Parte 5 - un'"Auto"biografia. La gara della vita.
Reims 1956.
Se le corse fossero tutte così sarebbero oltre la soglia di tolleranza.
Ma ci sono lunghe, noiose ore dove la sfortuna e la disperazione prendono piede. Nessuna corsa è lunga se si ha la chance di vincere. Qualsiasi corsa non finisce più, se sei indietro e senza speranze.
Sono cresciuto con l'odore di olio di castoro nelle narici.
Mio padre e mia madre erano coinvolti con le corse prima della guerra.

Laury Schell e Lucy O'Reilly Schell, uniti nell'amore per le corse. Nell'immagine piccola i festeggiamenti dopo aver ottenuto il secondo posto nel rally di Montecarlo del 1936 su Delahaye http://8w.forix.com/delahaye135.htmlMio padre è morto al volante della sua auto da corsa. Le corse sembrano essere nel mio sangue.
Quando mi tuffo lungo i rettilinei di Reims a 180 miglia all'ora o quando affronto una curva a Monza in un bel drift, mi sento sul tetto del mondo. Correre è la mia vita. Sono un drogato senza speranza.
Iniziai a correre seriamente quando fui congedato dopo la guerra. Mi sistemai in Francia. La sola auto che potevo permettermi era una vecchia Maserati - una macchina stanca e molto difficile da pilotare. La sua fine fu ad Indianapolis dove il motore esplose davanti a me, disseminando la pista con frammenti di metallo.
Non so perché portai quel rottame a Indianapolis contro l'avviso dei miei amici. Suppongo perché volevo correre nel mio paese.

Schell ad Indianapolis nel 1946 - Immagini tratte da http://indiamond6.ulib.iupui.edu/cdm/la ... ection/IMSNel 1947 comprai una monoposto Cisitalia, ma non vinsi nulla con quella. Quindi, nel 1949, comprai una Talbot che mi procurò le prime vittorie - due in un giorno a Saar.
Ma ero ancora molto lontano dalle grandi competizioni.
Ero ancora in seconda linea nelle gare minori.
Continuai una stagione di corse in una Maserati modificata con il team di Enrico Plate. Ma le auto erano vecchie e spompate e si rompevano corsa dopo corsa.
Finalmente ebbi il mio primo contratto con un factory team (conosciuto anche come un "works" team). Era la Gordini. Gordini è una piccola, non molto florida casa costruttrice e spesso è a corto di denaro. Eravamo non sempre con la possibilità di correre, ma stavo migliorando ed ero grato per questo.
Harry Schell su Gordini, GP di Gran Bretagna, Silverstone, 1953. 9. in griglia, ritirato in garaPresto decisi che la piccola, fragile blu Gordini non mi avrebbe fatto vincere così tornai indipendente di nuovo, comprando una Maserati di seconda mano guidata precedentemente da Fangio. Senza bisogno di dirlo, Fangio l'aveva completamente consumata. Era vecchia e danneggiata. Più e più volte la riportavo ai pits seduto su una pozza d'olio. La stessa vecchia storia di una stanca, spompata macchina.
Alla fine il miracolo accadde.
Alla Maserati recuperarono in fretta un pilota per il Gran Premio di Barcellona. Mi vendettero una delle loro auto. Era una vera "works" car, molto più veloce delle mie Maserati. La corsa era l'ultima del campionato e c'erano tutti: Mercedes-Benz, Ferrari e tutti gli altri grandi nomi. Durante le prove, feci il terzo tempo e mi ritrovai in prima fila per la prima volta in un evento del campionato. Ero accanto ad Ascari, Fangio e Hawthorn.
Nessuno credeva al mio tempo eccetto al proprietario della Maserati e e il suo meccanico. Tutti pensavano che il cronometrista avesse fatto un errore. Questo novellino americano non avrebbe potuto essere lì, erano certi.
Il team manager che mi aveva venduto l'auto mi chiese di frenare Ascari e Fangio, senza badare ai giri del motore.
Dovevo fare da "calmiere per i primi giri". Che responsabilità. Dovevo frenare i maestri! Appena la bandiera si abbassò, mi sparai alla guida per quattro giri. Ascari era nella mia coda e mi passò al quinto giro. Per altri tre giri rimanemmo attaccati. Fu un vero brivido, una battaglia con Ascari.
Quel che avevo sognato per anni stava accadendo. Combattei duramente quanto riuscii. Quindi Ascari ruppe. Ero in testa con 12 secondi su Hawthorn e Trintignant e 25 su Fangio. La Maserati mi dava la bandiera blu ogni giro - veloce, veloce, veloce.
Ma Hawthorn e Trintignant erano troppo per me. Per un'ora ci scambiammo avanti e indietro. Prima loro erano avanti, poi io. Infine, scivolai fuori strada e ruppi un semiasse. Così finì. Ma malgrado la grande delusione, non sarei potuto essere più felice. Era stato il mio primo scontro con i grandi. Lì ero, un indipendente, davanti a tutte le auto della squadra. E l'auto che era davanti era dipinta di blu e bianco - i colori degli Stati Uniti.
Hawthorn davanti alla Maserati bianca e blu di Schell, al GP di Spagna del 1954Fu un momento di orgoglio per un americano all'estero. Nelle corse da Gran Premio sono stato in parecchi paesi. Sono ancora molto lontano dal successo, al confronto di grandi come Fangio. Ma sono in questo gioco per la vita e spero di portare il campionato in America.
C'è una cosa posso assicurarvi. E' che non è un gioco rilassante. La notte prima di una corsa, non dormi molto. Pensi alla tal curva, a come farai a sorpassare un altro pilota, o se uscirai di pista. E se ce la farai, come evitare la seconda ipotesi.
Io credo che ogni pilota, anche il più grande, è nervoso sulla linea di partenza. Io cammino intorno all'auto per cinque minuti prima di partire, scherzando con i piloti così non penso alla gara. Due minuti prima della partenza salto nellla mia auto e non guardo nulla all'infuori del mio orologio e la bandiera.
Quindi arriva il segnale dei trenta secondi. Ai 20, indosso gli occhiali. Ai 10 inserisco la prima. Quindi arriva in fretta, ma di una lunghezza senza fine, il conto alla rovescia 5-4-3-2-1-GO!
E' fantastico. Istantaneamente mi rilasso e il brivido dello sport comincia.
Subito sono pronto, senza paura. E' un'esperienza meravigliosa, questa trasformazione di una teso, nervoso pilota in una persona totalmente rilassata appena la bandiera si abbassa.
Comunque, è come mi sento quando sono al volante e sono sicuro che gli altri provano lo stesso.
Da qui parte una battaglia di uomini e macchine. La battaglia per il Gran Premio-Il massimo, la regina delle corse. Il massimo di uno sport che, come una droga, ti rende dipendente e non ti lascerà finché tu o essa vincerà.

Harry Schell, Parigi, 29 giugno 1921 – Silverstone, 13 maggio 1960