Il 1° Campionato Mondiale Grand Prix - 1925

Dagli albori del 1900 fino alla F1 nel 1950

da sundance76 » 13/07/2010, 10:59

Già in passato parlammo di come la Coppa Gordon Bennet (1900-1905), con le sue regole simili alla Coppa America di Vela, fosse da considerare un vero Campionato Mondiale Automobilistico.

Tuttavia esso non aveva tale qualifica ufficiale da parte delle Autorità.

Ma non è nemmeno vero che il primo Campionato "Mondiale" per auto da Gran Premio si sia svolto nel 1950.

Non voglio riferirmi al Campionato Internazionale GP disputato nel 1931 e 1932 (anche a questi dedicai un topic anni fa), e nemmeno al Campionato Europeo Grand Prix che durò dal 1935 al 1939 ( che era dedicato ai Piloti).

La prima volta che venne usato il termine di "Campionato Mondiale" fu nel 1925, quando l'Automobil Club d'Italia propose la creazione di una simile competizione, e ottenne l'avallo della Federazione Internazionale (all'epoca chiamata AIACR, Associazione Internazionale degli Automobil Club Riconosciuti).

Il nome ufficiale fu "Campionato Automobilistico del Mondo".

Come Gran Premi validi, vennero scelti i seguenti:

- Indy 500 (per dare carattere mondiale all'evento)
- GP del Belgio e Europa, a Spa
- GP di Francia, a Monthlery
- GP d'Italia a Monza

In realtà venne scelto inizialmente anche la "Brooklands 500" in Gran Bretagna, ma l'evento saltò per contenziosi tra gli organizzatori e la popolazione locale a causa del rumore.

Inoltre, quell'anno anche il GP di Spagna fu disputato secondo le regole della "Formula Grand Prix" e quindi avrebbe potuto essere incluso anch'esso nel Campionato, ma l'Automobil Club Italiano, ideatore della manifestazione, si oppose (non conosco il motivo).

Vanno poi spiegate le regole sportive e di punteggio, a dire il vero rimaste ancor oggi non del tutto chiare...
E soprattutto il contesto storico-sportivo del momento.

(Continua)
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da Powerslide » 13/07/2010, 11:36

[quote="sundance76"]
In realtà venne scelto inizialmente anche la "Brooklands 500" in Gran Bretagna, ma l'evento saltò per contenziosi tra gli organizzatori e la popolazione locale a causa del rumore.
[/quote]

Già allora esistevano i rompic .....  >:(
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da bschenker » 13/07/2010, 12:38

Entro certi limiti posso capire. Il Inglese di solito e abbastanza comprensivo. E Brooklands, vedendo le foto di quela rimasta sembra fuori di tutto, di fatto pero in una Zona densamente abittato. Quando sono la prima volta pasato vicino, andando alla Brabham , non mi era neanche accorto, semplicamente perche non me l'aspetava in una zona di abitazioni. Soltanto guando chiedeva se non e vicino, quelli della Brabham, mi sono accorto che sono passato a distanza di una casa.
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da Powerslide » 13/07/2010, 12:43

Sarebbe interessante sapere se sono nate prima le case o il circuito  8)
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da Pk90 » 13/07/2010, 17:15

Forse lì sono arrivate prima le case delle auto, al contrario di Monza dove la gente ancora protesta...  :cursing:
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da jackyickx » 13/07/2010, 18:49

Forse se non ci fossero i circuiti quelle zone sarebbero tutte lottizzate, almeno a Monza poteva andare a finire così  :)
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da bschenker » 13/07/2010, 21:07

Mi sono accorto che in Ingiltera, fuori ai grandi centri Industriali nel centro, molte industrie si trovano fianco a fianco con le abbitazioni.
Se non mi spaglia Brookland e nata ancora al inizio del secolo, e oltre per le corse, era pensato per test di durata per la industria motoristica inglese. Che il interesse per il nuovo in quel tempo faceva che tutti volevano essere piu vicino che possibile, per perdere nient ha portato a questa situazione.

Non dimenticare che cera anche tutti produttori di aeroplani e centri di sviluppi proprio in mezzo, logico che i lavoratori cercavano vivere in zona.

