L'accordo con la Fiat era 50-50 con la clausola che alla morte del fondatore il 90 sarebbe stato Fiat e il 10 al figlio Piero. Si presume che nel 50-50 l'ultima parola per la gestione sportiva sarebbe stata del Drake e quella per la produzione di serie della Fiat.
La prima Ferrari di questa nuova era appare nel 1971 e lascia a bocca aperta, ma in senso negativo. E' la 365 GTC4
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un coupè 2+2 dove i sedili posteriori sono i più sacrificati mai visti su una macchina del Cavallino. Viene a sostituire la bellissima 365 GTC e la 365 GT 2+2 che era dotata di quattro veri posti. Inaugura la sciagurata moda di paraurti massicci in gomma piena e la tendenza a linee rettangolari per fanaleria, strumentazione ed in generale. E' dotata di tutti i servo immaginabili, sospensioni morbide per una made in Maranello e carattere per nulla da Cavallino di razza. Per le sue linee oggettivamente poco o nulla accattivanti viene soprannominata Gobbone. Se oltreoceano viene digerita a stento, in Europa diviene subito l'incubo dei concessionari, spesso costretti a ritirarla in perdita pur di non rinunciaree alla facoltosa clientela. E' talmente apprezzata che cessa la produzione dopo un anno e poco più, ma gli esemplari prodotti sono ben 500, a indicare il nuovo corso sui numeri imposto da Torino.
Un particolare illuminante è il motore. Ha le stesse dimensioni di quello della Daytona quindi sembrerebbe già pronto magari dopo avergli dato un'ammorbidita per migliorare l'elasticità. Viene deciso però di rinunciare alla lubrificazione a carter secco, forse per renderlo più silenzioso, cosa che comporta l'innalzamento del blocco per fare spazio alla coppa dell'olio. A questo punto però ci si rende conto che non entra più nel profilo del cofano. Rimedio: si costruisce una nuova testata a carburatori orizzontali per rimediare. Insomma han rifatto mezzo motore per eliminare il carter secco. Ma questo non è il metodo di lavoro di Marenello, forse lo è di Torino!
Il '71 è anche l'anno in cui vede la luce l'attesa da tempo Ferrari a motore centrale: la 365 GT4 BB.
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Occorrerà però attendere ancora due anni prima della sua entrata in produzione. Della bestemmia di montare il cambio sotto il motore se n'è già discusso e quindi passiamo oltre. Siccome non tutto può andare storto ecco una chiaccherata tra me e Forghieri una ventina d'anni dopo. Ci ritroviamo ai box di Monza in occasione di un raduno delle Rosse. Così, per caso senza nessun tipo d'impegno: tanta passione, un po' di nostalgia.
Passa una BB.
"Perchè il cambio sotto al motore?"
"Non è opera mia, non ci ho messo mano."
Sembra che l'argomento sia concluso quando Furia aggiunge:
"Comunque quel motore non finiva di dare cavalli! Erano pure cattivi e bisognò calmarlo per renderlo guidabile."
Due osservazioni. La prima: non è un male avere un motore esuberante, è facile da correggere; molto peggio il contrario. La seconda: al giorno d'oggi i programmi, analizzato il progetto, ci disegnano con una precisione superiore al 90% la curva di coppia che si otterrà o addirittura suggeriscono le modifiche da apportare per ottenere una curva di coppia prestabilita. A quell'epoca la prima accensione e messa al banco di un motore era un momento magico, irripetibile. Quante sorprese belle o brutte, quanti pugni al cielo in segno di vittoria o matite spezzate con rabbia. Quanti tecnici occhi al dinamometro e sigaretta in bocca come tanti papà fuori dalla sala parto. Il progresso ci aiuta in tutto, ma spesso ci priva di emozioni.
Forghieri intanto continuava:
"Poi con tutti gli aggeggi antipollution i cavalli andarono a ramengo e a nulla valse il portarlo a 5 litri e poi a dargli l'iniezione. Anzi, checchè ne dica la Ferrari ogni nuovo modello di BB dava meno cavalli del precedente."
"Ma il profilo delle cammes era lo stesso della Daytona?"
"Bella domanda, ma purtropppo non lo so ed è un peccato perchè accadde lo stesso anche a Chiti quando passò sul F1 da 60° a 180°"
Cominciammo a disquisire circa l'eventuale influenza della gravità sulla turbolenza della carica, poi passarono due ragazze veramente notevoli e altrettanto poco vestite e i nostri discorsi divennero più lievi.
Nel 1972 vede la luce la 365 GT4 2+2 una vera 4 posti con cintura bassa ed ampia vetratura.
