Sport Prototipi anni '60-'70 e Gruppo C

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da Pisy » 06/11/2008, 21:36

Certo una bella differenza tra la 917 che debuttò nel '69 e quella che corse nel '70, netta l'evoluzione aerodinamica e i relativi cambiamenti della linea come si vede da queste due foto, rispettivamente a coda normale e quella con coda lunga per Le Mans.

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Porsche 917 vincitrice a Le Mans '70 con Herrmann-Attwood

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Porsche coda lunga team Martini per Larousse-Kauhsen
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da Pisy » 06/11/2008, 22:03

Mentre nel 1971 furono schierate queste tre versioni della 917

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Versione coda corta con le pinne stabilizzatrici posteriori

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Coda lunga per Le Mans

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Versione sempre a coda lunga per Le Mans ma con passo ridotto e studi aerodinamici particolari detta "maialino"

Scusate se le immagini non sono relative a quell'anno, ma è per rendere meglio il concetto :(
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da Pedro59 » 06/11/2008, 22:55

Pisy ci ha mostrato le evoluzioni della 917 dal '69 al '71.
Mancano due versioni intermedie realizzate ancora da Horsman.
Sono il modello Spa '70 con le code del cofano motore unite con un foglio d'alluminio rivettato e spoilerino completo su tutta la larghezza del posteriore, che gareggiò (e vinse con Jo Siffert e Brian Redman) solo in quell'unica occasione, e poi il modello presentato dalla Gulf Wyer a Le Mans '70 con l'alettoncino centrale fra le code ripreso poi nella stagione '71 prima e dopo la versione con le pinne giganti che fra l'altro vinse a Monza con Rodriguez-Oliver. 
Parliamo però della Ferrari.
Nel '69 a Maranello avevano presentato la 312 P con il V12 della F1, un'auto stupenda, forse la più bella mai realizzata dalla Ferrari, una linea rivoluzionaria, che però non ebbe mai fortuna nonostante fosse senz'altro competitiva nei confronti della Porsche 908.
A Spa ed  Monza (lo ha ricordato Power) le mancò anche la fortuna oltre che l'affidabilità.
Per il '70 Enzo Ferrari (si disse anche spronato dalla Fiat che era entrata in Azienda...) decise un investimento fra i più grandi della storia di Maranello, ovvero la realizzazione di 25 esemplari di una vettura sport 5000cc, con un motore V12, battezzata con la sigla 512 S (S stava per Sport, 5 per 5 litri di cilindrata e 12 per indicare il frazionamento).
La Ferrari rompeva quindi definitivamente con la tradizione che per le vetture sport prevedeva, fin dagli anni '50 per arrivare alla serie "P" con motore posteriore degli anni '60, come classificazione la cilindrata unitaria dei propulsori, con l'esclusione delle Dino.
Proprio la 312P era stata la prima a usare questa classificazione derivandola dalla F1.
A parte questa caratteristica, la 512 S si annunciava come avversaria della Porsche 917 della quale si conoscevano bene i problemi e si sottovalutavano i progressi.
Per il 1970 le attese di Maranello erano enormi, mentre nell'anno prima spesso era stata iscritta solo una unità per la gara d'apertura a Daytona vengono presentate ben tre 512S ufficiali e quella di Andretti-Merzario stacca una "pole" strepitosa rifilando con "piedone" addirittura più di 1" alla Gulf-Porsche 917 di  Siffert.
In gara le cose vanno in modo diverso: le altre 512S di Giunti-Vaccarella e Ickx-Schetty vengono eliminate da due incidenti, quella di Merzario e Andretti finisce al terzo posto dietro le 917 di Rodriguez-Kinnunen e Siffert-Redman.
E' un brusco risveglio perché la vittoria della Porsche è schiacciante, nonostante le due unità arrivino al traguardo rappezzate col nastro telato perché la carrozzeria è letteralmente erosa dalla sabbia che tradizionalmente si trova sulla pista americana: fra la Porsche vittoriosa e la 512 superstite ci sono 48 giri !.
Ironia della sorte, la nuova Ferrari ha problemi opposti a quelli evidenziati dalla sua grande avversaria l'anno prima: se la 917 aveva evidenziato problemi di deportanza al posteriore, la 512 (come ha scritto anche eddiesachs) ne presenta all'avantreno evidenziando un notevole sottosterzo.
Paradossalmente il problema più grosso della 512S sarà rappresentato però da una vittoria. :blush:

(continua) 
     
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da Pisy » 06/11/2008, 23:29

Penso sia il trionfo a Sebring...
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da Pedro59 » 07/11/2008, 16:30

