Auguri !!!

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da duvel » 01/01/2018, 11:50

Auguro un sereno 2018 per tutti :occasion-santa:
Nella (vana :( ) speranza che scorra un po' più lento degli altri, più passa il tempo più gli anni galoppano ad una velocità preoccupante! :shock:
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da jackyickx » 01/01/2018, 13:05

duvel ha scritto:Auguro un sereno 2018 per tutti :occasion-santa:
Nella (vana :( ) speranza che scorra un po' più lento degli altri, più passa il tempo più gli anni galoppano ad una velocità preoccupante! :shock:

Mi associo in tutto a quanto detto.
Auguri a tutti!
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da Laffite26 » 01/01/2018, 14:33

Mi rifaccio degli auguri di Natale e vi auguro un sereno 2018.

Sarà un anno di cui avremo tante cose da discutere.Siamo lontani ma gpx ha il pregio di unirci in un unica passione.

Buon anno a tutti!
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da Elio11 » 01/04/2018, 9:32

Buona Pasqua a tutti e che GPX.it viva altri cento anni, come minimo!!
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da sundance76 » 01/04/2018, 9:42

Auguri a tutti gli amici di GPX.
La Scuderia Ferrari in trasferta "pasquale" a MonteCarlo vi invia questa cartolina-ricordo.
Da sinistra il collaudatore (e pilota di riserva) Attilio Marinoni, poi Guy Moll (esordiente nel team e vincitore a sorpresa il giorno dopo), Louis Chiron, Achille Varzi, il conte Carlo Felice Trossi ed Enzo Ferrari.
Anche la Pasqua 1934 cadde il primo aprile come nel 2018. Il GP di Monaco che apriva la stagione si disputò il lunedì In Albis.

Immagine
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da Powerslide » 01/04/2018, 9:53

Auguroni a tutta la tribù !!!

BUONA PASQUA
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da gilles70 » 01/04/2018, 10:13

Buona Pasqua a tutti gli amici di gpx !!!!!!
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da 330tr » 01/04/2018, 11:45

Tanti cari auguri a tutti!! :romance-grouphug:
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da Baldi » 01/04/2018, 11:53

Ho letto che il primo GP di F1 a Pasqua fu disputato nel 1985 in Brasile.

Giorno che fu anche l'esordio della Minardi.

Eccola. Pasqualissima!

Immagine

Auguri a Tutti!
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da Pennywise » 01/04/2018, 15:03

Auguri :-)
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" Chi osa vince "

" Mai discutere con un idiota (coglione), ti trascina al suo livello e ti batte con l'esperienza. " :clap: :bow-blue: ... 8-)
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da Powerslide » 31/12/2018, 11:36

