GUY MOLL, il primo pilota sensazionale

Dagli albori del 1900 fino alla F1 nel 1950

da sundance76 » 20/12/2009, 16:01

Durante la stagione, il primo scontro tra "pesi massimi", cioè tra le "vecchie" Alfa, Bugatti e Maserati e le "nuove" Mercedes e Auto Union, c'era stato al GP di Francia, e aveva visto vincitrici le Alfa della Scuderia Ferrari.

Il secondo scontro fu al GP di Germania, e qui l'Auto Union di Hans Stuck aveva nettamente prevalso.

Ecco quindi che il GP di Pescara (le cui generalità ho spiegato nel post precedente) diventava una specie di "spareggio", per capire se davvero era iniziata l'era del dominio delle Case tedesche, oppure se la Scuderia Ferrari sarebbe riuscita a fronteggiare le "panzer divisionen" teutoniche, sostenute, tra l'altro, anche dal regime nazista salito al potere un anno prima in Germania.
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da sundance76 » 28/12/2009, 17:02

Potrei fare la cronaca di quella corsa a Pescara, il 15 agosto '34, piena di capovolgimenti di fronte, fra le colline abruzzesi e i rettilinei sull'Adriatico, ma questo è il topic su Moll, e voglio lasciare ancora la parola a Cesare De Agostini:

Arrivò così a Pescara, in pieno agosto, con quelle mani che quando non erano appoggiate su un volante sembravano in esilio. Il tracciato di Pescara prevedeva un lunghissimo rettilineo, Montesilvano. Vi si arrivava sfiniti dalle curve e lo si infilava come s’infila la cruna di un ago per venir risucchiati dalla velocità: 290 avevano segnato le potenti Mercedes, 268 l’Alfa di Moll. Ventidue chilometri di differenza. E su questi ventidue chilometri si giocò la vita di quel diavoletto nero di occhi e di capelli che – unico con Nuvolari – aveva saputo offrire a Ferrari un esempio da fantascienza: in pieno testa-coda, aveva fatto cenno di aver capito il segnale che lo stesso Ferrari gli stava mostrando. Una cosa ai limiti dell’impossibile che l’uomo di Maranello definirà come capacità straordinaria di spaccare in due il ragionamento sotto le disumane sollecitazioni del rischio.

Quel giorno a Pescara, Moll si trovò nella necessità di inseguire l’imprendibile Mercedes di Fagioli. Stabilì dei tempi definiti spettacolosi e incredibili, culminanti in un 10 minuti e 51 secondi che nessuno avrebbe migliorato. All’uscita da una curva sbandò, il motore gli si spense, scese dalla macchina, rimise in moto, risalì. Quando passò sul traguardo, il cronometro rivelò che aveva percorso il giro in 11 minuti e 3 secondi. Sfrecciò davanti ai box scuotendo la testa: il suo ultimo passaggio. Era il diciassettesimo giro, ne mancavano ancora tre alla fine, la Mercedes di Fagioli era davanti di circa venti secondi. Rilevarono che in quel giro, iniziato scuotendo la testa, Moll dovette compiere delle prodezze inenarrabili perché all’inizio della base del chilometro lanciato, dopo la serie di curve, il suo distacco da Fagioli era sceso a una decina di secondi. L’algerino poteva quasi vedere la  Mercedes di Fagioli ma prima di quella c’era un altro bolide d’argento. Lo guidava Ernest Henne, un motociclista tedesco che stava tentando senza troppa fortuna  l’avventura del volante. Moll passò alla base entrata del chilometro lanciato quasi affiancato a Henne. Erano le ore 12, 54 minuti e 40 secondi. Qualche attimo dopo le due vetture, l’Alfa Romeo e la Mercedes, si agganciarono. La macchina italiana iniziò il pazzo rodeo della morte: abbatté una decina  di piccoli alberi, entrò in un fosso, lo raschiò, ne uscì. Vi rientrò per cozzare contro la spalletta erbosa di un ponticello, saltò sulla strada tre quattro volte come una mostruosa palla meccanica sfigurata dalla velocità. Passò oltre i fili di una linea telefonica e si andò a fermare contro una casa. Mentre aspettava il colpo definitivo, Guy Moll capì tutto. Non c’era Ferrari a mostrargli un cartello ma ancora una volta spaccò in due il ragionamento:

“Addio signor Ferrari…”

“Mi spiace, signor Ferrari!”

