Questo ritaglio significava poco e probabilmente l'ho conservato solo perchè era insieme agli altri.
Adesso però devo dargli un significato e se ci penso non è difficile.
Primavera inoltrata del 1961, sto tornando da scuola. L'ultima ora era stata quella di ginnastica che dopo una decina di minuti si era trasformata in un liberi tutti a giocare a calcio in cortile. Scarso con i piedi mi ero scelto il ruolo di portiere ed ero anche diventato bravino. Quando i capitani facevano le squadre mi sceglievano sempre per terzo, al massimo quarto.
"Prendo lui che almeno si butta." diceva il mio occasionale sponsor per giustificare ai compagni la scelta tanto prematura di uno che non segnava, non impostava e non marcava.
E già, avevo preso quel ruolo molto seriamente ed anche in quelle partitelle non mi risparmiavo. Setto nasale, spina della scapola, tre o quattro falangi e tutte le cartillagini del costato destro: questo lo scotto di tanto impegno negli anni di medie e liceo. Niente di rotto però, perchè le maledette 4 dozzine di iniezioni di calcio colloidale con vitamina B12 che mi ero sorbito tutti gli autunni dai 6 ai 12 anni un qualche effetto l'avevano sortito. Un'idea del mio pediatra che era stata condivisa in toto da mia madre, forse perchè lui sfoderava due lauree una a Milano e una alla Sorbona di Parigi o forse perchè incuteva soggezione con i baffoni a manubrio accompagnati da due occhi azzurri grandi e profondi.
Comunque quella tortura aveva funzionato. Quello che non funzionava però erano i pantaloni e le camice strappate che riportavo a casa, oltre al fatto che spesso ero un pupazzo di terra e sudore. Questo non è mai stato apprezzato in famiglia.
Dunque rientrando a casa pensavo a quale nuova scusa avrei escogitato, a quanti strilli avrei dovuto sentire. Stavo battendo con le mani i vestiti nel tentativo di far cadere un po' di terra secca ed avere un aspetto meno terribile, quando lo sguardo si pose su una macchina posteggiata sul marciapiede opposto a quello del mio portone.
Era verde smeraldo, bassa, sufficientemente cattiva e sportiva. Proprio una gran bella macchina.
Mi fermai ad osservarla , dimenticando per un po' ciò che mi attendeva.
Poi attaversai per vederla da vicino. Misi le mani a schermo e avvicinai la faccia la finestrino. La prima cosa che vidi furono due bandierine incrociate incastonate sul posacenere. Non mi dicevano nulla ed ero sempre più incuriosito. L'interno era in cuoio, due sedili davanti e una panchetta piccola dietro adatta per un paio di bimbi, ma per un solo adulto con le gambe rannicchiate.
Il volante era in legno di foggia sportiva, sul clacson una macchia gialla e nera che non riuscivo a distinguere per il riflesso del sole, la leva del cambio davanti al posacenere, corta e diritta, avvolta in un cono di pelle. Impressionava il cusotto: due grandi strumenti tondi davanti al guidatore, un altro più piccolo in mezzo a questi ed altri ancora che si estendevano verso destra.
Non potevo passare dal lato opposto perchè la macchina era rasente al muro di una grande tipografia.
Passai quindi alla coda. In fondo, appena prima che il cofano del baule puntasse verso terra vidi nuovamente le bandierine incrociate, queste un bel po' più grandi di quelle sul posacenere. Appena sotto, la scritta con la stanghetta superiore della F lunga quanto l'intera parola: Ferrari
Rimasi a bocca aperta e sentii un brividino alla schiena. Le girai intorno quasi correndo verso il muso. Un cavallino in piedi in mezzo alla grata del radiatore
Non l'avevo mai visto dal vivo, solo in qualche fotografia
Mi sorpresi ad annusare quella macchina. Mi dissi anche che aveva un buon odore e, vero o non vero, sinceramente lo percepivo diverso dalle altre
Mi dissi che aveva un colore stupendo. Un colore che nei successivi 54 anni non avrei mai più rivisto.
Insomma, mi ero semplicemente innamorato
e rimasi lì un tempo interminabile. Poi sentii mi madre che mi chiamava dal balcone dove era uscita preoccupata dal mio ritardo. Mi promisi che un giorno ne avrei posseduta una.
E il primo incontro finì lì
Altri ricordi per la
250 GT 2+2 o GTE come gli anglofoni la ribattezzarono e dove la E sta per
elongated ?
Primissimi anni '60 Ricordo su una controcopertina di Quattroruote, che non ebbi il coraggio di ritagliare, una pubblicità con questa macchina. No, non di Ferrari, ma di Pininfarina.
La vettura con porte e bagagliaio spalancati ferma di fronte al portone di una casa addobbata con luminosi festoni natalizi. Tanta neve attorno che sembrava ancora fioccare. Lui e lei, vestiti elegantissimi, che aiutavano i due figli, maschio e femmina perfettamente curati, a salire dietro. Una cameriera vestita da cameriera che caricava i bagagli e un maggiodomo vestito da maggiordomo che in cima ai cinque gradini d'ingresso si sincerava che la cameriera svolgesse per bene il compito che l'art-director le aveva assegnato.
Il quadretto non mi piacque, ma la 2+2 era di un color rosso rubino metallizato semplicemente stupendo grazie anche al contrasto della selleria cuoio
Se la
250 GT 2+2 fu la prima vettura del Cavallino che vidi dal vero, fu anche la prima 2+2 costruita in serie a Maranello. Segnò anche l'inizio della collaborazione quasi esclusiva tra Ferrari e Pininfarina.
La Ferrari non poteva permettersi di perdere clienti una volta sposati e col primo pargolo. Nacque così la necessità di una vettura meno corsaiola e più fruibile.
Il Drake però rifiutava l'idea di definirla una 4 posti, ma accettò di buon grado la sigla 2+2 tanto che divenne la sua macchina personale da allora e in tutte le coniugazioni che seguirono.
Nel 1985 me ne offrirono una per 9 milioni, ma rifiutai perchè da tempo non era più la macchina dei miei sogni.
Oggi si può trovare dai 120.000 euro in sù.
Non ho mai capito nulla di mercato
Io non accetto che per trovare l’effetto suolo si debba strisciare per terra. Secondo me è assurdo, è immorale da un punto di vista tecnico. (Mauro Forghieri)