Il navigatore indicava via Trebbo Nord, ma da lì sembrava si potesse solo tornare indietro. Vedeva gli stabilimenti, i tetti, i muri, sapeva che doveva andare da quella parte. Imboccò un breve tratto di strada sterrata che ne attraversava un'altra che conduceva ad un casolare isolato. Difronte un parcheggio semi invaso da cassonetti. Decise di andare in quella direzione e infine imboccò via Ignazio Giunti. Sembrava nascere proprio lì: una via breve e senza uscita come era stata l'esistenza del campione con un'aquila di mille colori stilizzata sul casco.
Al termine voltò a destra e imboccò via Michele Alboreto. Provò ancora l'amaro in bocca per quel mondiale sfumato e subito la mente lo catapultò a quel giorno d'aprile a Milano 3. Faceva caldo e l'effetto stalla nella chiesa sovraffollata non aiutava di certo. Era potuto entrare quando un signore a lui sconosciuto l'aveva indicato all'addetto che regolava gli ingressi. Si era ritrovato accanto ad un omone che aveva visto mille volte in tv, ma mai incontrato di persona. Sapeva che era grande e grosso, ma non immaginava Adriano Galliani tanto imponente.
Si era trattenuto poco, il tempo di ascoltare l'elogio che l'alto dirigente Audi faceva del pilota scomparso, poi era uscito sul sagrato a respirare mescolandosi alle migliaia di persone accorse a quel funerale. Quando la bara gli era passata accanto per essere caricata nel carro, l'aveva accarezzata dopo essersi sfiorato le labbra. Un giornale aveva immortalato quel gesto e lui considerò una fortuna l’esser stato ripreso di spalle.
Via Alboreto finiva in una rotonda per poi ricominciare con una inclinazione diversa e col navigatore impallato non fu semplicissimo azzeccarla. Al centro della rotonda, un po’ coperto dagli alberi, svettava un gigantesco Cavallino Rampante cromato, a destra su un tetto una scritta Ferrari dieci volte più grande di quella all’ingresso storico e in mezzo, leggermente più in basso, un immenso parcheggio semivuoto essendo lunedì 31 dicembre. Fece il giro del rondò per raccapezzarsi e il navigatore disse che era nuovamente in via Trebbo Nord. Ebbe un moto di rabbia sentendosi scemo e preso per i fondelli, imboccò la prima strada innanzi a sé e scoprì di essere rientrato in via Alboreto. Via così e subito sulla destra, con lo sfondo della galleria del vento disegnata da Renzo Piano, l'ingresso della Ferrari: un gabbiotto separava le due corsie di entrata e uscita, un'alta cancellata d'acciaio inox circondava il tutto. Vista da questa prospettiva la fabbrica era tutt'altra cosa rispetto all'entrata di via Abetone Inferiore. Il nuovo che era avanzato, che si era fatto strada com'era giusto che fosse: si erano guadagnati anni luce in efficienza e si era perso qualcosa dell’antico sapore. Se ci fosse stato ancora il Vecchio sarebbe stato pienamente d'accordo e questo pensiero lo consolò spazzando via quel senso di malinconia che aveva cominciato ad affiorare.
Imboccò il cancello e si fermò alla sbarra che era stata fatta calare al suo arrivo, abbassò il finestrino e parlò nel microfono. Un attimo fece la voce, poi l’uomo in alto sembrò smanettare un tablet e disse: “Lasci la macchina nel secondo spiazzo a destra ed entri nella palazzina Esagono. Lui fece sì con la testa e ripartì.

