Ragazzi, una notte di qualche mese fa, invece di dormire o fare altre cose, mi sono messo a tradurre dall'inglese un capitolo della biografia di Caracciola, "A racing car driver's world", relativo alla sua importantissima vittoria al GP di Tripoli 1935.
Spero che apprezziate questa mia "translation". Ma prima, ecco due parole per inquadrare il contesto.
Prima del GP del Bahrain e di Abu Dhabi, sono già esistiti Gran Premi “desertici”, il più famoso dei quali era, negli anni ’30, il Gran Premio di Tripoli in Libia (all’epoca territorio italiano). Tale competizione era legata a una ricchissima lotteria che metteva in palio enormi somme di denaro. Nel 1935 il già affermato campione della Mercedes, Rudolf Caracciola, era reduce da due anni d’inferno: nel ’33 aveva riportato un terribile incidente a Montecarlo che gli polverizzò il femore e l’anca destra. Un anno e mezzo tra ospedali, operazioni e stampelle, con la quasi certezza di non poter più pilotare una monoposto. In più, all’inizio del ’34 la sua amata moglie Charlotte morì colpita da una valanga in montagna. Caracciola ebbe comunque un posto nella squadra Mercedes che tornava alle corse proprio nel ’34, e doveva dimostrare, soprattutto a sé stesso, se poteva ancora essere considerato un pilota vero, vincente, come lo era stato dal ’26 fino all’incidente di Monaco ’33, pur con una gamba martoriata, rimasta 5 centimetri più corta e quasi sempre dolorante. Gareggiò in Francia (guasto meccanico), a Pescara (uscita di strada mentre era in testa, poche escoriazioni) e Italia (era in lotta per la vittoria ma la gamba gli faceva male e dovette cedere l’auto al compagno Luigi Fagioli, che vinse).
Il 1935 sarebbe stato decisivo. Caracciola fremeva, l’attesa della prima gara era snervante. Sapeva che se avesse fallito ancora, avrebbe dovuto lasciare le piste. Il primo GP del 1935 a cui la Mercedes (e Caracciola) partecipò era proprio il Gran Premio di Tripoli, la cosiddetta Corsa dei Milioni ( ben 525 km di gara in 40 giri).
E qui lasciamo la parola allo stesso Rudi che racconta “in diretta” quella incredibile corsa:[….] La Corsa dei Milioni era programmata per il giorno seguente, 12 maggio. Il Ghibli, il tremendo vento del deserto, soffiava ancora. Quando ci posizionammo per la partenza, il cielo era diventato di un giallo sulfureo.
Eravamo a fianco alle nostre vetture e attendevamo. Dalle tribune giungevano intermittenti brani di musica, interrotti dall’improvviso boato di un motore, e sulla terrazza nella cabina dei cronometristi venivano estratti gli abbinamenti della Lotteria. Per un momento tentai di ascoltare – mi sarebbe piaciuto conoscere chi sarebbe stato abbinato a me. Ma dalla pista non riuscii a distinguere nemmeno una parola. La voce del cronista usciva dall’altoparlante come l’abbaiare di un cane.
Eravamo in attesa del Maresciallo Italo Balbo, Governatore della Libia (possedimento coloniale dell’Italia). Io attendevo in terza fila, accanto a Varzi. Alla fine arrivò; una scorta di dodici motociclisti lo precedeva, e subito dopo ecco Balbo nella sua grande macchina scoperta. L’inno reale italiano era cominciato. La gente sulle tribune si alzò e i militari sul prato ai piedi delle tribune scattarono sull’attenti.
Balbo si fermò proprio vicino ai piloti e scese dall’auto. Camminava tra le file della griglia di partenza, fermandosi con ogni pilota e scambiando qualche parola. Si rivolse a me in tedesco:
“
Vi sentite in forma?”
“Sì, Vostra Eccellenza”.
“Molto bene”, disse, “
in bocca al lupo!” (lo pronunciò in italiano).
E poi continuò con gli altri piloti. Era magro, di altezza media, capelli e barba color rame, e camminava dritto, con brevi e veloci passi. Intanto noi salimmo sulle vetture.
Il grande orologio sopra ai box indicava tre minuti alle tre. Un minuto alle tre. Voltando le spalle il Maresciallo Balbo diede un ordine a un militare dietro di lui che sostava su un parapetto. Il soldato saltò giù e corse via.