[quote="pisy"]
Penso sia il trionfo a Sebring...
[/quote]
Proprio così, ma andiamo in ordine.
Il brusco risveglio di Daytona costringe la Ferrari ad un esame di coscienza.
L'ambiente è al solito umorale, come è inevitabile che sia nella tradizione di una casa che nello stemma ha un cavallino imbizzarrito, in più stavolta c'è di mezzo un investimento, di soldi e impegno, inconsueto, forse unico, nella storia della Scuderia Ferrari.
Per Sebring che si corre quasi due mesi dopo si cerca di correre ai ripari.
La 512S e la 917 sono concettualmente diverse: la "rossa" ha il consueto motore raffreddato ad acqua che la costringe ad ospitare nel telaio i tubi di raffreddamento ed un grosso e pesante radiatore, se a questo si aggiunge che il telaio di Maranello è in tubi d'acciaio irrigidito con pannelli di alluminio è facile comprendere come la Ferrari 512 S, prima versione, sia quasi 100 Kg più pesante della Porsche 917 che ha la scocca in alluminio.
Non basta, la 512 è più compatta, ma come detto denuncia subito problemi di insufficiente deportanza all'avantreno e i vincoli costruttivi del radiatore e del telaio non permettono soluzioni aerodinamiche più efficaci.
In vista di Sebring si migliora qualcosa cercando l'affidabilità, ma l'aria che si respira è quella di chi sa che deve migliorare ma non sa se potrà bastare.
Una bella sorpresa, anche perché inattesa, attende i ferraristi al momento delle prove ufficiali,quando, ancora Andretti, strappa una bellissima "pole" con oltre 1" di vantaggio.
Le altre Ferrari 512S sono quarta, quinta e sesta, mentre le Porsche 917 si piazzano al secondo, al terzo ed al settimo posto della griglia.
La gara sarà tuttavia una disfatta per la Porsche, in parte dovuta, secondo alcuni, anche alla lotta intestina che si stava scatenando fra le Porsche 917 "tedesche", ovvero quelle della Salzburg KG, e quelle "inglesi" della JWAE.
Piech, il nuovo boss, è figlio della sorella di Ferry Porsche che ha mantenuto la nazionalità austriaca ed ha molta influenza a Zuffenhausen.
La signora Piech é una donna energica che decide di far correre alcune 917 con i colori della propria scuderia e soprattutto pretende dalla casa madre una maggiore attenzione rispetto a quella fin lì dedicata alle Gulf-Porsche "straniere".
Come effetto si ha una dispersione di risorse che alla fine si ritorce sia contro gli uni che gli altri: nessuna Porsche "austriaca" arriva al traguardo e quelle della Gulf Wyer incontrano ogni tipo di problemi.
La Ferrari, sia pure con un certo affanno, vince con Giunti-Vaccarella cui si aggiunge Andretti che, dopo aver a lungo dominato la corsa, era stato appiedato dalla rottura del cambio e guida la 512S superstite con una grandiosa rimonta.
Alla fine c'é chi dice che Piech sia più contento di una vittoria della Ferrari che di un nuovo trionfo di Wyer con il quale sono sorti dissidi dopo un iniziale collaborazione.
La vittoria di Maranello e la disfatta della Porsche (solo quarti Rodriguez-Kinnunen cui si è aggiunto Siffert che ha fatto come Andretti) il cui onore è salvato solo da Steve McQueen con la Porsche 908 della casa cinematografica che sta preparandosi a girare il film sulla 24 Ore di le Mans, fanno perdere il senso della misura.
Si illudono tutti, non solo i tifosi che aspettavano una vittoria nelle gare delle Sport-Prototipi dai tempi delle P4 e di Bandini, ma anche i tecnici, e forse lo stesso Ferrari, che il divario fosse già colmato sia in pista che fuori.
Purtroppo i ferraristi presto si accorgeranno di essersi sbagliati. 

(continua)
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da sundance76 » 07/11/2008, 18:37

Lessi che la carrozzeria della 512 la faceva la Bani, una piccola ditta che produceva macchinine per le giostre.
Chissà se a Maranello le 25 vetture furono costruite tutte, e in tempo.

Ho letto che per la Porsche forse si ebbe un occhio di riguardo, nel senso che i funzionari della Federazione fecero passare per complete alcune vetture che non lo erano ancora. Ma alla fine sono solo voci, per l'una e per l'altra, che non potranno mai essere confermate...

Però ad esempio si sa che della Lancia Stratos, che poteva essere omologata solo in 500 esemplari minimi, in realtà furono costruiti circa 480 esemplari.
Ultima modifica di sundance76 il 07/11/2008, 18:58, modificato 1 volta in totale.
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da Powerslide » 07/11/2008, 18:50

L'omologazione della 512 fu fatta con 17 vetture complete e pezzi sfusi per altre 8.
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da Pedro59 » 08/11/2008, 9:38

[quote="Powerslide"]
L'omologazione della 512 fu fatta con 17 vetture complete e pezzi sfusi per altre 8.
[/quote]