E un puo come da noi in Svizzera con i Autostrade, tutti lottavano a averla possibilmente nei centri, e tutti volevano un accesso. Tutti avevano paura di esser chiusa via del progresso senza. Oggi quelli che non sono riuscito sono contenti, i altri protestono per il rumore. Oggi si deve spendere milioni per ripari e altro, semplice perche si puo ancora dire questo e vita.

.
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da Die Mensch-Maschine » 14/07/2010, 0:18

[quote="Powerslide"]
[quote="sundance76"]
In realtà venne scelto inizialmente anche la "Brooklands 500" in Gran Bretagna, ma l'evento saltò per contenziosi tra gli organizzatori e la popolazione locale a causa del rumore.
[/quote]

Già allora esistevano i rompic .....  >:(
[/quote]

Guarda, per puro caso sono passato da Brooklands proprio ieri. Il circuito si trova ai piedi della Saint George’s Hill, che è una delle zone più esclusive di tutta l’Inghilterra e il covo dei vip e dei ricconi londinesi (adesso per esempio ci abita gente tipo Elton John, Ringo Starr, Didier Drogba, Kate Winslet  nonchè Jenson Button), quindi probabilmente a questi “principini” il rumore dei motori poteva dare parecchio fastidio. Strano però il fatto che l’anno in questione sia il 1925, mentre l’impianto esiste già dal 1907.
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da sundance76 » 12/07/2012, 18:32

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da Pedro59 » 13/07/2012, 15:07

Il Mondiale del '25 è una delle più affascinanti vicende del motorsport fra le due guerre.
La ricostruzione degli eventi è, come sempre accade per fatti accaduti così lontano nel tempo, molto difficile, se non impossibile.
Il Gran Premio di Spagna ha avuto spesso, in quegli anni, vicende alterne. Nel 1925 mi risulta non venne disputato (così come nel '24). In quegli anni, sul circuito stradale di Lasarte nei Paesi Baschi, venne invece disputato il Gran Premio di San Sebastian, che in quell'anno mi sembra rispettasse la Formula Grand Prix.
Per il resto il Mondiale 1925 vide il dominio assoluto dell'Alfa Romeo con le P2, che ebbero come avversarie, più che altro teoriche, le Delage. In realtà l'Alfa dominò a Spa e a Monthléry dove la Delage vinse solo per il ritiro della casa milanese dopo il tragico incidente di Antonio Ascari.
Occorre approfondire il rapporto fra i piloti dell'Alfa Romeo. All'inizio i capisquadra erano Campari e Antonio Ascari, con un certa preponderanza del secondo (Campari è sempre stato alquanto sottovalutato all'Alfa e altrove...) cui la casa milanese volle affiancare il toscano Conte Gastone Brilli Peri, un tipo le cui vicende, a conoscerle, fanno scorrere adrenalina pura e somigliano alquanto a quelle di un certo Tazio Nuvolari. Gastone non era un tipo facile, per intendersi uno che si accontentasse di fare da sfondo ai trionfi dei compagni, ed era veloce come loro, se non di più e certamente più temerario. Aveva, però, un difetto non da poco e uno svantaggio incolmabile rispetto a due provetti meccanici come Ascari e Campari: di meccanica non aveva nessuna conoscenza. Logico, quindi, che la sua P2 fosse meno a punto di quelle dei suoi compagni. La tragica scomparsa di Ascari, oltretutto, lasciò un posto libero per il Gran Premio d'Italia. Molti pensavano al fiorentino Giulio  Masetti (inviso però al regime)  o all'altro fiorentino Materassi, ma alla fine, con una decisione discutibile, fu prescelto l'asso di Indianapolis Peter De Paolo, con Brilli Peri ancora ultima ruota del carro. La cosa non fece certo piacere a Gastone che per usare un eufemismo non la prese bene. Le vicende della gara,cui non partecipò la Delage,  resero però giustizia a Brilli Peri che vinse consegnando alla casa del biscione il titolo mondiale.Da quell'anno, il marchio dell'Alfa Romeo si cinse di un fascio d'alloro. La classifica del Campionato del Mondo era quanto meno particolare: in pratica si trattava di penalità più che di punti. In ogni gara venivano assegnati un punto al vincitore, due al secondo, tre al terzo quattro a tutti gli altri che concludevano la corsa, cinque ai ritirati , sei alla mancata partecipazione. Inoltre alle case europee che non avevano partecipato a Indianapolis era stato assegnato il punteggio 0, così come, al Gran Premio di Francia era stato assegnato zero a chi aveva partecipato a Indianapolis . La classifica prima di Monza era dunque:

Alfa Romeo      0 + 1 + 5
Delage            0 + 5 + 1
Duesenberg      1 + 6 + 0
Sunbeam          0 + 6 + 3 
Bugatti            0 + 6 + 4
Miller                4 + 6 + 0
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da sundance76 » 13/07/2012, 15:26

Bravo Pedro  :thumbup1:

E proprio in virtù dell'astruso regolamento, mi pare che il titolo fosse già matematicamente assegnato all'Alfa ancor prima di correre l'ultimo GP, quello d'Italia a Monza. Fra l'altro, correre il GP d'Italia era considerato obbligatorio per figurare nella classifica finale. Altra regola era che ogni Costruttore doveva partecipare anche al suo GP casalingo (ma l'annullamento di Brooklands rese impossibile l'applicazione ai team inglesi).

Guardate che razza di indagine approfondita (con tanto di tabelle alternative in basso) ha compiuto Hans Hetzrodt:

http://www.kolumbus.fi/leif.snellman/gp25a.htm

E ancora:
http://www.kolumbus.fi/leif.snellman/gp25b.htm
Ultima modifica di sundance76 il 13/07/2012, 15:53, modificato 1 volta in totale.
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da Pedro59 » 13/07/2012, 16:48

Beh, matematicamente no: se per esempio la Duesenberg avesse vinto e l'Alfa Romeo si fosse piazzata al più terza la classifica sarebbe stata

Duesenberg  8
Alfa Romeo    9

La Delage era ancora in piena lotta (dal punto di vista puramente matematico...) eppure rinunciò a correre la gara decisiva.
All'epoca questi "forfait" non erano infrequenti: l'anno dopo il Gran Premio di Francia venne disputato da tre sole Bugatti con le altre case ritirate per manifesta superiorità, e nel 1927 accadde lo stesso alle Bugatti che non corsero il GP di Francia per paura di essere umiliate dalle formidabili Delage.
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da sundance76 » 13/07/2012, 20:33

Beh, ma sembra che il regolamento imponesse di partecipare a tre Gran Premi.

La Duesenberg aveva partecipato solo a Indy, e ora si apprestava a correre a Monza (peraltro, contravvenendo alla Formula dei GP, perchè aveva la guida centrale e non si riusciva quindi a ricavare un posto per il passeggero, sedile che era obbligatorio anche se non più occupato dal meccanico come negli anni precedenti).

Quindi la Duesenberg non avrebbe potuto entrare in classifica.

In un articolo di Donatella Biffignandi su "Auto d'Epoca" si legge:

"Se il regolamento imponeva, per entrare in classifica, la partecipazione al Gran Premio della nazione organizzatrice (dunque quello d’Italia) e ad almeno due prove tra Indianapolis, Francia ed Europa, ne conseguiva che l’Alfa Romeo aveva già guadagnato il titolo ancora prima di prendere il via. Infatti la Duesenberg aveva preso parte soltanto ad Indianapolis, dunque non poteva entrare in classifica. Solo la Delage vi rientrava di diritto, ma il suo ritiro vanificò tutto. L’interesse dello scontro tra le vetture americane della Duesenberg e le vetture italiane dell’Alfa Romeo persisteva soltanto da un punto di vista nazionalistico, non da quello della vittoria in campionato".
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da Pedro59 » 14/07/2012, 8:25