Poi più nulla. Lo trovarono rotto come una di quelle preziose statuine di porcellana bianca e azzurra scivolate per terra in un attimo di disattenzione: Moll, questo Villeneuve tradotto in Algeria con cinquant’anni di anticipo e incrociato con sangue francese e spagnolo, aveva dato il suo amore a una giovane che non dimenticherà. Dopo quasi mezzo secolo, si ripresenterà al “signor Ferrari” da remote lontananze di tempo e di spazio: “La ricordavo come una bella bionda e mi sono visto venire incontro una nonnina… ma ai suoi occhi devo essere cambiato anch’io”.
Mentre le spoglie di Guy Moll viaggiavano verso l’Algeria, il mondo dei Gran Premi reagì come aveva sempre reagito e sempre reagirà: calando una impenetrabile cortina di stoffa misteriosa sul volto e anche sul nome del pilota che se ne era andato come tutti i piloti che muoiono: all’improvviso, senza avvertire. […]
                                                                                       
  Cesare De Agostini, “Enzo Ferrari, il sceriffo” (1985)
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da sundance76 » 05/01/2010, 12:18

Prima di parlare eventualmente dell'incidente, ecco un paio di dipinti che raffigurano Guy Moll in azione nel vittorioso GP di Monaco 1934, la sua prima vittoria, per di più all'esordio con la Scuderia Ferrari:

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da sundance76 » 05/01/2010, 12:38

Colgo l'occasione data dall'amico AmanteMcLaren, che nel topic su Bellof ha citato un racconto recente dedicato a Guy Moll, per trascriverlo interamente. Tratto dal libro di racconti "L'Angelo di Coppi" di Ugo Riccarelli (Mondadori 2001).
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Le traiettorie della vita


Nell’autunno del 1933 Jerome Blanchot incontrò Enzo Ferrari sul circuito di Pescara. Si strinsero la mano e parlarono a lungo di auto e di piloti. Erano tempi di strade polverose, di macchine imponenti e robuste come armadi. Dai motori, sculture nere, quasi blocchi d’acciaio tagliati con la scure, si alzavano rumori che nascondevano decine di cavalli di potere. Incredibile pensare che così imponenti lamiere potessero spostare aria a sufficienza per trascinarsi veloci sopra ruote enormi e dure come il marmo.
La Scuderia Ferrari era nata da poco, poco più di un garage a Modena, in viale Trento e Trieste, con quattro Alfa Romeo rosse a girare per le piste in cerca di gloria. Ferrari aveva smesso di guidare, per il futuro di suo figlio Dino che futuro non ne avrebbe avuto molto, e aveva preso con sé i migliori assi del tempo, venuti via dall’Alfa quando la casa madre aveva chiuso la porta alle corse: Nuvolari e Varzi, basterebbero questi nomi a spiegare perché la gente cominciò subito ad amare il nome scritto sotto il cavallino di Baracca.
Forse fu anche per questo che Blanchot, quel pomeriggio a Pescara, parlò al modenese di un pilota che era ancora un ragazzo ma che, così disse a Ferrari, “aveva un piede come una bomba eppure passava sulla pista con il pennello di un pittore”. Il padre era un francese andato in Algeria e la madre una donna spagnola, molto affascinante. Da questa ibridazione era nato un figlio che aveva respirato in Africa e a Parigi, bevuto latte spagnolo e visto i tramonti del deserto. Bastò una stretta di mano, bastò un momento.
Qualche settimana dopo, in viale Trento, Ferrari si trovò davanti un ragazzo, foulard al collo e giacca di pelle. Teneva la sigaretta in mano come fosse un lapis, e questo a Ferrari non parve cosa educata. Ma aveva modi gentili e fieri allo stesso tempo, e non troppe parole, come si conviene tra chi deve affidarti una macchina e chi la deve guidare. Non si dissero molto, perché anche il modenese era misurato nel parlare e probabilmente onorò la stretta di mano con Blanchot soltanto per rispetto alla competenza di un uomo che stimava. Il ragazzo, lui si chiamava Guy Moll e gli era sconosciuto, ma si prese un’Alfa di Ferrari e andò a Montecarlo, il 2 di aprile del ’34, per la corsa.