Salì i due scalini ed entrò nella reception, si avvicinò alla segretaria per dirle chi fosse e subito lei gli sorrise facendo segno di accomodarsi su una delle poltrone alle sue spalle. Dopo non più di cinque minuti lo chiamò e gli disse di entrare. Stava pensando se bussare e poi aprire la porta o se fare le due cose contemporaneamente, quando fu la porta ad aprirsi e Piero Ferrari lo accolse tendendogli la mano.
- Benvenuto ingegner De Salvo, è un piacere conoscerla di persona
- Il piacere è mio – e intanto si domandava come lo dovesse chiamare.
Per tanti anni per tutti era stato il Piero e basta e le abitudini, specialmente le cattive, son difficili da cambiare.
- Si accomodi.
Lui entrò e si guardò attorno: era la prima volta che vedeva quell'ufficio. La parete dietro la scrivania era a forma esagonale (e da qui prendeva nome la palazzina) con ampie vetrate su un giardino piantumato. La parte bassa era coperta da una scaffalatura chiusa in legno chiaro su cui erano appoggiati numerosi modellini di Rosse. La scrivania stessa copiava la forma del poligono. Il ripiano, di dimensioni immense, era di un rosso uniforme e le cartellette gialle spiccavano su di esso.
Ferrari si era accomodato sulla sedia in pelle nera e alla sua destra sullo schermo del pc faceva bella mostra la homepage di Google News.
La scrivania era abbastanza in disordine e lui non riuscì di astenersi dal pensare: "Ma allora il Piero lavora anche!" – e di ridacchiare dentro sé.
- Gradisce un caffè, ingegnere?
- La ringrazio, sto bene così. – e intanto guardava il figlio del Capo. A differenza del padre, Piero Ferrari era un uomo elegante: giacca azzurro-violetto su pantaloni neri, camicia rigorosamente bianca e cravatta lillà con stelline bianche.
- Lei conosceva l'ingegner Scardìa?
- Di vista, lavoravamo in reparti diversi.
- Sì lo so, ma almeno lo conosceva di … fama – e lasciò il tono in sospeso.
- Si riferisce alla Le Mans modificata? – fece lui con voce indecisa non sapendo come il suo interlocutore avrebbe preso l'argomento.
- Sì, proprio a quello. Cosa ne sa, ingegnere?
- Quello che sussurravano tutti e che a poco a poco è diventata una delle tante leggende di Maranello.
- Continui.
- Che Forghieri e Scardìa avessero costruito una Le Mans portata a 5 litri per gareggiare nel Mondiale Marche del '68, il tutto senza mettere al corrente della cosa suo padre. Che si dice non la prese bene.
Ferrai sorrise.
- E lei crede a questa storia?
- Ma, penso che come tutte le leggende anche questa abbia un fondo di verità. Quanto poi ci si sia ricamato sopra non saprei dirlo.
- E come finiva questa storia nella versione da lei conosciuta?
- Scardìa fu tolto dal reparto corse e passato alle gran turismo e il prototipo venne distrutto, anche se …
- Anche se … ?
- Non vedo suo padre distruggere una macchina anche se …. in nessun caso. – Gli stava venendo "illegittima", ma si era trattenuto a tempo.
- Lo conosceva bene, mio padre intendo.
- No, assolutamente. Avrò avuto modo di parlargli due volte e se la prima fu per salutarlo quando ero ancora studente, la seconda preferisco non ricordarla. – e sorrise.
Sorrise anche Ferrari e annuì col capo.
- So cosa intende, ma …. – e lasciò la frase in sospeso.
- Ma era fatto così e bisognava prenderlo così. – aggiunse lui a completare il concetto.
Mentre parlava non aveva smesso di osservare il figlio del Capo, l'erede unico, il titolare del 10% del mito. Tra le cose che l'avevano colpito era che al polso sinistro portava un Rolex Daytona in acciaio e all'altro uno smartwatch. Appoggiati sulla scrivania poi anche due smartphone. Non lo avrebbe fatto tanto attrezzato di tecnologia, infondo era più vecchio di lui di un paio d'anni.
- Dicevo che lo conosceva bene perché effettivamente la macchina "illegittima" non è mai stata distrutta!
La prima cosa che lo colpì fu che avesse lui usato quell'aggettivo, poi si compiacque d'aver azzeccato un aspetto del carattere del Vecchio.
- Capisco. E che fine ha fatto?
- Qui in stabilimento non poteva restare e neppure da Scaglietti che era un gran chiacchierone – Ferrari sorrise al ricordo di Sergio cui era stato sinceramente affezionato – e quindi mio padre chiese a Piero Drogo di venirla a prendere e tenerla presso di sè per un po': una macchina mezza finita non avrebbe destato stupore in una carrozzeria.
Ferrari si fermò un attimo e prese la bottiglietta di minerale che era sulla scrivania, ne svitò il tappo sigillato e versò un mezzo bicchiere in un calice.
- Ne vuole un po' anche lei?
- Grazie, non si preoccupi.
- E la Le Mans restò lì sei anni fino a quel maledetto giorno di primavera. Contro un camion fermo in una galleria buia e su una nostra macchina, una delle poche che Drogo non aveva modificato, una delle mie preferite.
- Sì - disse lui - mi ricordo: una California. Giusto?
- E già. Mio padre ci restò malissimo, ci sarebbe rimasto malissimo in ogni caso, ma su una sua macchina lo faceva sentire responsabile di una cosa di cui non aveva la minima colpa. Una volta mi disse che avevano fatto bene gli americani a proibire i fari carenati e io capii il dubbio che lo rodeva.
Bevve un sorso e continuò:
- La macchina era lì senza alcun accordo scritto o documento che ne comprovasse la nostra proprietà e il liquidatore la considerò una delle tante che la Sports Cars riceveva per una qualche modifica. Venne interpellato anche mio padre che dichiarò di non essere a conoscenza di chi potesse essere il proprietario. Dopo qualche tempo senza che l'eventuale possessore la reclamasse, venne messa in vendita e finì per una decina d'anni negli Stati Uniti. Lo sappiamo perché tutti i successivi proprietari ci chiesero la storia di questa macchina e, soprattutto, il numero di telaio che non figurava stampigliato nei punti consueti e neppure in altri.
L'ospite ascoltava affascinato perché tutte le storie che riguardavano il Cavallino lo prendevano, ma non poteva fare a meno chi chiedersi il perché di quell'invito del tutto inaspettato, il primo dopo trent'anni dal giorno in cui aveva lasciato l'azienda.
Il figlio del Capo intanto continuava.
- Fu così che questa strana Le Mans fini in Giappone a metà degli anni '80 nelle mani di un collezionista che ci rivolse la solita domanda di omologazione. Al rifiuto non si perse d'animo e, d'accordo o per meglio dire la complicità di un nostro importatore, la punzonò col numero di telaio di una gemella andata completamente bruciata in una gara minore nel Regno Unito. Gemella poi si fa per dire, la nostra aveva una testa bialbero che anche il più profano avrebbe notato al primo sguardo e dei passaruota di una spanna più larghi per lato. Ma tant'è, così andò e così non doveva andare. A proposito: non è 5 litri, ma 4 e 4.
Si versò un altro mezzo bicchiere di minerale e continuò.
- Siccome la sfiga ci vede benissimo la macchina di cui la nostra aveva trafugato il numero di telaio era stata in un certo qual modo recuperata. Un'officina specializzata del nord Italia si era offerta di acquistare il rottame e, prima d'inviare la somma a saldo, ci aveva chiesto il certificato d'autenticità e ovviamente l'aveva ottenuto. E' stato uno degli ultimi firmato in calce da mio padre. Siccome il telaio era completamente cotto, venne sostituito da uno ex novo fatto come tutti da Vaccari e venne marcato con lo stesso numero seguito dalla R che sta per Replica sia in italiano che in inglese.
- Sì, ma …..
- Lo so ingegnere che comincia a capire, ma la cosa è più complicata di quanto le possa sembrare. Il casino scoppia all'inizio degli anni '90 quando, finito il restauro, la 250 LM originale viene messa all'asta a New York da Sotheby's e un collezionista americano si accorge e denuncia il fatto che un'altra LM di cui stava tentando l'acquisto in Giappone avesse lo stesso numero di telaio con tanto di certificato dell'importatore locale. Tutto sarebbe rientrato se si fosse dichiarata la LM giapponese come spuria, ma il furbetto con gli occhi a mandorla aveva delle entrature in casa Agnelli e, con l'appoggio dell'apparato dei legali FIAT, aprì una causa nei confronti della persona che lei conosce bene.
- Già e dopo tre anni di processo, tra spese legali e perizie il poveretto aveva perso l'azienda fagocitata dalle banche creditrici – continuò De Salvo – e quando tutto sembrava perduto ecco il colpo di teatro.
Tutti e due sorrisero conoscendo il finale.
- Far portare il telaio bruciato nel cortile del tribunale e tirar fuori dopo tanti anni il certificato di mio padre ….. – Piero Ferrari fece un ghigno che ricordò in tutto quello del Vecchio – Doveva vedere la faccia degli avvocati di Torino e l'espressione compiaciuta del giudice.
- Posso immaginare. Ma fu solo un'amara soddisfazione: l'azienda persa non venne ripresa neppure con la vendita della LM che nel frattempo era diventata di proprietà di una banca. Ma soprattutto la salute di quel poveretto che venne ucciso da un infarto pochi mesi dopo.
- E lei ingegnere?
- Solo un pacco di fatture che ovviamente non riuscì a saldarmi.
- Faceva consulenza, vero?
- Sì, avevano una bella squadra corse per il Challenge e stavano mettendo su un reparto per le corse endurance. Si stava anche discutendo un mio eventuale ingresso in società.
- Scommetto che fino ad oggi non si era mai reso conto di quante volte quello strambo esperimento di Forghieri si sia incrociato con la sua vita professionale.
Lui lo guardò con aria interrogativa.
- Se un posto in Ges non si fosse liberato con l'allontanamento di Scardìa forse lei non avrebbe mai lavorato per noi.
- Ma è stato quasi dieci anni dopo …...
- Si fidi, all'epoca i tempi qui a Maranello erano … biblici – sorrise e continuò - Se poi non ci fosse stato tutto il casino che c'è stato forse la sua seconda esperienza lavorativa avrebbe avuto sbocchi interessanti.
- E' vero, ma è acqua passata e non ci penso più. La mia terza vita è stata ottima! – e sorrise compiaciuto.
- Lo so De Salvo, ma so anche che lei è sempre stato più attratto dalla pista che dal tecnigrafo!
- Ormai si usa solo il computer … - e s'intuiva come per lui non fosse una cosa troppo stimolante.
Guardò l'orologio, era la una passata, ma non aveva fame.
- E' entrato con la macchina, vero ingegnere?
- Sì, è qui di fianco all'ingresso.
- Bene, le dispiace se andiamo con la sua? E' qui vicino non si preoccupi.
- Certo, ma vicino cosa?
- Lo vedrà – disse Ferrari mentre alzatosi s'infilava il cappotto blu con bavero in pelliccia ecologica dello stesso colore e martingala lunga e spiovente.
Passando difronte alla segretaria Ferrari le disse: - Avvisi il Cavallino che sarò lì per le due e mezza più o meno e di preparare per tre …. Lei viene a mangiare un boccone, vero ingegnere?
- Veramente pensavo di tornare prima che scendesse la nebbia …..
- Non si preoccupi, faremo presto.
- Posso chiedere chi è il terzo?
- Lo vedrà presto. Si rilassi, domani … è un altro anno – e rise.

