Biasion, 2 volte campione mondiale rally

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da sundance76 » 15/08/2023, 18:45

PARTITA DOPPIA

"Credevo di avere fatto il pieno di emozioni rallistiche (la prima vittoria nel mondiale al rally di Argentina '86; il Montecarlo '87 e la sfida sul Turini; il Safari '88; la conquista del titolo iridato) ma mi mancava il Sanremo '89. In Italia ogni limite veniva battuto.

Quando la prova italiana di campionato del mondo prendeva il via, non pensavo certamente che si sarebbe trasformata nella corsa a più alto tasso di suspense della mia carriera, in un folle inseguimento alla vittoria. Al Sanremo la Lancia schierava la Delta Integrale con motore a 16 valvole, una vettura pensata in funzione della stagione '90 e che aveva già compiuto parecchi test. Ma che era al debutto in gara. La bianca livrea Martini aveva lasciato posto a un aggressivo colore rosso e subito la nuova arrivata era stata soprannominata la «signora in rosso». Al rally di Italia di signore in rosso ce n'erano due, una per me e un'altra affidata a Auriol. La scuderia Jolly Club, invece, continuava con la solita Delta Integrale a 8 valvole. La rosa dei contendenti al successo finale era ristretta a noi del team Martini, a Fiorio e Cerrato del Jolly, e ai due uomini della Toyota, Carlos Sainz e Juha Kankkunen con quest'ultimo che aveva già sottoscritto il contratto '90 con la Lancia. Come dire, il mio nuovo compagno di squadra. Un vero e proprio blitz, l'ingaggio del finlandese da parte dei responsabili della Casa italiana, un'operazione volutamente soprattutto per indebolire la Toyota.

"Cosa ne pensi del ritorno di Kankkunen in Lancia?». Nei giorni antecedenti la gara sembrava che tutti si fossero messi d'accordo nel pormi la stessa domanda. E per tutti la stessa risposta: "In Lancia o in un'altra squadra, Juha rimane sempre un avversario, uno tra più ostici".

Il secondo titolo iridato consecutivo, proprio come il finlandese, me lo sentivo già in tasca: al Sanremo, per avere la certezza matematica, mi sarebbe bastato arrivare terzo. Comunque, visto che il succo della vita è soprattutto lottare, impegnarsi, esprimere il meglio di sé, niente strategie ma piuttosto puntare diritto alla vittoria. L'incognita, tuttavia, era proprio la "signora in rosso": una nuova vettura è ancora tutta da scoprire e le sorprese sono sempre tante.

Sull'asfalto delle prime speciali, nell'entroterra imperiese, la Delta 16v rispondeva bene e con Auriol otteneva tempi da assoluto, mentre io mi limitavo a controllare la situazione. Ma quando arrivava la terra della Toscana, il francese-tutto-attacco finiva fuori strada. Per una "signora in rosso" che lasciava la testa del rally, eccone un'altra pronta a rilevarla: diventavo leader del Sanremo. Per una sola speciale, però, perché nella prova in salita-discesa-salita di Ulignano si metteva un cerchio difettoso a ribaltare tutto: il pneumatico fuoriusciva dalla sua sede e con esso se ne andavano oltre due minuti. La gara sembrava irrimediabilmente compromessa. Ad Arezzo, alla fine della prima tappa, ero quarto in classifica, ma nella mia mente era maturata la certezza che se fossi riuscito a presentarmi al via della frazione finale, tutta su asfalto, con un distacco dal primo inferiore ai due minuti, avrei potuto tentare l'assalto. Ma dovevo anche risparmiare la Delta sugli sterrati. In una situazione difficile: recuperare sui primi e al tempo stesso non sacrificare il mezzo. Sulla terra il primato inizialmente era di Fiorio, successivamente passava nelle mani di Sainz e della Toyota.

Mi lasciavo alle spalle la Toscana, i suoi borghi e le dolci colline, con 1'44" da Sainz e 42" da Fiorio. Nel trasferimento verso Genova, dove si disputava una superspeciale tra pile di vecchi pneumatici e nella quale ottenevo il miglior tempo (altri 3 " strappati allo spagnolo e uno ad Alex), il successo, e con esso il secondo titolo, non mi sembrava più una meta irraggiungibile.

Qualche ora di riposo, poi lo squillo del telefono all'Hotel Londra di Sanremo mi annunciava che era il momento di alzarsi, indossare la tuta e incominciare il conto alla rovescia dell'ultima notte di gara con i suoi centocinquanta chilometri di speciali. Mancavano un paio d'ore allo scoccare della mezzanotte di mercoledì 11 ottobre e in classifica ero terzo a 1'41 "da Sainz e a 41" da Fiorio. Sui centocinquanta chilometri di prove tra le montagne liguri potevo recuperare, in teoria, un centinaio di secondi. Giusto lo svantaggio con cui mi presentavo al via dell'ultimissima frazione. Il calcolo lo avevo effettuato con i tecnici della Lancia sulla base dei tempi ottenuti nel corso della prima tappa, nella quale la Delta 16V, sulle stesse strade, era risultata più veloce della Celica di poco meno di un secondo a chilometro. Ma, allora, la vettura era fresca, ancora vergine nel motore e nella meccanica e non affaticata da tre giorni di gara.

