Quando nel 1966 la cilindrata delle F1 fu portata a 3 litri, tutti pensarono che si apriva un'epoca felice per la Ferrari.
Mentre le altre squadre non erano ancora pronte, la casa di Maranello aveva già in casa quello che serviva. La sua storia nel Mondiale Marche era costellata di successi proprio con la serie 250, che indicava la cilindrata unitaria, quindi un 3.000.
Il motore base risaliva al 1954 ed era opera di Gioacchino Colombo che aveva sostituito Aurelio Lampredi, dopo che questi era stato "dismesso" da Enzo Ferrari in persona, per un bicilindrico 2.500 compresso che era uscito dal tetto della fabbrica appena era stato messo al banco. :?
Rispetto ai 12 di Lampredi, quello di Colombo era più compatto e leggero.
Nella tradizione Ferrari, era un 12 V 60°, presentava una distribuzione ad un solo albero a camme in testa per bancata, che comandava tramite rullo e bilancieri (brevetto Porsche) le 2 valvole per cilindro di cui era dotato.
Fu inizialmente realizzato in due versioni: il 250 (3 litri) e 330 (4 litri) con alesaggio/corsa rispettivamente di 73 x 58.8 e 77 x 71.
Proprio il 250, con progressive modifiche, divenne il cavallo vincente nelle competizioni, con auto che fecero la storia del Cavallino Rampante: la TdF, la Testa Rossa (1^ assoluta a Le Mans nel '58 ), la SWB, la GTO e i primi esemplari della LM.
Poichè nulla si butta, unendo l'alesaggio della 330 (77) con la corsa della 250 (58.8 ), ecco nascere la serie 275 di 3.3 litri, che, oltre a correre nella categoria Prototipi come 275 P (1964) e 275 P2 (1965), ebbe l'onore di essere montata sotto il cofano della 250 LM che nel 1965 ottenne l'ultima vittoria della Ferrari a Le Mans.
Insomma, con tanta esperienza e tanti successi, l'avvento in F1 del 3 litri, sembrava fare del 1966 l'anno giusto per la Rossa.
Ovviamente fu dotato di un doppio albero a camme in testa (cosa immediatamente riversata nella produzione di serie con la 275 GTB4) e si fece lo sforzo di realizzare un nuovo albero motore con un corsa di 53.5 mm a fronte dell'alesaggio di 77 mm, per ottenere un regime di rotazione più elevato.
Con i suoi 360 CV a 10.000 giri, si dimostrò subito il più potente del lotto, ma l'auto nel suo insieme era veramente poco affidabile nella componentistica. L'allontanamento di Surtees (accusato ingiustamente di una spy-story con la Lola) e l'impegno prioritario fino a giugno per la 24 Ore di Le Mans, non contribuirono certo alla causa.
Nel 1967 la tragedia di Bandini dette un durissimo colpo alla squadra e nei due anni successivi il Cosworth DFV, che aveva risolto i problemi di gioventù ed era alloggiato su telai più performanti di quelli di Maranello (unito alla proverbiale sfiga di Amon) fecero il resto.
Insomma un eccellente motore con poca gloria se non quella di aver permesso, nel suo primo anno di vita, ad un italiano di vincere il GP di casa. Vittoria "tricolore" che fino ad oggi resta anche l'ultima.
Nel 1967, vennero adottate 3 valvole per cilindro e la potenza salì a 390 CV sempre a 10.000 giri.
Negli ultimi due anni di vita (1968/69) le valvole divennero 4, per una potenza massima dichiarata di 410 e 436 CV a 11.000 giri.
Non sono certo che a Monza 1966 già corresse con il 36 valvole (che sarebbe poi il modello 1967). E' vero che Ferrari aveva l'abitudine di anticipare al GP di Monza quelle che sarebbero state le novità della stagione successiva, ma, se così fosse, sarebbero state due le versioni del 36 valvole: quella a scarichi esterni alla V in quel GP vinto da Scarfiotti e quella con gli "spaghetti" all'interno, con cui trovò la morte Bandini a Montecarlo.
Sinceramente poi non credo che il 3 valvole potesse avere tromboncini e scarichi dallo stesso lato, sia per questioni d'ingombro, che di alte e penalizzanti temperature all'aspirazione. Se tu però ne sei certo, fammi sapere le fonti: m'interessa veramente.
Quanto al fatto del 65° sui moderni V 12, credo che la spiegazione di Forghieri sia più una battuta che altro (magari anche suffragata da una qualche verità), la zampata di un leone ferito.
Vero che le cilindrate unitarie sono raddoppiate, ma vero anche che con i 60° vennero realizzati (proprio da lui) cubature superiori ai 6 litri per la Can-Am. Anzi, se chiedi a Merzario, ti dirà di aver corso ad Imola un'Interserie con un 7 litri abbondante (peccato che dopo una manciata di giri, la frizione fosse già andata a donne perdute
).
In effetti la telefonata con Furia finì con queste parole: ".... ci sono pochi che sanno far stare i collettori in meno di 17 mm. A me ne bastavano 14".
P.S. Se trovate qualche fesseria, perdonatemi: anch'io sono stato ragazzo e a quell'epoca ero solo un appassionato studente del Poli.
Oggi la moria di neuroni non aiuta la memoria :roll:
Io non accetto che per trovare l’effetto suolo si debba strisciare per terra. Secondo me è assurdo, è immorale da un punto di vista tecnico. (Mauro Forghieri)