Alain Prost vince il Gran Premio inaugurale della Stagione mentre Ayrton Senna, afflitto da problemi al cambio, è squalificato a metà gara per aver cambiato monoposto prima del via della corsa. Al contrario della formidabile prestazione della McLaren, la nuova Lotus stenta a decollare. Piquet e Nakajima giungono al traguardo entrambi in zona punti, rispettivamente terzo e sesto, ma a dire vero ci si aspettava di più dalla nuova monoposto inglese, soprattutto perché i responsabili della Casa di Norfolk hanno avuto maggior tempo a disposizione per studiare la monoposto e collaudarla. La Lotus ha avuto difficoltà che vanno oltre l’aspetto puramente tecnico. Piquet e Ducarouge hanno diversi problemi a lavorare insieme e quando questo si verifica le cose difficilmente possono quadrare. Nelson Piquet ha disputato una corsa accorta e regolare, giungendo al traguardo sul terzo gradino del podio. A Norfolk ci si aspettava qualcosa di più di un terzo posto, soprattutto vista la formidabile prestazione della nuova McLaren, dotata anch’essa dello stesso motore Honda V6 Turbo della Lotus, ma collaudata in extremis nelle Prove a Imola una settimana prima della gara. Il prodotto McLaren, dunque, era tutto da scoprire. I rischi erano elevati, soprattutto per quanto riguarda l’affidabilità. La Lotus, dopo un lungo periodo di collaudo in pista, non aveva mostrato quell’immediato potenziale che si credeva di avere concretizzato durante l’inverno. A tutto questo si aggiunge lo sgradevole clima creato da Nelson Piquet con dichiarazioni non proprio lusinghiere a Playboy Brasiliano nei confronti dei suoi colleghi Mansell, Senna, Prost e anche Enzo Ferrari.
A Imola la situazione non cambia: Senna e Prost dominano, infliggendo alla concorrenza distacchi micidiali con le loro prestazioni formidabili. Piquet giunge ancora una volta terzo sul gradino più basso del podio, ma distanziato di un giro dalla coppia McLaren. Ma la situazione è ancora più grave di quanto sembra. La Squadra, già dopo la seconda corsa, si sta lentamente sgretolando. Piquet, Ducarouge, la Honda e la Camel sembrano già sul piede di partenza da Norfolk. C’è l’ombra di un nuovo scandalo, la cui eco è risuonata anche ai box del Gran Premio di San Marino.
Come uno spettro, si ritorna a parlare del discusso
scandalo De Lorean e sulla misteriosa scomparsa di Colin Chapman. Il Sunday Times
ha scoperto che insieme a Chapman era coinvolto anche Fred Bushell, attuale
proprietario del Team Lotus F1. Gli investigatori sono entrati in possesso
delle ricevute bancarie che dimostrano, in data 15 novembre 1978, l’avvenuto
trasferimento di 720.000 dollari a Colin Chapman e 90.000 dollari a Fred Bushell
dal conto n. 62312, dalla United Overseas Bank di Ginevra, al Credit Suisse di Zurigo.
Risulta poi che del 1979 altri quattro milioni di dollari sono stati trasferiti
ai due titolari della Lotus (per la precisione 3.600.000 dollari a Chapman e
400.000 a Bushell) e che un anno dopo 1.715.000 sterline hanno preso la direzione
della società “Compte JJ”. Una società che gli investigatori ritengono essere
stata, di fatto, controllata da Chapman e Bushell. Inutile dire che il conto da
cui partivano tutti i versamenti in favore di Chapman e Bushell era, di
proprietà della società Gpd Services Inc, registrata a Panama, e che “reggeva”
tutto il complicato sistema contabile della truffa ideata da Chapman e De Lorean.
Prima di finire nelle casse della Gpd Services Inc, il denaro effettuava un
giro vizioso attraverso banche di Belfast, New York e Ginevra. Da dire che
quando l’operazione De Lorean aveva cominciato a puzzare d’imbroglio, Chapman,
che di lì a poco sarebbe scomparso, ebbe a dichiarare che: «La Gpd, è una
creazione di De Lorean, ed è lo stesso De Lorean a volere che i soldi finiscano
in Svizzera». Invece, gli ultimi sviluppi della vicenda tendono a confermare
che la Gpd era una società di Colin Chapman. In totale Chapman e Bushell
avrebbero ricevuto dalla Gpd circa 8,5 milioni di dollari. La stessa cifra è
andata poi a John De Lorean. Fred Bushell, nonostante le copie dei
trasferimenti bancari rappresentino una prova inconfutabile, ha dichiarato di
non aver ricevuto un solo penny dalla Gpd e di essere del tutto estraneo
all’operazione Chapman-De Lorean.
