4. Tipologia di flusso laminare e turbolento: casi pratici di miglioramento/eliminazione effetti negativi
 
In questa parte vedremo brevemente come si fa a studiare l’evoluzione del bl, e quali sono i maggiori problemi che si incontrano nella pratica reale.
 
4.1 – metodi di studio del flusso:
In aeronautica ci sono vari metodi per studiare il bl, vediamo i piu’ usati:
 
LFC - Laminar flow control:
E’ un metodo attivo per controllare il bl, usando la “suction” per mantenere i Re all’interno di un valore accettabile.
Ma cos’e’ la suction? E’ un temine che definisce una pratica di miglioramento dell’efficienza delle ali, praticando vari buchi sulla superficie e costruendo delle camere di contenimento all’interno dell’ala, per “succhiare” all’interno il flusso in eccesso e farlo ruotare all’interno delle stesse. Il flusso poi solitamente uscira’ da un altro buco piazzato in una camera adiacente e collegata alla 1’ tramite tubi orizzontali.
 
Abbiamo visto prima che in condizioni critiche, il punto di separazione tende a spostarsi in avanti (upstream). Questo metodo, tende a controllare soprattutto la regione del le, riducendo il piu’ possibile il raggio, migliorando cosi’ anche l’ampiezza della regione creatrice di vortici ed avendo la possibilita’ di allungare la regione di accelerazione del flusso.
 
NLF - natural laminar flow:
Consiste nel modificare la geometria dell’ala, per ottenere favorable P gradients il piu’ a lungo possible, senza aggiunte alla superficie gia’ esistente.
HLFC - hybrid laminar flow control:
E’ un ibrido tra il 1’ ed il 2’ metodo: l’NLF e’ mantenuto su tutta l’ala, eccetto la le region, dove si usa l’LFC.
 
Metodologia di LFC:
1-     Si effettua il design dell’ala
2-     I valori di P e vel sono ottenuti tramite il CFD
3-     I valori di B layer sono ottenuti dopo lo step 2
4-     Questi parametri sono usati per determinare il flusso di suction e la sua distribuzione sull’ala
 
Ma qual’e’ il piu’ usato?
Sicuramente, in applicazioni al suolo, il 2’, anche perche’ e’ il piu’ facile. Il 1’ metodo e’ invece molto utilizzato in applicazioni aeronautiche, dove una superficie porosa (suction) e’ molto spesso visibile sulle ali d’aereo.
Metodologia di NLF:
5-     Si effettua un primo design dell’ala
6-     I valori di P e vel sono ottenuti tramite il CFD
7-     Si modifica la geometria dell’ala se i valori ottenuti non sono quelli desiderati
8-     I valori di B layer sono ottenuti dopo lo step 7
9-     Si conferma la geometria effettuando piccoli ritocchi al massimo sull’ala
Questa metodologia descritta, si usa chiamare “approccio diretto”, perche’ parte da una data geometria e studia poi lo sviluppo del bl.
 
Esiste pero’ anche “l’approccio indiretto”, che parte da una data distribuzione di P su di un’ala per poi derivare, tramite programmi specifici, la geometria come output.
Qui, sempre in applicazioni al suolo, la piu’ usata e’ la 1’, visti anche gli ovvi e molto restrittivi regolamenti tecnici sulle dimensioni ammesse d’ali.
Quando il punto di separazione si sposta in avanti (upstream), il vero problema che si pone al designer dell’ala, e’ quello di determinare l’altezza max che consenta il mantenimento del flusso laminare, tenendo d’occhio anche l’altezza delle imperfezioni sulla superficie ammissibile.
Normalmente, per assicurare un perfetto LF (laminar flow, flusso laminare), e’ necessario mantenere al max un altezza di imperfezioni sull’ala < 0,001 inches (1 inch e’ = circa a 2,5 cm, quindi fate voi...).
L’altezza critica pero’ diminuisce (non aumenta cioe’ esponenzialmente, ma gradatamente) con l’aumentare del numero di onde e quindi di disturbo.
 
4.2 – i vortici
Parliamo ora del problema piu’ grande per un aerodinamico: i vortici.
I vortici sono come dice la parola, movimenti casuali di flusso che si “creano” ai tips delle ali (cioe’ ai lati).
Ho messo tra “ ” la parola creano, perche’ non e’ del tutto vero. Secondo vari teoremi infatti (Helmoltz), i vortici non si creano ne’ finiscono nel flusso...ma lasciamo stare direi, vista la complessita’ dell’argomento. Vediamo piuttosto le cose che ci possono interessare di piu’.
 