I motori furono accesi e i meccanici saltarono a lato della pista, che ora era libera. Balbo sollevò la bandiera. Io guardavo lontano da lui e fissai la mia attenzione sul semaforo della cabina dei cronometristi. Forse questo espediente è più veloce, pensai. E quando la luce verde si accende, io scatto. Non pensavo a nient’altro. Quattro-tre-due…… Il verde si accende! Scattai, la macchina salta alcuni avversari. Ero in testa, davanti a tutti appena dopo la partenza.
A tutta velocità sfrecciai sul rettilineo. Ogni cosa, ogni gesto mi veniva automaticamente. Conoscevo il percorso così bene che avrei potuto farlo a occhi chiusi.
Ecco la grande torre bianca, le tribune, i box, sono già scomparsi in un lampo ai miei lati. E nessun segnale dai box. Primo giro, secondo giro – ecco di nuovo la zona del traguardo, e qui, per la prima volta, ecco un cartello con un segnale:
CAR (acciola)
NUV (olari)
VAR (zi)
Così, i due Italiani erano proprio dietro di me. Sarebbe una dura battaglia se essi accelerano il ritmo. Devo andare più veloce, ancor più veloce….
Quarto giro:
CAR (aracciola)
VAR (zi)
NUV (olari)
Così, l’uomo di Milano (Varzi) ha sorpassato il Mantovano. Adesso era proprio attaccato a me: un avversario pericoloso. E per giunta Varzi guida una Auto Union!
Sesto giro – ecco la Torre Bianca, poi l’enorme struttura delle Tribune. Poi all’improvviso, la gomma anteriore sinistra si usura, qualche pezzo di battistrada mi sfiora: la carcassa si sta stracciando. Levo il pedale dal gas, freno, sono ai box.
Una macchina bianco-argento mi sorpassa, è Varzi.
Buttai giù un sorso d’acqua, e cercai sollievo con un asciugamano bagnato sulla faccia…… Due macchine passarono rombando: Stuck (Auto Union) e Fagioli (Mercedes).
Un altro colpo di martello al gallettone della ruota anteriore e scattai fuori dai box. Venti secondi persi sui primi, grazie a Dio, solo venti secondi! Stuck and Fagioli non erano molto lontani. Acceleravo sul rettilineo ed entravo nella polvere sollevata dai quei due, pochi secondi prima in prossimità della curva.
Ottavo giro:
VAR (zi)
CAR 13
Così, voleva dire che avevo già recuperato 7 secondi sui 20 che avevo perso. E Varzi doveva ancora fermarsi per il rifornimento.
Ancora l’ottavo giro; il lungo rettilineo lungo la costa (opposto ai box). Un forte colpo attraversa la vettura – Non potevo vedere ma lo sentivo. Il battistrada di una ruota posteriore era andato. Riuscivo a controllare ancora la vettura. Piano, vai piano! Una macchina bianco-argento mi sorpassò. Stuck o Fagioli: non avrei potuto dire chi fosse. Soltanto adesso cominciavo ad avvertire quanto caldo facesse. La tuta era attaccata alla mia pelle e le mie labbra erano screpolate e secche.
Ero tutto percorso da brividi. Uno dei meccanici mi urlò nell’orecchio:
“
Le gomme cederanno anche agli altri! Devi solo attendere!”
Neubauer (il direttore sportivo Mercedes, n.d.s.), con lo sguardo torvo, guardava sul cronometro il tempo del pit-stop.
Un minuto e dieci secondi. Proprio mentre ripartivo, una macchina bianco-argento mi sfreccia accanto e scompare verso la curva: Varzi sulla sua Auto Union.
Egli mi aveva già doppiato di un intero giro e guidava il Gran Premio. Ora non mi era proprio possibile lottare con lui. Ero ormai senza speranza, e se rimanevo in gara era solo per l’onore di firma.
Mi avvicinai lentamente a Varzi, mi sdoppiai – ma a che serviva tutto ciò? Il calore era insostenibile. La testa mi scoppiava e avevo la lingua e la gola secca. Ero infuriato e assetato, e non avevo quasi nulla da sperare.
Non mi aspettavo tutto questo. Avevo veramente pensato che il destino stavolta mi avrebbe dato una risposta positiva. E ora dovevo essere ricacciato indietro per un assurda foratura. La gamba sembrava a posto - sì, era ok. Qualche volta urtava sulla scocca, ma non abbastanza da darmi noie. La sete era molto peggiore.
Continuavo a guidare. Non sapevo più che posizione occupavo in gara; ero da qualche parte nelle retrovie. I box erano silenziosi: ancora nessun segnale. Si erano arresi con me.
