30 Aprile: Ricordiamo Roland Ratzenberger

Aneddoti, immagini, informazioni inerenti le vecchie stagioni

da Niki » 02/05/2014, 10:47

Purtroppo se ne ricordano per il peggior motivo possibile. Tant´e´
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da Rovert » 30/04/2017, 12:28

Ciao Roland.
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da sundance76 » 30/04/2017, 13:06

Ricordi indelebili.
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

https://www.youtube.com/watch?v=ygd67cDAmDI
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da 330tr » 30/04/2017, 15:57

Avevo la metà dei suoi anni.
Ora ne ho quasi dieci in più di quando se ne andò.
Ricordo in quell'hotel di Riolo Terme la mattina del 1 maggio l'atmosfera era cupa..."povero ragazzo, povero ragazzo..." sono le parole, rimaste indelebili, ascoltate dalla proprietaria quel giorno.
Al netto del dramma mi suonavano strane: per me 34 anni erano tanti, Roland anche in foto pareva adulto, uomo. Ora so che era davvero un ragazzo.

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da groovestar » 30/04/2017, 17:57

Quanta malinconia.
Roland non si dimentica
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da 330tr » 30/04/2020, 18:14

Ventisei anni...
Una vita
Davanti alla tv, oddio, questo è brutto, davvero brutto, pensai..
34 anni, aveva. Ecco, l'ho superato di 10 anni. Povero ragazzo..
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da sundance76 » 30/04/2020, 18:47

Anche io ci penso spesso, e anche io ho 10 anni più di lui, e di Ayrton....
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da groovestar » 02/05/2020, 9:15

Più leggo la sua storia e più il destino sembra crudele con questo ragazzo.
Una strada così tortuosa per raggiungere un traguardo che poteva essere alla portata del suo talento, ma non delle sue tasche e della sua, non più verde età.
Andarsene il giorno prima del più grande, restando sempre "l'altro pilota".
Forse il modo più beffardo per essere ricordato.

Tuttavia, a 26 anni di distanza, è invece bello riscoprire la passione e la dedizione di questo ragazzo, attraverso le storie e gli aneddoti degli amici conosciuti in Giappone.
Quello che pochi ricordano è che faceva parte di quel gruppo di piloti che, negli anni 90, fu così pazzo da andare ad inseguire un sogno dall'altra parte del mondo, correndo nei bellissimi circuiti giapponesi.
Un gruppo che, nelle varie categorie, annoverava anche Frentzen, Irvine, Villeneuve, Herbert, Salo, tutti piloti vincenti ed altamente competitivi, tutti piloti che Roland riusciva a battere.
Pilota molto versatile, vincitore di classe a Le Mans ed altamente competitivo con i prototipi, ma anche con le vetture GT.

Per molti versi la sua carriera ricorda quella di un altro Late Boomer quale Damon Hill, ma arricchita da qualche vittoria in più e dal supporto del team Toyota.

A rileggere gli avvenimenti di quegli anni, emerge un pilota ed un uomo molto ben voluto, conosciuto e stimato da molti colleghi, ma abbastanza vicino alla F1, ma certamente meritevole.

Una storia avvincente, tenace, ma velata di tristezza e tragedia, nel momento più alto.

Difficile avere un'opinione netta: si potrebbe parlare di una tragedia infame ed inutile, che colpisce un ragazzo imbarcato in un'avventura senza la minima speranza, oppure il sacrificio più alto di un uomo nel raggiungimento del suo sogno.

Una cosa è comunque certa ed andrebbe ricordata: il ragazzo aveva talento, determinazione e coraggio, figlio forse di tempi passati.
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da 330tr » 02/05/2020, 12:40

Quanti piloti hanno pagato il prezzo più alto per seguire la loro passione..
Infiniti.
Il '900 è segnato da strade insanguinate.
L'escalation di orrore della Imola di fine '900 ha contribuito a far nascere l'automobilismo dei 2000, e le strade hanno quasi del tutto perso quel terribile rosso sangue. Oggi la fatalità è veramente rara e non più ritenuta accettabile.
Roland ha contribuito, col suo sacrificio, a far finire un secolo e un'era.
È morto sul colpo, facendo quel che più gli piaceva, giovane, forte, vigoroso.
Quanti altri sono morti così, e a quanti il loro nome è associato al cambiamento?
Cambiò qualcosa con la morte di Bueb spietatamente ripresa dalle telecamere? Modificò la visione delle corse la scomparsa di Marimon nel '54? Quali coscienze smosse la fine di Rindt? Di Clark? Del povero Paletti, di cui abbiam quasi perso memoria? E potremmo continuare all'infinito..

Ratzemberger sarà sempre ricordato perché scomparso in un momento cruciale, alla fine di un ciclo secolare in cui il sacrificio era visto connaturato e inscindibile dall'automobile.
Vista così la sua fine assume un ruolo non più tragico, ma positivo e di visione ottimista, nel grande percorso dell'umana specie.
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da groovestar » 02/05/2020, 13:08

Sicuramente se n'è andato vivendo il momento più appagante della propria carriera.

Penso che, invero, sia una percezione sbagliata quella che vuole, soprattutto nella narrativa giornalistica, raccontare la storia di quel WE enfatizzando che il migliore se n'è andato assieme al peggiore.