La pista non era cosa facile, come non lo è neanche oggi. Erano tre chilometri e centottanta di saliscendi, come una giostra, ma senza le chicane che hanno disegnato dopo. I piloti infilavano le stradine con i bolidi da settecentocinquanta chili, con enormi volanti da girar con forza. Non le diavolerie elettroniche di oggi, roba da maghi. Piuttosto leve e martelli, schizzi di olio e grasso da spalmare, occhiali enormi da aeroplano sopra cuffiette che poco potevano riparare.
Guy non fece grandi cose nelle prove, ma aveva gente famosa davanti, vecchi volponi, e lui invece era appena un novellino. C’era il conte Trossi, altro Ferrari, che fece il tempo sul giro, e Chiron, enfant du pays. Varzi, già mito, e Dreyfus sulla Bugatti messo accanto a Trossi sulla prima linea. Sei Alfa Romeo, cinque Maserati e quattro Bugatti, questo c’era sulla pista e partirono per fare cento giri, mica uno scherzo. Su quell’ottovolante, rasenti le case, ingoiavano lo spazio come niente, schiacciavano il tempo appoggiati sopra sedili enormi, protetti solo dal vento. Vento e fatica.
Dreyfus prese presto la testa e restò davanti a lungo, incalzato da Chiron che si faceva sotto. Al muretto, Ferrari cominciò a tenere d’occhio il ragazzo vedendolo un po’ incerto, certamente all’inizio ebbe anche paura. A Montecarlo ci vuole coraggio e assieme al coraggio anche la forza perché dopo un’ora di corsa non senti più gambe e mani, non esiste più niente, ti avvolgono solo il rumore e lo schiaffo dell’aria e, specialmente se hai la faccia di un ragazzo, la velocità si diverte a massacrarti.
Ma dopo i primi giri si accorse che Guy si rinfrancava, che il rumore dell’Alfa era più pieno, come quando uno ride contento per una bella giornata. Gli sembrò di sentirlo uscire da un boato salito dal fondo del rettifilo. Così si mosse dal box e andò laggiù, al gasometro, alla curva stretta, e fu allora che gli si schiantò il sorriso, quando vide il suo pilota arrivare come un folle, con la gente in tribuna che gridava aspettando l’uscita certa dalla strada, aspettando il botto e l’esplosione. Anche Ferrari ebbe quella sensazione, che fosse spacciato, per il muso puntato all’interno, per il rombo troppo alto del motore senza stridio di freni a toccar le ruote.
Per istinto andò con un occhio al viso di Guy, che invece gli sembrò tranquillo, anzi colse un sorriso sul volto inclinato a seguire la strada. Vide la macchina sbandare, fare la barba al palo interno di quella curva tremenda e poi presentarsi dritta e in posizione adatta a ingoiarsi velocemente il rettilineo.
Fa come Nuvolari, pensò Ferrari, fa come Tazio, quell’inconfondibile scivolata che solo lui sa fare e che è coraggio, sfida e disinvoltura, il segno di chi ha dentro la classe di un artista. Tornò eccitato all’arrivo per assistere alla gara, sicuro di aver riconosciuto la stoffa di un campione, sicuro di averlo capito.
René Dreyfus intanto era passato, ma prima di lui volava Chiron, verso la vittoria. Louis Chiron era monegasco, e ora che la corsa stava finendo e il tempo rotolava avanti senza sosta, addirittura salutava la folla urlante dietro le transenne, agitava la mano al Mirabeau in segno di festa e a St. Devote mandò anche un bacio verso gli spalti.
Ma intanto Guy scivolava sulle curve, avanzava ballando il suo tango accelerato tra le salite e le discese della pista. Lo dicono le cronache, per Chiron fu un colpo quando se ne accorse, quando vide la gente agitarsi,  non per un saluto ma per la sorpresa, per lanciare l’allarme di quella cosa rossa che gli stava arrivando addosso, quasi tuonando.
Quell’uomo tradì la sua pur consolidata fama di campione, forse si emozionò per il rumore alle spalle, forse fu semplice sventura, ma all’ultimo giro, sulla discesa al Mirabeau dove prima salutava, prese una macchia d’olio e scivolò dritto dentro i sacchi di sabbia. Al traguardo giunse solo Moll e fece appena un sorriso ai meccanici, alla gente. E a Ferrari, che gli correva incontro domandandogli dove diavolo avesse imparato quella curva da pittore, dette una risposta spavalda, degna di chi danza con le macchine a quel modo. “In Africa, da bambino, monsieur, guidando i cammelli”.