Sul lungomare di Sanremo, in attesa del via, incontravo Carlos Sainz. Nel suo sguardo mi sembrava di intravedere un misto di speranza e rassegnazione. Speranza nel riuscire a conservare la leadership e regalare così alla Spagna rallistica la prima affermazione nel mondiale, rassegnazione perché i calcoli li avevano fatti anche in Toyota. Seduto nell'abitacolo della sua Delta Integrale, Fiorio dava l'impressione di sentirsi tra l'incudine e il martello: avrebbe dovuto combattere su due fronti, attaccare lo spagnolo e cercare di contenere la mia rimonta, che non era un segreto per nessuno.

Poco meno di un secondo ogni mille metri da recuperare per tentare l'impossibile, correndo ventre a terra contro due avversari che avrebbero fatto altrettanto. Il cielo era stellato che pareva quello di un presepe, la temperatura fresca e le strade erano secche. Quando mi avviai verso la prima speciale, quella guidatissima di Perinaldo, mi sembrò un buon auspicio.

Lungo i tredici chilometri in salita e discesa di Perinaldo, i cronometri mi assegnavano il miglior tempo: Fiorio era a 5", Sainz a 10". I calcoli trovavano una prima conferma.

«Andando avanti cosi possiamo ancora farcela» sentenziava Siviero all'assistenza con l'ingegnere Lombardi che si univa alla convinzione del coéquipier. Qualcuno mi portava notizie di Sainz: «Carlos ha superato la prova al limite suo e della Celica; più di così, ha detto, non può fare». Mi rifugiavo nel camper per qualche istante: avvertivo un fastidioso cerchio alla testa ma rifiutavo di prendere antinevralgici. Temevo che i farmaci potessero intorpidirmi i sensi.

Ancora dieci chilometri di speciale, quelli da Apricale a Baiardo, una salita stretta e impegnativa ed erano altri 6" strappati a Fiorio e 12” a Sainz. Adesso mi restavano 1'19" da annullare sullo spagnolo e 30" su Alex.

Al servizio di Baiardo decisero di non sostituire i pneumatici così da avere le coperture già in temperatura ottimale per la prova successiva. I dialoghi con Tiziano si erano ridotti al minimo: mi comunicava solamente i tempi dei due diretti rivali. Ogni volta che mi sfilavo il casco ricompariva il cerchio alla testa. E la notte era ancora lunga.

Ancora uno "scratch", al Monte Ceppo: adesso Fiorio era a 17" e Sainz, al quale avevo rifilato 17" in diciassette chilometri, era a 1'02". Mancavano sei speciali alla fine e tra noi tre era anche guerra di nervi.



«Carlos sembrava rassegnato a perdere terreno ma non dispera» mi riferivano agli assistenti. Alex, invece, lo vedevo da me: ere tranquillo, concentrato e riceveva continue iniezioni di fiducia da parte del suo diesse Bortoletto. Mi sembrava di assistere a un film già visto: Portogallo '85, Röhrl che nelle ultime prove cerca disperatamente di strapparmi il secondo posto, Bortoletto che mi incita a resistere.

Sul Colle d'Oggia, a meno cinque speciali dal traguardo, lasciavo Fiorio a 10" e Sainz a 19"; al riordino di Colle San Bartolomeo mi presentavo con soli 43" dalla Toyota e a 7" dalla Delta del Jolly. La rimonta stava cessando di essere tale e stava per trasformarsi negli ultimi assalti alla vittoria. Nel piccolo bar a Colle San Bartolomeo ci eravamo trovati seduti allo stesso tavolo io e Siviero, Sainz e il suo navigatore Moya, Fiorio e Pirollo; qualche minuto insieme per allentare la tensione in attesa del rush finale. Kankkunen fece una fugace apparizione: entrò nel chiassoso e fumoso locale, si guardò intorno, girò i tacchi e uscì.

Le ostilità riprendevano con ancora novanta chilometri di speciali da consumare. I primi venticinque erano quelli che uniscono le salite di Ponte dei Passi e del Colle d'Oggia.

«Cos'è successo a Sainz?» chiesi alla fine della speciale. Lo spagnolo aveva perso in una botta sola tutto il suo vantaggio, 43"; tra noi due adesso era pareggio in classifica. Fiorio era a 16".

