Munari: "Rally dell'Acropoli 1970: dormire? Cosa!?"

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da sundance76 » 05/12/2008, 14:58

Un altro racconto di Sandro Munari, il "Drago":

La mia prima partecipazione al Rally dell’Acropoli in Grecia con la Fulvia HF in coppia con Arnaldo Bernacchini risale al 1970.

Vi dico subito che era una gara durissima sia per le vetture che per i piloti. Gli sterrati greci, sono ancora oggi tra i più duri e “scassamacchine” del mondiale, in particolare quelli del Peloponneso. Tant’è vero che la percentuale di vetture che riuscivano a tagliare il traguardo era molto bassa.

In quell’edizione, tra le tante vetture rimaste in panne nei 4.000 chilometri di gara, c’era anche la nostra Fulvia, che per guai meccanici ci aveva abbandonato a pochi chilometri dal traguardo. Ma questa non era una sorpresa, sia per la durezza della gara sia perché la vettura da corsa veniva preparata sulla “carta”. Infatti, per ragioni di budget, anche se eravamo una squadra ufficiale, non si utilizzavano i muletti ed i meccanici per le prove. Questo era un disagio per noi piloti, perché riuscivamo a fare un solo passaggio nelle prove speciali per prendere le note, di conseguenza in gara, l’impegno, la tensione ed i rischi erano ancora maggiori.

Quando sento i piloti di oggi che si lamentano perché durante le prove non possono fare più di tre passaggi, per giunta con il muletto e l’assistenza al seguito, mi viene da ridere. Cosa avremmo dovuto dire noi allora? Ma siamo solo all’inizio...

La gara durava quattro giorni e si correva ininterrottamente; non erano previste soste neanche per qualche ora di riposo. Le uniche soste “rubate”, sulle quali poter contare per riuscire a dormire qualche mezz’ora qua e là erano rappresentate dai traghettamenti. Mi spiego meglio. La Grecia per conformazione geografica, ha delle coste con insenature marine molto importanti, in particolare nel Peloponneso. Così si usavano dei traghetti per collegamenti più diretti. Per fortuna che ce n’erano diversi, perché? Perché, come dicevo, era la sola possibilità, una volta a bordo, di scendere dalla vettura e cercarsi un posto sul pavimento per sdraiarsi e dormire.

Perché per terra sulla nuda lamiera zigrinata? Semplice! Le imbarcazioni che effettuavano questi traghettamenti erano delle chiatte ed oltre alla cabina di manovra, non esisteva nient’altro. Ovviamente più era lungo il tragitto più eravamo contenti, perché si poteva “dormire” più a lungo. Il tempo che si perdeva per le operazioni d’imbarco e sbarco veniva neutralizzato, pertanto quello diventava l’unico momento di “vero riposo”!

La scena che si presentava agli occhi dei passeggeri di bordo era quella di vedere gente ammucchiata sul pavimento, trasandata, barba lunga, non molto profumati, impolverati, come dei veri "clochard".

I “posti letto” non erano molti, a volte ci si doveva accontentare di un “letto” più ridotto, con il risultato di trovarsi un piede di un “coinquilino” sotto il naso. Per fortuna la stanchezza era tanta che non si percepiva nessun odore.

Ciò nonostante, anche se le “camere” non erano così confortevoli, quando suonava la “sveglia”, perché il traghetto stava per attraccare; non eravamo molto contenti. Anche perché sapevamo che non avremmo trovato né la doccia né tanto meno una tavola imbandita con cappuccini e brioche.

Ad attenderci per continuare l’interminabile viaggio, c’era solamente la nostra inseparabile e “desiderata” Fulvia HF. La prima cosa che chiedevo ad Arnaldo, mentre stavamo scendendo dal traghetto era: “Tra quando il prossimo”?.

Questo, penso sia sufficiente per farvi capire a che livello era arrivata la fatica che avevamo accumulato. Quando, dopo il ritiro, arrivammo all’hotel a notte fonda, sembrava di vivere in un sogno.

Finalmente avremmo potuto fare un lunghissimo bagno e dormire su un letto vero, che non vedevamo da quattro giorni. A differenza di altri ritiri patiti in zona Cesarini (parecchi purtroppo), questo lo presi come una liberazione. Infatti, una gara così non aveva senso perché ti toglieva ogni energia e quindi anche la volontà ed il desiderio di combattere per la vittoria.

Per questo motivo e per altri legati più a fattori scaramantici, che vi racconterò in una prossima puntata, decisi di non partecipare più all’Acropoli Rally.
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

https://www.youtube.com/watch?v=ygd67cDAmDI
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da Powerslide » 05/12/2008, 15:19

Già, perchè tutto ha un limite.

Anche a me l'Acropoli non è mai piaciuto: vedere come si distruggevano le vetture su quelle pietraie dove anche un fuoristrada avrebbe avuto difficoltà era, per chi amava le macchine, un pugno nello stomaco.

Ciò detto, tra i due estremi, l'Acropoli di allora e le scampagnate di oggi sceglierei la prima  8)
Io non accetto che per trovare l’effetto suolo si debba strisciare per terra. Secondo me è assurdo, è immorale da un punto di vista tecnico. (Mauro Forghieri)
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da sundance76 » 07/12/2008, 12:47

In effetti l'Acropoli era detto il "Safari d'Europa". Ho letto che nell'edizione '79 gli organizzatori avevano messo degli orari impossibili per i trasferimenti tra una "prova speciale" e l'altra, così i piloti dovevano andare velocissimi anche nei tratti non cronometrati, quelli che non erano valevoli per la classifica di gara.
Intervistarono tutti i top drivers, quasi a nessuno piaceva questa formula "alla Mille Miglia", cioè sempre a tutto gas.
L'unico fuori dal coro era il simpaticissimo francese Jean Ragnotti, che disse: "Bellissimo, fantastico, divertentissimo, sembra la Mille Miglia...". Appunto  8)
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