E la cosa non era piaciuta alla Porsche già alla vigilia di Daytona, ma non aveva fatto nessun reclamo.
Torno ancora su quelle due prime gare perché furono, a mio avviso, decisive per il campionato e per il suo esito che fu senz'altro orientato al peggio (per la Ferrari) dalle valutazioni e dalle scelte fatte dai due contendenti proprio dopo queste prime due gare quando il match sembrava in perfetto equilibrio, se non in vantaggio per i colori di Maranello.
Analizziamo come davvero erano andate le cose.
A Daytona la Ferrari 512 S aveva molto impressionato i tecnici della Porsche, soprattutto quelli "inglesi".
Horsman racconta che si era convinto che il motore V12 della Ferrari "fosse un'altra cosa" rispetto al Porsche.
"Bastava sentirlo cantare" - racconterà anni dopo anche Ermanno Cuoghi.
Inoltre alla Ferrari aveva anche detto male: Giunti era stato accecato da un riflesso del sole al tramonto e si appoggia al muretto della curva che immette sul rettilineo, uscendo di scena.
Ickx, che sembrava tenere il passo delle Porsche di Rodriguez e di Siffert, non si capisce col pilota di una grossa Chevrolet Camaro e finisce fuori pista e fuori gara.
Pertanto, nonostante la schiacciante vittoria, alla Porsche pensano che non potrà sempre andare così bene e cercano di migliorare temendo che la Ferrari sia già migliore di loro.
E' una guerra psicologica, e le reazioni rispecchiano fedelmente le caratteristiche dei due schieramenti: a Maranello tremano i muri, al quartier generale della Porsche "inglese" e a quello della Porsche "austriaca" si cercano i margini di miglioramento senza tener conto di un risultato trionfale, per avere un'idea basti pensare che la Porsche 917 di Rodriguez-Kinnunen si era fermata solo per i rifornimenti e il cambio delle pastiglie dei freni, e che il suo record sulla distanza sarà battuto solo diciassette anni dopo !.
I perfezionisti tedeschi, però fanno un clamoroso errore di valutazione, amplificato dalla spaccatura ormai evidente fra la Salzburg KG (che in pratica è la Porsche System Enginnering di prima, quella della macchine bianche e ufficiali per capirsi) e la Gulf JWAE.
Wyer è imbestialito, gli avevano promesso (così come aveva fatto la Ford anni prima), che sarebbe stato il suo team quello "ufficiale" mentre invece le soluzioni trovate per le sue 917 erano state riportate subito alla Salzburg presso la quale, aveva scoperto, stavano già sviluppando, a sua insaputa, un nuovo motore da 4900 cc.
L'errore di cui parlo (e di cui raccontano Horsman e Wyer) è quello di decidere, dopo aver analizzato Daytona, di intervenire per porre rimedio all'eccessivo consumo di pastiglie in una pista, Daytona appunto, meno problematica di quanto sarebbe stata Sebring.
La colpa - secondo i "tedeschi" - era del portamozzo che sarebbe stato ridisegnato e sostituito per la 12 Ore di Sebring dopo un test di 16 ore sulla pista della Porsche a Weissach... test a cura della Salzburg.
Wyer non è d'accordo, ma Piech é irremovibile, anche di fronte alle osservazioni dei tecnici Gulf che giudicano fragile la soluzione tedesca durante i primi test a Sebring, un mese circa prima della corsa.
Hanno ragione, ma i tedeschi se ne convincono solo dopo aver ripetuto le prove a Weissach e, facendo un clamoroso dietro-front, decidono di cambiare in blocco le sospensioni anteriori proprio a poche ore dall'inizio della gara, quando è ormai impossibile.
La perfetta organizzazione teutonica crolla come un castello di carte.
Così a Sebring la situazione si capovolge: nessuna delle Porsche Salzburg finisce la corsa e la Gulf Porsche 917 superstite di Rodriguez Kinnunen - quarta al traguardo - rompe tre volte il portamozzo che nell'ultima fermata viene sostituito in appena 9', ma costa inevitabilmente la vittoria.
Alla Ferrari non capiscono che si tratta di un episodio e pensano di essere in vantaggio grazie alla migliorata affidabilità della 512 S ed al fatto che ad un certo punto ci sono state quattro "rosse" al comando e solo una prova maiuscola di un Siffert ispirato aveva fatto tremare i box del cavallino dopo il ritiro della 512 S di Andretti e prima dell'ultima rottura della sospensione che dà il colpo di grazia alle speranze tedesche. 
La Ferrari sottovaluta soprattutto la capacità organizzativa della Gulf: i meccanici "inglesi" capitanati da Cuoghi hanno a disposizione pistole pneumatiche per sostituire le gomme, bloccate con un dado esagonale anzichè con il classico bullone Rudge da prendere a martellate e le modifiche richieste da Wyer alla Porsche permettono di sostituire i dischi dei freni in condizioni di estrema sicurezza e in pochi minuti.
Infine, a Daytona, sulla 917 di Siffert, secondo al traguardo, era stata  sostituita l'intera frizione in un'ora e venti minuti !
A Maranello, invece, da questo punto di vista c'è molto da migliorare, ma la vittoria di Sebring ed il mare di guai in cui sembra affogare la Porsche illuderanno tutti fino ad un brusco risveglio.

(continua)

 
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da Pedro59 » 11/11/2008, 21:38