A Montecarlo, terza gara della Stagione, non basta presentare numerose modifiche aerodinamiche al posteriore della vettura per risorgere. Piquet si becca in Prova quattro secondi e mezzo di distacco dalla formidabile Pole Position del solito Senna, mentre Nakajima non riesce neppure a qualificarsi. In gara non andrà meglio per il Campione del Mondo in carica. Piquet è toccato dalla ruota posteriore destra della Arrows di Cheever e rovina il musetto e soprattutto l’attacco della sospensione anteriore destra. Dopo il primo giro di gara le Lotus sono già fuori gioco. La trasferta monegasca si rivela dunque un disastro…
Nei test svolti nelle settimane successive, si cerca di trovare una soluzione al terribile comportamento delle sospensioni della 100T e di sviluppare l’assetto. Si ipotizza, per cercare di colmare il distacco dai Team rivali, un ritorno all’antica, cioè il riutilizzo di un sistema rivisto e corretto di sospensioni attive.
La Lotus sta attraversando un momento talmente difficile da mettere persino in dubbio il suo futuro. Le ragioni principali di questa crisi, sono da ricercare in quella “eredità” dell’affare De Lorean che, dopo aver rovinato i destini di Colin Chapman e John De Lorean, rischia adesso di ripercuotersi come un boomerang sulle sorti stesse del Team Lotus. I recenti sviluppi investigativi avrebbero accertato che buona parte di questi soldi sarebbero finiti nelle casse del Team Lotus. Lo scandalo che si sta venendo a creare sta per scoppiare, ed è logico che gli attuali partners della Lotus, stiano pensando a soluzioni alternative. Quale futuro per la Lotus? Se Peter Warr, da sempre legato al Team fondato da Colin Chapman, sta pensando di andarsene, vuol dire che la situazione della Lotus è veramente difficile. Ducarouge e la Honda sembrano certamente destinati ad andarsene, mentre Piquet e la Camel restano un serio punto interrogativo.
Poco tempo dopo la Lotus viene messa ufficialmente in vendita. La Squadra è sotto il controllo della Polizia Giudiziaria Britannica che vuole accertarsi in che maniera sono stati impiegati i soldi ricevuti da Fred Bushell e finiti nelle casse del team. In un primo momento, la Camel aveva seriamente pensato di acquistare il Team ma problemi di fornitura di motore fecero saltare l’accordo. A Montreal arriva la conferma del proseguimento del contratto di Piquet, Warr e della Camel. Vengono confermate, invece, le voci insistenti della partenza di Ducarouge verso la Ligier e della fornitura di motori Honda.
Nelle gare successive, in Messico, Canada e Stati Uniti, continua il feroce dominio delle McLaren-Honda di Senna e Prost, mentre la Lotus è impegnata a risolvere i propri problemi sulla vettura e all’interno della Squadra. A Detroit viene utilizzata una vettura dal passo allungato di 8 cm, segno che la Squadra si sta impegnando con tutte le proprie forze disponibili a risollevarsi dalla crisi tecnica in cui è incorsa nella prima parte di Campionato.
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La Stagione 1988 si trasforma presto in una disfatta per il team di Norfolk. Per la Stagione 1989, la Lotus ottiene la fornitura dei motori Judd, qualitativamente certamente non i migliori del lotto.
Piquet chiude una Stagione segnata da continui problemi con un terzo posto dietro alla coppia McLaren Prost-Senna nell’ultima gara Stagionale in Australia, sul circuito cittadino di Adelaide.
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Chiusa la Stagione 1988, la Lotus guarda con cauto ottimismo al futuro. C’è una Squadra lentamente da ricostruire, pertanto, i progetti Lotus ripartono da zero. Cacciato Ducarouge, la direzione tecnica della Lotus viene assunta dal direttore tecnico britannico Frank Dernie, con il quale Nelson Piquet aveva lavorato nel biennio 1986-87 alla Williams. La nuova monoposto siglata Lotus 101, è una vettura completamente diversa dal modello 100T. È studiata in funzione dei nuovi Regolamenti tecnici, che impongono l’utilizzo di motori aspirati al posto dei motori turbo. La vettura è equipaggiata con un motore Judd a otto cilindri.