Ricordate il discorso delle ali a 2D o 3D?
Avendo un’ala a 3D in tutti i casi reali, abbiamo, oltre al problema delle imperfezioni, del mantenimento del LF sull’ala e di decidere la geometria corretta per la nostra applicazione, anche quello di “gestire” questi vortici.
La regola fondamentale e’ che i vortici si creano sempre e comunque.
Ve ne sono di 2 tipi fondamentalmente:
i laterali          quelli che si formano ai lati dell’ala e viaggiano sulla lunghezza di span;
i longitudinali quelli che si formano nel retro dell’ala e viaggiano sulla lunghezza di corda.
 
Questi sono molto diversi tra di loro, ma una cosa li accomuna:
l’aria cerca sempre di “pareggiare” i valori di Pressione, andando (se necessario, cioe’ se esiste una differenza ad un dato tempo tx) sempre dalla regione di alta pressione a quella di bassa.
I vortici si creano proprio per la tendenza dell’aria a compensare queste differenze.
Sappiamo bene che un’ala che crea downforce deve avere per forza piu’ P nella parte superiore dell’ala, mentre un’ala d’aereo il contrario, giusto?
Per cui e’ immediatamente evidente la direzione dei vortici, perlomeno del 1’ tipo:
vediamo subito un esempio grafico per capire meglio di cosa si sta parlando:
 
clip_image002.jpg (14055 byte)
qui vediamo in alto quello che abbiamo detto prima a parole: l’aria tende a compensare gli effetti di P in un’ala d’aereo, andando sempre verso la zona a bassa P e cioe’ (in questo caso) in alto.
In basso avete la stessa cosa, ma “ripresa” da un’altra angolazione (abbiamo qui solo il 1’ tipo: i vortici laterali).
 
Vediamo adesso in dettaglio il 2’ tipo:
 
Sempre in un’ala d’aereo (che viene usata sempre nello studio teorico) possiamo vedere un’altra cosa nuova: sulle 2 superfici (sopra e sotto) dei vortici si creano al le e scorrono per tutta l’ala, ma in direzioni differenti, a seconda se si sta trattando la superficie sotto o sopra (lower or upper surface).
Una volta arrivati al te, queste 2 direzioni differenti si mischiano, dando origine ai veri vortici esistenti dopo il te e per una certa distanza oltre l’ala:
clip_image004.jpg (13385 byte)
come potete vedere nella upper surface, le linee di flusso scorrono verso l’interno, mentre in quella inferiore, verso l’esterno.
Ovviamente, per un’ala a downforce, sara’ il contrario.
Ed ecco sotto, finalmente, la rappresentazione finale dei vortici creati al te.
Ai 2 tip (dx e sx) i main vortices avranno direzioni opposte (uno verso l’interno ed uno verso l’esterno).
 
clip_image006.jpg (7607 byte)
ma andiamo piu’ a fondo: cosa creano questi vortici di cosi’ negativo?
La viscosita’...
Il flusso, in queste regioni di forti vortici, infatti, si separa molto violentemente, trasformandosi in totale viscosita’...
Avete mai notato, anche giocando a gp3, che facendo l’eau rouge a Spa (ad esempio), se siete troppo vicini ad una macchina davanti a voi, rischiate di finire fuori mantenendo lo stesso gas?
Uno dei motivi e’ proprio che la vostra ala frontale prende, invece di flusso libero, della viscosita’ piena, che in pratica sarebbe aria “sporca”, che non riesce certo a generare la quantita’ di downforce normale che sarebbe necessaria, diminuendo cosi’ l’efficienza complessiva dell’ala (la ragione piu’ importante e’ un’altra, ma la vedremo dopo).
Un motivo piu’ serio e’ invece su applicazioni aeronautiche: quando un aereo si alza in volo, infatti, il seguente deve per forza aspettare una data quantita’ di tempo, dipendente dalla grandezza dell’aereo che lo precede, in modo da evitare di avere problemi alle ali.
Vediamo infatti cosa succede in questo caso:
 
clip_image008.jpg (17433 byte)
nel 1’ disegno abbiamo un aereo che si sta alzando in volo: come potete vedere, si creano 2 sezioni ben distinte:
1 di upwash ed 1 di downwash (cioe’ direzione di flusso in alto ed in basso rispettivamente), una all’esterno della superficie alare dell’aereo che si alza in volo e l’altra all’interno. Ebbene, se un altro aereo si alzasse in volo subito dopo il primo disegnato, incontrerebbe questa regione di piena viscosita’, che renderebbe molto meno efficienti le sue ali, rischiando di mandarle in stallo.
(considerate sempre che un’ala che genera downforce, invece, fa esattamente l’opposto).
 