Ritornando al Mondiale '70, dopo le prime due gare c'era la sensazione di un sostanziale equilibrio che durò fino alla 1000 Km di Monza autentica chiave di volta della stagione che, da allora in poi, prese una piega diversa per le grandi contendenti in senso positivo per la Porsche, negativo per la Ferrari.
La terza prova, a Brands Hatch era stata dominata dalla Porsche con una grande vittoria sotto la pioggia di Pedro Rodriguez con la Gulf e le due Porsche Salzburg ai posti d'onore, ma proprio la pioggia e la Firestone erano stati considerati, a torto od a ragione, alla base del trionfo.
Era accaduto che i tecnici americani avevano proposto al Team Gulf Wyer delle gomme da pioggia montate su cerchi più stretti e proprio queste gomme miracolose unite all'abilità di Pedro Rodriguez avevano scavato un solco netto rispetto alla concorrenza.
Nelle prove però due Ferrari 512 erano state le più veloci  e questo faceva ben sperare per Monza dove, però accadde di tutto e di più.
Alla vigilia scoppiò il caso dei freni della Porsche.
Salzburg e Gulf Wyer erano da tempo ai ferri corti, John Wyer e David Yorke non avevano mandato giù che la Porsche stesse sperimentando un nuovo motore con gli austriaci e, dal canto loro, si erano ben guardati di mettere a parte i loro primi avversari dei passi avanti compiuti con la Girling sulle nuove unità frenanti che promettevano di avere (ed avrebbero mantenuto le aspettative) prestazioni decisamente superiori.
Durante le prove, tuttavia, Yorke venne a sapere che sulle Porsche 917 della Salzburg erano stati montati i nuovi freni Girling "passati agli austriaci" dalla casa madre e successe il finimondo.
I rapporti già tesissimi arrivarono al limite di rottura, il Team Wyer sembrava in procinto di abbandonare la collaborazione con la Porsche, ma poi tutto rientrò con l'offerta di Piech di utilizzare anche sulle Gulf-Porsche 917 il nuovo propulsore che a Monza avrebbe potuto essere, con i suoi 600 HP, l'arma decisiva.
Wyer, diffidente come pochi, e in questo appoggiato da Yorke che nel rapporto con i tedeschi vedeva ombre anche dove non ce n'erano, prese tempo per decidere.
In prova venne montato il propulsore (ce n'erano due soltanto e l'altro era rimasto alla Salzburg) sulla 917 di Siffert che fece la "pole" precedendo di appena 5/10 la 512 di un ispiratissimo Amon, poi, per la gara ritornò al meno performante, ma collaudato 4,5litri.
Alla Ferrari intanto c'era grande attesa e grande ottimismo per un risultato che avrebbe rilanciato la casa italiana nella lotta per il titolo. Ricordo anch'io quella vigilia della Festa della Liberazione che cadeva di domenica.
La RAI trasmetteva in diretta la gara, un privilegio raro riservato solo alla partenza ed all'arrivo della 24 Ore di Le Mans, un'ora il sabato ed una la domenica attorno alle fatidiche quattro pomeridiane.
Per la 1000 Km erano di solito previsti più collegamenti inframezzati da altri avvenimenti sportivi, di solito una classica del ciclismo del Nord, quella volta, non c'è un motivo particolare, ma mi ricordo che era l'Amstel Gold Race.
La seguivano in diretta perchè c'era Gimondi. 
Ma quello era il giorno della Ferrari.
Le 512S ufficiali erano tre. Non c'era Ickx che si era infortunato a Jarama e non c'era Andretti, forse per i suoi impegni in America. Quello, in Ferrari, era l'anno dei ritorni: a Monza c'era Surtees, quattro anni quasi esatti dopo l'ultima corsa con una P3, al Nurburgring, quattro anni esatti dopo l'ultima vittoria con un Prototipo Ferrari, ancora la P3, ancora a Monza.
E c'era Amon che era appena andato via ed era tornato per farsi rimpiangere: volava letteralmente.
Con un pizzico di cattiveria, il grande Vecchio aveva suggerito (o, meglio, imposto ?) gli accoppiamenti: Giunti-Vaccarella, Amon-Merzario e Surtees, il traditore, con il meno veloce, Schetty asso della montagna, ma tutto da vedere a Monza, circuito velocissimo anche senza l'anello di alta velocità escluso dopo molti anni anche dal tracciato della 1000 Km.
Fu una corsa strana, amara.
La Porsche perse quasi subito le due 917 della Salzburg,quella di Jo Siffert ebbe problemi dopo una "toccata" sul gurd rail.
La decisione arrivò quando era chiaro che la 512 S che avrebbe potuto vincere era quella di Giunti, che teneva agevolmente il passo di un Rodriguez scatenato fin dai primi metri.
Per garantirsi un vantaggio decisivo fu deciso di far salire Amon, in grandiosa condizione, invece di Vaccarella, velocissimo, ma quel giorno non quanto il neozelandese.
Qui accadde il patatrac :scared:.
Al momento di rientrare Giunti si trovò nel box le altre due 512 con i meccanici che già litigavano in una confusione indicibile.
Al momento di ripartire ci fu anche un principio d'incendio che aggiunse caos al caos; fra estintori e urla, come Dio volle, ripartì anche, con gravissimo ritardo, la 512 di punta.
Ma Amon era rimasto a piedi.
Nella confusione era ripartito Vaccarella che fece del suo meglio, ma non riuscì a recuperare nulla a Rodriguez.
All'ultimo cambio, Amon tentò il tutto per tutto sfiorando il giro record, ma i giochi erano ormai fatti e il Mondiale da quel giorno non avrebbe più cambiato rotta. :blushing:
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da Powerslide » 12/11/2008, 0:59

I racconti di Pedro sono bellisimi e a questo proposito pregherei Uitko e Mclaren7 di volerli riunire nella sezione "Articoli", perchè è un peccato non siano impaginati come meritano.

Sempre che lui sia d'accordo visto che gli stiamo ciulando il libro senza pagarne i diritti  :D
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da Powerslide » 12/11/2008, 1:25

Ecco invece, come promesso, la mia breve, ma intensa  :blushing: , esperienza su una 512S.


