A spasso in città con una Sport da 600 CV

Ragazzi, eccovi un articolo davvero singolare che ho riesumato dalla mia libreria:
A spasso con una Sport da oltre seicento cavalli
Crisi delle Sport. Che fine faranno tutte quelle meravigliose vetture da corsa? Una soluzione c’è. Viene dalla Germania. Costa, ma può dare delle soddisfazioni inimmaginabili: girare in città con un bolide da pista. Protagonista della vicenda una Porsche “956” numero 101: la prima a essere consegnata a un privato (per la cronaca, fu il team Kremer di Colonia) dopo che la Casa ne aveva costruite dieci per la squadra ufficiale. Correva l’anno 1983 e la nostra Porsche otteneva un prestigioso terzo posto nella “24 ore di Le Mans”, affidata alle mani di Philippe Alliot, Mario e Mike Andretti. Un anno dopo, la vettura è terza a Monza, nona al Nurburgring, quarta a Brands Hatch. Cambiano i regolamenti e, nell’inverno 1984-85, la “956” diventa una “962”. Grazie alle modifiche, le gambe del pilota non superano più le ruote anteriori: una soluzione che ne garantisce l’incolumità in caso di impatto. Ancora qualche corsa in Giappone, poi il meritato riposo nel garage di un collezionista.

Ma il bello, per la “962”, deve ancora venire. Due commercianti tedeschi, Herbert Engel, Peter Saturski, la acquistano per un milione di marchi, oggi circa 850 milioni di lire (1992, n.d.s.). L’idea è di farne una straordinaria vettura sportiva stradale. Non è semplice. Interviene il preparatore Ekkehard Zimmermann, poi ci sarà bisogno anche dello specialista dei motori Hermann Finette. Il TUV, organismo che sovrintende in Germania alla sicurezza dei veicoli e delle strade, è severo. La sua relazione sulla “962” consta di 18 pagine: 200 modifiche da apportare al modello se lo si vuol far circolare su strada. Per esempio, portare i fare a un’altezza di 50 cm, ampliare il campo visivo anteriore modificando i montanti del parabrezza. Poi abbassare l’alettone posteriore e adottare un impianto di riscaldamento. E così via. Zimmermann non si lascia scoraggiare. Soddisfa le esigenze del TUV e, al tempo stesso, riesce a non snaturare gli aspetti corsaioli della biposto.

Sotto il cofano, tuttavia, non batte più l’originale boxer da 2.8 litri, impossibile da modificare per l’uso stradale. Il nuovo propulsore da 3.3 litri è raffreddato a aria, sovralimentato mediante due turbo e, meraviglia finale, regolarmente catalizzato, come impone la legge per le auto di nuova omologazione. Dal punto di vista della potenza, non è andata male. La “962” vantava 650 CV, la sua derivata ne ha ancora oltre 600 CV a 7000 giri/min. Bastano per arrivare a una velocità massima dichiarata di 340 km/h. Se sono troppi, si può ridurre, con una manopola, la pressione del turbo, solitamente fissata su 1,2 bar. La vettura pesa soltanto 1040 kg.

