Richiesta su AS

Inviato:
30/04/2008, 20:29
da sgarbo
Ragazzi ho un piccolo problema: settimana scorsa mi sono scordato di prendere AS, solo che io lo compro solo per "Cuore da corsa" e per vedere cosa scrive il buon Marco Ragazzoni ormai (visto che di tempo per leggerlo tutto ormai fra studio e lavoro non ne ho più)....non c'è nessuno che può passarmi una scansione di Cuora da Corsa? perchè non ho voglia di ordinarmelo....
Richiesta su AS

Inviato:
30/04/2008, 20:41
da sundance76
Ora come ora non posso scannerizzare nulla, mi dispiace.
Però c'era in aggiunta un bel volumetto con tutte le statistiche e gli episodi salienti della F1 1950-2007, e tra le tante c'è la famosa foto dell'arrivo di Clark al Glen '67 col direttore di gara "Tex" che salta e sventola la bandiera a scacchi e Jimmy con pollice alzato, non l'ho mai vista così nitida..
Peccato che l'hai perso, però il solo volumetto si può ordinare a soli 2,40 euro comprese le spese di spedizione.
Richiesta su AS

Inviato:
30/04/2008, 23:11
da Powerslide
Cuore da corsa
Le cose che non ti ho AUDETTO
Daniele Audetto festeggia quarant’anni nelle corse. Esperienza infinita, savoir faire e vivre, shakerati con l’armonia di chi sa stare al timone senza perdere il gusto d’essere accattivante e sincero. I suoi giorni alla Super Aguri - dopo la controversa trattativa col gruppo Magma -, sono ormai in scadenza ma lui ha la forza di guardare avanti e anche abbastanza cuore per raccontare una storia unica che sembra una favola. La sua.
- Audetto & le corse. Il colpo di fulmine?
«Al Montecarlo ’67, vinto dalla Mini di Aaltonen. Diplomato alle Belle Arti , dipingendo mi ero intossicato col piombo. Ci voleva una pausa. Così partimmo con amici dalla Liguria alla volta del Col de Turini. Rimasi stregato. Tanto che al ritorno mi misi a fare numeri sulla neve guidando una Dauphine tre marce, zavorrata con un sacco di sabbia».
- L’anno dopo Audetto corre per davvero.
«Al rally dei Fiori, su Giulietta. Lì conosco Leo Cella e faccio il naviga, con la promessa d’un contratto Lancia. Vado così ad allenarmi in vista di Montecarlo al rally dell’Elba, dove corro con Ballestrieri, il più coraggioso di tutti. Siamo in testa ma restiamo fermi 4 minuti per un guaio all’alternatore, comunque siam secondi. Ma sul traghetto da Porto Ferraio a Piombino so dalla radio che Leo Cella è morto provando un’Alfa 33 a Balocco. Terribile».
- Ma la storia in Lancia è realtà.
«Stagioni fondamentali, alla corte di Fiorio. Mi appassiono alle assistenze, all’organizzazione e Cesare vede in me un elemento interessante».
- Nel 1971 Audetto naviga “Full Monty”.
«Montezemolo andava forte davvero. All’Alto Adriatico c’era una curva ribattezzata proprio “Montezemolo”, perché lì Luca era uscito piantando il parabrezza in un campo. Lui studiava legge, così le note gliele facevo io. Con Luca eravamo in testa all’Elba e avremmo vinto, se non avessimo centrato una pietra. Siamo grandi amici, lo ritengo un uomo di un’intelligenza eccezionale, c’è come un filo invisibile tra noi a legarci. Per sempre».
- Nel 1972 la vera svolta.
«Divento “diesse” Lancia, con Fiorio, il grande maestro, direttore marketing. Vinciamo il famoso Montecarlo con Munari-Mannucci e la Fulvia n.14. E innoviamo la categoria migliorando le assistenze con aerei e ponti radio».
- Poi tre anni targati Stratos.
«Abbiamo vinto tutto».
- No, il Safari no.