Ma fu durante la corsa del Montenero che il ragazzo entrò nel cuore di Ferrari e gli gelò per sempre il sangue per quel che seppe mostrare.
Partito come un razzo dietro a Varzi, suo compagno di squadra, Moll lo infilò all’esterno di una curva come se non facesse altro da tempo. In pochi giri lo staccò di netto, e si parla di Varzi Achille, mica di altri. Successe poi che al ragazzo scoppiò una gomma e dovette rientrare ai box per la riparazione.
Ferrari intanto era diviso tra l’entusiasmo per quel suo nuovo pilota che faceva meraviglie e la preoccupazione per la risposta dell’altro, il campione, teso ed egoista come ogni cavallo di razza. Avrebbe voluto dire qualcosa a Moll ma lasciò stare, la sfortuna lo aveva già ritardato ed è buona norma per un saggio caposquadra non girare troppo il coltello nella piaga.
Ma non calcolò la furia, la voglia di arrivare del ragazzo che ripartì dal box in un momento e dopo un giro fu di nuovo a razzo addosso a Varzi a battagliare. Achille era un fuoriclasse e non era certo disposto a lasciare il passo libero al secondo. Chi vide quei due guidare, quel giorno vide cose belle, il maestro scodare e rubare a fatica lo spazio all’altro pilota che intanto arrivava disegnando traiettorie mai pensate, entrando e uscendo dalle curve senza un errore, senza esitare.
Ferrari allora decise per i due, da caposquadra. Si disse che non è bene rischiare vita e vittoria tra compagni, non c’è morale nel farsi la guerra tra fratelli, questo è sbagliato. Insomma, non era cosa da fare. Così preparò il segnale “rallentare”, convinto di mostrarlo a Guy quando sarebbe passato.
Con questi pensieri e con il cartello in mano vide Varzi arrivare rombando e dietro Guy Moll che lo incalzava. Ma a metà della curva, quando ormai il primo era sfilato, la macchina di Guy iniziò a ballare, partì a trottola in un valzer pazzo, roteando tra la testa e la coda verso lo schianto, ma invece che col corpo irrigidito dal terrore, il ragazzo passò davanti al box in giravolta e girando fece verso  Ferrari quasi un saluto: vide il cartello e capì il da farsi e allora con la mano, sempre ballando, lo rassicurò di tutto. Non valeva la pena, certo. Aveva capito. Chiuse il testacoda con un colpo di sterzo e ripartì dritto e tranquillo per finire dietro a Varzi la sua corsa.
Ferrari rimase incredulo al muretto: mai aveva visto fare quelle cose, mantenere la freddezza, la calma e, ancora, la ragione, mentre il mondo ti gira attorno a cento all’ora. Capì, e fu certo della classe da campione, capì cos’era quell’uomo ma nello stesso tempo ebbe un brivido che lo lasciò più triste. Perché il pericolo non stava nella sua bravura, ma nella pochezza degli altri al suo confronto, nel genio con cui disegnava le curve che avrebbe cozzato contro la mediocrità che gli correva accanto.
Con l’animo appesantito per questa sensazione, quasi da padre, Ferrari andò da Guy al box, dopo la corsa. A complimentarsi certo, ma anche a parlare di quello che aveva sentito in fondo al cuore. I meccanici riponevano le cose e l’atmosfera era allegra. Guy, appoggiato con una spalla al muro, li guardava e nella mano aveva una sigaretta, tenuta come un lapis, in punta di dita. Ferrari lo guardò negli occhi e gli disse: “Bravo, ma attenzione a quello che fai perché attorno a te c’è il mondo e il mondo è limitato, fatto di cose banali e spesso cattive. Cerca di considerarlo e di calcolare dove inizia la curva e dove vai a finire, chi hai di fianco, chi ti sta a guardare”.
Moll lo guardò attraverso il fumo grigio che gli girava attorno e fece con la sigaretta un segno vago per l’aria.
“Io faccio solo traiettorie, monsieur Ferrari, e cerco di disegnarle nel modo che mi pare giusto. Appena fatte scompaiono senza lasciare traccia. Come la mia sigaretta. Non posso far altro che girare in questo modo, faccio la mia strada tirando una boccata e dopo lascio andare il fumo libero nel cielo, che vada dove vada.”
Appena poche settimane dopo i piloti erano a Pescara per il Gran Premio, per la Coppa Acerbo, ed era agosto. Guy faceva girare l’Alfa verso Montesilvano, disegnando le sue traiettorie sulla strada. Non si seppe mai come fosse andata, proprio come il fumo del cielo, non si riuscì neppure a seguire le tracce di quell’avvenimento. Rimasero solo le parole confuse di Ernst Henne, che gli era davanti sulla sua Mercedes argento e lo sentì arrivare, sentì la macchina urlare, Guy che lo passava girando su sé stesso. Come fosse in un sogno vide che se ne andava. L’Alfa si rovesciò sul ciglio e il ragazzo si fermò su quella strada, per uno strano destino. Si fermò per sempre a Pescara, proprio dove Blanchot ne aveva parlato.
Ferrari continuò la sua vita di organizzatore, la storia è nota, fece nascere altri piloti e vide altra gente arrivare e andare, e forse si comportò proprio come un padre, anche se qualcuno lo definì un Saturno cattivo. Padre fu davvero di un figlio, Dino, per il quale, abbiamo detto, cessò di fare il pilota con scelta razionale.
Dino era malato e morì presto. Ebbe una nefrite virale che lo tenne a lungo  a letto e al suo capezzale il padre lottò con lui per mesi, usando la ragione. Probabilmente si convinse che il figlio fosse come una sua macchina, un suo motore, e fosse possibile aggiustare il meccanismo che aveva solo qualcosa da revisionare. Teneva dei quaderni, Ferrari, su cui fece il programma di cura, su cui riportò i valori e le analisi, compilò liste e diagrammi, tracciò grafici. Disegnò curve.
La sera del 30 giugno del ’56 scrisse un’ultima frase: “la partita è persa”, e chiuse l’agenda come a fine corsa. Annotò la data e mentalmente calcolò l’età: era ventiquattro anni. Come Guy Moll, pensò. La stessa età di Guy.
Forse fu per quel pensiero o per quello che di magico hanno le combinazioni che nascondiamo nella nostra testa, e non vediamo, e non vogliamo vedere ma, uscendo dalla stanza dove Dino giaceva, Ferrari vide appoggiato con una spalla al muro il dottor Santoni, in mano una sigaretta tenuta come fosse un lapis.
In quel corridoio quasi buio, l’ultima luce che entrò dalla finestra colpì il fumo che saliva, e Ferrari vide che salendo ballava, ruotava, in una danza infinita, faceva curve nell’aria, girava, fuggiva e disegnava in cerchi e ghirigori le fragili traiettorie della vita.
                                                                                                                 

