Grazie a te e a chi ha la pazienza di seguire questo racconto straordinario! (e infarcito di termini difficilissimi e slang vari.. )
Stiamo avvicinandoci alla meta. Riusciranno i nostri eroi ad arrivare tutti interi al traguardo? Scopriamolo insieme nelle prossime puntate!
9.
Al controllo di Siena non avevamo idea se stavamo ancora conducendo o meno, ma Moss era abbastanza sicuro che Taruffi avrebbe dovuto lavorare duramente per prenderlo, perché aveva messo tutta la sua maestria in quest'ultima parte del percorso, come mi disse in seguito. Non si è mai rilassato un istante e ha continuato a guidare la gara più superba della sua carriera, manovrando il volante da una parte e all'altra, controllando le sbandate con una delicatezza dell'acceleratore quasi fiabesca, o alternativamente provocando derapate con tutta la potenza del motore, per far cambiare direzione alla vettura con tutta la sua massa, quella sporca, oleosa, malconcia accozzaglia di meccanica che aveva lasciato Brescia luccicante come nuova e ora rispondeva ancora splendidamente a ogni sua richiesta, il motore sempre a 7.500 giri/min. nelle cambiate, e in un'occasione a 8.200 rpm, siccome l'agitazione di quel particolare istante non permetteva il tempo per un cambio di marcia o una parzializzazione dell'acceleratore, e il modo in cui Moss faceva sterzare la vettura uscendo dalle curve strette usando le ruote posteriori era pura gioia da godere.
Sulla strada tortuosa da Siena a Firenze la tensione fisica cominciò a farsi sentire, perché senza stringere il volante per avere un'idea di cosa avrebbe fatto la macchina, il mio corpo veniva continuamente sottoposto a forze centrifughe terrificanti mentre cambiava direzione. Il calore, i fumi e il rumore stavano diventando quasi insopportabili, ma mi diedi nuova energia guardando Stirling Moss che era seduto accanto a me, completamente rilassato, lavorando sullo sterzo come se fossimo appena partiti da Brescia, invece di guidare da quasi 700 miglia sotto un sole cocente. Se non avessi conociuto il percorso, sarei stato felice di scendere di là, avendo goduto di ogni miglio, ma davanti a noi c'erano alcuni tratti di strada interessanti sui quali ci eravamo allenati duramente, e l'attesa di guardare Moss darci dentro davvero su questi tratti, con le strade chiuse al traffico, mi ha fatto dimenticare tutto sui disagi fisici. Mi fa venir in mente delle condizioni quando ci approcciammo a una curva e alcune donne si sono alzate e sono fuggite con sguardi terrorizzati sul viso, per la Mercedès-Benz maltrattata, sporca e macchiata d'olio e che faceva tanto rumore quanto una macchina da Gran Premio e le due figure sudate, sporche e unte dietro il parabrezza, doveva sembrare terrificante ai pacifici contadini, mentre entrava in curva in scivolata su quattro ruote.
I dintorni di Firenze quasi ci ruppero la schiena quando saltammo e rimbalzammo sopra strade mal gestite, e attraverso le tramvie, e il mio cuore andò al pilota di una Porsche arancione che era in prossimità della sommità di una strada ripidissima. Deve essere rimasto scosso mentre lo passavamo come una scheggia con le ruote di sinistra giù nel rigagnolo. Scendemmo lungo una ripida collina dalla seconda marcia, passammo in terza al massimo regime e pensai "è un uomo coraggioso che può scatenare quasi 300 b.h.p. giù per una collina così ripida e poi cambiare in una marcia più alta". A velocità fino a 120-130 m.p.h. attraversammo le strade di Firenze oltre il grande ponte sul fiume, fiancheggiammo una piazza, attraversammo più tramvie fino al punto di controllo. Moss stringeva davvero il morso tra i denti, nulla avrebbe potuto impedirgli di vincere questa gara, lo sentivo; aveva un'espressione concentrata davvero peculiare e sapevo che una delle sue più grandi ambizioni era di fare la sezione Firenze-Bologna in meno di un'ora. Questa strada attraversa il cuore dell'Appennino, passando per il Passo della Futa e il Passo della Raticosa, e sebbene superi di poco le 60 miglia di lunghezza è come una "Prescott Hill-Climb" per tutta la strada.
Mentre facevamo timbrare il cartellino del percorso, di nuovo senza fermarci, presi il foglio di carta dall'uomo Mercédès-Benz al controllo, ma prima che potessi leggere olte il fatto che eravamo ancora in testa, fu strappato dalla mia presa mentre acceleravamo tra i commissari. Ho segnalato che stavamo ancora conducendo la gara, e comunque Moss lasciò Firenze come se fosse all'inizio di un Gran Premio, e sapevo voleva fare un'ora per Bologna, specialmente dal fatto che guardò anche il suo orologio da polso appena lasciato il controllo. "Sarà qualcosa di fantastico," pensai, mentre rombavamo su per le colline fuori Firenze, "sta per fare davvero un nove-decimi più di automobilismo" e afferrai saldamente la "maniglia da battaglia" tra il dare i segnali di direzione, tenendo il lato sinistro del mio corpo il più lontano possibile, perché lui avrebbe avuto bisogno di tutta lo spazio possibile per le braccia in moto vorticoso e per manovrare la leva del cambio. Rombammo su per le montagne, passando occasionalmente altre auto, come Alfa-Romeo 1900, Fiat 1.100 e alcune piccole auto sportive. Non sapevamo che avevamo la gara in tasca, perché Taruffi a quel punto si era dovuto ritirare con una pompa d'olio rotta e Fangio s'era fermato a Firenze per riparare un tubo d'iniezione, ma sebbene l'avessimo sorpassato sulla strada, non l'avevamo visto, così come l'auto che era nascosta da meccanici e commissari. Per tutto il tempo trovai molto difficile staccare gli occhi dalla strada. Avrei potuto facilmente guardarmi intorno, perché c'era tempo, ma in qualche modo per tutto il periodo in cui Moss stava davvero giocando forte, sentii una sensazione ipnotica che mi costringeva a vivere ogni centimetro del suo cammino con lui. Probabilmente questo fattore mi ha impedito di essere spaventato perché nulla è arrivato inaspettatamente. Lo stavo seguendo mentalmente fino in fondo, cosa che dovevo fare se non volevo perdermi alcuno dei nostri segnali di percorso, anche se fisicamente ero crollato molto prima e mi meravigliavo che qualcuno potesse guidare così furiosamente per così tanto tempo, adesso che era domenica pomeriggio inoltrata. Nella parte superiore del Passo della Futa c'era moltissima folla che si agitava tutta eccitata e in numerose occasioni Moss quasi perse la macchina quando prendevamo chiazze di asfalto fuso, ricoperte d'olio e gomma da tutti gli altri concorrenti davanti a noi, e per quasi per un chilometro ha dovuto staccare e guidare a otto-decimi, essendo la strada così difficile. Appena oltre la cima della Futa vedemmo una Mercédès-Benz sul ciglio della strada in mezzo a una folla di persone, era il 704, il giovane Hans Herrmann, e sebbene non potessimo vederlo, gli facemmo un cenno di saluto con la mano. La macchina non sembrava danneggiata, quindi pensammo che stesse bene.