«Via, il nostro grande avversario Singh faceva trucchi, prendeva le scorciatoie. Poi, quando sembrava la volta buona, Munari senza colpa incocciò con una Land Rover e polverizzò mezza Stratos. Ma a noi servivano punti per il mondiale e quelli li ottenevamo».
- Crede alla fortuna?
«No. Tu puoi sempre condizionare gli avvenimenti. La fortuna te la crei, la cerchi: il treno passa e tu o lo prendi o lo perdi».
- A fine 1975 la chiamata in Ferrari.
«A fine ’75 affianco Montezemolo a Zeltweg e Monza, poi nel 1976 divengo “diesse” del Cavallino. Prima però vinciamo una Targa Florio da leggenda con la Stratos di Larrousse-Ballestrieri che prende fuoco in gara...».
- Aìha, il 1976 in F.1.
«Dominavamo, ma il rogo di Lauda al ’Ring cambiò tutto».
- Il Drake caziò mai Audetto?
«Altroché. Nell’estate 1976 per sostituire Niki , che era in ospedale, io volevo prendere Peterson, ma Enzo Ferrari disse no. Una sera litigò con me e urlando “Qui comando io” provò perfino a ribaltare la sua scrivania, ma non ci riuscì perché era pesantissima. Fino a che entrò Valerio, il suo segretario - il quale era sordo -, dicendo: “Ma cosa sta succedendo?!”. L’anno dopo proprio Ferrari mi confessò che Niki aveva fatto pressioni per convincere la Fiat a non prendere Peterson, troppo forte quindi scomodo, per ripiegare sul più malleabile Reutemann. La verità? Non sono mai stato uno yesman e questo Enzo Ferrari lo apprezzava».
- Nel 1976 l’epilogo è il giallo del Fuji.
«Ma su, diciamolo, pioveva da matti e c’era il patto con Ecclestone garante e Lauda, Fittipaldi e Hunt d’accordo: si parte, 3 giri piano, poi tutti a casa. Lauda fu di parola, altri no. Niki rimase fregato da Hunt, ma non fu un coniglio...».
- Il box Ferrari “abbandonò” Regazzoni.
«È vero, andammo un po’ nel pallone. Bastava cambiare le gomme a Clay e lui avrebbe potuto strappare a Hunt quel punto che invece ci fece perdere il titolo».
- Per Audetto la gloria è dietro l’angolo.
«Nel 1977, a 33 anni d’età, mi chiama Umberto Agnelli come responsabile delle attività Fiat per lanciare la 131 nei rally, con Fiorio presidente, di nuovo mio capo. Tanti altri trionfi con la grande squadra Abarth».
- Ma Daniele è anche 007 della Ferrari!
«In segreto prendo contatti con Gilles Villeneuve, in Canada. E l’anno dopo a Imperia, a Villa Ramoino, con Piero Ferrari si raggiunge un accordo con James Hunt per farlo correre con la Rossa nel 1979. Ma l’inglese ha un impegno con la Vauxhall, quindi la GM. Quando lo sa Gianni Agnelli, che non vuole problemi con la concorrenza, preferisce annullare tutto».
- Nel 1981 Audetto è direttore generale della FilmGo-Abarth, che produce filmati sull’imbarcazione Azzurra impegnata in Coppa America - vedi alla voce Montezemolo -, e, tra gli altri, sull’avventura di Munari al rally Safari con l’Alfa GTV. Intanto c’è il ritorno in F.1.
«Sì, con l’Arrows a Long Beach, consulente dello sponsor Ceramiche Ragno».
- Una fucilata: Patrese in pole, poi in testa.
«...Ma la pompa della benzina va kappaò».
- Allora la sfortuna esiste.
«No, un meccanico aveva pulito male il filtro».
- Nel 1982 si va sull’acqua.
«“Diesse” nel mondiale off-shore per i motori Lamborghini, al top con Renato Della Valle e più avanti con Norberto Ferretti ».
- La voglia di F.1 è tanta e nella seconda metà degli Anni ’80, col ritorno dei motori aspirati, parte l’avventura Lamborghini Engineering.
«Società autonoma del Gruppo Chrysler, con me come direttore generale e Mauro Forghieri direttore tecnico. Il motore era un gioiello».