Ugo Riccarelli, in “L’angelo di Coppi” (2001)
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da sundance76 » 12/08/2010, 9:52

Tornando all'incidente, non c'è nemmeno la certezza che si siano agganciati. La versione presa per buona da De Agostini nel suo racconto è solo una delle varie possibili.

Passiamo a vederle più approfonditamente.

Anche Ferrari nelle sue memorie dice "..ci fu una sbandata, dovuta probabilmente a una collisione".

Gli attimi precedenti all'incidente, Henne e Moll uno dietro l'altro escono dalle curve di Cappelle prima di lanciarsi sul fatale rettilineo:
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Franco Gozzi, nel 1994, dedicò ben due volte la sua rubrica "Tunnel" su Autosprint al "caso Moll", cioè all'incidente.

Inoltre ho reperito anche la testimonianza diretta dell'altro pilota, Henne, che è morto nel 2005.

Gozzi nell'AS n. 20 del 1994 scrive di aver ricevuto alcune importanti versioni dell'incidente.
Due i principali e iniziali filoni dell'ambiente giornalistico:

1 - Moll toccò Henne all'uscita della chicane e sbilanciato non riuscì a riprendere il controllo della vettura quando si lanciò in velocità sul rettifilo (Versione Franco Lini, su parere di Gigi Villoresi).

2 - cedimento della sospensione dell'Alfa Romeo di Moll proprio mentre stava doppiando la Mercedes di Henne in piena velocità sul rettilineo, collisione tra i due e Moll ebbe la peggio (versione Roberto Bonetto, su testimonianza di Giambattista Guidotti).

Mauro Mori, infallibile storico dell'automobilismo e archivio della Gazzetta dello Sport, inviò poi a Gozzi due precisi contributi:

1 - Brivio, pilota della Scuderia Ferrari, ma quel giorno a Pescara era in gara con una Bugatti (arrivò 3°),  molto informato delle cose della Scuderia visto che era biellese come il conte Trossi (pilota e Presidente della Scuderia), dice che "a causare in qualche modo l'uscita di strada sul velocissimo rettilineo che da Cappelle porta a Montesilvano potrebbero essere stati dei lavori di modifica sulle sospensioni della vettura P3 di Moll eseguiti a Modena sotto la direzione tecnica di Luigi Bazzi e che avrebbero variato l'abituale assetto della vettura"

2 - Nello Ugolini, direttore sportivo della Scuderia Ferrari, presente anch'egli a Pescara quel giorno, afferma: " Moll era in lotta per la vittoria e nel doppiare la Mercedes W25 dell'esordiente Henne uscì di strada in un punto del circuito stradale in cui le vetture andavano a circa 260 all'ora", e anche secondo lui ci fu collisione.

Gozzi, allora, dando per buona la tesi della collisione, si domanda: "Ci fu o no un cedimento delle sospensioni e, se ci fu, erano le vecchie originali o le nuove modificate? Una modifica alle sospensioni c'è stata davvero ed è registrata nelle corse della Scuderia: le macchine acquistate a Milano dall'Alfa Romeo avevano un assale rigido che veniva sostituito con uno nuovo progettato a Modena, con sospensioni tipo Dubonnet a ruote anteriori indipendenti e posteriormente semi-cantilever. Però questa operazione è datata 1935, è apparsa sulle macchine di quell'anni e le poche fotografie esistenti lo confermano.
Come potevano esserci in una corsa disputata il 15 agosto 1934?
A meno che, pur adottate ufficialmente nel 1935, non siano state introdotte con montaggi sperimentali anche l'anno precedente..."

A questo punto, entrano in gioco altre due testimonianze, ma ci vuole un post successivo..
Ultima modifica di sundance76 il 04/10/2013, 21:35, modificato 1 volta in totale.
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da sundance76 » 12/08/2010, 9:54

Come abbiamo appena visto, per molti è probabile che vi sia stata una collisione tra le vetture di Henne e Moll.

Ma proprio Ernst Henne, che come detto è scomparso recentemente (2005), nel 1986 rilasciò alcune dichiarazioni a Chris Nixon che le inserì nel meraviglioso libro "Racing the Silver Arrows - Mercedes Benz versus Auto Union 1934-1939" (il libro di riferimento su quell'epoca). Eccole da me tradotte dall'inglese:

"Guy Moll dovette fermarsi al box e poi iniziò a guidare molto velocemente per recuperare il tempo perduto. Egli stava andando davvero troppo veloce e mi raggiunse in un punto dove la strada era molto stretta, forse dai 3 ai 5 metri di larghezza. Io vidi che lui tentava di passare, ma avrebbe dovuto solo aspettare per due o tre chilometri e la strada sarebbe stata molto più larga, abbastanza anche per 3 o anche 4 vetture affiancate.
Ma Moll non volle aspettare. Noi eravamo tra i 260 e 270 km/h in questo punto molto stretto. In quell'epoca il Cavallino Rampante della Scuderia Ferrari era posizionato giusto sulla parte anteriore del cofano delle Alfa e io potevo vederlo con la coda dell'occhio. Io stavo allora attendendo il terribile attimo in cui la ruota anteriore di Moll avrebbe potuto toccare la mia posteriore, ma poi sembrò cambiar idea e l'Alfa tornò indietro. Io guardai nello specchietto e improvvisamente vidi la macchina sbandare senza controllo prima di sbattere contro alcuni alberi. Quando ripassai in quel punto vidi che era finito contro una casetta. Benchè egli fosse veramente molto vicino a me prima dell'incidente, le nostre macchine non si sono mai toccate, e io sono sicuro che egli fu investito da una raffica di Scirocco, il vento caldo che era davvero molto forte in quel momento dell'anno
."

