Piccolo intervallo
Pagine fa si era accennato brevemente ai divertimenti all'interno del Glen. E allora....
THE BOGNegli anni ‘60 e ‘70 il “Glen Village” era frequentato, oltre che dagli appassionati di motorsport, anche da un altro genere di esseri umani, i “Bogladytes”. Erano, questi, dei genuini amanti di un particolare tipo di baccanale che si svolgeva in un catino naturale di erba e fango, situato nei pressi del circuito, conosciuto come “The Bog”. Con il rilevante contributo fornito dall’assunzione di enormi quantità di alcool e di altri integratori e additivi non sempre legali, i “Bogladytes” davano vita a competizioni motoristiche nel fango e a spettacolari giochi di luce e di fumo; mentre una folla urlante li incitava al grido di “The Bog wants a car!”, trascinavano all’interno del catino vecchi e nuovi esemplari della produzione automobilistica a stelle e strisce, che diventavano poi il bersaglio del lancio di pietre e bottiglie incendiarie fino ad essere ridotti a neri scheletri fumanti, in un rituale orgiastico di distruzione.
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Così l’Harvard Crimson, un po’ enfaticamente, descriveva questi cristiani.
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Sono le 2 di sabato mattina e il nucleo duro dei ‘Boggers’ si sta scaldando per le festività del fine settimana. Due uomini corpulenti e barbuti stanno davanti ad un fuoco proveniente da bidoni dell’immondizia rovesciati e vecchi pneumatici, lunghi coltelli legati alle loro cosce, bevendo birra. Dietro a loro giace la carcassa fumante del primo sacrificio del fine settimana, una vecchia sedan dalle linee ormai indefinibili. Sorgendo in un brillante cielo notturno, spessi e acri soffi di fumo si riuniscono in alte nuvole fuggenti. Un gruppo spettrale di ballerini avanza, saltando sulle note rauche di un kazoo. Uomini e donne sono pazzamente attorcigliati nei loro jeans sporchi, tenendo in mano bottiglie di vino per bilanciare i loro passi. Come ombre che strisciano su un muro di mattoni, queste forme avanzano inciampando, attori posseduti da una percettibile tensione di morte in un Ballo Medievale."
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Con il passare degli anni, questo passatempo un po’ fuori dalla legge era diventato una specie di tradizione che il direttore del Glen Johnny Law e i track officials, malgrado la presenza della polizia, avevano deciso di tollerare in totale rispetto dello spirito dei tempi, purché l’impiego distruttivo della miscela formata da “Genesee Cream Ale” e combustibile rimanesse circoscritto e confinato all’interno del “Bog”, cioè in un’area relativamente piccola e controllabile.
Fino al 1974, quando i “Boggers”, con l’incidente del “Greyhound Barbecue”, superarono l’immaginaria linea del tollerabile tracciata dalla direzione.
La fine del “Bog” ebbe inizio quando un nuovissimo bus della Greyhound, guidato da un giovane senza la camicia e con i capelli lunghi, entrò ad alta velocità nel catino, girando intorno alle carcasse delle auto che avevano già subito il loro sacrificio. Prima ancora che il bus avesse colpito uno degli gli scheletri lasciati nell’arena e si fosse finalmente fermato, la moltitudine, eccitata dalla vista di un simile esemplare, iniziò a lanciare contro di esso qualsiasi cosa fosse riuscita a trovare. Le bottiglie incendiarie fecero il resto. Le fiamme raggiunsero i serbatoi del gasolio facendo innalzare nel cielo una spessa piuma di fumo nero, visibile per ore a molte miglia di distanza nella Contea di Schuyler.
Greyhound Barbecue
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Si trattava di un bus che aveva portato al Glen, da New York, un gruppo di tifosi brasiliani giunti appositamente per supportare Emerson Fittipaldi, che si giocava il titolo nell’ultima gara in calendario. L’autista del bus, dopo aver scaricato i passeggeri, ebbe la fantastica idea di allontanarsi, lasciando il mezzo incustodito e con le chiavi nel quadro, una tentazione troppo forte per il giovane senza la camicia.
Come è finito il campionato, lo sappiamo.
Come è finito il bus, pure (per riportare a New York i tifosi, contenti e festanti, la Greyhound mandò al Glen un nuovo bus).
E il “Bog”? Il “Greyhound Barbecue” fu troppo anche per una direzione attenta alle tensioni delle nuove generazioni. Poco tempo dopo furono inviati i bulldozer a spianare il catino. Esattamente come cantava Joni Mitchell in “Big Yellow Taxi”, “They paved paradise and put up a parking lot”, hanno asfaltato il paradiso per costruire un parcheggio.
Ma siccome le cattive abitudini sono più difficili da abbandonare delle buone, l’eredità lasciata dal “Bog” non poteva andare perduta. Depurato dagli eccessi incendiari degli anni ‘60 e ’70, sostituiti da attività più moderate e più in linea con i tempi attuali, il lascito del “Watkins Glen International” è stato raccolto dal “Talladega Superspeedway”. All’interno del circuito, il “Talladega Boulevard Party” è diventato il nuovo punto di riferimento per i gaudenti spettatori della NASCAR che, uniti dal motto “quello che succede qui, resta qui”, per tre giorni si abbandonano a bevute abnormi e alla visione di spettacoli aberranti, fra i quali il wrestling femminile nella salsa, la pole dancing e gare di misurazioni varie. Pare che il divertimento sia tale da far crescere il timore che la corsa possa diventare un evento di contorno al Party.
Talladega Boulevard Party
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