Fine febbraio '89. Ormai ho "quasi" deciso che quella sarà la mia ultima stagione in Ferrari (decisione non facile da prendere). Ho accumulato un numero di giorni di ferie non ususfruite tale da poter restare a casa per un paio d'anni, quindi punto i piedi e riesco a farmi dare una settimana. Mi occorre per riflettere e per ricucire vecchi contatti che sono pendenti da almeno un anno.
Non credo che, al momento delle dimissioni, Maranello mi faccia firmare un contratto in cui m'impegno di stare lontano dalla F1 per un tot di tempo (non sono così importante) e non è neppure mia intenzione rientrare nel Circus da avversario, almeno subito, perchè mi sembrerebbe di tradire il mio sogno di ragazzo.
Faccio un giro di telefonate con vecchie conoscenze impegnate nell'endurance: niente di certo anche perchè i tempi sono prematuri, ma un paio di proposte che potrebbero essere interessanti da lì a dodici mesi.
Il paese è piccolo e la gente mormora: non passano due giorni che mi chiama un "amico":
- Ciao, come stai, bla bla bla ecc. Senti, so che sei a casa, mi faresti un favore?
- Dimmi, se posso ......
- C'è un Tizio, un francese, che ha fatto restaurare una vecchia 512. La macchina fino a domani è alla Marelli, ma mercoledì, prima di farla spedire, vorrebbe provarla a Monza. Non l'accompagneresti?
-  Ma scusa, che mi frega di un BB?
- Ma quale BB, una 512S di ven'anni fa!
- Vorrai dire M ......
- Prima era S, poi M ed ora di nuovo S. Anzi l'ha rivoluta proprio come era appena uscita dalla fabbrica o quasi.
- Ah. Ma io che c'entro?
- Ma ..... nulla. Però ha speso un casino e la tua presenza lo farebbe sentire importante. Sai come sono 'sti collezionisti.

Sento puzza di brucio ..........

- Senti, non ti sognare che io voglia spendere una parola su quella macchina. Tra l'altro non appartiene neppure alla mia epoca in Ferrari.
- Ma no, che c'entra, mica devi garantire i lavori fatti. Sai come sono a Maranello: gli hanno dato un po' d'indirizzi cui rivolgersi, ma non se lo sono filato neppure un po' e lui c'è rimasto male. Infondo la tua presenza sarebbe solo un bene per i tuoi capi e ti passi pure una giornata interessante scambiando quattro chiacchere con uno appassionato come te!
- Non mi stai fregando, vero?
- Dai, da quanto ci conosciamo? Ah, lui sarà a Monza per le undici, mezzogiorno: se ci sei mi fai un regalo!
- Vabbè, vedrò di esserci.
- Oh, grazie! A proposito, per ogni piacevole evenienza, portati casco e tuta.
- Ma sei scemo? Io non ho nessuna tuta.
- Ah, vabbè, vedi tu. Io te l'ho detto.

Ho la vaga impressione di essermi cacciato in qualche casino, ma l'idea di respirare della buona aria del tempo che fu m'intriga assai.

La mattina dopo sono a Monza: jeans, maglione, giubotto, un paio di mocassini con suola in gomma tassellata, ma, nel bagagliaio ...... il mio Bell vecchio di vent'anni.
Il cielo è sereno, ma, proprio per questo fa un freddo boia e i mocassini, anche se non troppo leggeri, non sono il massimo.
Ancora prima di arrivare al sottopasso capisco di non essere in anticipo: il rumore di un 12 che viene scaldato riempie l'aria.
E' nella corsia box, stranamente in senso contrario col muso che guarda la Parabolica. Il cofano motore è sollevato e due meccanici ci son chini sopra. Osservo l'intreccio dei tubi di scarico ed ho l'impressione di guardare una P4: si vede che son figlie dello stesso padre!

Veloci presentazioni con un unico intoppo: il mio francese è quasi peggio del suo inglese. Scegliamo una via di mezzo: non so quanto capiamo l'uno dell'altro, ma forse è meglio così. E' un tipo simpatico e non se la tira più di tanto. Avrà una decina d'anni e di chili più di me, ma siamo della stessa statura. Indossa, sotto un giaccone, una tuta bianca con i filetti rossi e la scritta Firestone: faccio finta di nulla e mi metto a guardare l'auto.
E' veramente bella: tutta rossa con i bolloni bianchi su cui attaccare il numero di gara, il lunotto posteriore bianco a "persiana" e, uniche differenze rispetto a quelle di prima omologazione, due baffetti rivettati obliqui sul muso e i due spoileroni alla fine del cofano posteriore.
Comincia a spiegarmi, o almeno credo di capire, che ha rivoluto la vettura completamete originale e che l'unica cosa che ha tenuto della M (in cui era stata trasformata) è il motore.
Io continuo a far sì con la testa, quando lui mi chiede:
"Pensa che avrà la stessa potenza della M anche se ormai non ha più l'airscope?"
Me la cavo con un sorriso e con un:
"Vedrà che sarà più che sufficiente!"
Getto un'occhiata all'abitacolo e noto che sedili e cinture sono blu. Non dico nulla ma, probabilmente, mi tradisco con l'espressione.
"Pour la France!" dice lui e ride.
Si lancia poi in una lunga disquisizione della quale non capisco quasi nulla, tranne il fatto che vuole partecipare a qualche concorso, qualche raduno e, perchè no, qualche gara vintage.
Evito accuratamente di chiedere la storia di quella macchina, nè da chi l'abbia acquistata, nè chi l'abbia restaurata. Quando lui sta per raccontarmelo vengo salvato dal rumore dei tubi di scarico. Un meccanico si avvicina e gli dice qualcosa, lui fa sì con la testa e l'altro sale, percorre al contrario la corsia box, esce, inverte la marcia e comincia il giro. Il francese entra nel box e s'infila casco e guanti. Intanto il meccanico ha finito il giro e rientra. Si ferma, il suo collega gli apre la portiera portandola in verticale, lui dà un ultimo colpo d'acceleratore, poi ruota una "farfalla" rossa sulla parte alta della porzione verticale del cruscotto e il motore si spegne. Un leggero vapore esce dagli scarichi.
E' il momento del proprietario. Nonostante la stazza entra con relativa agilità. Ora ha lo sguardo che non ride più: sembra iperconcentrato o, forse, finge solo di esserlo. Mette in moto (uno dei meccanici gli chiude la portiera), innesta la prima, fà mezzo metro e il motore si spegne. Scuote la testa, ripete la manovra che questa volta riesce anche se sfriziona un po' troppo per i miei gusti.
Però non guida affatto male: ogni giro che compie si sente che ci sta prendendo la mano. Esce più veloce e largo dalla Parabolica, tira di più le marce, cambia bene sia salendo che scalando alla prima chicane. Senza accorgermene comincio ad appassionarmi e gli conto i rapporti: alla prima variante entra in seconda, mette la terza, sottogiri, tra la prima e la seconda "esse", quarta poco dopo esserne uscito, poi, prima del Curvone si sente il motore calare di giri. Non riesco a capire se metta la quinta, sottogiri, o se alleggerisca.
Nel silenzio del Parco lo sento uscire di terza dall'Ascari, salire due marce nel rettifilo opposto e scalare nuovamente in terza per la Parabolica.
Dopo una dozzina di giri rientra. Gli sorrido,  gli faccio segno col pollice in su ed è un gesto sincero.
Lui scende rosso e sudato, ma gli occhi sono nuovamente felici. Un meccanico gli porge il giaccone. Lui ci scambia un po' di opinioni: capisco solo che si lamenta della frizione che attacca troppo presto e delle gomme che faticano ad andare in temperatura.