Dodicesimo giro . . . . . Varzi piombò nei box e si fermò. Probabile guaio di gomme, forse. Beh, lascia che provino anche i piloti dell’Auto Union cosa significhi essere scaraventati lontano dalla testa della gara!
Passando, colsi un nostro segnale dei box: Fagioli guidava la gara con un vantaggio di 36 secondi…. Bene, almeno uno del nostro team era in testa.
Dietro una curva, vicino a un cespuglio, c’era una macchina rovesciata, con le ruote all’aria. Cento metri più in là due uomini dell’ambulanza stavano portando una barella. Stavano correndo. Di chi si trattava? Morto o ferito? Erano ormai fuori dalla mia visuale.
Sedicesimo giro . . . . Ancora un forte colpo. Sapevo cos’ era senza bisogno di vedere. Una gomma posteriore era scoppiata. Ero sul lungo rettilineo della costa, lontano dai box. Ma lì avevamo organizzato un punto di emergenza con meccanici attrezzati al cambio-gomme – mi fermai. Mi avevano visto da lontano e saltarono letteralmente addosso alla vettura. Finalmente potevo bere acqua, tanta acqua, avidamente.
“
Chi era dietro al cespuglio?”
“Brivio”
“Morto?”
“No….”
“Gravemente ferito?”Il meccanico si strinse nelle spalle – non lo sapeva.
Giusto dietro me le macchine passarono rombando ancora una volta. Una bianco-argento, una rossa, molto vicine, in lotta per la posizione. Al punto di emergenza lavorarono rapidamente e in meno di un minuto ero di nuovo in pista.
Un minuto, ciò significava che ero almeno a 4 minuti di distacco dalla macchina in testa. Non serviva, ma continuai. Era come se non avessi bevuto tutta quell’acqua. Era tutta come evaporata dal mio corpo e la mia bocca era già di nuovo secca.
Diciottesimo giro. . . . C’era un certo affollamento ai box. Apparentemente molte macchine erano state costrette a fermarsi ai box. Lungo la pista, al chilometro n. 8 (la pista di Tripoli era lunga più di 13 km, n.d.s) una macchina bruciava tra le fiamme. Una macchina bianco-argento, ciò significava che era tedesca, Mercedes o Auto Union.
Ventesimo giro. Un cartello dai box, il primo da molto tempo. Grazie a Dio!
VAR (zi)
FAG (ioli)
DREY (fus)
CAR (acciola) 2.36
Così, adesso ero in quarta posizione. Avevo riguadagnato un minuto e ventiquattro secondi in meno di cinque giri. Molto bene! Così c’era ancora qualche speranza, poteva esserci una possibilità. Ma ora questo significava tirare fuori tutto ciò che la macchina poteva dare. Stavo andando a una tale velocità che quando superai una piccola Alfa essa sembrava quasi ferma, dovevo andare almeno a 270 all’ora in quel punto.
Durante il venticinquesimo giro un altro segnale dai box: ero in seconda posizione, un minuto e trentadue secondi dietro a Varzi. Così avevo guadagnato un altro minuto e quattro secondi negli ultimi cinque giri.
Dovevo aumentare ancor più la velocità? No. “Stai calmo, sii lucido, pensa correttamente”, dicevo a me stesso. Devo essere gentile con le gomme, non devo forzarle come ho fatto all’inizio. Se le rovino, poi non avrò tempo di recuperare perché la corsa è su quaranta giri.
Dopo il ventisettesimo giro rientrai ai box per l’ultima fermata: rifornimento e quattro gomme nuove. Con questo set intendevo arrivare fino alla fine del GP.
Neubauer mi lanciò un asciugamano bagnato in testa.
“
Stai andando bene, Rudi ”, disse, “
Continua così”.
“
Di chi è la macchina che brucia?”
“Di Stuck”.Le gomme furono cambiate velocemente – in meno di un minuto ero di nuovo in pista. Nessuno mi aveva sorpassato nel frattempo e il mio distacco da Varzi era di un minuto e quarantacinque secondi. Con le gomme nuove aumentai la mia velocità, tanto che vidi Neubauer dai box farmi cenno di andarci piano.
Intorno al trentesimo giro il mio svantaggio da Varzi era ridotto a quarantadue secondi. Vacci piano, mi dicevo, rallenta. Stavolta le gomme dovevano resistere fino alla fine! Nello specchietto vidi una macchina rossa piombarmi addosso, guadagnando terreno. E’ Nuvolari!