- Lodato perfino da Ayrton Senna.
«Per me è una piaga ancora aperta».
- Meglio vuotare il sacco, no?
«Il Lambo era ottimo, ma i team che lo montavano no. La vera, unica grande chance era quella di fornire una squadra al top. Così a fine ’93 Senna e Hakkinen provarono il nostro motore su una McLaren. Senna ci chiese subito di cambiare la curva di potenza. La nostra disegnava una sorta di grafico a gobbe di cammello. Ayrton disse: “Riempite la curva e il motore sarà perfetto, guadagnando in scioltezza”. Così facemmo, con camme diverse e trombette variabili: avevamo 25 cavalli in meno, ma potevamo utilizzarne 50 di più ai regimi medi. Ayrton ne fu letteralmente entusiasta».
- Qui comincia il giallo mai del tutto scritto.
«C’è da fare un investimento importante e in più dobbiamo passare dall’elettronica Marelli a quella Tag. Al Salone di Francoforte ci incontriamo io, Bob Lutz e Francois Castaing della Chrysler con Ron Dennis: le spese verranno ripartite fifty-fifty, metà per uno, tra McLaren e Lamborghini, circa 12 miliardi di lire a testa. Dennis stringe la mano ai miei boss, io col contratto in mano chiedo se non sarebbe il caso di mettere una firma. A questo punto Ron mi risponde: “Tra gentlemen una stretta di mano è più importante di cento pagine di contratto”. Boh, okay. Passano dei giorni e una sera, alle 22, me ne sto ancora in ufficio a spedire due motori a Woking, quando mi arriva una telefonata da Dennis: “Brutte notizie - fa lui - ho firmato con la Peugeot. Business is business: loro mi danno i motori gratis e mi pagano lo sviluppo: sono più impegnati, di voi. Sorry, ferma tutto...”. Sono esterrefatto. Chiamo Castaing a Detroit che parla subito col nuovo presidente Chrysler, Bob Eaton, uno contrario alle corse. La sua risposta mi gela: “Basta F.1 e vendiamo la Lamborghini”. Così fu. Un anno e tutto era finito. Ma c’è un altro segreto da svelare...».
- Siam qui apposta.
«Nel ’94 Briatore e Walkinshaw della Benetton vennero a prelevare un nostro motore e lo portarono alla TWR al banco, insieme al Ford che stava vincendo il titolo col giovane Schumi. Il nostro propulsore aveva 40 cavalli in più, così Flavio e Tom fecero un’offerta per rilevare il tutto, ma la risposta di Eaton fu tombale: “No, sorry”. Avesse detto sì, poteva cambiare la storia della F.1. Peccato».
- Così nel ’95-’96 Audetto si dà alle moto.
«General Manager Superbike per Flammini. Mi sono innamorato delle due ruote, là ci sono ancora i Cavalieri del Rischio».
- Subito dopo vice-presidente TWR.
«Prima Ligier e poi Arrows. Anni bellissimi, con tecnici quali Barnard, Coughlan e Dernie. Ma un guaio: se non hai una Casa dietro di te e ti devi accontentare di un motore clienti, non vai da nessuna parte. A parità di Ford, la Arrows andava più della Jaguar, ma ci tarparono le ali».
- E se Hill avesse vinto in Ungheria ’97?
«Ruppe il cambio nel finale. Via radio riuscimmo a fargli ritrovare una marcia, ma il trionfo sfumò. Niente sfortuna, l’impianto idraulico non era affidabile. Tutto si spiega».
- E nel 2002 TWR e Arrows finiscono male.
«L’errore di Walkinshaw fu trasferire fondi dalla TWR per rifinanziare la Arrows. Non era regolare. La TWR era attiva, presto non lo fu più. Poi nel 2003-2004 due anni meravigliosi con Bratore alla Renault, dove ho integrato venti ingegneri motoristi TWR che hanno dato un contributo determinante ai successi del team».
- La TWR finì comunque in un immenso buco di debiti. Le strutture di Leafield furono rilevate nel 2004 da John Menard from Wisconsin, re degli empori bricolage.