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La Scuderia Lotus inizia il Campionato in una maniera completamente catastrofica. La nuova vettura rivoluzionaria è un disastro. Le prestazioni sono indecenti, colpa anche del nuovo motore Judd V8, che non assicura sufficienti cavalli. Piquet e Nakajima sono costretti in quasi tutte le gare a partire dalle ultime posizioni, e non riescono neppure a terminare le gare per i cronici problemi di affidabilità. Nelson Piquet, svogliato e demotivato, riesce a piazzarsi in zona punti per la prima volta nella Stagione al Gran Premio del Canada, una gara costellata di ritiri a causa della pioggia. Con il quarto posto di Montreal, la Lotus conquista i primi punti della Stagione. Un mese dopo, sul circuito di Silverstone, Piquet conduce una Lotus sul viale della resurrezione nuovamente al quarto posto, dopo essere partito al decimo posto sulla griglia di partenza.
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Le prestazioni della vettura sembrano migliorare di gara in gara. In Germania Piquet giunge quinto al traguardo dietro alle coppie McLaren e Williams dopo essere partito ottavo in griglia di partenza. Lotus ancora a punti in Ungheria, ancora con il solito Piquet che, partito diciassettesimo, giunge al traguardo sesto agguantando un punticino iridato.
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La Scuderia di Norfolk tocca il fondo sull’abisso nel week-end di fine agosto sul circuito di Spa-Francorchamps, in Belgio. Entrambe le vetture gialle-blu non riescono a qualificarsi per la gara. È l’apice della crisi Lotus nella Stagione di Formula 1 1989. Nelson Piquet decide di lasciare la Squadra dopo due anni di sodalizio, firmando un contratto biennale con la Scuderia Benetton. Uno sconcertato Flavio Briatore gli offrì un contratto in base al punteggio in classifica del pilota brasiliano. A fare la valigia dalla Lotus, dopo una lunga permanenza durata tre anni, è anche Satoru Nakajima.
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La Squadra è completamente a pezzi. L’unica certezza è la permanenza del munifico sponsor Camel che almeno assicura soldi al Team. La crisi Lotus è a livello di vettura-piloti-squadra-sponsor e budget. Gli ultimi piazzamenti della Lotus nella Stagione 1989 sono due quarti posti, uno di Piquet (Giappone) e uno di Nakajima (Australia), finalmente a punti dopo una Stagione sottotono. La Squadra si piazza al sesto posto nella Classifica Mondiale Costruttori con 15 punti all’attivo.
Con Piquet e Nakajima alle porte, in direzione Benetton e Tyrrell, la Lotus rivoluziona la coppia di piloti per la Stagione di Formula 1 1990. Il primo pilota è l’esperto pilota inglese Derek Warwick, che vanta un modesto passato in Toleman, Renault e Arrows. Il secondo pilota è un debuttante sempre di nazionalità inglese: si tratta di Martin Donnelly, che vanta un grandioso passato nella Formula 3 Inglese e in Formula 3000 con il Team di Eddie Jordan. La vettura, siglata 102, è una profonda evoluzione del modello 101 della Stagione precedente. Novità anche sul fronte motoristico, con l’arrivo del nuovo motore Lamborghini a dodici cilindri progettato dall’ingener Mauro Forghieri, ex direttore tecnico della Scuderia Ferrari tra il 1962 e il 1986.
La Stagione 1990 è una fotocopia dell’annata 1989. Sui risultati
c’è poco da dire: la Lotus latita nelle posizioni di media-bassa classifica.
Le prestazioni di Warwick e Donnelly si assomigliano su una vettura totalmente
inaffidabile e poco rapida rispetto alla concorrenza. Warwick riesce a piazzare
la Lotus in zona punti in Canada e in Ungheria, giungendo rispettivamente
sesto e quinto al traguardo. La Camel annuncia il non-proseguimento del contratto
con la Scuderia di Norfolk a fine Stagione: un vero colpo duro per la Lotus.