Sunny,
può essere, anzi sarà senz'altro come dite tu e Donatella Biffignandi, ma nelle mie ricerche su Materassi, nei quotidiani dell'epoca, non ho mai sentito parlare di titolo già matematicamente assegnato.
I regolamenti, allora, erano più che altro una traccia che lasciava spesso spazio all'interpretazione.
Può essere, ma è solo un'ipotesi, che l'obbligo di partecipare a tre Gran Premi fosse stato rimosso dopo la rinuncia a Brooklands, oppure per il fatto che chi partecipava a Indianapolis vedeva annullati i punti conquistati eventualmente in Francia, il ché equivaleva a una partecipazione "virtuale" che avrebbe rimesso in corsa la Duesenberg (Indy, Francia e Monza...).
Certo è che, magari solo per motivi nazionalistici, la corsa di Monza non veniva presentata come una celebrazione per un titolo ormai conquistato, anzi tutt'altro. Si parlava quasi con timore delle auto americane, e dei piloti che le guidavano, in particolare Tommy Milton.
Mi sono comunque fatto l'idea che in quel lontano 1925, a Monza, la cosa principale per l'Alfa Romeo era battere gli americani. Il titolo mondiale, tutto sommato, non doveva avere quel valore che gli attribuiamo oggi; allora avevano molto più richiamo le sfide dirette: la Delage era già stata umiliata a Spa e sarebbe stata sonoramente battuta a Montlhéry, senza la tragedia di Ascari, mentre era tutto da dimostrare il rapporto di forza con le macchine americane.
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da sundance76 » 14/07/2012, 9:22

Pedro, senza dubbio i media di allora non dedicarono gran tempo ad interpretare il regolamento, invero molto cervellotico, e quelle riviste che tentarono di farlo finirono solo per creare mille dubbi interpretativi equivocando sulle regole stesse, come si evince dall'enorme lavoro di Hans Hetzrodt di cui ho postato il link (peccato che è tutto in inglese).

Per pura cronaca e per rimanere in campo "italico", posto i due articoli di Donatella Biffignandi apparsi su Auto d'Epoca.

Il primo è questo (del 2000):

IL PRIMO CAMPIONATO AUTOMOBILISTICO DEL MONDO

Nel tripudio dei festeggiamenti per la vittoria della Ferrari al Campionato di F1 Conduttori e Costruttori 2000, molti giornali hanno pubblicato l'elenco dei vincitori dalla prima edizione, cioè dal 1950.

Ma la storia riserva sempre sorprese: per esempio la scoperta che il Primo Campionato Automobilistico del Mondo si è corso nel…1925, ed è stato vinto dall'Alfa Romeo (d'altra parte Enzo Ferrari è partito da lì!), guidata da un campione grande quanto poco conosciuto: il toscano Gastone Brilli Peri, uno di quei nomi d'una volta che sanno di testardaggine contadina (anche se era un conte), di polvere e fatica, di glorie passate ed allori dimenticati.

Nel febbraio del 1925 "Auto Italiana" annunciava l'istituzione del "Campionato Automobilistico del Mondo", su proposta dell'Automobile Club d'Italia che si era appoggiato all'"Auto", il più importante organo sportivo francese, considerato dal mondo sportivo internazionale un imprescindibile punto di riferimento. L'idea piacque, e fu approvata a Parigi dall'A.I.A.C.R., Associazione Internazionale degli Automobili Clubs riconosciuti, la cui Commissione Sportiva si affrettò ad elaborarne il regolamento. Innanzitutto venivano stabiliti i premi, per una somma complessiva di 100.000 franchi francesi, da assegnarsi alla marca "che avrà realizzato la migliore classifica per somma di punti nei Gran Premi corsi nelle differenti nazioni del mondo e retti dalla formula internazionale uniforme". Tale formula prescriveva, già dal 1922, una cilindrata massima di due litri per un peso minimo di 650 kg. La vettura doveva essere biposto, ma con un solo posto, ovviamente quello del pilota, occupato, e una larghezza esterna della carrozzeria di almeno 80 cm. Inoltre per la prima volta, dal 1925, fu reso obbligatorio lo specchietto retrovisore. Questa formula durò per quattro anni, dal 1922 al 1925. I Gran Premi considerati valevoli per la classifica erano: il Gran Premio di Indianapolis, il Gran Premio dell'Automobile Club di Francia sul circuito di Monthléry, il Gran Premio d'Europa, che quell'anno si sarebbe corso a Spa, nel Belgio, e il Gran Premio d'Italia, a Monza. Interessanti sono le norme che trattano dell'assegnazione dei punti per la classifica. "I concorrenti si vedranno attribuire un numero di punti uguale al numero della posizione che avranno occupato nella classifica di ciascun Gran Premio fino al terzo posto, cioè per ciascuna prova il primo avrà un punto, il secondo due, il terzo tre. Tutti gli altri partecipanti, qualunque sia la loro classifica, avranno quattro punti: le assenze in una prova obbligatoria (sulle quattro gare, occorreva obbligatoriamente partecipare a quello della Nazione organizzatrice e ad altre due scelte tra le restanti) saranno valutate cinque punti…I punti così ottenuti nelle classifiche delle diverse prove saranno sommati e vincitrice del Campionato sarà la marca che totalizzerà il minor numero di punti". Non si capisce se volevano davvero rendere la cosa complicata oppure fu un risultato involontario. Comunque sia, oltre a stabilire la maniera di avere un vincitore anche in caso di ex-aequo (con una corsa di 200 chilometri da disputarsi entro 48 ore dal Gran Premio della Nazione organizzatrice), si stabiliva il premio per il primo classificato: un oggetto d'arte del valore di 30.000 franchi (la cultura contava ancora all'epoca!) e un premio in denaro di altri 70.000 franchi. La prima nazione designata per organizzare il Campionato nel 1925 fu l'Italia, che aveva avuto l'iniziativa.