«Gli si è bloccato il cavo dell'acceleratore. Ormai sa di aver perso» mi comunicarono mestamente due cineoperatori spagnoli. Le radio private, che trasmettevano in una diretta no-stop la notte del Sanremo, avevano già annunciato via etere la nuova, incredibile classifica. Alle prime luci dell'alba le assistenze Lancia e Toyota si animavano di spettatori che avevano deciso di salire fin sulle montagne per guardare in faccia i tre in lotta racchiusi in un fazzoletto, per coglierne le espressioni. Per vivere attimo per attimo un finale da cardiopalma.

«La frenata non è perfetta» urlai al servizio di Cesio e chiesi che fosse controllato l'impianto frenante; nell'ultima speciale mi aveva preoccupato non poco. In un tempo-record i meccanici sostituirono pinze e dischi freni. L'ingegnere Lombardi, che sovrintendeva ogni operazione, osservò i dischi appena smontati e annuì.

Sembrava ormai fatta ma nel secondo passaggio di Ponte dei Passi, accorciato questa volta , i problemi ai freni si ripresentavano: i teorici undici-dodici secondi che avrei dovuto guadagnare su Sainz si erano ridotti a otto; Fiorio occupava il terzo posto a 22". E la vittoria era più che mai rimessa in discussione.



Era ormai giorno quando le dita del cronometrista scandirono il tre... due... uno... VIA! della prova di Vignai, la più lunga della tappa con i suoi ventinove chilometri, tutti di strada stretta. Affondavo il piede sul pedale del freno e la risposta che ricevevo era blanda, la Delta faticava a rallentare la sua corsa. Le speranze cullate per due giorni, la rimonta costruita metro dopo metro lungo ventiquattro sofferte speciali, sembravano aver fine. Dopo i primi ventitré chilometri di Vignai ero già in ritardo su Fiorio di 10"; negli ultimi sei ne perdevo altri 11". La situazione si era fatta difficile: il vantaggio su Alex era sceso a un secondo, un misero secondo; Sainz era a 3". Si ricominciava da capo, a meno venti chilometri dall'alt. E le défaillance ai freni erano sempre in agguato



Quelli del Jolly Club erano in agitazione: stavano vivendo il loro grande momento, il loro pilota era a un passo dal successo clamoroso. Le sigarette di Bortoletto non si contavano più: lo osservavo dal finestrino del camper mentre cercavo di rilassarmi per qualche breve minuto. Concentrai tutte le mie risorse mentali; mi ripassai ogni centimetro di strada; chiusi gli occhi e mi isolai dal resto del mondo. Ero già in prova speciale, la penultima. 7'37” il mio tempo; 7'45" quello di Fiorio; 7'49" quello di Sainz. Tornavo a sperare con quei 9 "di vantaggio su Alex e 15" su Carlos, nove secondi con i quali mi preparavo ad affrontare gli ultimi dieci chilometri che valevano un primo posto, un mondiale, una gioia grande così. Che valevano, se l'assalto fosse riuscito, la più bella, sofferta vittoria della mia carriera.

Fermo sulla linea di partenza della speciale decisiva, incrociai lo sguardo di Tiziano: mi strizzò l'occhio e alzò il pollice della mano destra. Risposi con un cenno del capo, ma continuavo a pensare ai freni: mi avrebbero assecondato nella discesa verso l'abitato di San Romolo? Quando conclusi la prova i quattro dischi erano quattro piatti incandescenti. Incandescenti come la tensione di chi mi stava aspettando al controllo-stop: Sainz, che aveva tentato il tutto per tutto, aveva strappato un 7'19"; Fiorio 7'05", il miglior tempo. Io, più lento di Alex di 4", avevo vinto il Sanremo per cinque-secondi-cinque sul ragazzo del Jolly e venticinque sullo spagnolo. Era finita.

All'assistenza Lancia di Coldirodi, l'ultima prima del traguardo di Sanremo, i meccanici avevano già tirato fuori una corona d'alloro: era quella per il secondo titolo mondiale. Siviero aveva gli occhi lucidi. A fatica mi trattenni dal mostrare altrettanto".

(Miki Biasion con Maurizio Ravaglia, "Una favola mondiale", Conti editore 1989)
Allegati
Rallye_Sanremo_1989_-_Miki_Biasion_e_Tiziano_Siviero_(Lancia_Delta_Integrale_16V).jpg
Rallye_Sanremo_1989_-_Miki_Biasion_e_Tiziano_Siviero_(Lancia_Delta_Integrale_16V).jpg (549.29 KiB) Osservato 672 volte
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da Niki » 15/08/2023, 21:37

Gran pezzo e capolavoro di macchina. Quella del marchio che "non ha storia" come diceva un gobbo con il maglione.
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