Diceva Enzo Ferrari che l'auto più bella "è quella che vince" e sicuramente tale affermazione è stata segretamente condivisa da numerosissimi team manager, piloti e... tifosi.
Lasciando da parte questi simpatici aneddoti, molte sono state le monoposto di Formula 1 davvero belle; vetture che si sono distinte per forme tecnologicamente accattivanti, per linee piacevoli, per colorazioni esteticamente ben riuscite e che si sono innalzate nell'olimpo delle auto restando perennemente nella memoria storica. Tutto questo al di là della reale competitività dimostrata, dai risultati raggiunti, dai condizionamenti del tifo e delle simpatie e ricordi personali. Un'auto bella è bella di per se stessa ed è tale prevaricando i confini del periodo storico nel quale ha calcato i circuiti, accomunando le forme ai colori, l'accuratezza nella costruzione ai particolari ben riusciti. E forse per un giudizio attendibile bisognerebbe aver avuto la possibilità di vederle tutte dal vero; rombanti a folle velocità in curva oppure lucenti e pulite a due passi dalle nostre mani che vivrebbero solo per accarezzarle.
Detto questo e tutto molto semplice vero? Direi proprio di no. Non esiste l'auto più bella in assoluto; è impossibile identificarla tra tutte quelle che hanno riempito le piste di rumori e odori. Di auto belle ce ne sono state svariate, moltissime e ad un rapido pensiero se ne possono identificare solo alcune, le più conosciute, le più banali... se di banalità si può parlare.
Lo so.
So già che leggendo queste righe la vostra memoria (come la mia) è già andata alla inconfondibile e leggendaria livrea nera e oro della John Player Special. Banale? Può darsi; ma si tratta della banalità di una scelta condivisa universalmente nel tempo e nello spazio. Questa banalità non fa altro che ratificare una scelta inconsapevole donandole i crismi della verità.
Cerchiamo invece di andare oltre, di scavare a fondo nei ricordi, di setacciare attentamente imponendoci un ordine mentale, di fuoriuscire dai luoghi comuni, di trovare, anzi di ritrovare, qualcos'altro di più inconsueto che di primo acchito la nostra mente non può rintracciare, ma che poi avrà il sapore della riscoperta, della piacevole rivelazione.
Per ora andiamo ancora a caso, e proviamo a fare qualche nome... eccellente oppure no.
La Ferrari F1 2000 del 2000; la Mercedes W196 del 1955; la Lotus 72 del 1975; la Zakspeed Zk189 del 1989; la Benetton B188 del 1988; la Williams Fw17b del 1995; la Maserati 250 F del 1957; l'Alfa Romeo 182 del 1982; la March 881 del 1988; la Williams Fw14 del 1991; la Renault Re60 del 1985; la Ligier Js19 del 1982; la Wolf Wr-1 del 1977; la Ferrari 312B del 1970; la Mclaren Mp4/14 del 1999; la Jordan 197 del 1997; la Brabham Bt 52 del 1983; la ATS D6 del 1984; l'Alfa Romeo 184 del 1984.
Troppe? Io direi piuttosto troppo poche. La lista è sicuramente più lunga, altre monoposto meritano sicuramente di farne parte a pieno titolo. Forse alcune di queste non troveranno tutti d'accordo ma la ragione potrebbe essere riconducibile a scarsa memoria, alla predilezione per un certo periodo storico, all'avversione per gli sponsor o per la monocromia degli anno d'oro.
Gli scontati e monoformi "siluri" degli anni sessanta? Pensiamo alla Eagle TG1 del 1967 o alla Lotus 49B del 1968. Quegli strani veicoli in fase di mutazione dei primi anni settanta? Riflettiamo sulla la BRM P160 del 1971.
Tante altre ancora; monoposto che oggi potrebbero non piacere ai più o passare inosservate ma che nel loro periodo riscuotevano consensi ed ammirazione per la tecnica e (restando in argomento) per la bellezza. Per ogni periodo ci sono sicuramente esemplari da ricordare, vetture che hanno stupito per le sensazioni che provocavano ancora prima di scendere in pista e dei responsi cronometrici. In futuro cercherò di scrivere su qualcuna di queste narrandone le gesta, vittoriose o meno che siano. Ognuno di voi è invitato a fare altrettanto a seconda dei gusti personali.