L'ACI non perse tempo: già dieci giorni dopo bandì un concorso fra gli artisti italiani per l'ideazione e realizzazione del Trofeo, da consegnarsi il 6 settembre, al termine del Gran Premio di Monza. Della giuria, presieduta da Ugo Ojetti, facevano parte Raffaele Calzini, Ettore Modigliani, Edoardo Rubino, Adolfo Wildt. Il trofeo doveva essere in
bronzo dorato, o in parte dorato e in parte argentato, dell'altezza di circa un metro, e richiamarsi inequivocabilmente alle automobili. Finì che i progetti presentati erano così scarsi che il concorso fu annullato già alla fine di maggio e l'opera affidata allo scultore Antonio Maraini.

Sembra, e fu, un intoppo di poco conto. Ma in effetti questo campionato partì male, per la difficoltà di creare interesse intorno ad un evento sportivo a cui sia Fiat sia Mercedes non avrebbero preso parte, probabilmente perché convinte della superiorità dell'Alfa Romeo e poco desiderose di confrontarvisi. La prima prova prevista, quella di Spa (Indianapolis non era nemmeno presa in considerazione dalle marche europee) era tutt'altro che facile: un triangolo stradale di 14,9 chilometri da percorrersi 54 volte, per complessivi 804 km. Tante curve, a raggi molto variabili, con tornanti. A schierarsi sulla linea di partenza soltanto vetture Delage, con Thomas, Divo, Benoist e Torchy, e Alfa Romeo con Ascari, Campari e Brilli Peri, recentissimo acquisto della squadra milanese. Naturalmente quest'ultimo, proprio perché appena arrivato, avrebbe avuto soltanto il "muletto", mentre le macchine migliori, due splendide P2 modello 1924 ma con la potenza aumentata di una quindicina di cavalli, sarebbero toccate a Campari ed Ascari. La strategia studiata a tavolino prevedeva che si sarebbe attaccato subito, imponendo l'andatura più veloce possibile, in modo da sfiancare gli avversari, mentre Brilli Peri avrebbe svolto una funzione di tallonamento sulla macchina francese che più da vicino avesse seguito le nostre. Tattica semplice, ma (o forse proprio per questo) vincente. Le dodici cilindri Delage, con compressore, ed un'ottima profilatura aerodinamica, non ressero il ritmo delle otto cilindri Alfa, anch' esse sovralimentate. La sovralimentazione infatti, che costituiva la novità tecnica dell'anno, poteva rivelarsi arma a doppio taglio: permetteva prestazioni superiori ma esigeva dal motore uno sforzo supplementare che poteva risultare fatale, e condurre a danni irreparabili, come infatti successe nelle Delage. Certo il pubblico, dichiaratamente schierato dalla parte dei francesi, non gradì molto la superiorità evidente degli italiani, e reagì con fischi e provocazioni, tali da indurre Vittorio Jano, progettista della P2 e direttore sportivo, a studiare una rivalsa. Mentre ancora la gara era in svolgimento, fece fermare tutte e tre le sue vetture ai box e, fatta apparecchiare una tavola, volle che i piloti si rifocillassero comodamente mentre i meccanici rifornivano e lustravano le macchine. Dopodiché ripartirono. Un po' per le pannes al motore, un po' per il nervosismo ormai stabilitosi tra i francesi, i quattro piloti Delage si ritirarono uno alla volta, e a tagliare il traguardo furono, nell'ordine, Ascari e Campari (Brilli Peri si era ritirato).