Guidare un’auto così è un’esperienza unica. A bassa velocità, com’è facilmente immaginabile, si fa soprattutto fatica. L’abitacolo è caldo, il rumore assordante, i sedili scomodi. Ma basta un tratto, sufficientemente lungo, di strada libera per vivere attimi entusiasmanti. Scalando una marcia e schiacciando a fondo l’acceleratore, si libera la forza dei turbo: in un attimo, l’ago del tachimetro oscilla tra i 250 e i 300 km/h. Qualche problema viene dal cambio, “pesante” come tutti quelli delle vetture da corsa. Ma è giusto che sia così, visto il tipo di auto dal quale la “962” stradale deriva. Quando poi viene il momento di fermarsi, non bisogna farsi prendere dal panico. Parcheggiare significa compiere un vero e proprio capolavoro. Ma la soddisfazione di essere circondati da una folta schiera di curiosi è garantita.
Il trapianto, insomma, è perfettamente riuscito. E Zimmermann si augura di trovare altre persone disposte a seguirlo. Ai clienti offre la possibilità di acquistare altre “962” modificate al prezzo di 1 miliardo e 300 milioni di lire.
[Quattroruote Speciale Sport, dicembre 1992]
A spasso con una Sport da oltre seicento cavalli
Crisi delle Sport. Che fine faranno tutte quelle meravigliose vetture da corsa? Una soluzione c’è. Viene dalla Germania. Costa, ma può dare delle soddisfazioni inimmaginabili: girare in città con un bolide da pista. Protagonista della vicenda una Porsche “956” numero 101: la prima a essere consegnata a un privato (per la cronaca, fu il team Kremer di Colonia) dopo che la Casa ne aveva costruite dieci per la squadra ufficiale. Correva l’anno 1983 e la nostra Porsche otteneva un prestigioso terzo posto nella “24 ore di Le Mans”, affidata alle mani di Philippe Alliot, Mario e Mike Andretti. Un anno dopo, la vettura è terza a Monza, nona al Nurburgring, quarta a Brands Hatch. Cambiano i regolamenti e, nell’inverno 1984-85, la “956” diventa una “962”. Grazie alle modifiche, le gambe del pilota non superano più le ruote anteriori: una soluzione che ne garantisce l’incolumità in caso di impatto. Ancora qualche corsa in Giappone, poi il meritato riposo nel garage di un collezionista.

Ma il bello, per la “962”, deve ancora venire. Due commercianti tedeschi, Herbert Engel, Peter Saturski, la acquistano per un milione di marchi, oggi circa 850 milioni di lire (1992, n.d.s.). L’idea è di farne una straordinaria vettura sportiva stradale. Non è semplice. Interviene il preparatore Ekkehard Zimmermann, poi ci sarà bisogno anche dello specialista dei motori Hermann Finette. Il TUV, organismo che sovrintende in Germania alla sicurezza dei veicoli e delle strade, è severo. La sua relazione sulla “962” consta di 18 pagine: 200 modifiche da apportare al modello se lo si vuol far circolare su strada. Per esempio, portare i fare a un’altezza di 50 cm, ampliare il campo visivo anteriore modificando i montanti del parabrezza. Poi abbassare l’alettone posteriore e adottare un impianto di riscaldamento. E così via. Zimmermann non si lascia scoraggiare. Soddisfa le esigenze del TUV e, al tempo stesso, riesce a non snaturare gli aspetti corsaioli della biposto.

Sotto il cofano, tuttavia, non batte più l’originale boxer da 2.8 litri, impossibile da modificare per l’uso stradale. Il nuovo propulsore da 3.3 litri è raffreddato a aria, sovralimentato mediante due turbo e, meraviglia finale, regolarmente catalizzato, come impone la legge per le auto di nuova omologazione. Dal punto di vista della potenza, non è andata male. La “962” vantava 650 CV, la sua derivata ne ha ancora oltre 600 CV a 7000 giri/min. Bastano per arrivare a una velocità massima dichiarata di 340 km/h. Se sono troppi, si può ridurre, con una manopola, la pressione del turbo, solitamente fissata su 1,2 bar. La vettura pesa soltanto 1040 kg.

Guidare un’auto così è un’esperienza unica. A bassa velocità, com’è facilmente immaginabile, si fa soprattutto fatica. L’abitacolo è caldo, il rumore assordante, i sedili scomodi. Ma basta un tratto, sufficientemente lungo, di strada libera per vivere attimi entusiasmanti. Scalando una marcia e schiacciando a fondo l’acceleratore, si libera la forza dei turbo: in un attimo, l’ago del tachimetro oscilla tra i 250 e i 300 km/h. Qualche problema viene dal cambio, “pesante” come tutti quelli delle vetture da corsa. Ma è giusto che sia così, visto il tipo di auto dal quale la “962” stradale deriva. Quando poi viene il momento di fermarsi, non bisogna farsi prendere dal panico. Parcheggiare significa compiere un vero e proprio capolavoro. Ma la soddisfazione di essere circondati da una folta schiera di curiosi è garantita.
Il trapianto, insomma, è perfettamente riuscito. E Zimmermann si augura di trovare altre persone disposte a seguirlo. Ai clienti offre la possibilità di acquistare altre “962” modificate al prezzo di 1 miliardo e 300 milioni di lire.
[Quattroruote Speciale Sport, dicembre 1992]