Derek Warwick è protagonista di un terribile incidente a Monza. Alla fine
del primo giro, la Lotus del pilota inglese sbatte contro il guard-rail della
curva Parabolica e si ribalta. Fortunatamente il pilota inglese esce indenne
dalla sua monoposto, mentre la corsa viene interrotta. Warwick riesce a superare
l’esame medico e, molto coraggiosamente, si schiera nuovamente con gara con
il muletto. Ma il peggio deve ancora arrivare…
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All’arrivo nell’accogliente Hotel Los Cantaros, scelto l’anno prima a Jerez de La Frontera dalla Lotus come rifugio per lo staff tecnico, il team manager Rupert Manwarning era addetto al bar. “Le pulizie primaverili” di metà Campionato avevano visto la partenza del manager di lunga durata Peter Warr, e adesso il comando delle truppe gialle era nelle mani di Manwarning. Il destino della Lotus sembrava ormai segnato, con due piloti di metà classifica e la perdita a fine anno dello Sponsor Camel. Dalla partenza di Senna, quella della Lotus fu una triste storia. C’era stata ancora qualche speranza, nel biennio 1988-89, grazie a Piquet, ma solo un po’, perché il ciclo di vittorie si era ormai esaurito. Ora sembravano un gruppo di scolari disillusi in vacanza.
Il giorno dopo, venerdì 28 settembre 1990, l’intero gruppo
in tuta gialla fu ridotto quasi alla disperazione. Negli ultimi minuti della
prima sessione di Qualifica, Martin Donnelly andò a sbattere contro le barriera
a quasi 250 Km/h alla terribile e veloce curva Ferrari. In quello che sembrava
più un incidente aereo che d’auto, la sua Lotus a motore Lamborghini fu ridotta
a pezzetti, tranciata letteralmente in due. Donnelly era miracolosamente sopravvissuto,
anche se gravemente ferito. La violenza dell’impatto che coinvolse Donnelly
fu tale da farlo volar via dalla macchina distrutta, lasciando il suo corpo
esamine in mezzo alla pista, con il seggiolino ancora attaccato al corpo del
pilota. In un primo momento sembrò che per lo sfortunato pilota non ci fosse
nulla da fare, ma il primo referto medico, all’ospedale Virgen de Rocio di
Siviglia, parlò di fratture multiple alle gambe e alla clavicola destra, oltre
a un trauma cranico. Per il Donnelly pilota la carriera è terminata, mentre
l’uomo Martin si riprenderà poco alla volta dopo una lenta e faticosa convalescenza,
che lo porterà a coronare il recupero del suo fisico con il matrimonio.
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L’incidente di Donnelly fu un colpo durissimo per le sorti della Scuderia. Con l’incidente di Martin Donnelly a Jerez finisce il periodo di illusione della Lotus e inizia un lungo periodo di crisi dal quale la squadra non si risolleverà mai più.
1991 – 1993 I LUNGHI ANNI
Al posto di Martin Donnelly, a fine Stagione, viene ingaggiato il giovane e promettente pilota inglese Johnny Herbert (rimasto senza un volante a causa dei posteri del pauroso incidente di Brands Hatch nel 1988). Tirando le somme finali, per la Lotus è stata un’altra Stagione lunga e difficile, senza considerare i gravi incidenti in cui sono rimasti coinvolti Warwick a Monza e Donnelly a Jerez. La crisi in cui è incorsa la Lotus diventa anche una crisi finanziaria per la mancanza di sponsor munifici. Nell’arco di tre anni, la Lotus ha perso i suoi pezzi per strada, con l’abbandono di Piquet, Ducarouge, Honda e infine Camel.
Ma, ormai ridotta al…verde, la Scuderia Lotus riesce a mettere a segno un colpo a sorpresa assicurandosi i servigi del chiaccheratissimo tecnico Enrique Scalabroni. L’argentino, in bufera con il Team Ferrari, viene ingaggiato dalla Lotus nel gennaio 1991. L’ingaggio di Scalabroni è senza dubbio un grande colpaccio da parte di un marchio prestigioso come la Lotus. Scalabroni è l’uomo giusto per risollevare la Lotus dalla sua crisi tecnica e per permetterle, con poco materiale a disposizione, di disputare un Campionato all’altezza del suo nome. La Scuderia è in pieno ritardo con la progettazione della nuova vettura per la nuova Stagione...