"Risultati così clamorosi insegnano molte cose. Insegnano cioè che non basta, per una casa, possedere ottimi tecnici ed impianti colossali (chiaro riferimento ai francesi, di cui si diceva avessero approntato addirittura dieci macchine, con un enorme dispendio di denaro) per attuarne praticamente i geniali disegni; ma occorrono anche maestranze disciplinate, guidatori d'eccezione, un'intesa fraterna prima e durante la battaglia fra tutti gli uomini che servono una stessa bandiera. Nel predisporre e far accettare un piano di lotta; nel curarne l'esecuzione sul terreno, con brevi cenni dai "box", come ha fatto l'Alfa Romeo, è la dimostrazione più luminosa della fusione di energie di cui la nostra Casa ha fatto sfoggio a Spa. I fulminei rifornimenti strappavano l'applauso; l'obbedienza degli uomini in corsa, commoveva. Si aveva la sensazione che il nostro era veramente un forte esercito agli ordini di un grande capitano: Nicola Romeo. Il forte esercito e il grande capitano, naturalmente, hanno vinto". Se si muta il nome del grande capitano, e si sorvola sulla commovente obbedienza degli uomini in corsa, tutto il resto sembra estratto da un qualsiasi quotidiano l'indomani della recente vittoria Ferrari a Suzuka.

Cavallerescamente, Delage inviò un telegramma di congratulazioni all'Alfa; mentre D'Annunzio, sempre pronto ad approfittare di eventuali ribalte, componeva "La Laude della Rapidità", in elogio della vittoria italiana.
Delage aveva soltanto un mese di tempo per prepararsi a Monthléry, a cui decisero di partecipare anche la Sunbeam, con tre otto cilindri sovralimentate e guidate da Segrave, Masetti e Conelli; e la Bugatti con cinque vetture non sovralimentate a otto cilindri, piloti Foresti, i due fratelli de Vizcaya, Goux, Costantini. Per queste due però si sapeva fin dall'inizio che non poteva esistere alcuna possibilità di vittoria, su un circuito decisamente severo, lungo 1000 chilometri, e con caratteristiche miste, sia di pista sia di strada ordinaria.

Gli italiani, che si aspettavano una seconda facile vittoria, furono invece schiacciati da un tragedia tanto grande quanto inaspettata: l'inspiegabile e mortale incidente ad Ascari (vedi Auto d'Epoca di novembre 1995).Si era già partiti con il piede sbagliato, per la poca chiarezza sulla tattica adottata in gara. Il grande favorito era infatti Ascari, ma l'Alfa intese questa volta privilegiare Campari, che ebbe la prima guida. Campari però alla partenza rimase al palo, e Ascari ebbe buon gioco nell'avventarsi in testa. Dopo 500 metri aveva già superato tutti. Ad un quarto del percorso, si fermò ai box per i rifornimenti e per chiedere istruzioni sugli ordini di scuderia. Gli fu detto naturalmente di mantenere il vantaggio, in modo da poter chiudere vittorioso, ma di moderare l'andatura. Nella testa di Ascari, però, c'era ormai spazio soltanto per la velocità al limite delle proprie possibilità e di quelle della macchina: e in un attimo, l'attimo che rovinò tutto, li superò entrambi. Dopo il terribile incidente, Campari passò in testa; ma la notizia della morte del pilota, sopraggiunta a gara ancora in corso, convinse l'Alfa a ritirarsi in segno di lutto, rinunciando così ad una vittoria ormai propria e regalandola alla Delage.