Si puo’ ridurre questo effetto negativo, che non fa altro che aumentare notevolmente il drag?
Certo, ed e’ anche molto semplice:
aggiungere degli endplates ai lati delle ali...
facendo cosi’ infatti, si riducono di molto gli effetti negativi, riducendo a priori i vortici sulle ali, soprattutto del 1’ tipo.
clip_image010.jpg (5254 byte)
ma lo vedremo meglio in una delle parti seguenti.
 
4.3 – le shock waves
Altro problema sono poi le shock waves, ossia le onde di shock. Queste onde che passano attorno ad un’ala sono prevalenti e molto rilevanti in casi di Re molto elevati, a velocita’ solitamente sopra Mach = 1 (1000 Km/h) e quindi solo in applicazioni aeronautiche.
Ma una minima influenza l’hanno anche a valori piu’ bassi di Re.
Un’onda e’ in pratica una linea trasversale di energia che attraversa ad alta velocita’ un oggetto in movimento.
Il flusso (l’aria) residente davanti ad un oggetto in movimento, riesce ad avvertirne il moto, comprimendosi e decomprimendosi con una certa oscillazione.
Se la velocita’ dell’oggetto e’ bassa, l’aria riesce a decomprimersi prima che l’oggetto passi, dando cosi’ una bassa energia all’onda trasversale che attraversera’ l’oggetto all’arrivo; ma se la vel e’ molto alta, l’aria non riuscira’ a decomprimersi totalmente, creando il cosiddetto shock.
In pratica questa onda crea una modificazione sull’oggetto della temperatura, di P e di calore dissipato, modificando cosi’ tutta la distribuzione normale di P su un oggetto che avrebbe se lo shock non ci fosse.
Facciamo un esempio:
e’ data un’ala con una distribuzione di P data da:
regione ala
Valori di pressione
0%, leading edge
-2.0
0-10%
-1.70
11-30%
-1.20
31-60%
  0.80
61-100%, trailing edge
  0.90
(fissando relativamente alla corda le distanze in percentuale, dove 0 sara’ il le e 100 il te)
Quando un’onda attraversa l’ala, la nuova distribuzione immediata sara’:
regione ala
Valori di pressione
0, leading edge
-0.5
0-10%
  0.10
11-30%
  0.90
31-60%
  1.30
61-100%, trailing edge
  2.0
(fissando relativamente alla corda le distanze in percentuale, dove 0 sara’ il le e 100 il te)
 
Ovviamente, l’onda, poi supera l’ala e le distribuzioni tornano normali, ma questo scompenso ha peggiorato nel frattempo, notevolmente, l’efficienza dell’ala.
Vediamo subito un disegno che ci fa capire meglio di cosa si sta parlando:
 