La Audi S8 vecchia di 18 anni era ancora in ottime condizioni pur con i suoi quasi 200mila km sulle spalle: blu interno perla, 360 Cv e cambio tiptronic.
Ferrari l'aveva guardata senza aprire bocca, ma lui si senti in dovere di una spiegazione non richiesta.
- Fino a 60 anni non avrei mai concepito un cambio automatico, ma passata quella soglia non ne vorrei mai una col manuale.
- Come la capisco e anche le nostre ormai …..
- E già….
- Ma non ha mai nostalgia della doppietta?
- Sapesse di quante cose ho nostalgia ….
Aveva intanto cominciato a muoversi e guardava l'occasionale ed inaspettato passeggero con aria interrogativa.
- Usciamo in via Abetone.
Mentre percorrevano tutta la fabbrica non potè fare a meno di guardarsi attorno. Tutto bello, tutto molto bello.
Arrivarono alla sbarra sotto l'arco e lui quasi si fermò cercando con lo sguardo un pastore tedesco che quel giorno non vide.
- Giri a destra, andiamo in su. Poi alla prima giri a sinistra, si va alla pista.
All'ingresso in un attimo Ferrari venne riconosciuto e il cancello aperto. Erano anni che De Salvo non metteva piede a Fiorano ed anche quello era cambiato, anche quello con un salto nel futuro.
Scivolarono fino alle costruzioni e alla villa del Vecchio col numero civico 27
- E' un caso strano, ma la ricordo da sempre con quel numero.
- Sì, solo una coincidenza - disse Ferrari – Pensi che pochi ci credono e molti ci tessono su mille ipotesi assurde. Ecco si fermi davanti a quel capannone.
Il capannone era una costruzione della stessa epoca della villa che un tempo doveva fungere da granaio o da stalla. Entrarono salendo un paio di gradini e De Salvo si trovò in un loft molto grande con pavimento in cotto e tetto altissimo con travi a vista.
Al centro c'era una Le Mans in parte rossa e in parte con una carrozzeria in vetroresina carteggiata, stuccata, ma non ancora dipinta. La prima cosa che si notava era la larghezza della carreggiata molto aumentata rispetto all'originale e la mancanza del cofano posteriore che, trasparente e modificato a goccia, era appoggiato ad una colonna. I cerchi erano stati presi da una P4 con la stella a cinque punte e il color oro.
Le giravano attorno due meccanici in tuta color cuoio che faceva molto retrò.
- Sono i ragazzi del Reparto Storiche. Ai suoi tempi non esisteva.
Un uomo alto, magro con un loden verde e i capelli più sale che pepe era chino sul vano motore.
De Salvo guardò Ferrari con aria interrogativa.
- Sì ingegnere, è proprio chi crede lei. Vada gli farà piacere.
Si avvicinò all'uomo che stava di spalle.
- Buongiorno ingegnere.
- Questa voce la conosco – fece Forghieri rialzandosi e voltandosi. – Socmel Ma saran passati 30 anni ….
- Mammamia, ma come ha fatto a riconoscere la mia voce.
- Non si faccia illusioni, è solo merito del nuovo apparecchio acustico – e sghignazzò
Ferrari si era tenuto un passo indietro attendendo che i due finissero i convenevoli di rito ed ora si avvicinava dicendo:
- Che ne pensa De salvo, che effetto le fa vedere una leggenda diventare realtà?
- Dio, è stupenda – fece lui. E intanto aveva cacciato il viso nell'abitacolo notando come, per fortuna, la leva del cambio fosse alla destra del pilota e non al centro come nelle Le Mans originali. I passi ruota poi così sfacciatamente allargati le conferivano un aspetto molto aggressivo e la ringiovanivano di almeno una decina d'anni. Anche la parte centrale del muso era scavata e i parafanghi risaltavano in altezza.
- Venite, è qui il bello! – gridò Forghieri indicando il motore.
A prima vista poteva sembrare quello di una Daytona, ma la testa a tre valvole era veramente una chicca.
- Opera del Bussi e pensare che tuo padre non l'ha voluta mettere in produzione. E son convinto l'abbia fatto per ripicca! Che testone il Vecchio.
Mentre Forghieri proseguiva nel bofonchio, Ferrari si avvicinò a De Salvo.
- Dopo più di quarant'anni sono giunto ad una decisione ed è per quello che oggi siete qui. In tutta sincerità al suo posto avrebbe dovuto esserci Scardìa, ma, non so se ne è a conoscenza, ci ha lasciato lo scorso anno portato via da quello che mia madre avrebbe definito un brutto male.
De Salvo fece no con la testa e si mostrò dispiaciuto.
- Comunque – continuò Ferrari – la macchina verrà terminata sotto la supervisione di Mauro e se le fa piacere anche sua, dopodiché verrà esposta al nostro museo per sei mesi e infine battuta all'asta. Una parte del ricavato sarà devoluto ai figli del suo amico e il restante alla ricerca contro il cancro come è stato desiderio dell'ingegner Scardìa quando l'ho messo al corrente della cosa.
Forghieri aveva finito di dare disposizioni ai due meccanici ed ora chiedeva a gran voce se non fosse ancora tempo di andare a pranzo. E fu così che si avviarono.
- E' sua De Salvo? – fece mentre si avvicinavano alla S8 – Bella macchina, azzeccata in tutto.
Lui fu felice di quel commento.