Pensai rapidamente: se lo lasciavo passare, con la sua Alfa non era una vera minaccia (era doppiato) ma arrivando alle spalle di Varzi, forse l’antica rivalità che corre tra i due potrebbe avvantaggiarmi, magari Varzi esaurirà le sue ultime riserve in un duello con Nuvolari.
In curva lascio passare Nuvolari, ora ecco che scatta la lotta selvaggia tra i due. Per due giri essi corrono fianco a fianco. Attimo dopo attimo il piccolo mantovano tentava di sorpassare Varzi e alla fine ce la fa.
Poi Nuvolari dovette fermarsi: guai alle gomme. Scomparve risucchiato nelle retrovie.
Il box espone un segnale:
VAR (zi)
CAR (aracciola)
Ma la distanza tra noi si era allargata a un minuto.
Trentacinquesimo giro. Ho forse sbagliato i calcoli? L’uomo davanti a me ha gomme d’acciaio? Ah, ecco, si sta fermando a un punto di emergenza di cambio-gomme. Ma è già ritornato in pista prima che io possa raggiungerlo. Comunque, la distanza tra noi era scesa a quattordici secondi.
Mancano cinque giri. Potevo vedere la macchina di Varzi chiaramente davanti a me e sapevo che dovevo prenderlo, che volevo prenderlo. Aumentai la velocità, non curandomi delle conseguenze. L’argentea Auto Union era a meno di cento metri davanti a me. Trentottesimo giro. . . . L’ho preso! In curva lo sorpassai. Ma la corsa non era ancora finita perché egli continuava a starmi attaccato, così vicino che io potevo vederlo nello specchietto in ogni attimo. Non riuscivo a staccarlo. Mi alitava proprio sul collo.
Quando passammo davanti ai box di nuovo, un segnale diceva:
CAR (acciola)
VAR (zi)
Ma io sapevo che mi stava attaccato; la sua argentea vettura resisteva tenacemente.
Trentanovesimo (e penultimo) giro:
CAR (acciola)
VAR (zi)
E ancora non veniva indicato il distacco – eravamo troppo vicini.
Eccoci al quarantesimo giro – l’ultimo. Mentre sfrecciavamo davanti alle tribune vidi la gente saltare in piedi e gesticolare. Ecco la grande curva dietro le tribune – l’interminabile rettifilo lungo la costa . . . .Ed ecco, finalmente, l’uomo dietro di me rallentare e rimanere indietro. La macchina argentea scomparve dai miei specchietti. Ecco la torre bianca, le tribune, la linea del traguardo. . . l’ho passata!
Ma la velocità mi impedisce di fermarmi immediatamente ai box, devo fare un altro giro per rientrare ai box.
Per un attimo mi sentii totalmente intorpidito. Il motore era silenzioso. Era tutto stranamente quieto attorno a me. Mi levai gli occhiali e guardai le tribune. La gente era seduta senza muoversi, guardavano lontano sulla pista. Solo in pochi saltavano e mi festeggiavano. Tutti gli altri aspettavano Varzi.
E poi tutti mi vennero incontro circondandomi – Neubauer e i meccanici, tra cui il mio fedele Walz. Il grosso ragazzone mi tirò letteralmente fuori dall’auto, mi abbracciò baciandomi sulle guance. Due meccanici mi sollevarono sulle loro spalle e mi portarono ai box. Cercavo di salutare alzando le braccia, ma ero ancora intontito.
Poi improvvisamente mi fu tutto chiaro: vittoria! Grazie a Dio, vittoria! Era una sensazione difficile da descrivere, impossibile da paragonare con qualunque altra cosa. C’era il sole, la folla. . . . Ogni cosa sembrava bella, luminosa, e io “ero tornato” – sì, questa era la cosa più meravigliosa, io ero tornato e potevo lottare di nuovo alla pari con tutti gli altri. Ci sarebbero stati giorni felici e altri meno, vittorie e sconfitte, ma rimaneva la cosa più bella: le ombre erano spazzate via, ero tornato tra i contendenti.
L’Ordine d’Arrivo:
Caracciola (Mercedes)………….. 40 giri pari a 525 km in 2 ore, 38 minuti e 47,6 secondi.
Varzi (Auto Union)……………….. a 1 minuto e 6 secondi
Fagioli (Mercedes)…………………a 2 minuti e 16,3 secondi
Giro più veloce in gara: Caracciola (Mercedes W25) in 3'34", media 220,17 km/h