La vettura di Moll dopo l'incidente:
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da sundance76 » 12/08/2010, 9:56

Guy Moll all'attacco della chicane a Pescara, prima del fatale incidente:
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Una cosa molto importante la si trova nel libro di Santuccione e Smoglica ("Il Circuito di Pescara 1924-1939"), quando scrivono che "le vetture percorrono affiancate qualche centinaio di metri. All'improvviso Moll stacca il motore" e poi inizia la tragica carambola tra gli alberi, il fossato, il ponticello e la casa cantoniera.

E nel rottame, la leva del cambio viene trovata in folle.

Ma è anche importante sapere che vi fu un'inchiesta ufficiale per stabilire le cause della sciagura.
Esclusi coinvolgimenti di gomme, si avalla la tesi del colpo di vento laterale che avrebbe provocato improvviso scarrocciamento della vettura rispetto alla sua linea di corsa. La motivazione tuttavia non spiega la posizione in folle della leva del cambio.
Né la tesi dello schiaffo laterale di vento lega con l'improvvisa staccata all'origine della sbandata fatale. Staccata del motore e leva del cambio in folle sarebbero coerenti se si prendesse in esame non tanto grippaggio del motore o del ponte, quanto più l'eventualità d'improvviso calo della pressione d'olio. Da qualche altra parte si avanza l'ipotesi della rottura di una chiavetta nei leveraggi dello sterzo, guasto riscontrato nel precedente GP di Cecoslovacchia sulla identica vettura di Chiron.

L'ultimo passaggio a Cappelle di Guy Moll:
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da sundance76 » 12/08/2010, 9:58

La città di Pescara rese le degne onoranze funebri a Guy Moll:
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Un anno dopo, nel 1935, a Villa Carmine venne posta una lapide (forse sulla parete esterna di una chiesa), tuttora visibile, come in questa foto scattata nel 2004 nel 70° anniversario della scomparsa:

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L'immagine è sfuocata, ma sul marmo c'è raffigurato l'attimo in cui il pilota viene sbalzato dall'auto, e c'è scritto:

L'audace giovinezza
del corridore francese
GUY MOLL
votata al trionfo dei colori italiani
ebbe tragica fine
su questo circuito
nel XV agosto MCMXXXIV XII E.F.

Il comitato della Coppa Acerbo
nel 1° anniversario


Il Comune di Montesilvano gli ha intitolato una piazza, che talvolta versa in stato di trascuratezza (erbe incolte, acque stagnanti nella fontana):
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Una lapide in marmo ricorda tutti i piazzamenti del pilota nella sua carriera, ma ho saputo che l'anno scorso è stata spaccata da vandali:

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da sundance76 » 12/08/2010, 10:04

Nel topic su Gilles Villeneuve forse avrete letto quelle pagine sulla visita di Autosprint alla fabbrica di Maranello dopo la vittoria a Monaco '81.

Ad un certo punto c'è un botta e risposta tra Enzo Ferrari, Cancellieri e Pironi, mentre parlano di Guy Moll. Penso che possa interessare a coloro che leggono questo thread.

"[....] Ferrari racconta di aver ricevuto, non molti mesi addietro, la visita della donna che fu compagna di Guy Moll, meteora tra le più splendenti e ahimè fugaci nel firmamento dei gran premi degli anni Trenta. "Non l'avevo più vista dal giorno del funerale, mi ha fatto piacere sentirla al telefono e ricevere poi una sua visita. Certo, la ricordavo come una bella bionda e mi son visto venire incontro una nonnina, ma ai suoi occhi devo essere cambiato anch'io...".

- Quale pilota assomiglia oggi a Guy Moll?

"Moll era uno spudorato (mai avevo sentito pronunciare questo aggettivo con tanta affettuosa ammirazione n.d.d.), uno spudorato come Villeneuve, in corsa tutti i cordoli erano suoi, se decideva di passare erano buoni anche i marciapiedi, se decideva di non lasciarsi passare erano guai per tutti, qualche volta anche per lui. Comunque, era un pilota molto veloce, fra i più veloci in assoluto, ma intelligente.."

"Perchè dice veloce ma intelligente?" chiede Pironi, "Le due cose non possono stare insieme?"

Ferrari: "Non c'è campione autentico e completo che non sia intelligente. Ci sono invece dei piloti che sono molto più veloci che intelligenti. Insomma, per essere veloci, per arrivare a certi limiti, deve avere il sopravvento un pizzico di incoscienza. Se si è troppo ragionatori, d'altra parte, non si arriva a certi limiti. Il difficile consiste nel sublimare queste due qualità, senza che una penalizzi eccessivamente l'altra."