Il pranzo al ristorante difronte allo stabilimento fu breve, ma molto rumoroso ed allegro.
De Salvo era rimasto un po' attonito davanti a tante notizie e varie sensazioni e sentimenti lo attraversavano.
Ferrari sembrava sollevato da un peso trascinato troppo tempo.
Al termine tutti si scambiarono gli auguri per il nuovo anno.
De Salvo lasciò per primo la compagnia, ma allontanandosi si accostò al figlio del Capo e disse:
- Grazie Ferrari per la 333: quella Daytona mi ha fatto tornare giovane – e all'altro sembrarono brillare gli occhi – Se posso dirlo lei ha sbagliato una cosa: si è sempre tenuto troppo defilato.
- Non è stata una situazione facile la mia, mi creda. Forse non fosse morto mio fratello, ma così le assicuro che è stata dura.
Forghieri annuiva e intanto pensava a come completare la sua LM: l'aveva già rivoltata almeno dieci volte.

De Salvo fu sulla via del rientro prima che la nebbia calasse e la S8 si comportò alla grande come al solito.
Pensò se mai avrebbe potuto guidare quella strana LM, chissà, un paio di giri a Fiorano gli avrebbero fatto veramente piacere.
Parimenti gli faceva piacere aver rivalutato il Piero e rivisto Furia.
Si chiedeva come avrebbe commentato la moglie tutta quella storia. Aveva voglia di fare presto a tornare a casa.
Il tempo ancora bello prometteva un sereno e prossimo tramonto: si prevedeva un peggioramento e un calo delle temperature solo da capodanno in poi.
Il fruscio delle ruote accompagnava quei pensieri mentre il cielo da rosso virava al violetto.
Sui pannelli dell''autostrada ogni tanto brillava la scritta FELICE ANNO NUOVO 2019 !!!
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da duvel » 31/12/2018, 13:45

Powerslide ancora una volta spettacolare :clap: :clap:

Buon 2019 a tutti!!
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da 330tr » 31/12/2018, 16:48

:clap: :clap: :clap: :clap: :clap: :clap:
Grazie, grazie e ancora grazie, sommo Power!!!!!

E auguri per un favoloso 2019 a tutti!
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da sundance76 » 31/12/2018, 17:05

Anche stavolta sono senza parole... Grazie sempre Powerslide, e tanti auguri a tutti gli amici di GPX!!
"Chi cerca di conoscere il passato capirà sempre meglio degli altri il presente e il futuro, e non soltanto nel nostro piccolo mondo di effimere quanto amate frenesie corsaiole." G. C.

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da jackyickx » 31/12/2018, 17:36

Auguri a tutti e grazie a Power!
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