Mi complimento con lui e gli domando con che rapporto facesse Lesmo: in terza la prima e in quarta la seconda. Sto per chiedergli del Curvone quando lui all'improvviso fa:
-  "A Vous, monsieur!" e mi indica l'abitacolo stendendo il braccio.

Ovviamente dico di no, ringraziando per l'offerta, ma lui insiste spiegando che è il minimo per sdebitarsi della la mia presenza.
Mi sto domandando che cacchio gli abbia raccontato "l'amico", quando lui mi porge il suo casco. Io sorridendo faccio ancora no con la testa, ma lui lo prende per un diniego dettato dalla superstizione, escludendo a priori che io non voglia provare la sua vettura, perchè fa:
"Comme Ascarì", mettendo un bel accento sulla i.
Contemporaneamente si rivolge ad uno dei meccanici che subito mi porge una bustina sigillata, con i tappi per le orecchie. L'altro solleva la portiera tenendola aperta.
Capisco che sono fottuto. Mi do un contegno: apro la bustina e lecco i tappi prima d'infilarli. In anglo-francese spiego al facoltoso personaggio che è tutto a suo rischio e pericolo. Lui contnua a sorridere e mi dà una pacca sulla spalla.

Vedo di salire nel modo meno goffo possibile, evitando accuratamente di aggrapparmi al tetto che è in materiale plastico. Il fatto che la prima gamba ad entrare sia la sinistra (quella per me sifula), non aiuta, ma la manovra è molto meno complicata di quanto temessi. Mi lascio scivolare sul sedile che sembra non arrivare mai: la posizione di guida è molto sdraiata, come si usava negli anni '70, non certo come nei prototipi o le Gt di oggi.
I pedali sono leggermente disassati a sinistra, ma molto meno che su una 250 LM, ed il cambio, per fortuna (ma questo già lo sapevo) è sulla destra, affogato nel pannello del telaio. La leva non è perfettamente dritta, ma ad "esse" e il pomello, piccolo e a forma di uovo, è in legno. Come in tutte le Ferrari 5 marce, la prima è in basso a sinistra. Il volante è poco più grande di quello di una formula, con dietro, al centro, il contagiri: striscia gialla a 8.000 e rossa a 9.000. Poco più a sinistra il manometro olio, altri strumenti a destra, ma posti in verticale. La parte sinistra della plancia porta la "farfalla" rossa del "contatto", un pulsante per l'accensione e cinque o sei leve e levette. Proprio al centro del cruscotto spunta in verticale una leva in acciaio cromato con pomello in plastica nera che sembra presa pari pari da un devialuci Fiat: mi rifiuto di chiedere se sia per le frecce, il tergi o il lampeggio. Di certo non la toccherò.
Intanto un meccanico è chino su di me e sta stringendo le cinture.
Le dimensioni in larghezza del muso s'intuiscono dai passaruota che sono alti e pronunciati, dove invece finisca in lunghezza resta un mistero.
Il meccanico mi chiede come vada: mi scrollo un po' sul sedile, provo a spingere i pedali e faccio sì con la testa.
Guardo dietro: nulla. Le uniche cose che intravedo tra le fessure del lunotto sono i tromboncini d'aspirazione racchiusi in uno scatolotto di policarbonato.
Il meccanico mi indica la farlalla a sinistra e il pulsante che gli sta sotto. Alzo il pollice facendo capire che lo so (l'ho imparato stamane  8) ).
Ruoto la manetta e sento, non con le orecchie ma con il corpo, che una lieve vibrazione attraversa la macchina e me.
Abbasso la frizione, schiaccio di un millimetro l'acceleratore e premo il pulsante. Non ci sono tappi che tengano: il motore è partito! Lascio la frizione e accelero per capire la risposta al pedale. La portiera viene chiusa: il finestrino, ricurvo, è vicino vicino alla testa e l'abitacolo sembra ora molto più angusto. Ringrazio mentalmente Caliri, l'artefice della linea, per la sensazione di claustrofobia che ora sto provando. Ma non poteva prendersi una spider il francese! Per fortuna il rettangolo d'apertura sul finestrino è aperto: ci passerebbe a stento una mano, ma aiuta.