Ecco, questo è stato il breve botta-e-risposta che riguardava Moll.

Inoltre, su un fascicolo uscito con la Gazzetta dello Sport nel 1988, dal titolo "Ferrari racconta", c'è un accenno alla visita che la compagna di Moll fece a Enzo Ferrari. Il Drake racconta che alcuni anni prima (e qui non sono riuscito ancora a capire che anno fosse, '81, '80 o '79 ), ricevette una telefonata da una certa "Signora Gobron, di Abano". Sul momento lui non riconobbe la voce, ma poi ella disse di essere l'ex compagna di Moll, che poi andò appunto a Maranello.

Sembrerebbe quindi che questa signora vivesse in Italia (Abano), e chissà che fine ha fatto. Moll era nato nel 1910, e se magari la fidanzata aveva più o meno la stessa età, oggi probabilmente non è più in vita, o magari mi sbaglio....
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da sundance76 » 02/09/2010, 14:58

Purtroppo nemmeno Franco Gozzi, qualche giorno fa, ha saputo dirmi niente di più su questa "signora Gobron di Abano", ex-fidanzata di Moll.

Forse la ricerca si interrompe qui. O forse no.

Intanto, ecco l'albo d'oro di Moll che ho ricostruito personalmente, penso che sia il più completo possibile.

Guy Moll: le corse

1930

27 aprile
I Grand Prix d’Oran
Circuito di Arcole (Algeria)
Distanza: km 317
Vettura: Lorraine Dietrich
Risultato: 4°

1931

28 marzo
6 ore di Tunisi

Vettura: Lorraine Dietrich
Risultato: 5°


1932

24 aprile
II Grand Prix d’Oran
Circuito di Arcole (Algeria)
Durata: 3 ore.
Vettura: Bugatti 35C
Numero di gara: 31
Risultato: ritirato al 15° giro per guasto meccanico

22 maggio  
II Grand Prix de Casablanca
Circuito di Anfa (Marocco)
Gara di km 416,643
Distanza: 47 giri
Vettura: Bugatti 35C
Risultato: ritirato

25 settembre
I Grand Prix de Marseille
Circuito di Miramas (Francia), km 5,049
Distanza: 80 giri, km 402
Vettura: Bugatti 35C ?
Numero di gara: 40
Risultato: 3° assoluto


1933

19 febbraio
I Grand Prix de Pau
Circuito di Pau (Francia), km 2,77
Gara di km 212
Vettura: Bugatti T51
Numero di gara: 18
Risultato: 2° assoluto

26 marzo
V Grand Prix de Tunis
Circuito di Tunisi/Carthage (Tunisia), km 12,714
Distanza: 37 giri, km 470,4
Vettura: Bugatti T35C 2000 c.c.
Numero di gara: 16 ?
Risultato: 9° assoluto

4 giugno
II Grand Prix de Nimes
Circuito di Nimes (Francia), km 2,617
Distanza: 80 giri, km 209
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 8
Risultato: 3° assoluto

11 giugno
XXVII Grand Prix de l’Automobile Club de France
Circuito di Montlhéry (Francia), km 12,500
Distanza: 40 giri, km 500,0
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 46
Risultato: 5° assoluto


17-18 giugno
XI 24 Heures du Mans
Circuito di Le Mans, km 13,492
Durata: 24 ore
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza” (con Cloitre)
Numero di gara: 10
Risultato: ritirato alle 24:00 (batteria)

2 luglio
VIII Grand Prix de la Marne
Circuito di Reims (Francia), km 7,826
Distanza: 50 giri, km 391,300
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 6
Risultato: squalificato dopo essere arrivato 3° (assistenza esterna vietata)

9 luglio
IV Grand Prix de Belgique
Circuito di Spa-Francorchamps (Belgio), km 14,914
Distanza: 40 giri, km 596,560
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 6
Risultato: ritirato al 20° giro (rottura del cambio)

6 agosto
I Grand Prix de Nice
Circuito di Nizza (Francia), km 3,214
Distanza: 95 giri, km 305,330
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 8
Risultato: 3°  assoluto

20 agosto
VIII Grand Prix du Comminges
Circuito di St. Gaudens (Francia), km 11,005
Distanza: 35 giri, Km 385,175
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 26
Risultato: 3° assoluto

27 agosto
II Grand Prix de Marseille
Circuito di Miramas (Francia),  km 5,049
Distanza: 100 giri, km 504,900
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 20
Risultato: 3° assoluto

10 settembre (mattina)
XI Gran Premio d’Italia
Circuito di Monza, km 10,0
Distanza: 50 giri, Km 500,0
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 46
Risultato: 8° assoluto

10 settembre (pomeriggio)
VI Gran Premio di Monza
Circuito di Monza (Italia), km 4,5
3 batterie di 14 giri (km 63) più la finale di 22 giri (km 99).
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 14
Batteria: 2°
Finale: 2° assoluto
GIRO PIU’ VELOCE: alla media di km/h 196,34, nella prima batteria.