Rimaneva soltanto il Gran Premio d'Italia, per stabilire il vincitore. Delage ed Alfa Romeo erano a pari punti e a questi si aggiunse (sia pure non per l'aggiudicazione del titolo) la Duesenberg, vincitrice del Gran Premio d'Indianapolis. I premi erano allettanti: un oggetto d'arte del valore di 8.000 lire e 100.000 lire in denaro per il primo arrivato; medaglia d'oro e premio in denaro rispettivamente di 30.000 e 20.000 lire per il 2° e il 3°; medaglia d'oro e premio in denaro di 10.000 lire dal 4° al 12° (anche se c'è una certa differenza!). A pochi giorni dalla gara la Delage, del tutto inaspettatamente, decise di non partecipare. Forse la consapevolezza che la vittoria a Monthléry le era stata regalata la spinse a non tentare un secondo confronto diretto con l'Alfa, per evitare una prevedibile bruciante sconfitta. Forse non gradì l'invito a partecipare alla gara rivolto a Pete De Paolo, il nuovo astro americano, dallo stesso Ascari qualche giorno prima di morire. De Paolo aveva vinto su una Duesenberg ad Indianapolis con una media oraria (162 km/h) superiore di quattro chilometri a quella registrata da Ascari a Spa (158 km/h); da qui l'idea di far correre i due uomini più veloci del globo. L'inattesa morte di Ascari aveva cancellato il progetto del duello. Ma la squadra americana era intanto giunta in Italia e tra il generale stupore si era dapprima sussurrato, poi detto apertamente, che mentre gli altri due piloti della squadra, Milton e Kreis, erano venuti con le loro macchine, De Paolo non aveva nessuna vettura. Su che cosa avrebbe corso?

Frattanto l'Alfa Romeo cercava il terzo pilota con cui sostituire Ascari. Si facevano i nomi di Nuvolari, Minozzi, Sozzi, Masetti. Ed ecco il colpo di scena: sarà De Paolo a gareggiare per la marca milanese. La notizia lasciò sorpresi tutti. Per primi, i suoi compagni di squadra, Milton e Kreis, che se lo ritrovavano avversario. Non si capiva inoltre a che titolo gareggiassero le Duesenberg: se ufficialmente, riusciva incomprensibile la cessione del proprio miglior pilota alla squadra avversaria; seprivatamente, non si poteva più parlare, come invece si faceva, di un confronto tra Duesenberg ed Alfa Romeo, tra costruzione americana e costruzione europea. Una situazione oscura, aggravata da qualche dubbio sulla conformità al regolamento delle vetture americane. Si ricorderà infatti che era prescritta una vettura biposto di larghezza minima di 80 cm. Le Duesenberg erano monoposto, larghe 45 cm. Per adeguarsi alle prescrizioni, gli americani portarono la larghezza ad 80 cm; ma il problema non era risolto, era semplicemente aggirato. Nonostante l'allargamento, le vetture erano rimaste, necessariamente, delle monoposto, a guida centrale. Lo spostamento della guida avrebbe comportato anche quello dei comandi e dei pedali: impossibile. Però rimaneva una bella differenza tra una vettura a guida centrale ed una, regolamentare, a guida laterale! Nell'ultimo Gran Premio di Francia la Bugatti era stata squalificata soltanto perché una lamierina ricopriva in parte il posto destinato al meccanico (che, per regolamento, non poteva salire sulla macchina). Ed ora passava inosservata una infrazione ben maggiore…

Gli altri partecipanti erano una Diatto ad otto cilindri sovralimentata, progettata da Alfieri Maserati; una Guyot, guidata dallo stesso costruttore, e una piccola schiera di vetture da un litro e mezzo che partecipavano al Gran Premio vetturette (che detto così sembra di second'ordine, ma che imponeva di compiere lo stesso percorso delle grandi, ossia 80 giri del circuito, per complessivi 800 chilometri).