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Una tre volumi molto classica che ormai ha raggiunto dimensioni prossime a 5 metri. Risente della moda del momento con angoli secchi e molto pronunciati. Verrà riproposta praticamente idendica nei modelli 400 e 412 con cilindrate che gradualmente salgono da 4.4 a 5 litri. C'è a chi piace e a chi no, io appartengo ai secondi.
Per gli anni '70 ben poco da segnalare per quanto riguarda la produzione a 12 cilindri se non l'avvento della 512 BB in sostituzione della 4.400 e la messa in produzione di una piccola serie da competizione battezzata 512 BB LM
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Ma è arrivato il momento di fare un salto indietro al 1965
I regolamenti per la F2 per l'anno successivo prevedono l'utilizzo di motori che derivino da una serie di almeno 500 pezzi prodotti in un anno. La Ferrari ovviamente non ha questa possibilità, ma stringe una joint venture con la Fiat per dar vita a un nuovo marchio che preveda modelli sia per la casa di Maranello, sia per quella di Torino.
Nasce così il marchio Dino in onore del figlio del Drake prematuramente scomparso.
Nel 1967 entra in produzione la Dino 206 GT una bellissima vettura a motore centrale trasversale 6 cilindri 2 litri, per molti la più affascinante vettura mai uscita da Maranello. Ora si tratta di dare al marchio una sua identità facendo però trasparire la realtà: che si tratta di una Ferrari ad ogni effetto e che il nuovo marchio serve esclusivamente a differenziare i 12 cilindri dai modelli con minor frazionamento. Il Drake ha capito che occorre ammortizzare i costi del settore produzione aumentando le auto prodotte, ma vuole fermamente tenere separate le due tipologie di motorizzazione in nome della tradizione e del suo credo.
Nel 1969 il modello viene sostituito dalla Dino 246 GT
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che oltre a montare un motore portato a 2.4 litri presenta un monoblocco in ghisa e una carrozzeria in acciaio al posto dell'alluminio usato in precedenza per ambedue gli elementi. C'è chi dice per diminuire la rumorosità, io penso per contenere i costi magari su suggerimento della Fiat che proprio in quel periodo stava definendo l'acquisto del Cavallino.
A questo punto sarebbe stata cosa buona e giusta per rafforzare il nuovo marchio farlo scendere in pista a sfidare le Porsche e possibilmente batterle. Il Drake però si oppone. Non ho spiegazioni valide, nè credo le abbia qualcun d'altro, spesso Ferrari teneva per sè le motivazioni. Forse non sarebbe cambiato nulla, forse sì, forse una consolidata visibilità del marchio Dino avrebbe evitato l'invasione barbarica che si andava profifando su Maranello.
Ma torniamo agli anni '70 che avevamo lasciato con la 512 BB LM, la piccola serie nata per gareggiare.
In occasione di una mostra di auto da competizione moderne e veteran, ebbi l'opportunità di passare un pomeriggio con Fabrizio Violati, patron della Bellancauto, collezionista Ferrari e appassionato fino al midollo.
Ce l'aveva con David Piper:
"Non è giusto che lui per le gare sostituisca alla sua LM la carrozzeria in alluminio con una in fibra di vetro. Io rischio la mia GTO come è uscita di fabbrica e ti assicuro che il timore di picchiare fa perdere almeno un paio di secondi al giro!"
Direi che la sua opinione non faceva una grinza. L'occhio poi mi cadde su una splendida SWB argento:
"E' originale tutta alluminio?"
"Certo! Originale al 100%"
"E quanti cavalli dava dei 280 promessi?"
Violati fece un sorriso:
"Ferrari su questo è onesto, preso e messo al banco così com'era se ne son letti 285! Magari poi si fatica a farli arrivare alle ruote senza perderne troppi, ma all'albero ci son tutti!"
Ricordo che provai un senso di soddisfazione nonostante con Maranello non avessi ancora nulla a che fare.
Faceva bella mostra di sè una 512 BB LM molto rimaneggiata dalla stessa Bellancauto.
"Cosa mi dici di quella?"
Violati fece un lungo sospiro:
"Un disastro!" - sentenziò.
"Per il posizionamento del motore?"
"A quello in pista ci si abitua, tira delle scodate ...."
"Tipo Porsche ..."
"No la Porsche ti avvisa, questa no!.Ma come dicevo, ci si abitua, si capisce dov'è il limite e si aspetta ad aprire. No, il problema è l'affidabilità. Tutta la componentistica è dei fornitori Fiat, quelli top, quelli scelti da Ferrari sono spariti. Cuscinetti, boccole, bulloneria, cavi elettrici, guarnizioni e chi più ne ha più ne metta. Dopo un paio d'ore di gara è tutto un trafilaggio e qualcosa alla fine cede."
(continua)