Ci siamo: il meccanico fa cenno che quando voglio, posso.
Sfondo il pavimento con la frizione, dentro la prima, che entra con un lieve schiocco metallico, sospiro a scacciare i cattivi pensieri, motore verso i 3.000 e stacco la frizione senza strappare, ma con decisione. Il primo ad essere stupito sono io, ma è stato facile: sto percorrendo la corsia box.
Potrei farlo dopo, ma potrebbero non notarlo, quindi, da sborone, lo faccio subito: destro sull'acceleratore e sinistro sul freno per scaldare i dischi. Percorro così, alleggerendo e premendo, tutta la pitlane; quando sto per uscirne lascio andare i freni, accelero gradualmente e metto la seconda. Come in tutte le macchine da corsa, i cambi a dentri dritti e senza sincronizzatori, gradiscono un movimemto della leva molto rapido, quasi violento: è il miglior sistema per non farli grattare. L'olio, poi, è ancora caldo e questo facilita molto la manovra, la rende pastosa. Insomma, faccio una gran bella figura.
Chissà perchè, ma quando finisce il muretto e la pista si allarga a dismisura, si tende a provare una strana sensazione: quella di essere nudo in piazza del Duomo.
Mi accorgo di non aver più guardato il contagiri da quando son partito (la pit mi appariva terribilmente stretta), nè so a quanti giri ho messo la seconda: ad orecchio direi 4.000/4.500. Ora però è tempo di farci caso. Nel frattempo faccio un po' di zig-zag per scaldare gli pneumatici: se riescono a vedere anche 'sta manovra, guadagno 100 punti di stima!
Accelero a 5.000, metto la terza: il motore scende un  po' sotto i 4.000 ma non dà segno di soffrire, almeno finchè lo richiamo dolcemente. Scalo quindi nuovamente in seconda: la variante è ancora un po' lontana e quindi mi rimetto a zigzagare, per fingere che tutto è sotto controllo. Cosa che non è.
Ok, mi dico, non sarà peggio della F40 con cui ho fatto un giro a Fiorano, almeno questa ha un motore pastoso ed aspirato. Palle! Appena spingo la seconda in uscita del primo tratto di variante, la coda comincia ad ondeggiare: sono a 6.500. Dentro subito la terza, sottogiri, e lascio scorrere sostenendo appena col gas sino alla fine della seconda "esse". Calmo - mi dico - sono solo le gomme fredde e, con questo tempo, è il minimo che potessi aspettarmi.
Tiro la marcia fino a 7.000 e metto la quarta che tengo per tutto il Curvone tenendo i giri sui 6.000 senza accelerare.
Da questo punto in poi so che dai box non mi possono più sentire, lo so e mi sento più libero e tranquillo. Tiro la quarta fino a 7.000, metto la quinta, ma sono già al cartello dei 200 della Roggia. Giù tre marce pestando sul freno: sono corto! Accelero in uscita e nuovamente la coda tende a muoversi. Terza, non schiaccio a fondo, poi rilascio e imposto la prima di Lesmo: vado talmente piano che la macchina sembra incollata. Mi faccio schifo. Do un'occhiata al contagiri: sono a 4.500 e non vale neppure la pena di passare in quarta per la Lesmo 2.
Quasi vent'anni di ruggine non son facili da togliere ma, o comincio a tirare o la situazione non potrà migliorare.
Quarta in uscita e poi quinta verso il Serraglio: stavolta con un po' più di cattiveria. Al Sottopasso freno e scalo due marce (la terza sarà quella giusta per l'Ascari o è meglio la seconda?): decido per la terza facendo scorrere. Scorrere una fava: Il muso non vuol saperne di girare! Perdo di almeno un metro la corda e tocco duro il cordolo esterno. Mi vedo già dritto contro il rail quando il vecchio istinto ha, per fortuna, il sopravvento: giù il gas (poco, oh!), coda che allarga e traiettoria che si chiude. Sterzo a sinisra, ancora un po' di gas sostenendo e sono dritto sul rettifilo opposto.
Ho avuto paura? Sì, ma la rabbia verso di me è ancora maggiore. E questo è un bene. Tiro la terza ad 8.000, la quarta a 7.000 (sennò non faccio in tempo a mettere la quinta) e poi quinta spostandomi a sinistra.
Stacco per la Parabolica dopo i 200, ma prima dei 150, mentre scalo in terza. Mi porto alla corda sotto la tribunetta dei fotografi, vorrei far scorrere, ma il muso tende ancora ad allargare: ma che cacchio d'assetto sottosterzante gli han fatto? Stavolta faccio uscire il retrotreno staccando e riaccelerando: non sarà splendido, ma funziona. Esco ridicolarmente stretto e lento: per evitare la figuraccia accelero tutto, spostando la traiettoria a sinistra come se fosse per la forza centrifuga. Quarta e quinta poco prima del traguardo (quello vecchio, quello dopo i box). Do uno sguardo con la coda dell'occhio, ma evito di voltare la testa.
Mi viene in mente la 1.000 Km del '70: avevo criticato Vaccarella perchè girava un paio di secondi più lento di Giunti. Col pensiero chiedo perdono al Preside Volante.