clip_image012.jpg (26688 byte)
come potete vedere, in alto a sx abbiamo il caso di 0 movimento, nessun’onda creata (l’oggetto e’ il puntino nero in mezzo);
in alto a dx, l’oggetto si muove a 500 Km/h verso sx, le onde iniziano ad avvicinarsi l’una all’altra prima dell’oggetto, creando una compressione del flusso (capiamo meglio qui la definizione di flusso compressibile, ricordate?);
in basso a sx stiamo andando a 750 Km/h, le onde si stanno avvicinando tra loro pericolosamente, dando una riflessione sull’oggetto gia’ di alti valori;
in basso a sx, infine, siamo a 1000 Km/h, il flusso non riesce piu’ ad “avvertire” l’avvicinarsi dell’oggetto per comprimersi e decomprimersi e crea un’onda molto potente che attraversa l’oggetto.
Vediamo ora questo disegno, che ci mostra bene l’onda sviluppata su un’ala:
clip_image014.jpg (34925 byte)
come potete vedere, l’onda qui si forma solo da una vel > 850 Km/h (2’ riga), mentre nella 1’ riga riusciamo ancora a non avere problemi.
Introduciamo brevemente cosa significa flusso subsonico e supersonico:
il flusso subsonico si ha se la vel rimane sotto i 1000 Km/h; e’ detto supersonico se e’ maggiore.
Come si nota, un’onda porta una sua parte a velocita’ supersonica anche se stiamo andando ben sotto il valore critico (riga 2). La parte frontale infatti di questa, possiede sempre una velocita’ supersonica, qualunque sia la velocita’ dell’oggetto. Dietro l’onda, il flusso rallenta poi a velocita’ subsoniche.
Guardate ora la riga 3: onda molto forte a 1000 Km/h: il disegno vi fa notare le dimensioni in differenza tra un’onda creata a basse velocita’ e quelle create ad altissime velocita’.
Anche qui sorge la domanda:
e’ possibile limitare o elimare del tutto gli effetti negativi di un’onda?
Certamente, grazie al “metodo di cancellazione delle onde”:
questo metodo implica che venga creata un’altra onda artificiale con una similare ampiezza (gamma) della naturale, ma fuori fase rispetto a questa.
Usando 2 fili vibranti (1 upstream ed 1 downstream), si devono creare onde a 180’ gradi fuori fase rispetto alla naturale.
Se per esempio abbiamo un’onda naturale a 0,6 gamma, introducendone 2 (1 per superficie) a soli 0,1 gamma, la prima onda verra’ ridotta drasticamente.
La cosa da evitare il piu’ possibile e’ pero’ l’interazione tra le 2 onde artificiali, che creerebbe un maggiore livello di disturbo 3D, che preverrebbe la rilaminarizzazione dell’ala (cioe’ la ricreazione di un flusso laminare sopra).
 
4.4 - lo stallo
Per concludere il capitolo, parliamo ora di cos’e’ uno stallo, che abbiamo visto in uno dei precedenti argomenti.
 
Si dice che un’ala e’ in stallo, quando questa perde la sua efficienza ad un dato alpha.
Abbiamo visto che un’ala puo’ essere messa ad una certa angolazione giusto?
Ed abbiamo anche detto che per ogni applicazione, si deve studiare la geometria adatta.....
Tutto cio’ deve poi essere coadiuvato pero’ anche dal giusto alpha. Se infatto piazziamo su una macchina una data ala ad esempio ad una alpha = 5’, avremo una data force di P sulla superficie (che chiamiamo P5).
Se ad un certo punto aumentiamo l’alpha, aumenteremo ancora il valore di force totale.... quindi verrebbe ora spontaneo dire:
ma se noi aumentiamo all’infinito l’angolo (per assurdo), avremo sempre + force.....
sbagliato!
Questo perche’ l’ala ha un limite di forza permessa. I valori di P abbiamo visto che mano a mano che aumentiamo l’alpha, aumentano. Ad un certo punto pero’ (cioe’ ad un alpha = x), i valori di P sull’ala non “riescono” a modificarsi piu’ di tanto, aumentando anche notevolmente l’angolo d’incidenza.
Ma come si fa a vedere in pratica su un’ala qualsiasi questo alpha = x?
E’ molto semplice: con il pitot tube.
Piazzando questo su dati punti dell’ala (quindi piu’ tubes), e’ possibile ad un certo alpha = x, vedere appunto che i valori di P non aumentano....
E questo quindi cosa significa?
Che noi possiamo anche settare un’ala oltre questo dato alpha = x (stallo), ma non avremo benefici ulteriori, anzi. Avremo infatti una grande quantita’ di drag supplementare, a parita’ di force....e quindi?
Una totale force minore......
L’angolo di stallo viene solitamente studiato e dichiarato dal costruttore dell’ala, che effettuera’ varie prove nel tunnel del vento, per determinare proprio questo max angle.
Vediamo questo disegno:
clip_image016.jpg (4362 byte)
abbiamo una lift curve: la distribuzione del lift su un’ala per applicazioni aeronautiche. Come potete ben vedere, in ascissa (asse delle x) abbiamo alpha (cioe’ l’angolo d’attacco), mentre in ordinata (assse y) il Cl. Ad un certo alpha, vedete che il Cl inizia a diminuire: abbiamo cioe’ raggiunto il punto di stallo (identificato con Alphastall). Tutto chiaro quindi?