MOSS, LA BARBA, LA MERCEDES E LA SCATOLA
"Domandarono a Fangio chi era stato il suo più grande avversario. Non ebbe esitazione: "Stirling Moss". E scuoteva la testa perché proprio lui gli aveva dato il più grande dispiacere della sua vita: non gli aveva permesso di vincere la Mille Miglia degli squali d'argento, la Mercedes. Fangio voleva vincerla perché aveva un buco nella sua carriera.
Alle 6.58 quel certo Manuel partì dalla pedana di viale Rebuffone. Ventiquattro minuti dopo partiva Moss su una identica vettura. A bordo aveva una barba e una scatola con una speciale feritoia da cui usciva una striscia di carta con tutti i dettagli del percorso. La barba era quella di Denis Jenkinson, un giornalista anche lui "squilibrato mentale" perché rimase impassibile per tutta la gara leggendo la striscia di carta e facendo segnali manuali al suo pilota.
La Mercedes 722 arrivò a Roma in testa a tutti. E questo fu un male perché c'era un proverbio temutissimo: chi è primo a Roma, non vince. Proprio durante la fermata di Roma, la barba venne scambiata per quella di un cappuccino e la scatola per una Bibbia. Nacque così la leggenda che Moss si fosse portato un frate a leggergli il verbo di Dio per milleseicento chilometri. Moss, la barba, la Mercedes, la scatola vinsero alla media record di 157, con punte di velocità che sfiorarono i 290 km orari. Una pazzia.
«Provai la gioia infinita di aver smentito il famoso proverbio italiano» ".
("Stirling Moss", Cesare De Agostini, in "Quei Piloti di Cuore", AS 33-34 del 14 agosto 1990)