Stavolta stacco un po' sotto i 200 e certo non arrivo corto, anzi mi tocca ad impostare la sinistra ancora un po' pinzato: meglio, il muso s'inserisce subito alla corda! Terza in uscita nel cortissimo rettifilo, faccio scorrere nel secondo tratto della variante e poi tutto giù verso il Curvone. Quarta decisa (che non vuol dire flat) per tutta la percorrenza e poi, a 8.000, quinta. Staccatona ai 200, giù tre marce ed entro alla Roggia ancora col piede sul freno: ma allora è questo che ti piace ragazzina! Terza in uscita, frenatina ad impostare Lesmo 1, poi quarta verso la Seconda. Un bel colpo di freni e dentro: sarà che sto andando molto ma molto sotto il limite, ma la 512 sembra su due binari!
Ora all'Ascari non mi faccio fregare: entro cattivo e col piede sul freno finchè il muso con sfiora la corda. Lascio scorrere per la successiva destra ed appena sento che il carico si è trasferito, apro il gas (poco oh!) per la successiva sinistra. Bene: al momento ancora non lo so, ma  mi accorgerò dopo che mi stavo divertendo.

In Parabolica entro più veloce (sempre un po' pinzato perchè il trucco l'ho capito) ed ho l'impressione di essere io a portare la macchina e non viceversa. Esco a sinistra senza bisogno di allargare lo sterzo, anzi, e prima della metà dei box devo già mettere la quinta. Rispetto al giro precedente ritardo le staccate di una decina di metri, ma non riesco a percorrere il Curvone in quarta piena perchè sento il volante che tende ad alleggerire.
Il bello però è in Parabolica: riesco a far scivolare un po' la macchina sulle quattro ruote, con la sensazione di poterla prendere e riprendere a mio piacimento: sarà grossa, ma pesa ben meno di 900 kg!. Sto già pensando che proverò a tener giù al Curvone e a quello che farò all'ultima curva nel giro successivo, quando dal muretto mi espongono il cartello box con sotto una bella freccia.

La festa è finita, ma è meglio così: cominciavo a sentirmi "troppo" sicuro.
Come è sempre stato mio costume, percorro il giro di rientro adagio, come stessi guidando una vettura di serie: la 512 l'accetta ed io mi godo l'adrenalina che va scemando. Slaccio le cinture e respiro a fondo. Mentre finisco il giro mi chiedo come sarebbe stato sulla vecchia Monza, quella senza varianti, quella che ho sempre rimpianto (non sapendo ancora cosa le avrebbero fatto pochi anni dopo), quella dove ha corso veramente la 512. Non voglio però darmi una risposta: ho paura che avrei avuto paura.

Arrivato ai box mi accorgo di essere stanco e che uscire dalla vettura è più difficile che entrarvi, perchè con la gamba destra devi scavalcare, oltre al brancardo già alto di per sè, anche la leva del cambio. Il sistema semplice sarebbe mettere i piedi sul sedile, ma proprio non è il caso: mi arrangio come posso e i meccanici mi danno una mano nell'impresa. Nei loro occhi noto una certa soddisfazione e, mentre mi infilo il giubbotto, il proprietario si avvicina battendomi una mano sulla spalla. Comincia a parlarmi, ma mi accorgo di non sentire quasi nulla. Solo allora mi ricordo dei tappi nelle orecchie. Li tolgo ma non è che la situazione migliori poi di molto: avrei dovuto mettere anche il casco.

Sono frastornato, non lo nascondo, con quello che continua a parlarmi in un anglo-francese che farei fatica a capire anche in condizioni normali. Poi mi mette in mano un foglietto: l'ultimo giro l'ho fatto in 2 minuti e 10, quindi 25/30 secondi in più di quello che sarebbe il limite della macchina. Uno schifo, ma so che almeno 15 li avrei tolti se avessi avuto ancora una mezza dozzina di giri a disposizione. Ancora di più con un assetto meno "sotto" e qualche appendice aerodinamica in più. Poi mi torna alla mente la foto di Amon, al venerdì' della 1000 km, con la macchina ferma a cavalcioni del rail esterno di Lesmo e mi dico che veramente è stato meglio così.

Ringraziamenti di rito, evito un invito a pranzo inventando un inderogabile impegno e torno a casa.
Arrivato tolgo dal bagagliaio il vecchio Bell tutto bianco. Come un idiota gli faccio una carezza: "Mi sei mancato, ti saresti divertito anche tu!"






 
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da madfilt » 12/11/2008, 7:39

Powerslide, nel leggere il tuo racconto mi sono emozionato davvero. Mi sono così immedesimato che mi sembrava di essere lì a vederti girare.
Grazie di esistere. E di partecipare a questo forum.
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da gillesthegreat » 12/11/2008, 9:20

grande power....grandissimo
PER SCOPRIRE IL LIMITE DEVI PRIMA PASSARLO
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da Pisy » 12/11/2008, 13:37

Grandissimo Power...una vera emozione la tua esperienza. Anche Pedro un grande...vorrei lavorare con voi due sarebbe il massimo!!!
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da Pedro59 » 12/11/2008, 17:13

[quote="Powerslide"]
Ecco invece, come promesso, la mia breve, ma intensa  :blushing: , esperienza su una 512S.

(VVVVRRRROOOOOOOOOOOOMMMMMMMMM MMMMM MMMMM !!)
[/quote]

Grande Power !
Generatore ideale di adrenalina pura...
Che gran macchina doveva essere la 512 ...sentendola raccontare da te !!!

Grazie !
"For if the trumpet give an uncertain sound, who shall
prepare himself to the battle?"  1 Corinthians 14/8
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