Se si cerca su Web si trova davvero poco di Roland e, personalmente, mi sono fatto l'idea che fosse ben lontano dall'essere considerato uno dei peggiori.
Non aveva certo le doti di un campione, ma gli addetti ai lavori lo ricordano come un pilota affidabile, coraggioso e, senza dubbio, un vincente. Del resto, competere al livello di Herbert, Frentzen ed Irvine (battendo gente coriacea come Salo) dovrebbe dare la dimensione di un pilota che, con la vettura giusta, avrebbe potuto dire la sua per la zona punti.

Roland era legato ad un altro nuovo arrivo di quegli anni: Eddie Irvine.
Con lui condivideva l'avventura giapponese, correva nei prototipi e, se non ricordo male, divideva anche l'alloggio.
Roland si dimostrò spesso molto competitivo a Suzuka e, chissà, se solo Jordan nel 1993 avesse deciso di puntare su di lui invece che su Eddie, cosa sarebbe potuto accadere.
Personalmente credo che non avrebbe sfigurato.
Invece si trovò catapultato su una Simtek.
Una vettura tanto bella, quanto vecchia, sfortunata e priva di speranze.
Compagno di squadra: David Brabham. Figlio di Jack, figlio del proprietario e pilota anch'esso coriaceo (ben più di quanto dimostrato in un percorso in F1 scarsamente competitivo).
Nell'era dei piloti paganti, degli Adams, dei Lavaggi, dei Deletraz e dei giapponesi senza speranza quali Inoue o Suzuki II, riuscì, pur senza alcuna esperienza pregressa, ad ottenere un sedile.
Non portò in dote sponsor munifici, ma la sua grande voglia e l'impegno personale di qualche mecenate.
Entrare in Formula 1, nel 1994, senza grandi sponsor, senza alcuna esperienza, a 34 anni e con un nome impronunciabile, non era cosa da poco.
Lunga era la lista dei piloti dalla valigia pronta, di esperienza, di belle speranze, pronti e disponibili ad entrare nel circus.
Invece Wirth diede un'occasione a questo neofita, tanto sconosciuto ai più, quanto apprezzato dagli addetti ai lavori.
Del resto, di li a pochi anni, avremmo scoperto come l'allora F3000 giapponese, altro non fosse che un incubatrice di talenti per piloti troppo rapidamente scartati dalle serie europee.

Ecco, forse Roland era privo delle credenziali e del pedigree giusto per la Formula 1, ma a mio avviso, era ben lontano dall'essere un pilota scarso od un banale ed inutile pilota pagante.
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da Baldi » 02/05/2020, 13:12

Forse si cominciò a ragionare davvero sulla sicurezza nei primi anni settanta. Anni tragici anch'essi.
Con Stewart che si fece promotore in tal senso. E anche ben prima della morte di Cevert.
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da 330tr » 02/05/2020, 14:51

Come leggevo dal libro di Charles Jarrott fin dagli esordi "dello" automobile si parlava di sicurezza, e di ricerca della stessa (morire non è mai piaciuto a nessuno!). Si cambiò organo dello sterzo da leva a volante per maggior sicurezza. Gli pneumatici anziché la gomma piena per maggior sicurezza. Si fermarono le corse in linea da città a città in più tappe per sicurezza degli spettatori e partecipanti. Si resero obbligatorie le patenti. Si rimpicciolirono le cilindrate, si modificarono i pesi e inventarono le formule per ridurre le prestazioni. Si crearono i circuiti chiusi, si obbligò il pilota ad indossare il casco, si misero roll-bar, si mise l'obbligo di serbatoi in gomma, cinture, tute ignifughe, estintori, vie di fughe, hans, protezioni di ogni tipo e via discorrendo. È, dal primo giorno, una rincorsa alla sicurezza.
Stewart sicuramente ha dato ulteriore spinta alla volontà di preservare la vita del pilota, ma non ha di certo lui "inventato" il concetto di sicurezza.
Quello che cambia a mio parere, e il 1994 è lo spartiacque assoluto, è la percezione dell'ineluttabilità del lutto. Fino al '94 è "fatalità", motorsport is dangerous, cavoli vostri..dopo non più. La morte in pista non è più accettabile, è disgrazia che va evitata a qualsiasi costo.
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da Migault » 04/06/2020, 10:07

330tr ha scritto: La morte in pista non è più accettabile, è disgrazia che va evitata a qualsiasi costo.


Per il pensiero occidentale l' oscenità non è più nella pornografia ma nella morte, non si deve vedere, meno se ne parla meglio è, non deve esistere; è un po' come il sogno del contagio zero.

E quindi a morire è la F1 :|
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da groovestar » 04/06/2020, 10:15

Beh in qualsiasi sport rischioso, la morte deve essere evitata ad ogni costo.
Nel 1994 si aveva una illusione di sicurezza perché si era stato più fortunati, ma le tante criticità che portarono alla morte di Ayrton (e Roland) erano da considerarsi inaccettabili già nel 1994.

L'errore e la rottura meccanica possono portare alla morte, ma è inaccettabile che a determinarla siano le mancanze dell'impianto o di sistemi di sicurezza passiva.

Oggi si è fatto molto, ma la morte resta uno scomodo spettatore che può dire la sua in qualsiasi momento.

La fine si Hubert è emblematica: può capitare, si può migliorare, ma non si ha la pulsione a chiudere tutto, se si ha la consapevolezza di aver fatto il massimo per evitarla (ed il ritorno alla ghiaia in punti strategici potrà fare molto di più).
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