17 settembre
IV Masaryk Okruh
Circuito di Brno (Cecoslovacchia), km 29,145
Distanza: 17 giri, km 495,465
Vettura: Alfa Romeo 2300 “Monza”
Numero di gara: 28
Risultato: ritirato al 9° giro (incidente)

1934

2 aprile
VI Grand Prix de Monaco
Circuito di Monte Carlo (Principato di Monaco), km 3,180
Distanza: 100 giri, km 318,0
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 20
Risultato: 1° assoluto

6 maggio
VIII Gran Premio di Tripoli
Circuito della Mellaha (Libia), km 13,100
Distanza: 40 giri, km 524,0
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 28
Tempo: 2 ore 48’54”0
Risultato: 2° assoluto

27 maggio
IV Avusrennen
Circuito dell’AVUS/Berlino (Germania), km 19,630
Distanza: 15 giri, km 294,450
Vettura: Alfa Romeo B-P3 Aerodinamica, 2905 c.c.
Numero di gara: 64
Risultato: 1° assoluto

3 giugno
I Grand Prix de Montreux
Circuito di Montreux (Svizzera), km 3,320
Distanza: 90 giri, km 298,8
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 2
Risultato: ritirato al 42° giro (pompa dell’olio) ?

1 luglio
XXVIII Grand Prix de l’Automobile Club de France
Circuito di Montlhéry (Francia), km 12,500
Distanza: 40 giri, km 500,0
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 20
Risultato: 3° assoluto (con Trossi)

8 luglio
IX Grand Prix de la Marne
Circuito di Reims (Francia), km 7,826
Distanza: 64 giri, km 500,864
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 16
Risultato: 2° assoluto


15 luglio
VII Grosser Preis von Deutschland
Circuito di Adenau/Nürburgring (Germania), km 22,810
Distanza: 25 giri, km 570,250
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 19
Risultato: ritirato al 6° giro (rottura del cambio)

22 luglio
XIV Circuito del Montenero
VIII Coppa Ciano
Circuito di Livorno/Romito, km 20,0
Distanza: 12 giri, km 240,0
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 44
Risultato: 2° assoluto
GIRO PIU’ VELOCE: 13’47”

15 agosto
X Coppa Acerbo
Circuito di Pescara, km 25,800
Distanza: 20 giri, 516 km
Vettura: Alfa Romeo B-P3, 2905 c.c.
Numero di gara: 46
Risultato: incidente mortale al 17° giro
GIRO PIU’ VELOCE: il 15°, in 10’51”0/5, MEDIA km/h 149,672
Ultima modifica di sundance76 il 09/10/2010, 10:11, modificato 1 volta in totale.
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da Pedro59 » 02/09/2010, 15:50

Gran lavoro Sunny ! :thumbup:
Grazie.
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da eddiesachs » 07/09/2010, 17:38

[quote="Pedro59"]
Gran lavoro Sunny ! :thumbup:
Grazie.
[/quote]

Mi associo al plauso di Pedro: grandissimo lavoro, grazie  :thumbup: !
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da Norisring » 30/09/2010, 20:37

Complimenti, il chiaro segnale di una passione intensa!

Ho sempre ricordato con simpatia e ...chiarissimo monito della trasformazione che subiamo nel tempo, sin dalla mia prima lettura (avvenuta appunto negli Ottanta) , l'episodio della ''vedova'' Moll,che reincontra Ferrari dopo , letteralmente, una vita.
''...chi e' stato Flavio Torello Baracchini? ...solo il più micidiale degli Assi dell'aviazione italica nel primo conflitto: Baracca abbattè 34 nemici in tre anni, Torello 31 in sei mesi di volo...''
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da sundance76 » 24/11/2010, 23:34

L'articolo di Donatella BIFFIGNANDI pubblicato sul mensile "Auto d'Epoca" di luglio-agosto 2005.

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da sundance76 » 25/11/2010, 0:25

Nell'ultimissima pagina dell'articolo, c'è una foto in basso con Varzi e Moll insieme.

Nel libro di De Agostini ("Enzo Ferrari, 'il' sceriffo") c'è questo passo:

"Lo fotografarono insieme ad Achille Varzi. Davanti a un obiettivo, i piloti più grandi sanno sempre offrire l'ultima sostanza. In quella immagine, nata forse per caso, due uomini avevano lasciato che si stampasse la loro anima definitiva. Varzi appare un po’ assente, calmo di una calma che sconvolgeva perché a trent'anni era già vecchio. Moll sembra suo figlio. Da una tuta bianca e abbondante, sorge un sorriso che piega verso destra e che invano cerca di far dimenticare due mani incapaci di trovare il proprio posto."

Ecco, se osservate la foto che vi ho detto nell'articolo della Biffignandi, potrete forse essere d'accordo con me che essa con tutta probabilità dovrebbe essere proprio la foto a cui si riferisce De Agostini.
Ultima modifica di sundance76 il 25/11/2010, 0:27, modificato 1 volta in totale.
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