Quattro passi per Maranello
Inviato: 19/12/2016, 18:12
Non so se veramente Ferrari disse che le sue auto avrebbero dovuto essere o gialle o rosse in onore dei colori di Modena o di quelllo scelto dalla Federazione per quelle italiane in corsa. Di certo disse: "Chiedi a un bambino di disegnare una macchina, sicuramente la farà rossa."
Ma di rosso nei primi quindici anni di produzione stradate se ne vide ben poco Quelle destinate alle corse nascevano rosse, ma poi, adattate ad un uso stradale, vestivano livree più sobrie: celeberrima la 375 MM di Rossellini sfoggiante un Grigio Ingrid in onore degli occhi della Bergman. Un poco di rosso si poteva trovare soprattutto sulle vetture scoperte destinate oltreoceano. Al di qua la fanno da padrone colori tendenti all'elegante: blu, argento nelle sue varie declinazioni e verde scuro. Non mancano i tentativi audaci quanto rari: un verde smeraldo e un amaranto chiaro ambebue metallizzati.
Ferrari, pur avendo un gusto orripilante nel vestire, possedeva una spiccata idea di come dovessero essere le sue creature stradali: eleganti, veloci, comode e non troppo appariscenti. Questo vincolo di riservatezza lo si percepisce molto bene nel 1957 quando, convinto ma non persuaso da Chinetti, è ancora indeciso se dare seguito o meno al prototipo di 250 Spider California. A suo avviso è troppo estrema, quasi pacchiana. Una pioggia di intenzioni d'acquisto dopo una sola giornata lo costringe a mettere da parte le remore.
Comunque il rosso che viene esportato negli States ha poco a che vedere con quello che oggi conosciamo, è più scuro, come testimoniano anche le vetture da GP dell'epoca e come si può vedere su GTO e LM. Se vogliamo è anche più elegante.
Una piccola nota a margine: quella che oggi è la più ricercata e costosa realizzazione di Maranello, la GTO, e quello che viene considerto il più bello spider del Cavallino, la California, non sono opera di un famoso designer, ma di quel genio di Sergio Scaglietti.
Sono arrivati gli anni '60, la spinta della ricostruzione post bellica ha avuto i suoi effetti, si respira un'aria nuova. Industriali cinquantenni, cui la guerra ha tolto parte di gioventù, sono decisi a rifarsi, a recuperare il tempo perso senza troppo badare alla forma. Se la 250 Cabriolet è molto apprezzata dalla nobiltà che frequenta Montecarlo, ecco che la California trova improvviso sbocco anche da noi. Da Milano si scende a Santa Margherita e da Roma si sale a Forte dei Marmi. Strano ma vero è proprio sulla California che comincia ad apparire un rosso carico di giallo, molto più simile a quello odierno.
Col 1960 arriva la coupè 2+2 e proprio per lei viene coniata questa sigla che dura tutt'oggi. La macchina è compatta e i posti supplementari sono veramente di fortuna. Il Drake apprezza questa formula, e sempre l'apprezzarà, in quanto viaggiando con l'autista, anche se al volante c'è quasi sempre lui, una due posti secchi sarebbe già al completo.
Oltre a questa coupè il parco macchine, tralasciando la opulenta, paciosa e comodosa Superamerica, è composta dalla Cabriolet, la California e la Berlinetta che il mondo invidia: la SWB, quella con cui si può vincere la propria classe a Le Mans e poi presentarsi alla prima della Scala. In effetti la SWB è prodotta in due versioni: una in acciaio, tranne portiere e cofani, per l'uso stradale ed una tutta in alluminio per le competizioni. Anche i motori sono differenti: un 240 CV per la prima e un 270/280 per l'altra. Ciò non toglie che le richieste dei clienti facciano nascere degli ibridi in un senso o nell'altro.
(continua)
Ma di rosso nei primi quindici anni di produzione stradate se ne vide ben poco Quelle destinate alle corse nascevano rosse, ma poi, adattate ad un uso stradale, vestivano livree più sobrie: celeberrima la 375 MM di Rossellini sfoggiante un Grigio Ingrid in onore degli occhi della Bergman. Un poco di rosso si poteva trovare soprattutto sulle vetture scoperte destinate oltreoceano. Al di qua la fanno da padrone colori tendenti all'elegante: blu, argento nelle sue varie declinazioni e verde scuro. Non mancano i tentativi audaci quanto rari: un verde smeraldo e un amaranto chiaro ambebue metallizzati.
Ferrari, pur avendo un gusto orripilante nel vestire, possedeva una spiccata idea di come dovessero essere le sue creature stradali: eleganti, veloci, comode e non troppo appariscenti. Questo vincolo di riservatezza lo si percepisce molto bene nel 1957 quando, convinto ma non persuaso da Chinetti, è ancora indeciso se dare seguito o meno al prototipo di 250 Spider California. A suo avviso è troppo estrema, quasi pacchiana. Una pioggia di intenzioni d'acquisto dopo una sola giornata lo costringe a mettere da parte le remore.
Comunque il rosso che viene esportato negli States ha poco a che vedere con quello che oggi conosciamo, è più scuro, come testimoniano anche le vetture da GP dell'epoca e come si può vedere su GTO e LM. Se vogliamo è anche più elegante.
Una piccola nota a margine: quella che oggi è la più ricercata e costosa realizzazione di Maranello, la GTO, e quello che viene considerto il più bello spider del Cavallino, la California, non sono opera di un famoso designer, ma di quel genio di Sergio Scaglietti.
Sono arrivati gli anni '60, la spinta della ricostruzione post bellica ha avuto i suoi effetti, si respira un'aria nuova. Industriali cinquantenni, cui la guerra ha tolto parte di gioventù, sono decisi a rifarsi, a recuperare il tempo perso senza troppo badare alla forma. Se la 250 Cabriolet è molto apprezzata dalla nobiltà che frequenta Montecarlo, ecco che la California trova improvviso sbocco anche da noi. Da Milano si scende a Santa Margherita e da Roma si sale a Forte dei Marmi. Strano ma vero è proprio sulla California che comincia ad apparire un rosso carico di giallo, molto più simile a quello odierno.
Col 1960 arriva la coupè 2+2 e proprio per lei viene coniata questa sigla che dura tutt'oggi. La macchina è compatta e i posti supplementari sono veramente di fortuna. Il Drake apprezza questa formula, e sempre l'apprezzarà, in quanto viaggiando con l'autista, anche se al volante c'è quasi sempre lui, una due posti secchi sarebbe già al completo.
Oltre a questa coupè il parco macchine, tralasciando la opulenta, paciosa e comodosa Superamerica, è composta dalla Cabriolet, la California e la Berlinetta che il mondo invidia: la SWB, quella con cui si può vincere la propria classe a Le Mans e poi presentarsi alla prima della Scala. In effetti la SWB è prodotta in due versioni: una in acciaio, tranne portiere e cofani, per l'uso stradale ed una tutta in alluminio per le competizioni. Anche i motori sono differenti: un 240 CV per la prima e un 270/280 per l'altra. Ciò non toglie che le richieste dei clienti facciano nascere degli ibridi in un senso o nell'altro.
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