«Per lui ho frequentato anche i mondi Nascar e dell’IRL, ma io preferisco le corse all’europea».
- A fine 2005 parte l’operazione Super Aguri- Honda.
«Aguri l’ho avuto per pilota alla Larrousse e a Le Mans ’97, con la Nissan TWR. Suo padre era amico intimo di Soichiro Honda: siamo in famiglia, insomma. Ma non c’è tempo: con lo strategy-team decidiamo di rispolverare l’Arrows A22 di 4 anni prima. E ne preleviamo una dall’aeroporto di Melbourne, dove faceva da impolverata maquette. A fine 2006 completiamo la rimonta. E nel 2007 prendiamo punti importanti».
- Poi la crisi. Ne vogliamo parlare?
«Uno sponsor di sicuro peso non paga e siamo costretti a cedere la mano. L’avventura continua con nuova linfa, ma in mani diverse. Ora stiamo facendo da traghettatori».
- Audetto, la sua vittoria più bella?
«Il “Monte” ’72 con Munari e la Fulvia: azzeccammo anche le gomme giuste!».
- Il rallista più grande?
«Il “Drago”. Discesista meraviglioso. Capace di sinfonie di coraggio giù da Kraniska Gora...».
- E in pista?
«Lauda è stato rivoluzionario. Clay giocava a tennis, amava la vita e le donne, Niki fu il primo ad andare avanti a latte, miele e preparatore atletico, già attento al lato organizzativo e politico. Ha inaugurato una nuova epoca».
- Il suo errore peggiore?
«Beh, ne ho fatti diversi.
- Il più recente?
«Non aver trovato sponsor per far andare avanti con noi la Super Aguri».
- Ha rimpianti, dopo questi 40 anni di gare?
«Mai. Non rimpiango niente, preferisco guardare sempre avanti. Mi spiace per i problemi avuti dalla Super Aguri, che soffre però del malessere generale che vive ora la F.1».
- I suoi giorni in Super Aguri sono alla fine.
«Comunque spero di restare nelle corse».
- Come conobbe sua moglie Delpine?
«Al rally del Marocco, negli Anni ’70. Me la presentò Darniche a una festa. Provai a farle il filo, ma la trovai blindata. Pazienza. Lei correva e poco dopo si ritirò, così le offrii un passaggio per Marrakech, il giorno dopo. Lei ridisse no, io le chiesi di pensarci. Andò a letto e la notte portò consiglio. Ci siamo sposati in Kenya, abbiamo tre figli, due femmine e un maschio, Gregory, ora project leader della serie Superstars, in Italia. Siamo una famiglia felice».
Complimenti a Daniele Audetto. Un uomo al quale le corse hanno dato tutto, peraltro stupendamente contraccambiate.
di Mario Donnini
Fonte: AS n° 17/2008
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Un ringraziamento alla mia segretaria: veloce ma, soprattutto, appassionata.
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Inviato:
30/04/2008, 23:20
da sundance76
[quote=""sgarbo""]Intanto Sundance ho notato la tua nuova firma....FANTASTICA!!!!!![/quote]
Ti piace? Sono contento. E' una frase di uno spettatore italiano al GP di Pescara 1937, raccolta dal giornalista e fotografo inglese George Monkhouse (quello che fece le rare riprese a colori di quegli anni, di cui vi ho parlato) e poi inserita nel suo libro "Motor racing with Mercedes-Benz" che sono riuscito a comprare da una libreria nel Missouri (!!). Quella che ho comprato è un'edizione americana del 1945. Consiste in un dettagliato resoconto gara per gara dei 12 Grand Prix della stagione 1937, con molte foto in bianco e nero.
Devo trovare l'edizione inglese del 1948-49, che comprende alcuni altri Gran Premi del '38 e del '39...
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Inviato:
01/05/2008, 10:48
da Powerslide
[quote=""Uitko""]Power te la sei scritta tutta a mano???? 8O 8O 8O[/quote]
No, per fortuna - come ho scritto a pie' di pagina - ci ha pensato la mia segretaria che è più appassionata del sottoscritto.
Ringraziate lei non me
