Cavicchi parla di un discorso con Ghidella nel 1980, quando Lancia era già Fiat da un decennio. E' proprio però in quel decennio che si son messe le radici di quel mancato appeal di cui oggi Marchionne si lamenta.
Fino a dieci anni prima la Lancia era una realtà apprezzata e stimata in tutta Europa. Certo non vendeva numeri importanti, ma questo è nel dna del marchio che da sempre aveva voluto essere d'elite. Se un'Appia costava una volta e mezza una 1100, se una Fulvia lo stesso rispetto a una 125 e un'Aurelia come una Porsche, non si poteva pretendere che vendesse gli stessi numeri di una Fiat o una Renault o una VW. Ma era proprio su questa sua storia di vocazione ad un lusso non smodato (Lancia fabbricava anche camion di lusso) che si sarebbero dovute costruire le basi per un suo futuro. Da gli anni '50 in poi Lancia era sempre stata un piccolo status symbol: se l'impiegato viaggiava in 1100 o in 124, il commerciante in 125 o in 2300, il dirigente possedeva un'Appia o una Fulvia o una Flavia. Il commendatore una Flaminia. Insomma il panno o il vellutino invece della similpelle, le portiere che si chiudono con un sospiro e non con uno schiaffo, una rumorosità interna per l'epoca veramente sorprendente. Qualcuna di queste caratteristiche, che importanti o meno, avevano fatto la storia di questo marchio son state forse mantenute in una Beta o una Delta? Se ti vendi l'anima puntando sui grandi numeri, puoi seriamente sperare in un successo?
Non è vero quello che dice Marchionne, che Lancia è sconosciuta fuori dall'Italia. La conoscono benissimo, la pronunciano Lansia e l'ammirano per ciò che è stata. Certo oggi non la comprano per il semplice fatto che è una Fiat o una Crysler camuffata. Come dire che domenica Kimi ha vinto su una vettura di Colin: sentite lo stesso profumo?
Proprio tra il 70 e l'80 si è creato in Europa il mercato transnazionale dell'auto, prima in Italia erano quasi tutte Fiat, in Francia Renault e Citroen , in Germania VW e perfino in Svezia l'80% delle macchine erano Volvo o Saab. A Torino non hanno assolutamente compreso che avevano un gioiellino di nicchia tra le mani, un gioiellino che poteva portare benefici anche all'appeal della Casa Madre. Che poi non era solo apparire, ma anche essere: non occorre che citi le molteplici applicazioni di tecnica innovativa portati avanti da Lancia. E invece nulla, tutto sbattuto via in un processo indegno di fiatizzazione.
Faccio un esempio che può essere illuminante. A Milano c'era in via Achille Papa la concessionaria. Un palazzo liberty che nulla aveva dell'aspetto di un capannone pur essendo ciò in definitiva. Pur essendo un'officina possedeva un alone da circolo esclusivo dove signori benestanti e signore ingioiellate e con la puzza sotto il naso portavano la loro Lancia per il tagliando o per una cura estemporanea. Ebbene, già dopo la metà degli anni 70 Fiat aveva stabilito che lì dovessero trovare assistenza anche le Autobianchi. Provate a misurare lo sdegno di queste persone snob per il trovarsi a contatto con la plebe. Pensate non conti nulla? Provate ad ascoltare le lamentele di un possessore di Audi quando si ritrova mescolato ai meno nobili VWaghenisti. Discorsi tristi, snob, con appunto l'odiosa puzza sotto al naso. Ma discorsi anche loro purtroppo validi per un appeal, per un mercato.
E adesso Marchionne frigna perchè il marchio non vende. Ma quale marchio? Si impegni a costruire delle Lancia vere, nello spirito e nella tecnica e perda meno tempo a fare lo sborone coi 19 contro 19.
Vediamo intanto cosa riuscirà a fare col tanto decantato rilancio dell'Alfa: ci spero molto, ma ci credo poco.