Fu la gara del "gregario", di colui che, perseguitato dalla scalogna per anni, improvvisamente vede aprirsi davanti a sé la porta vuota ed ha la palla vincente sul piede. Brilli Peri, che avrebbe dovuto per l'ennesima volta essere soltanto di rinforzo ai due titolari, De Paolo e Campari, riuscì ad emergere clamorosamente, approfittando della défaillance di entrambi. Campari, infatti, attardato dalle conseguenze fisiche di un incidente in prova, risentiva ancora del trauma affettivo e psicologico della perdita di Ascari. De Paolo, semplicemente, non entrò mai in gara. Per lui risultarono insormontabili le difficoltà costituite da un percorso nuovo, e dalla sua insufficiente preparazione a guidare l'Alfa.
Il primo ad andare in testa fu Kreis, con la Duesenberg. Ma in una curva, il cambio, che era il punto debole delle vetture americane, cedette di schianto, e il pilota fu costretto al ritiro. Da quel momento non vi fu più storia. Campari tenne la testa per un poco, e fu superato alla grande da Brilli Peri che concluse vittorioso, dopo 5 ore e 14 minuti, alla media di 152 km/h. Milton non diede battaglia: anzi, rallentò moltissimo, inspiegabilmente. Scrisse Auto Italiana, che pure aveva tutto l'interesse a far risaltare al meglio la vittoria dell'Alfa Romeo: "L'americano si fermava ai box una prima volta per 4 minuti e mezzo, tempo veramente eccessivo data la rapidità colla quale poté effettuare il rifornimento di benzina; infine, anche la seconda volta, nell'arresto più lungo e che tolse ogni possibilità di successo alle Duesenberg, permane l'impressione che la riparazione del raccordo della tubazione dell'olio alla distribuzione in testa ai cilindri avrebbe potuto richiedere meno di venti minuti". Alla fine della gara, la media registrata da Milton fu di 138 km/h, contro la media registrata da Kreis in prova di 172 km/h: un divario spiegabile soltanto in parte con le difficoltà provocate dalla fragilità del cambio. Se si pensa che prima di De Paolo e di Milton si classificò, al terzo posto, Costantini su Bugatti 1500, vincitore perciò del Gran Premio vetturette, alla media di 139 km/h! Ed erano stati gli americani a sostenere che a Monza si poteva mantenere una media più elevata che ad Indianapolis, per il maggior sviluppo dei rettilinei sulla pista italiana…

Ma queste considerazioni, rimaste le stesse di allora, non devono offuscare la vittoria italiana. Brilli Peri arrivò primo, portandosi a casa anche il Trofeo del Campionato del Mondo: una rivincita impagabile, che lo risarcì di tutte le critiche ricevute fino a quel momento. "La sua vittoria nel Gran Premio d'Italia, ottenuta davanti a piloti come Milton e de Paolo, è tale da consacrare un campione…La sua temerarietà giovanile è ora soltanto verbale…le qualità negative che gli si potevano rimproverare un tempo ora sono scomparse. Il motociclista sbarazzino e irrequieto d'un tempo è ora pilota saldo e quadrato", scrisse Giovanni Canestrini.

Ma al pilota saldo e quadrato, per rimanere tale, occorreva il sapore delle vittorie. Senza, si sarebbe trasformato nuovamente in un adolescente scavezzacollo: pronto a tutto, anche ad uccidersi, pur di arrivare per primo. Per questo i quattro anni successivi non furono facili per lui: trascorsero senza momenti esaltanti, sempre alla ricerca di un'affermazione clamorosa, e mai raggiungendola se non a Tripoli nel 1929.

Quando si uccise, l'anno dopo sul circuito della Mellaha, non stava neanche gareggiando, bensì soltanto provando un'ultima volta la macchina, prima di andare a pranzo. Non avrebbe dovuto forzare: invece stava andando come un ossesso, addirittura migliorando il suo stesso tempo record dell'anno prima. Non ve ne era alcun bisogno: ma il demone della velocità l'aveva ripreso in pieno. Ed è sempre molto difficile vincere, quando non si lotta con gli altri, bensì con se stessi.
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

https://www.youtube.com/watch?v=ygd67cDAmDI
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