"Le nazioni non contano" è la vulgata della nostra epoca, e come quasi tutte le vulgate è falsa.
Certo questa discussione ci porterebbe lontano e su argomenti -credo- off limits. Però posso fare un esempio semplice dell'importanza delle nazioni senza uscire dall'ambito della F1: come fa PETROV per guidare una F1 ? COL PASSAPORTO
Correggetemi se sbaglio, ma siamo tutti d'accordo che se Petrov era italiano (o francese o inglese o tedesco...) in F1 non ci arrivava, e se anche c'era arrivato dopo una stagione come il 2010 era già uscito, no?
A pensarci bene l'ultimo campione del mondo italiano di F1 è Ascari nel 1953, allora quelli che "le nazioni non contano" dovrebbero spiegare com'è che tra le due guerre i piloti italiani erano protagonisti, poi un paio di colpi di coda e infine il nulla.
In statistica, quando un fattore è ininflluente, si pretende che la sua distribuzione sia aleatoria o quasi-aleatoria, invece se guardate al fattore nazionalità è facile provare "scientificamente" che è significativo, cioé tutto meno che aleatorio.
In altri termini, ragionando per assurdo, se la nazionalità non avesse "peso" nella "formazione" di un campione del mondo, visto che all'ONU ci sono circa 190 paesi e che i campioni del mondo sono 60, una influenza "casuale" della nazionalità del pilota vorrebbe dire che dovrebbero essere rappresentati circa un terzo dei paesi. Invece sono 14, cioé oltre quattro volte meno del previsto (un rapporto di 1:13,5 contro 1:3 atteso).
Per respingere l'ipotesi un matematico si sarebbe accontentato di molto meno, chi ha studiato statistica lo sa.
In realtà la ragione per cui -per esempio- il solo campione del mondo africano viene dal Sudafrica è chiara: certo non poteva provenire dalla Liberia, dove si organizzano solo campionati di tiro a segno.
Però anche senza arrivare agli estremi del sottosviluppo, basta guardare l'Italia che non riesce a vincere un campionato dal 1953 e a contenderne uno dal 1985, nonostante i soldi, le macchine vincenti e la cultura dello sport motoristico che sono i nostri. Gli inglesi dal 1985 hanno vinto 4 titoli, ma se si guarda alle serie inferiori "prima" della F1 questa superiorità inglese da 4 a 0 semplicemente non c'è. E allora com'è che in F1 non c'è gioco ?
Vi prego di non rispondere a questo argomento solo con delle opinioni, perché il mio argomento può essere sbagliato (mi capita spesso), ma è costruito in modo logico e merita certamente un eventuale "smontaggio" dello stesso genere. Grazie.@Groovestar: a me degli americani piace il tradizionalismo nei regolamenti (che è la base delle economie "vere" e della competitività dei team di secondo piano), un certo spirito "gentleman driver" ancora presente e una accettazione di una soglia di rischio come componente naturale della corsa; però quando si confrontano tecnicamente agli europei hanno un handicap
imbarazzante per pretendere al primo piano delle nazioni da corsa. Inoltre trovo ridicolo che chiamino i loro campionati "mondiali" mentre sportivamente sono competizioni di secondo ordine, come si evince dall'osservazione degli scambi di piloti tra i campionati delle due sponde dell'atlantico, che -sebbene con alcune eccezioni come Andretti e Villeneuve- è globalmente sfavorevole agli yankees: difatti i "nostri" vanno negli USA quando sono "cotti", mentre i piloti USA vengono da noi solo se in piena ascensione.
@Powerslide: hai capito benissimo il mio punto di vista.